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27.07.15 "Durante questa estate, anche in seguito alla crisi greca, sono emersi forti i limiti delle politiche di austerità che i Governi hanno deciso di applicare da anni a questa parte. Ma ora c'è bisogno di aprire una nuova fase di dialogo. Ne è convinto Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil che abbiamo sentito per discutere insieme del futuro delle costruzioni."Così il portare dell'edilizia Storemat, che ha intervistato Schiavella.

Qual è la realtà del settore delle costruzioni?
La realtà è quella di un settore da sempre caratterizzato da una grande frammentazione e da nanismo industriale, dove le grandi impresestrutturate ed internazionalizzate si contano sulle dite delle mani,mentre oltre il 95% delle 700mila aziende ha una media di addettiinferiore a 4 unità. Un sistema di imprese che non ha saputocapitalizzare i quindici anni precedenti al 2008 - caratterizzati da unapoderosa e costante crescita - per rafforzarsi, unirsi, investire ininnovazione e ricerca, per attrezzarsi ad affrontare le grandi sfide del terzo millennio, penso ad esempio alla green economy, al risparmio energetico, alla rigenerazione urbana. Di fronte alla crisi - la più grave dal dopoguerra - il settore si è trovato quindi impreparato, fragile, senza alcuna difesa, stretto tra l’assenza di risorse e diinvestimenti, la crescita di irregolarità , illegalità , corruzione e la miopia di governi che, anziché investire risorse e rafforzare le regole per contrastare quelle distorsioni, hanno agito di fatto favorendone la crescita, scegliendo la strada dell’azione deregolatrice. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il trionfo della competizione al ribasso, che ha premiato le imprese più furbe e non quelle migliori; cantieri chiusi e governi che annunciano investimenti senza mai trasformarli in moneta contante e lavoro; un settore dove non c’è lavoro, dove le protezioni sociali non rispondono ai bisogni di lavori discontinui come quello dell’edile, dove si muore cadendo a 67 anni dalle impalcature anziché stare in pensione; dove dilaga il lavoro nero ed ogni forma diirregolarità contributiva (falsi part time e false partite Iva).

Quali sono i numeri della crisi?
800mila posti di lavoro persi, la metà solo in edilizia. Crollo degli investimenti pubblici e del fatturato: dal 2008 al 2014, il settore ha perso il 32% degli investimenti e si colloca sui livelli di attività  più bassi degli ultimi 50 anni. Mentre per i comparti edile, cemento e manufatti in cemento la situazione è drammatica, per i lapidei la ripresa è già  in atto dal 2014, sostenuta fortemente dall’export, anche se dal versante dell'occupazionenon se ne vedono ancora gli effetti. Stessa situazione per il legno-arredo, caratterizzato anch’esso dalla forte vocazione all’export e dalla presenza di imprese più strutturate. Nonostante la crisi e il calo di fatturato, nel legno-arredo si prevede per il 2015 una lieve ripresa del mercato interno, stimata intorno al+1,5%, mentre per l’export si prevede un incremento del 5%. Il bonus-mobili 2013-2014 si stima abbia salvato ben 10.000 posti di lavoro.


In questa situazione di crisi, cosa ha fatto il sindacato?
Parlano i numeri: 20.000 accordi di gestione di crisi aziendali in quattro anni, cioè 5000 accordi l'anno, 400 al mese.  Accordi con i quali si è garantito sostegno al reddito ai lavoratori coinvolti e spesso la salvezza del futuro produttivo di molte imprese e dei relativi posti di lavoro. Perché è con questo che abbiamo a che fare tutti i giorni, forse non tutti lo sanno o lo ricordano.  Abbiamo rinnovato i contrattinazionali, se pur con grandi difficoltà  data la crisi, portando a casa accordi che hanno difeso redditi e diritti. Gli unici soggetti con cui non abbiamo avuto modo di confrontarci sono stati i governi, cui abbiamo sistematicamente fatto giungere le nostre proposte. All'ennesima mobilitazione nazionale, il Ministro Lupi ci convocò per aprire finalmente un tavolo di confronto, che si interruppe subito a causa delle sue dimissioni. Dal suo successore, il ministro Delrio, stiamo ancora aspettando risposta alle nostre richieste di incontro.

Qual è, secondo voi, il piano di sviluppo da attuare?
Il modello del consumo indiscriminato di risorse, ed in particolare di suolo, non è più percorribile, stiamo scontando oggi tutte le conseguenze nefaste dello sprawl urbano, dello spreco edilizio, della fragilità  del territorio e dei cambiamenti climatici.  Occorre mettere un punto a capo e abbandonare un'dea dell’edilizia che non è più percorribile. Serve una rivoluzione del modello produttivo dell’edilizia e dei materiali da costruzione guardando ad altre priorità  rispetto al passato: riassetto idrogeologico, riduzione del consumo di suolo, riqualificazione urbana, efficienza energetica degli edifici, efficienza energetica, energie rinnovabili, prevenzione antisismica ed una serie di opere infrastrutturali utili, come il potenziamento delle reti ferroviarie regionali e metropolitane. Su questi temi abbiamo fatto proposte concrete, volte al rilancio del settore nel segno dell’utilità sociale e ambientale, del miglioramento della qualità del vivere, della qualità  del lavoro e dell’impresa. Un processo che, con gli investimenti adeguati, potrebbe ridare un impulso al settore, facendo recuperare centinaia di migliaia di posti di lavoro, in gran parte qualificati, e generare un processo virtuoso su tutta la filiera dei materiali da costruzione e degli arredi, consegnando alle comunità  locali case e territori più sicuri.Un esempio concreto: il "mercato" potenziale delle riqualificazioni energetiche degli edifici pubblici e privati esistenti in Italia potrebbe creare oltre 600mila posti di lavoro entro il 2020 ed attivare investimenti per quasi 45 miliardi in 10 anni.  

Nel contesto in cui siamo, le Pmi cosa possono fare?
La crisi chiama in causa non solo i governi, ma anche le imprese,  in evidente crisi di rappresentanza e troppo spesso tentate di usare la crisi come pretesto per scaricarne i costi finali sul lavoro. Le Pmi sono il motore del settore, con loro e le grandi imprese abbiamo dato vita dopo ilterremoto dell’Aquila agli Stati Generali delle Costruzioni, il nostro manifesto comune chiedeva al governo sostegno e investimenti per quella rivoluzione del modello produttivo di cui ho già parlato. Ma se davvero siamo convinti di quegli obiettivi - sostenibilità , qualità  del lavoro e dell’impresa, innovazione, lotta all’illegalità  e all’irregolarità - occorre l’impegno di tutto nel praticare quegli obiettivi, un impegno non sempre seguito con coerenza. Penso ad esempio alla lunga e complicata trattativa con le grandi imprese e le cooperative per il rinnovo del CCNL dell’edilizia per l’industria

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