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13.03.14 Si è concluso il 28 febbraio 2014 il Congresso territoriale della Fillea Messina. Di seguito la relazione del segretario uscente Biagio Oriti, riconfermato alla guida della struttura dal nuovo direttivo eletto al termine del congresso.
Prima di dare lettura della relazione che aprirà questo nostro 6° Congresso Provinciale, voglio a nome mio e di tutti i presenti ringraziarvi per la vostra presenza. Cari compagni e care compagne, teniamo questo congresso in un momento particolarmente difficile nel nostro paese. Una fase in cui la mancanza di lavoro e con esso la perdita della speranza nel futuro per milioni di persone, di nostri iscritti, di gente comune vicini a noi, che cercano lavoro senza trovarlo, lo perdono per la chiusura della loro azienda e che ormai totalmente sfiduciati non credono più di poterlo trovare. E chi il lavoro, ancora fortunatamente ce l’ha vive nell’incubo di poterlo perdere da un momento all’altro. Parlare del lavoro è come parlare delle persone, del loro essere. Il lavoro è stato e deve restare per noi il mezzo attraverso il quale si possono realizzare i propri progetti e i propri sogni. Per questo il lavoro non può essere povero, incerto, precario. Il lavoro è dignità. Il lavoro non può essere nero, schiavizzato, sommerso. Per questo la precarietà va combattuta perché crea nella persona frustrazione, la preoccupazione e l’angoscia di perderlo, la rabbia di non trovarlo. Il lavoro è l’unica vera condizione per creare ricchezza, in ogni angolo della Terra, sia che si tratti di paesi poveri, che di paesi ricchi. Il lavoro è sapere di avere un proprio ruolo. Nelle Assemblee che in queste settimane abbiamo svolto sul territorio e nei pochi posti di lavoro rimasti,i lavoratori presenti, soprattutto edili, erano lavoratori che hanno perso il loro posto di lavoro. Tranne qualche raro intervento sui temi pensionistici, e sui costi della politica, gli interventi dei partecipanti sono state domande come: • C’è la possibilità di trovare un posto di lavoro? • Posso continuare ancora a mandare i miei figli a scuola? • Come gli compro i libri se non lavoro, se non vanno più a scuola quale futuro avranno? • Se continua cosi, devo emigrare dove vado? • A 50 anni che occupazione posso trovare? • Come pago il mutuo se non lavoro? • Vendo la casa dove vado ad abitare con la mia famiglia? • Oppure vado a rubare? 2.La citazione di queste frasi non vuole essere per me un motivo per attirare la vostra attenzione, perché nessuno di noi si vuole sentire raccontare la propria inquietudine e il proprio disagio per la perdita del lavoro, o perché non riesce a trovarne un altro. Ho citato quelle frasi per ricordare a me stesso e alla FILLEACGIL, che il sindacato ha il dovere di stare sempre accanto a questi lavoratori, e di indicare le soluzioni e le priorità per dare risposte concrete al bisogno di lavoro. Ogni giorno si perdono 1.000 posti di lavoro. Il governatore della Banca D’Italia, solo qualche giorno fa, ha affermato che in Italia il tasso di disoccupazione ha raggiunto un livello prossimo al 13%, il doppio di quello prevalente prima della crisi e al massimo degli anni ’50, cioè dal dopoguerra. Il governatore sottolinea che il forte e protratto calo delle attività economiche ha pesato in misura maggiore sui giovani : il tasso di occupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni è sceso dal 61% al 43% dal 2007; dal 74% al 66% per i giovani compresi tra i 25 anni e i 34 anni. Il Governatore stesso invita il Governo a percorrere con forza e determinazione, la strada delle riforme e della responsabilità per creare lavoro, pena il declino del paese. In Sicilia, negli ultimi quattro anni, si sono persi 97.000 posti di lavoro e di questi 53.500 solo nel settore delle costruzioni. La Sicilia archivia il 2013 come uno degli anni più bui sia dal punto di vista economico che dell’occupazione. Uno studio appena pubblicato dal servizio statistiche della Regione Siciliana, in base ai primi nove mesi dell’anno appena trascorsi, rivela che il biennio 2012-2013 è stato disastroso per il prodotto interno lordo reale crollato del 6,5%, la Sicilia ha fatto peggio rispetto alla media nazionale (-4.4%) e peggio rispetto a quella del mezzogiorno (-5,6%). Questo pesante calo della ricchezza prodotta, si è abbattuta pesantemente sull’occupazione con una emorragia di posti di lavoro che sembra inarrestabile. Nei primi nove mesi del 2013 si sono persi il 7% dei posti di lavoro nelle costruzioni: 13 mila nell’ agricoltura (-13%), e 50 mila posti nei servizi (-4,7%) in particolare 38 mila posti in fumo nel commercio. La Sicilia paga anche il prezzo più alto per fallimenti di imprese nel settore delle costruzioni, con 475 imprese fallite. In provincia di Messina quella più importante è stata AICON YACHTS SPA che ha lasciato sulla strada 350 Lavoratori. 3.I 119 morti in questi anni a causa della crisi che ha colpito il nostro paese ci danno il quadro di un paese che sta vivendo il momento più difficile del dopoguerra. Tra i suicidi ci sono lavoratori come il nostro compagno di Trapani, Giuseppe Bulgarella che non ha sopportato la perdita del posto di lavoro e dopo aver perso la speranza di trovarne un altro. Un uomo che perde il posto di lavoro perde anche la dignità, perché si sente inutile per sé e la sua famiglia. Imprenditori onesti che non hanno sopportato di veder morire ciò che avevano creato in anni di sacrifici, di non poter pagare i lavoratori che per anni aveva considerato come una famiglia. Onesti cittadini, non potendo pagare la rata del mutuo per aver perso il lavoro, non hanno retto alla vergogna e hanno preferito porre fine alla loro esistenza. In questo contesto, che non ci permette ancora di capire se abbiamo toccato il fondo o se ancora ci aspettano momenti più difficili, tra i settori economici, quello delle costruzioni -prevalentemente legato al mercato interno -sta vivendo una situazione di particolare difficoltà. In questo settore, il peso di politiche economiche orientate esclusivamente alla riduzione degli investimenti per il contenimento del debito pubblico, ha generato negli ultimi 5 anni conseguenze drammatiche sulla produzione, sulle imprese e sul lavoro. Le politiche messe in atto dal governo Berlusconi (che addirittura negava la crisi) dal governo Monti e la poca incisività dei provvedimenti del governo Letta, hanno finito per aggravare gli effetti di una crisi che sta divorando posti di lavoro e imprese, desertificando l’apparato produttivo che per anni ha costituito il cuore pulsante dell’economia del nostro paese. La mancanza di risorse pubbliche, l’irrigidimento del patto di stabilità per gli enti locali, l’insufficienza, mal distribuzione e l’incapacità di spesa delle risorse dei fondi europei, la stretta dei crediti alle imprese, (particolarmente nel nostro settore), la stagnazione del mercato immobiliare -che vede drasticamente ridotto il volume di acquisti -soprattutto per la stretta del credito alle famiglie (a Messina il calo di acquisti è stato del 35% al fronte del 25% del dato Nazionale), il ritardo nei pagamenti della amministrazione pubblica alle imprese, sono le cause specifiche che hanno condotto il settore delle costruzioni alla completa paralisi. La crisi in atto, secondo gli ultimi dati dell’ANCE, ha già prodotto una riduzione degli investimenti nelle costruzioni, nettamente superiore rispetto a quello determinato negli anni ’90. In 5 anni, (2008-2013) in Italia il settore ha perso più di un terzo degli investimenti, collocandosi ai livelli più bassi degli ultimi 40 anni. A Messina nel periodo 2007-2013 si è passati da 432 gare nel 2007 a 80 nel 2013. 4.Nel 2013 rispetto al 2012 si è avuto un crollo del 51% e quelle in corso non si riescono ad espletare,a causa della farraginosità delle procedure e la incapacità delle stazioni appaltanti di darsi tempi certi . Esempio eclatante è la gara bandita dall’Università di Messina ad Aprile 2013, per la ristrutturazione degli edifici della Facoltà di Scienze al Papardo per l’importo di 20 milioni di Euro, a un anno di distanza ancora non è stata aggiudicata. Tutti i comparti sono in sofferenza, ad eccezione della riqualificazione dell’esistente: le abitazioni ( -54,2% in 6 anni), l’edilizia privata (-31,6%), le opere pubbliche (-42,9%), solo il comparto della riqualificazione degli immobili residenziali mostra una tenuta dei livelli produttivi (+12,6%) dovuto principalmente al sistema degli incentivi per le ristrutturazione. Naturalmente la ricaduta di questa pesante crisi del settore incide pesantemente sulle imprese e sull’occupazione. Nella nostra Provincia nel periodo 2008-2013, le imprese iscritte nella cassa edile sono passate 2.835 a 2.399, (-436). Ancora più negativo è il bilancio per gli operai e le ore lavorate (monte salari): gli operai occupati sono passati da 12.860 a 7.884, (-4.976); Il monte salari è passato da 103.000.000 milioni di euro a 62.600,00 milioni di euro (-40.400,00). È da sottolineare che questo dato è il doppio rispetto al Nord Italia, e ciò sta a significare che la crisi da noi è più pesante rispetto al resto d’Italia. Altrettanto indicativi sono i dati della cassa integrazione nella nostra provincia relativi all’anno 2011-2012: -Ordinaria2011 = 683.295 ore, 2012 = 781.947 ore ( +98.652 ore) -Straordinaria 2011 = 1.837.950 ore, 2012 = 1.443.568 ( -394.382 ore causa Licenziamenti) -In Deroga 2011 = 77.455 ore, 2012 = 608.272 ore ( +530.817 ore +471%). Nei primi mesi del 2013, in Sicilia, le ore di Cassa integrazione richieste all’Inps sono diminuite del 36,4% rispetto all’analogo periodo del 2012. Ma gli analisti del servizio statistiche della Regione ci dicono che questo dato deve essere valutato attentamente. In primo luogo, effettuando un raffronto con le ore del 2008, anno di inizio della crisi, ci si accorge che il ricorso agli ammortizzatori sociali è cresciuto del 302,80%, in secondo luogo è da ipotizzare che la flessione di ore autorizzate sia in realtà da spiegare con il fenomeno più allarmante del ricorso alla mobilità o al 5.licenziamento dei lavoratori, da parte di molte aziende una volta esaurite le diverse forme di ammortizzatore sociali. Un riscontro reale di quest’analisi, tocca tante piccole e medie aziende della filiera delle costruzioni del tessuto produttivo della nostra Provincia. Dai laterizi del distretto di Valdina, Venetico, Saponara alle aziende di calcestruzzo, lapidei, legno earredamento (Porte IMIC). Alcune di queste aziende, purtroppo non hanno retto, sia per colpa della crisi che per la scellerata gestione (AICON), lasciando in mezzo alla strada diverse centinaia di lavoratori. Altre aziende stanno tentando di resistere aiutate dalla Cassa Integrazione, solidarietà, con grandi sacrifici dei lavoratori per la mancanza di retribuzioni anche per diversi mesi: per quanto tempo ancora resisteranno? La FILLEA-CGIL, di fronte a questo quadro, è cosciente che non è facile dare risposte, soluzioni efficaci e immediate alla drammatica situazione in cui vivono le famiglie, i lavoratori edili e i giovani, tuttavia abbiamo il dovere come FILLEA di far vivere le proposte messe in campo dalla CGIL con il piano per il lavoro, piano che ha l’obiettivo ambizioso di cambiare l’Italia, per renderla più equa e più solidale, e che metta al centro il Lavoro soprattutto per i giovani, attraverso azioni credibili, mettendo in campo tutte le iniziative per dare risposte concrete. Tale piano è pienamente condiviso dalla FILLEA perchè molti contenuti coincidono con i temi e le proposte che abbiamo elaborato e sviluppato in questi anni. Occorre partire dalle emergenze e dalle potenzialità del paese per accrescere la competitività e la capacità di attrarre, e dando nuovo impulso agli investimenti nel mezzogiorno, per ridurre il gap esistente fra le aree più ricche del Nord e quelle più povere del Sud. I prossimi 4 anni dovranno vederci impegnati a sostenere i necessari processi di riforma, a partire da quella istituzionale e fiscale, al fine di coinvolgere i processi decisionali di tutti i livelli e consentire al nostro settore, e all’intero Paese, di riprendere il cammino interrotto ormai da molti anni. Una riforma che preveda la drastica riduzione dei costi della politica, costi non giustificati a fronte della drammatica situazione in cui sono costrette a vivere migliaia di famiglie, obbligate a ridurre non solo le spese superflue ma anche quelle essenziali come medicine, cibo e servizi. Secondo una stima dell’ISTAT, negli ultimi 20 anni, le spese fuori controllo, cioè quelle non strettamente necessarie, ma spesso clientelari, di regioni, provincie e comuni sono state di ben 600 miliardi in più rispetto agli anni precedenti. È inoltre necessaria una riforma fiscale che preveda la riduzione delle tasse sul lavoro e sulle imprese che oramai ha raggiunto il massimo storico del 44%. 6.Tassazione che uccide le imprese come è stato gridato nella manifestazione di RETE IMPRESE del 18 Febbraio 2013, e ai lavoratori non permette di vivere una vita dignitosa, anzi non permette di vivere affatto. Dall’altro lato l’evasione fiscale e contributiva in Italia ha raggiunto i 130 miliardi all’anno, una concentrazione di ricchezza illegale che non ha pari degli altri paese industrializzati. Nel settore dell’edilizia questo fenomeno è aggravato dalla presenza di veri e propri truffatori, che utilizzano il sistema delle cosiddette “scatole cinesi”, in cui le imprese nascono e muoiono velocemente, lasciandosi dietro debiti nei confronti dei lavoratori, delle ditte fornitrici, del fisco e dell’Inps. Debiti che nessuno pagherà mai e rendendo inservibili le vertenze sindacali. Nel solo 2011 sono saltate 60.000 società, una operazione su tre è sospetta, perché pilotata dai titolari, secondo lo schema: CHIUDO, NON PAGO, RIAPRO. Le S.r.l. operando nel buco nero dell’evasione spariscono ancora prima di pagare gli operai. Nella nostra provincia secondo i dati INPS nel 2013, su 840 ispezioni, sono state scoperti 657 lavoratori in nero, superando il dato del 2012. Ancora più preoccupanti sono i dati emersi dalle ispezioni effettuate dall’ispettorato del lavoro: su 700 ispezioni, sono state rilevate irregolarità soprattutto nel settore edile. In tutti i 254 cantieri controllati sono emerse irregolarità in materia di sicurezza: 144 lavoratori in nero, 200 “in grigio” (cioè regolarizzati appena prima dell’ispezione), mentre 19 cantieri sono stati sospesi per il superamento del 20% di manodopera in nero. Come evitare tutto questo?La FILLEA ha da sempre indicato la strada per limitare il fenomeno della illegalità e del lavoro nero. Occorrono norme semplici ed efficaci, ma soprattutto maggiori controlli, capaci di contrastare l’illegalità, sia che si manifesti come meccanismi illegali e pochi trasparenti di gestione degli appalti, sia che si manifesti come evasione fiscale o come lavoro nero. La nostra azione, quindi, deve essere volta, con il coinvolgimento dei lavoratori e dei disoccupati, a indirizzare le scelte politiche, a tutti i livelli nazionali, regionali e locali. Pretendiamo scelte chiare per lo sviluppo del paese, perché ci sia una più equa distribuzione delle risorse finanziarie, per una modifica delle pensioni che oggi penalizza pesantemente il nostro settore,per un nuovo modo di gestione del credito a favore delle piccole e medie imprese e delle famiglie. Così come non è più rinviabile l riforma della burocrazia che -anziché motore dell’economia -è diventata un freno ad ogni iniziativa che vuole creare sviluppo e occupazione, generando spesso un sistema di corruzione che uccide le imprese e agevolando un sistema criminale che si inserisce nei meandri della Pubblica Amministrazioni, condizionandola e spesso determinandone le scelte. 7.Vogliamo continuare a incalzare, con i lavoratori e i disoccupati, tutte le stazioni appaltanti (cosi come abbiamo fatto a Messina in questo ultimo anno con FILCA e FENEAL anche se con pochi risultati), per velocizzare le procedure per la cantierabilità dei lavori appaltabili. Per raggiungere questi obbiettivi pensiamo che sia necessario intervenire attraverso le seguenti azioni: RIFORMA DELLA BUROCRAZIA 1) Riformare le strutture burocratiche ad ogni livello per rimuovere tutte quelle incrostazioni e collusioni con la criminalità, che hanno bloccato in questi anni ogni opportunità di crescita e di sviluppo, come ha dimostrato la dissennata gestione delle risorse Europee, le uniche in grado di garantire investimenti certi per i prossimi 10 anni. 2) Burocrazia: una parola che potrebbe apparire a molti insignificante, invece in Sicilia è un mostro di cartacce, timbri e scartoffie che ogni anno divora più di 3 miliardi di Euro dalle tasche dei cittadini e dalle imprese. Dietro le scrivanie della Regione, dei Comuni, delle Sovraintendenze, e di tutti gli uffici pubblici, alimenta code massacranti, attese estenuanti, ritardi e ostacoli interminabili. Questa è la burocrazia amministrativa che in Sicilia cumula nulla osta e verifiche, norme spesso note agli amici degli amici. Un meccanismo contorto che arresta bruscamente le pratiche, imponendo agli utenti, sia esse imprese o cittadini estenuanti rallentamenti, se non cospicui pagamenti di denaro. Burocrazia significa aspettare 749 giorni per l’apertura di una nuova finestra, 262 sono i passaggi negli uffici competenti per l’installazione di un impianto fotovoltaico. Per realizzare un capannone da noi occorrono in media 258 giorni contro i 26 negli Stati Uniti D’America. Per non parlare di una gigantesca mole di firme, timbri e documenti che le imprese sono costretti a produrre per le gare di appalto. Burocrazia significa non definire le competenze fra i soggetti che sono spesso causa di ritardi interminabili e di scelte che non si concretizzano mai ha scapito delle opere da realizzare. Per quanto attiene invece il rapporto fra le istituzioni, emblematica è una frase da me ascoltata da un alto Funzionario dello Stato che nel riferire, scherzosamente dei rapporti con la Regione Sicilia a detto: “Fra noi e la Regione c’è la gara a chi bleffa di più.”E noi aspettiamo che si sblocchino le opere. Per chiudere questo capitolo vorrei riportare l’affermazione della Corte di Appello di Palermo in occasione dell’apertura dell’anno Giudiziario, nel parlare di burocrazia e sistema politico ha affermato testualmente: “siamo circondati da un immaginabile putridume per descrivere il sistema di corruzione che ogni anno alla Sicilia costa circa 20 Miliardi.” 8.Un caso eclatante è quello scoperto in questi giorni dalla Guardia di Finanza dove sono spariti 260 Milioni di Fondi Pubblici per progetti finanziati dalla Comunità Europea e mai realizzate. Un altro esempio di quanto sia il danno che la cattiva burocrazia arreca al nostro sistema economico e in particolar modo al nostro settore, sia per la sopravvivenza delle aziende che in termini di posto di lavoro,è quello relativo ai mancati pagamenti alle imprese che hanno eseguito opere pubbliche. Le imprese possono morire, non solo per i debiti ma anche per la mancata riscossione dei crediti. In Sicilia le imprese edili hanno crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione di circa 1,5 miliardi. La Sicilia è una di quelle poche regioni che non ha attivato la procedura prevista per accedere al mutuo di 1 miliardo di Euro previsto dal decreto sblocca debiti per dare liquidità alle imprese con il rischio concreto dell’apertura delle procedure di infrazione della comunità europea. Oltre al danno la beffa. Speriamo che faccia meglio sulla nuova dote di 27 milioni prevista per l’anno 2014. L’altro intervento indifferibile è il PROGETTO SUL RIASSETTO DEL TERRITORIO. Per la FILLEA l’intervento sul riassetto del territorio e della prevenzione rappresenta una azione con priorità assoluta, non solo per mettere in sicurezza le aree a più elevato rischio idrogeologico -evitando in futuro tragedie umane come quella di Giampilieri, Saponara -ma perché di fatto aprirebbe la via anche ai cantieri e quindi all’occupazione. Il rischio idrogeologico in Italia è una tenaglia che si stringe da molti lati. Buona parte dell’urbanizzazione, soprattutto quella selvaggia è avvenuta intorno agli anni ’60-’70, l’epoca in cui la piovosità è stata ai minimi del secolo. Ponti, argini e case sono state costruite senza tener conto del problema dell’acqua, e dei rischi che ne potevano derivare come purtroppo è accaduto in questi ultimi mesi in molte regioni d’Italia.Di conseguenza oggi ci troviamo con infrastrutture del tutto inadeguate. Le fognature della città non sono progettate per smaltire le precipitazioni eccezionali, i torrenti sono stati costretti in spazi ristretti o sono addirittura dirottati sotto terra. La mancanza di manutenzione del territorio, l’abbandono e l’incuria,hanno reso il nostro territorio molto fragile e di conseguenza a continuo rischio idrogeologico. Chiude il cerchio la frammentazione delle competenze e delle responsabilità con la 9.sequenza che di fronte ha una situazione di rischio non si comprende chi deve intervenire e con quali risorse. Uno studio del consiglio nazionale dei geologi ha pubblicato uno studio secondo cui in Italia 29.500 Km. Quadrati con 6 Milioni di Abitanti sono ad alto rischio idrogeologico. La minaccia di frane o alluvione riguarda 1,3 Milioni di edifici tra cui 6.000 scuole e 531 ospedali. Dal dopoguerra i disastri idrogeologici sono costati 52 Miliardi, cifra che nell’ultimo ventennio è passata da 800 milioni annui a 1,2 Miliardi. Secondo il ministero dell’Ambiente per mettere in sicurezza tutto il territorio interessato servirebbero 40 miliardi di Euro. A parere della FILLEA è urgente la predisposizione di un piano per il riassetto idrogeologico a partire dalla mappatura aggiornata del territorio a rischio e impegnare le risorse necessarie sia per la prevenzione che per gli interventi dove i dissesti si sono già verificati per la messa in sicurezza del territorio che nella nostra provincia è interessato più dell’80% dei Comuni. Secondo le stime della Regione, in Sicilia servirebbero 800 milioni di Euro per mettere in sicurezza l’intero territorio che ricordiamo secondo i dati CRESMEANCE interessa 4.894 scuole e 398 ospedali in aree a elevato rischio e 800 mila edifici realizzati da più di 40 anni. La nostra Provincia negli ultimi 5 anni è stata interessata da decine di eventi franosi alcuni gravi, con perdite di vite umane (Giampilieri, Saponara) e poi Barcellona P.G., San Fratello, Caronia, e molti altri centri minori, che hanno creato danni ingenti alle abitazioni, alle attività produttive,e altri eventi meno gravi ma che comunque hanno creato enormi disagi alle popolazioni interessate e solo per caso non hanno creato altre vittime. Bisogna prendere atto che nella nostra provincia l’intervento dello Stato e della Regione, anche se con ritardi spesso inspiegabili ha attuato molti interventi, attraverso il Genio Civile, la Protezione Civile e la Provincia. Con la realizzazione delle ultime 8 Opere per un importo di 22.500.000,00 Euro da parte del Genio Civile sarà completato la messa in sicurezza delle zone di Giampilieri con interventi complessivi per circa 200 milioni di Euro. Per San Fratello molti lavori sono stati realizzati, altri dovranno essere realizzati (anche se con inspiegabili ritardi) e così per altri interventi che interessano molti comuni della Provincia. Ultimo quello del comune di Naso che sta mettendo in serio pericolo il centro storico e che necessita di interventi immediati. Resta ancora molto da fare, problema irrisolto restano gli interventi per Saponara, Barcellona P.G, per questi interventi sono stati stanziati 30 milioni di Euro, una somma sicuramente insufficiente per sanare i danni causati, e per rimettere in moto l’economia di quelle zone quasi distrutte dagli eventi alluvionati. 10.Ma ciò che fa dubitare rispetto alla capacità della realizzazione degli interventi è che i soggetti attuatori sono i Comuni, che non hanno ne i mezzi né le competenze per progettare e attuare gli interventi necessari. Sarebbe stato più opportuno affidare la realizzazione delle opere al Genio Civile, perché ha le competenze necessarie, come ha dimostrato per il disastro di Giampilieri. Lo stesso Genio Civile per questi eventi ha effettuato analisi dettagliate dei danni e delle risorse necessarie per la messa in sicurezza, per un importo complessivo di 78 milioni di euro, circa più del doppio delle somme già messe a disposizione. Sempre il Genio Civile ha quantificato gli interventi previsti per la messa in sicurezza di Lipari a seguito degli eventi alluvionali del 15 Settembre 2012,che ammontano a circa 12 milioni di Euro non ancora finanziati. La stessa Provincia Regionale, nell’ambito delle competenze pre-riforma, solo per la messa in sicurezza del territorio, ha individuato e programmato 45 interventi per la messa in sicurezza del nostro litorale e dei torrenti per l’importo di circa 54 milioni di Euro. Non sapremo mai quanto di questi interventi saranno realizzati. Ma sappiamo che questi interventi sono urgenti e faremo in modo che le istituzioni competenti intervengano per realizzarli. Una nota positiva, dopo anni di improvvisazione, è che il Governo Nazionale ha approvato misure anti-dissesto idrogeologico che prevedono l’investimento di 500 Milioni all’anno a partire dal 2014 e un nuovo piano che dia priorità a quella che viene definita una grande opera infrastrutturale. Tale provvedimento, anche se insufficiente, rappresenta sicuramente una inversione di tendenza rispetto al passato e un auspicio che con questo provvedimento e attraverso i fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea possa essere portata avanti un serio progetto di messa in sicurezza del territorio, che eviti per il futuro disastri e perdita di vite umane. PROGETTO PREVENZIONE SISMICA La Sicilia orientale e in particolare la provincia di Messina restano al centro delle preoccupazioni dei sismologhi a causa della elevata sismicità che negli ultimi anni ha interessato questa porzione dell’isola. Agli eventi sismici più forti quello di Messina del 1908, quello del 1978 che colpì molti centri collinari e costieri dei Nebrodi, in questi anni tutta la provincia, da Mistretta a Messina, è stata interessata da un fenomeno continuo di eventi sismici. La reale preoccupazione delle popolazioni interessate, non ha generato negli anni, da parte delle Istituzioni efficaci politiche di prevenzione con la mappatura dei rischi per la previsione di interventi mirati alla salvaguardia delle popolazioni interessate. 11.La domanda che ogni cittadino si pone è: le nostre strutture pubbliche (ospedali, scuole, edifici pubblici e abitazioni private), sono in grado contenere un eventuale terremoto? E di quale intensità? Con quali danni a persone e cose? Sicuramente non è questa la sede per disquisire sulle questioni tecniche ma, a un profano come me, il dubbio resta e riguarda sopratutto la tenuta degli edifici pubblici e delle scuole. Il maggior numero di abitazioni e di edifici pubblici, in città come in provincia, è stato costruito prima degli anni ’50, in assenza di norme antisismiche, quindi soggetto a un processo di invecchiamento normale e di conseguenza molto vulnerabile, che necessita di interventi manutentivi ordinari e in alcuni casi radicali per la messa in sicurezza. Se il contesto è questo, il problema sicuramente non si risolve con inutili dispute tecniche o politiche ma con un serio monitoraggio delle strutture e del loro stato di salute, utilizzando l’ultimo aggiornamento sulle norme antisismiche del 14 Gennaio 2008 (dal titolo Nuove Norme Tecniche delle Costruzione) e le risorse messe a disposizione, per la messa in opera di un consistente piano antisismico per mettere in sicurezza le abitazioni e gli immobili pubblici,e per dare una spinta all’ economia e all’occupazione del nostro territorio. Consumo di suolo ZERO L’altro asse di intervento riguarda il consumo di suolo ZERO, non solo per adeguarci alle direttive europee che prevedono la non edificabilità su nuove aree entro il 2050, ma anche perché l’eccesivo consumo di suolo(più di 100 ettari al giorno di terreni naturali, 10 Metri Quadrati al Secondo), ha irreversibilmente danneggiato e reso irrecuperabile oltre il 7% del territorio Nazionale. A questo disastro urbanistico non si sottrae la città di Messina, che secondo uno studio sul verde urbano condotto dall’Istat,risulta essere la città più cementificata d’Italia e fra le ultime come verde urbano disponibile. L’assenza di una programmazione ordinata nella gestione del territorio, la mancata redazione dei piani urbanistici esecutivi, l’ingordigia (mista a iniziative non sempre legali) hanno fatto della nostra città, terreno di conquista della speculazione edilizia, rendendola insicura e invivibile. Oggi il piano regolatore necessita di urgenti correzioni per sostituire la cultura della cementificazione con interventi di recupero del patrimonio edilizio e una seria politica della casa per uno sviluppo armonico del territorio. Ci auguriamo che l’amministrazione attuale si faccia promotrice di un reale progetto di sviluppo e salvaguardia del territorio. Occorre un cambio di cultura nella gestione delle città e del territorio, attraverso una pianificazione unica, ambientale, urbanistica e idrogeologica, che valorizzi a pieno gli strumenti legislativi esistenti e le risorse finanziarie messe a disposizione per costruire un piano che rende conveniente la riqualificazione dell’esistente e 12.consente la ristrutturazione edilizia di quelle parti delle città particolarmente degradate. Penso alla possibilità di rendere particolarmente appetibili, sottraendoli al degrado, alcuni centri storici delle nostre città, che rappresentano anche rari gioielli di architettura storica da salvaguardare. Rilanciare un piano di edilizia pubblica (case popolari) bloccate per anni, per dare risposta a quanti oggi non sono in grado di acquistare o affittare un alloggio al prezzo di mercato. Dobbiamo puntare sulla riqualificazione -anche sotto l’aspetto del recupero del consumo energetico -di quel vasto patrimonio pubblico costituito in Italia da 850 mila alloggi che ospitano circa 2 milioni e 500 mila persone, ma che risulta insufficiente a soddisfare una domanda che nel tempo è cresciuta, mentre si è ridotta l’edilizia residenziale pubblica. Sta agli operai e al loro sindacato la capacità di aprire un confronto, comune per comune, entrando nel merito delle linee di indirizzo dei piani regolatori per imporre l’obbligo, nel caso di nuovo consumo di suolo, del rispetto degli obbiettivi posti dalla Comunità Europea. Non ci sono alibi per i comuni, perché sono previste cospicue ricorse sull’asse 6 dei fondi Europei, ovvero quelle sullo sviluppo urbano sostenibile, compresi 790 milioni di euro non spesi negli anni passati a cui si aggiungono per la Sicilia i fondi GESCAL per 274 milioni di euro; somme previste per interventi di rigenerazione urbana e della sua qualità, interventi sulle scuole e in generale su territorio pubblico e privato, compresi i beni confiscati alla mafia. Messina resta un caso emblematico: di fronte ad una richiesta di 3690 alloggi, l’offerta rimane bassa a causa della cattiva gestione dei piani di risanamento e dei ritardi nella realizzazione e nella ristrutturazione di alloggi da parte degli IACP. Pensiamo ai ritardi nella costruzione di circa 150 alloggi che rischiano di non essere mai costruiti per cause assurde: pensate che 65 alloggi, per l’importo di 8 milioni di euro, sono stati progettati su una faglia attiva! In questo caso, non penso che per la realizzazione di questi alloggi basterà il rispetto delle norme antisismiche, ma piuttosto credo che sarà necessario trovare un altro sito per la costruzione di questi alloggi. Siamo alle solite: superficialità nelle progettazioni, scelte sbagliate nella localizzazione dei siti, lungaggine delle procedure, fanno sì che, dal momento in cui un’opera viene pensata fino alla sua realizzazione, passino almeno 10 anni. Se a questo aggiungiamo i tempi della giustizia amministrativa -fra ricorsi, controricorsi e sospensive -deduciamo che nei lavori pubblici vengono impiegati più avvocati che muratori. Qualche lavoratore presente in quest’aula, nell’ascoltarci potrebbe pensare: ma se la FILLEA non vuole che si costruiscano nuove case e che si consumi altro suolo, noi dove lavoriamo? Domanda più che opportuna. 13.La FILLEA ritiene che la nuova edilizia (ristrutturazione delle abitazioni, risanamento dei centri storici, messa in sicurezza degli edifici pubblici) richieda l’utilizzo di tanti lavoratori, di tecnici e di imprese che abbiano grande professionalità e competenze: c’è bisogno di una di manodopera qualificata e quindi di tanta e buona occupazione! Per questo un ruolo importante possono avere la contrattazione e gli enti bilaterali per la formazione dei lavoratori stessi nella nuova occupazione. La FILLEA ritiene che ancora qualche milione di lavoratori possano e debbano continuare a vedere la filiera delle costruzioni come uno dei settori primari dell’economia italiana. Muratori, carpentieri, i lavoratori del cemento, lapidei, legno arredamento, geometri, ingegneri, architetti, restauratori hanno ancora un futuro nelle costruzioni. Questa volta non per distruggere il Bel Paese ma per valorizzarne la bellezza. L’ultimo asse riguarda le infrastrutture, la cui dotazione economica per l’anno in corso seppur più elevata rispetto agli anni precedenti di ulteriori 2,4 miliardi, è vincolata purtroppo a criteri ancora più rigidi sul PATTO DI STABILITA’ INTERNO che rischia di rendere inefficace l’impiego di queste risorse aggiuntive se non vengono allentati i vincoli di spesa previsti. Una grande opportunità è rappresentata dai due piani infrastrutturali finanziati dal Consiglio dei Ministri di fine anno (il PIANO 6000 CAMPANILI e il PIANO CITTA’). Per quest’ultimo la nostra provincia e la città di Messina, pur avendo presentato diversi progetti di riqualificazione urbana sono rimaste escluse perché gli stessi progetti non sono stati ritenuti idonei per il relativo finanziamento. Le risorse finanziarie per questi due piani sono di 1,5 miliardi di euro. Delle 5 mila domande del piano “6000 campanili” ne sono state finanziate solo 175, per l’importo di 150 milioni di euro. Tali finanziamenti consistono in interventi da 500 a 1 milione di euro per i comuni con meno di 5000 abitanti. Una grande opportunità per i piccoli comuni, anche se le somme stanziate sono una goccia d’acqua a fronte della necessità e dell’urgenza dei comuni di attivare interventi di manutenzione e riqualificazione degli edifici e dei centri urbani. Ci auguriamo che tutti e 6000 i progetti possono avere la copertura finanziaria cosi come promesso dal nuovo Governo, per dare risposte alle piccole imprese e ai lavoratori di tutta la filiera delle costruzioni. In termini di infrastrutture, la nostra provincia risulta la più penalizzata. Da quando si sono chiusi i cantieri dei lotti autostradali Messina -Palermo e i lavori del raddoppio della Messina -Palermo, e sono passati quasi 14 anni, oltre agli svincoli di Giostra – Annunziata (in fase di ultimazione) nessun lavoro importante, ad eccezione dei lotti sulla Camastra -Gela, è stato finanziato. E anche quest’ultimo è ormai fermo da 2 anni a causa del fallimento delle imprese. 14.Solo alcuni giorni addietro, da parte dell’ANAS, abbiamo avuto assicurazione che nel mese di Marzo saranno riappaltati i lavori per un importo complessivo di 35 milioni di euro. L’altra infrastruttura strategica, il raddoppio ferroviario Messina -Catania, per la quale era previsto un finanziamento di 1 miliardo e 850 milioni, è stata de-finanziata a causa del costo eccessivo dell’opera e le relative somme sono state utilizzate per altri interventi. Per noi questa rimane un’opera importante assieme al completamento del raddoppio Messina-Palermo, sia per l’importanza che queste possono avere per lo sviluppo economico futuro dell’intera Sicilia, che per l’impatto occupazionale nella nostra provincia. Però ,anche se queste opere dovessero essere finanziate, i tempi di realizzazione sarebbero talmente lunghi da non dare nessuna risposta oggi al problema occupazionale, i lavoratori hanno la necessità di avere risposte immediate, lavorare oggi e non domani! Per questo, così come abbiamo fatto in quest’ultimo anno con FENEAL e FILCA, punteremo la nostra attenzione sulle opere cantierabili, e proprio per questo, unitariamente, abbiamo già programmato un’iniziativa per il mese di Marzo per sollecitare le stazioni appaltanti, possibilmente assieme al prefetto, per accelerare le procedure d’inizio dei lavori già finanziati. Elenco le opere più importanti: 1. messa in sicurezza viadotto Ritiro, spesa prevista 62 milioni già disponibili. 2. collegamento svincolo giostra con A20, spesa prevista 4 milioni. 3. risanamento Bordonaro – Minissale – Taormina, spesa prevista 42 milioni. 4. Via Don Blasco (collegamento porto-autostrada e risanamento delle zone adiacenti), spesa prevista 24 milioni. 5. riqualificazione del Tirone, spesa prevista 6 milioni. 6. nuovo palazzo di giustizia (porre fine alla diatriba sulla localizzazione), disponibili 18 milioni. 7. progetti esecutivi per la messa in sicurezza idrogeologica (Giampilieri), spesa prevista 22 milioni. 8. porto di Tremestieri, spesa prevista 80 milioni. 9. università di Messina, padiglione Papardo, spesa prevista 20 milioni. 10. rete fognaria e depuratore, spesa prevista 22 milioni (atteso da 10 anni). Per questa opera, se non viene realizzata entro tempi brevi, sono previste sanzioni dalla Comunità Europea perché lo scarico delle fogne avviene a mare. 11. Ristrutturazione dei padiglioni della Fiera: spesa prevista 5 milioni. Il finanziamento totale di queste opere, tralasciando altri piccoli interventi, ammonta a 325 milioni di euro. Se a queste aggiungiamo le altre opere in provincia (porto di Milazzo, Capo d’Orlando, S. Agata di Militello, le opere di messa in sicurezza Saponara, Barcellona, San Fratello e altri piccoli comuni, gli interventi sulle scuole, messa in sicurezza e riqualificazione urbana, e altre piccole opere appaltate nel 2013) complessivamente tra il 2014 e il 2015 si potrebbero aprire 15.cantieri per circa 500 milioni di euro, con un forte impulso per l’economia della nostra provincia e la creazione di centinaia di posti di lavoro. Si riuscirà ad ottenere questo obbiettivo? Riusciranno la politica, le stazioni appaltanti, il sindacato a far si che la burocrazia abbandoni la vecchia abitudine del non fare, del non assumersi la responsabilità di decidere? Il vecchio detto “se non faccio non rischio”, rischia di farci travolgere tutti: dalla politica alla burocrazia, ai sindacati, perché ormai i giovani sono stanchi e disperati a causa della mancanza di lavoro, così come i cinquantenni che il lavoro lo perdono. Tutti si aspettano da noi una risposta concreta che si chiama: LAVORO! La realizzazione di queste opere può cambiare il volto di Messina e provincia. Noi, come sindacato facciamo una scommessa: vi faremo realizzare queste opere a costo di fare uno sciopero al mese! In questi anni, la FILLEA, nella nostra provincia ha sicuramente rappresentato un punto di riferimento certo per i lavoratori dell’edilizia e degli altri settori, una controparte credibile e leale per le istituzioni e l’Associazione Costruttori, ha svolto quindi un ruolo propositivo e costruttivo all’interno degli enti bilaterali. Quello che ci ha guidati e ci ha dato forza per andare avanti non è stato il destino individuale di ognuno di noi, ma innanzitutto il destino e la prospettiva dei lavoratori che rappresentiamo. Se crediamo veramente in questo principio la FILLEA anche in futuro continuerà ad essere un riferimento del mondo del lavoro, per fare più forte la CGIL che si batte da sempre per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle donne e dei giovaniche vedono in noi una speranza per il loro futuro. Finisco con un grazie a voi tutti e a coloro che in questi anni hanno dato il loro impegno per la FILLEA. Vi chiedo di continuare con impegno anche nei prossimi anni, perché sarà ancora più dura a causa della grave crisi che ha colpito il nostro settore, ma sono sicuro che il gruppo dirigente eletto in questo Congresso saprà dare risposte concrete ai lavoratori.

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