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17.03.14 Si è concluso il 25 febbraio 2014 il Congresso territoriale della Fillea Brescia. Di seguito la relazione del segretario uscente Renzo Bartolini, riconfermato alla guida della struttura dal nuovo direttivo eletto al termine del congresso.
Care Compagne e Compagni, delegate e delegati, signori invitati, voglio innanzitutto esprimerVi il mio più sentito ringraziamento per la Vostra presenza al nostro 9° Congresso territoriale. Nel prossimo mese di maggio ricorre il 40° anniversario della Strage di Piazza della Loggia, 40 anni trascorsi senza che si sia giunti alla individuazione dei colpevoli, senza che si sia resa giustizia alle vittime ed ai loro familiari. Fu una strage diretta contro il movimento sindacale, che in quel giorno aveva portato in piazza migliaia di persone a manifestare contro una serie di attentati di matrice fascista che si erano verificati nelle settimane precedenti in città. La scorsa settimana, la Cassazione ha deciso di annullare le sentenze di assoluzione di due dei principali imputati, disponendo un nuovo processo d'appello. Questa decisione allunga ulteriormente i tempi per l'accertamento della verità giudiziaria, ma almeno apre una nuova possibilità e questa è un'alternativa alla cancellazione di ogni possibilità di accertamento delle responsabilità materiali e politiche che portarono alla preparazione ed alla realizzazione della strage. Ci accingiamo a svolgere il nostro Congresso nel pieno della più grande crisi economica finanziaria e sociale dopo quella del 1929: la prima crisi globale che è insieme, anche crisi dell’equilibrio ambientale dell’intero pianeta. Con queste parole, nel 2010 avevo iniziato la relazione al congresso, mai immaginando che a distanza di 4 anni ci si potesse trovare in una condizione peggiore di quella che stavamo vivendo in quel periodo, appesantita dal lascito degli ultimi 4 anni, che hanno visto le lavoratrici ed i lavoratori, pagare un prezzo pesantissimo a oltre sei anni di regressione economica, politica, sociale e ambientale del nostro paese. La crisi che stiamo vivendo, che trae origine dall'affermazione del primato delle attività finanziarie, a scapito del valore del lavoro e delle attività produttive, discende da scelte politiche che allentando i vincoli sulla circolazione dei capitali, hanno favorito la concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di una sempre più ristretta elite. La conseguenza di ciò è stata la crescita di un consenso sempre più largo della politica, all'idea che la crisi si combatte, non aggredendo le ragioni che hanno causato la crisi, ma riducendo la spesa sociale, confermando la centralità del mercato, a scapito del lavoro, della giustizia sociale e dei principi contenuti nella nostra Costituzione. Gli effetti di tali scelte sono oggi sempre più evidenti, aumento della disoccupazione ed in particolare di quella giovanile, crescita della povertà per strati sempre più larghi della popolazione, aumento della precarietà del lavoro, con conseguente precarizzazione delle condizioni di vita, progressiva riduzione dell'apparato produttivo, con la scomparsa di interi settori industriali. Tutto ciò è accompagnato dal manifestarsi di una profonda crisi di carattere etico e morale, che ha prodotto l'allontanamento di una parte importante della popolazione dalla politica, accusandola di sempre più di coincidere con la cosiddetta “casta” che con i propri privilegi e le proprie rendite di posizione, ha prodotto, il crescere di un malcontento ed di una sfiducia sempre più profonda nella capacità della politica stessa di dare risposte concrete ai bisogni della gente. Anche l'affermarsi di forze politiche nuove, che spesso traggono forza dal populismo e dalla rappresentazione di una “novità” che è sempre più indecifrabile nei contenuti delle sue proposte, trova la sua ragione, non tanto nella capacità di indicare strade nuove e più efficaci per superare la crisi di valori che attanaglia tutta la società, quanto piuttosto nei limiti di una classe dirigente tradizionale, che per la sua incapacità o supponenza, non ha più saputo conquistare il consenso della gente, apparendo sempre più bloccata nella ricerca di una legittimazione che ritiene dovuta, indipendentemente dalla capacità di proporre credibilmente, un nuovo modello sociale ed economico, equo nelle condizioni e solidale nella distribuzione delle risorse. Guardando a ciò che accade in questi giorni, con la nascita del nuovo Governo, ci si ripropone il dubbio, se si è in presenza di una nuova possibilità, che apra finalmente la strada verso provvedimenti efficaci per far ripartire il Paese, oppure all'ennesima versione di un equilibrismo, che vuole soltanto destreggiarsi tra i veti che si contrappongono in Parlamento. Alcuni elementi mi rendono però molto diffidente, trovo difficile che lo stesso Parlamento che ha imbalsamato Letta, possa dare il via libera a provvedimenti diversi dal segno da quelli che abbiamo conosciuto negli ultimi anni, il Renzi pensiero considera parte delle tutele dei lavoratori, privilegi da eliminare, a questo proposito basta leggersi alcune sue interviste su lavoro ed economia. Ritengo, per quanto detto sopra, che sarebbe stata più comprensibile la scelta di andare al rinnovamento del Parlamento, passando dal giudizio dell'elettorato. Ponendo le questioni su cui dovremmo chiamare tutti a misurarsi, cioè se esiste un'idea, supportata dalla volontà di voltare pagina rispetto alle politiche liberiste, sposate dall'Europa e accettate dai governi che si sono succeduti in questi anni, politiche che hanno prodotto questa recessione che appare non finire più, che hanno determinato l'ampliamento delle diseguaglianze, diseguaglianze che pesano soprattutto sui giovani, a cui vengono limitate le possibilità di emanciparsi da una condizione di precarietà quasi esistenziale. Politiche che nel nostro paese hanno indebolito lo stato sociale, minando la sua funzione di protezione generale, si è scelto, con le conseguenze che oggi vediamo, di non proporre politiche per la crescita e per l'occupazione, ma di ridurre i diritti del lavoro, il sistema degli ammortizzatori sociali, le pensioni ed il sistema sanitario pubblico. In alternativa serve una politica di sostegno degli investimenti pubblici e privati, che tonifichi la competitività dell'apparato produttivo del nostro Paese, evitando di lasciare che le risorse disponibili alla speculazione finanziaria o dilapidate dagli appetiti di chi ha interpretato la politica come l'occasione per arricchirsi alle spalle dei cittadini. Nel frattempo nell'economia reale, si sono allargati gli spazi per il diffondersi del lavoro nero, l'illegalità si è diffusa e la criminalità organizzata, anche grazie alla complicità di parti della pubblica amministrazione e della politica, ha ampliato il proprio controllo sul territorio e su importanti attività economiche. In questo contesto è necessario che si riprenda l'iniziativa, è necessario agire affinchè la solitudine dei tanti cittadini, lavoratori e pensionati trovino ascolto, ma soprattutto trovino nel movimento sindacale, a partire dalla CGIL, lo spazio per esercitare, in un'azione collettiva, la difesa dei propri diritti e il miglioramento della propria condizione. In questi 4 anni, molte sono state le iniziative che sono state messe in campo per ottenere una diversa politica economica e sociale e per contrastare i provvedimenti più negativi, a Brescia è stato fatto anche di più, con 5 scioperi generali proclamati, in solitudine dalla Camera del Lavoro, ma non basta, perchè anche noi non siamo esenti dalle critiche dei lavoratori, che ci accusano di essere stati troppo tiepidi, soprattutto nei confronti dei provvedimenti insensati ed ingiustificati del Governo Monti, su Pensioni, tutele contro i licenziamenti e revisione degli ammortizzatori sociali, dico revisione, perchè le riforme sono un'altra cosa. Anche per questo è necessario che la nostra discussione riporti al centro dell'agenda politica e sindacale, il tema della riunificazione dei diritti e del lavoro, la costruzione di una nuova cultura dello sviluppo sostenibile, che sappia avere come riferimento i bisogni delle persone in alternativa al primato dell'interesse economico, che, a partire dal rilancio di una nuova funzione della politica industriale, sappia coniugarne le esigenze della produzione con la compatibilità ambientale e la riconversione ecocompatibile dei prodotti e dei processi produttivi. Questo non sarà sicuramente facile da realizzare, considerando che nel nostro paese i dati relativi all'andamento dei principali indici economici ci dicono che il calo del prodotto interno lordo continua anche nel 4° trimestre del 2013, analogamente con quanto accaduto per l'indice di produzione industriale. E' pertanto evidente che questa condizione rende insufficiente il reddito disponibile per buona parte della popolazione del paese, con conseguente depressione dei consumi interni e maggiori difficoltà a prospettare una inversione di tendenza. Questo dato rende evidente il fatto che oggi l’emergenza nazionale è quella della difesa dell’occupazione e su quanto rispetto a ciò pesi, l’assenza di una politica industriale da parte dei Governi, che possa creare le condizioni per la difesa del ruolo dell’apparato produttivo italiano nella divisione internazionale del lavoro. Da parte dei Governi si è mostrata attenzione alla difesa del sistema creditizio e della rendita finanziaria, mentre quando si chiedono interventi strutturali a difesa del lavoro e a sostegno dei redditi per i meno abbienti, le risposte sono inadeguate o elusive nascondendosi dietro il dissesto delle finanze pubbliche per giustificare l’assenza di interventi. Per questo è necessario riprendere un'iniziativa forte per una maggiore giustizia fiscale, non finalizzata solo alla riduzione delle tasse a carico del lavoro dipendente e dei pensionati, ma anche per ottenere un profondo cambiamento dell’impostazione di fondo delle scelte fin qui operate dai Governi, a partire dalla lotta all'evasione fiscale e dalla tassazione di rendite e grandi patrimoni. In questi anni si sono affermate scelte che stanno producendo una società disgregata, con un mondo produttivo incapace di fare cultura d’impresa, con un mercato del lavoro che offre sempre più solo contratti precari ed impoveriti, con una società sempre più diseguale nelle tutele e nei diritti delle persone. E’ contro tutto questo che ci si deve mobilitare, è anche contro i tagli al sistema formativo, che vogliono ripristinare un sistema scolastico selettivo che riduca le possibilità per le classi sociali basse e medie, ricacciandole verso i lavori più dequalificati. E’ anche contro i tagli alla sanità , contro l’idea che per ridurre il deficit dello stato si possano tagliare servizi essenziali alle persone, esponendo soprattutto quelle più bisognose al rischio che venga loro negato uno dei diritti sanciti dalla costituzione, quello alla salute. L’INIZIATIVA ED IL RUOLO DEL SINDACATO Di fronte ai problemi derivanti dalla riduzione dei diritti delle persone e dalla precarizzazione del lavoro, la CGIL deve porsi il problema di come realizzare una reale tutela del lavoro in tutte le sue forme, puntando in primo luogo ad una riunificazione del lavoro come condizione essenziale per una reale difesa delle condizioni di vita delle persone che lavorano, riaffermando così il ruolo di rappresentanza collettiva delle persone, che deve essere proprio del Sindacato. Per queste ragioni va ripresa l’iniziativa per il superamento del lavoro precario, se non ci si pone questo obiettivo nel futuro l’accesso al lavoro sarà sempre più segnato dalla progressiva estensione di una condizione priva di garanzie per il mantenimento del posto di lavoro , consegnando le nuove generazioni all’impossibilità di rivendicare tutele e diritti nei luoghi di lavoro. Il rischio già oggi è quello che per tanti giovani il Sindacato appaia come un soggetto estraneo alla loro condizione ed impegnato solo a difendere diritti che riguardano lavoratori destinati nel tempo a diventare minoranza, quelli con il contratto a tempo indeterminato e con la protezione delle norme, sempre più manomesse, contenute nell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, mentre per loro esisterebbe solo le possibilità date dall’iniziativa individuale, con la rottura di quei vincoli di solidarietà che nel passato hanno consentito di vincere battaglie essenziali. Per superare questo è necessario, se vogliamo aspirare ad allargare la possibilità del pieno esercizio dei diritti sindacali, dell'ampliamento della democrazia sindacale e allo sviluppo dell'iniziativa contrattuale a tutti i livelli, pensare ad un'azione di tutela collettiva ed individuale che sappia includere e non separare, rifiutando la logica del togliere gradualmente diritti e possibilità a chi non lavora ancora perchè ne è meno consapevole, Un altro versante su cui agire per l’unificazione del mondo del lavoro è quello della contrattazione, la difesa intransigente del contratto nazionale di categoria, come elemento unificante della condizione dei lavoratori deve essere uno dei cardini della nostra iniziativa, stessi diritti e stessa paga in tutte le aziende per chi fa lo stesso lavoro. Per questo consideriamo sbagliata l’idea delle deroghe al contratto, non servono per difendere l’occupazione e possono aprire la strada alla rottura del patto di solidarietà che ha fatto crescere l’azione collettiva ed ha portato i lavoratori a conquistare significativi miglioramenti della loro condizione. Così come riteniamo necessario ribadire la nostra contrarietà a qualsiasi ipotesi di differenziazione dei trattamenti contrattuali su base regionale o territoriale. Su questo versante, nella nostra discussione non può mancare il riferimento a quanto si è prodotto nel dibattito congressuale, con la sottoscrizione dell'accordo del 10 gennaio, tra CGIL – CISL – UIL e Confindustria sulla rappresentanza, sicuramente in esso sono contenuti aspetti positivi, per la regolazione dei rapporti tra le organizzazioni sindacali, però ritengo di affermare che, come abbiamo a suo tempo abbiamo sostenuto la posizione contraria della FIOM all'intesa di Pomigliano, poiché l'accordo attuale recepisce aspetti tendenti a limitare la possibilità di opposizione ad intese non condivise dai lavoratori interessati, sarebbe stato opportuno un percorso di discussione diverso, magari anche con tempi diversi, che consentisse a tutti di misurarsi su alcune delle possibili conseguenze di questa intesa, affidando soprattutto la possibilità di dire l'ultima parola ai lavoratori. Altrettanto importante deve continuare ad essere il ruolo della contrattazione di secondo livello, sia essa aziendale o territoriale, perché in essa si somma la capacità di intervenire sulle condizioni di lavoro e sui modi di stare nei luoghi di lavoro, partendo dalla lettura dei problemi che i lavoratori possono fare in modo più immediato, perché riguarda la realtà che vivono quotidianamente, inoltre affida direttamente ad essi, nel rapporto con l’azienda la scelta del livello a cui attestare la tutela delle condizioni di lavoro e l’andamento della retribuzione. Infine non possiamo dimenticare uno dei cambiamenti che sta maggiormente incidendo nella composizione della realtà del lavoro dipendente, la nostra categoria è una di quelle in cui in questi anni è maggiormente aumentata la presenza di lavoratori immigrati, una presenza che da molti è vissuta con fastidio, noi invece la consideriamo una ricchezza, e non solo per il contributo che danno con il loro lavoro alla nostra economia, per i contributi che versano al nostro sistema previdenziale, ma soprattutto perché la loro “diversità” porta nuovi bisogni e con essi nuove conoscenze e nuove idee. Per questo un impegno particolare va rivolto alla contrattazione della condizione dei migranti, a partire dalla realizzazione dei diritti di cittadinanza e dalla cancellazione della Bossi – Fini. Per tutto questo come sindacato dobbiamo impegnarci per unificare i diritti di cittadinanza, per includere nelle tutele il diritto al lavoro, alla casa ed a un esistenza dignitosa. Insomma dobbiamo lavorare per unire, per includere gli esclusi dal recinto dei diritti che abbiamo conquistato nel passato, quando i precari saranno più garantiti, quando i contratti varranno per tutti i lavoratori, quando la protezione sociale tutelerà meglio anche i più deboli, quanto il diritto di cittadinanza varrà per tutti, allora anche noi saremo un po’ più tutelati e fiduciosi per il futuro. Chi crede nella solidarietà e la giustizia non può pensare di essere felice da solo. L’EDILIZIA ED I SETTORI Sono ormai 6 anni che il settore delle costruzioni subisce in modo devastante gli effetti della crisi, ciò è dovuto all'impatto della crisi finanziaria che ha prodotto una forte riduzione delle risorse disponibili, determinando come prima ricaduta una forte riduzione degli investimenti sia nell’ambito pubblico che in quello privato. L'effetto appare più devastante rispetto ad altri settori dell'economia del paese, anche perchè la crisi si è palesata dopo oltre un decennio di crescita ininterrotta del settore, crescita che è avvenuta in misura superiore a quella di altri comparti produttivi, soprattutto perchè questo settore nel primo decennio del secolo con le dinamiche che lo hanno caratterizzato appariva come più redditizio e quindi maggiormente attraente per gli investimenti finanziari. Proprio questa logica, costruire perchè rendeva di più, indipendentemente dai bisogni del territorio e delle persone, ha poi creato le premesse per l'attuale situazione che soprattutto per quanto riguarda il nostro territorio, ma vale anche per molte altre zone del Paese, oggi presenta un enorme quantità di abitazioni invendute ed inutilizzate, con il consumo di parti importanti del territorio. Tutto ciò è potuto accadere anche perchè ci si è cullati nell'illusione che il trend di crescita delle costruzioni si potesse perpetuare per molto tempo ancora, si è pensato insomma che i fattori che lo avevano alimentato potessero riprodursi immutati negli anni. Le imprese hanno pensato che il capitale investito potesse essere sempre adeguatamente renumerato dalla continua crescita del mercato immobiliare, e per effetto di questa convinzione hanno operato in modo speculativo nell'acquisizione dei terreni destinati all'edilizia residenziale, provocandone la crescita continua dei prezzi, le Amministrazioni locali hanno individuato negli introiti da oneri di urbanizzazione la fonte da cui reperire le risorse che diano equilibrio ai bilanci messi sempre più in difficoltà dai mancati trasferimenti da parte dello stato. Il blocco repentino innestato dalla crisi economica, sia sul versante degli investimenti privati, che su quello degli investimenti pubblici, ha riversato sugli operatori delle Costruzioni le conseguenze traumatiche del brusco arrestarsi del trend che fino a quel momento aveva consentito una continua crescita del settore, basti pensare che negli anni 2007 – 2008 si sono raggiunti i valori massimi di persone occupate nel settore. Anche se in una prima fase gli effetti del rallentamento apparivano attutiti dal volano costituito dal completamento delle opere già cantierate, le prime conseguenze della mancanza di risorse che alimentassero l'attività del settore, sono stati i mancati pagamenti che hanno messo in ginocchio le imprese all'epoca più esposte, con un effetto domino impressionante che nel giro di pochi anni ha portato ad una vera e propria destrutturazione del settore, coinvolgendo non soltanto l'edilizia, ma anche le attività manifatturiere ad essa collegate. I segnali li abbiamo colti fin dal 2009, con l'esplosione della cassa integrazione, in un settore che non era abituato a farne un uso importante, per la prima volta, in molte aziende ed imprese si è ricorsi alla cassa integrazione straordinaria. Intanto è cominciata la quotidiana richiesta di intervento di lavoratori a cui non venivano corrisposte le retribuzioni. E' parso poi che nel 2011 si manifestassero i segni del rallentamento della caduta, autorizzando alcuni a sperare che si annunciasse almeno la stabilizzazione del settore, dai primi mesi del 2012 invece si è materializzata una recrudescenza degli effetti della crisi, con un peggioramento che ha precipitato centinaia di persone in una condizione di profonda disperazione, perchè oltre a vivere il dramma della perdita del lavoro, hanno visto consumarsi la tutela degli ammortizzatori sociali nell'attesa di una ripresa che pare non arrivi mai più, ed oggi molti di questi vivono senza alcun reddito. Questa realtà è ben rappresentata dai dati della Cassa Edile Bresciana che evidenziano una riduzione di oltre il 35% degli addetti all'edilizia nella nostra Provincia e della massa salariale, con una riduzione di oltre il 30% del numero delle imprese presenti, il tutto facendo riferimento ai dati relativi al 2010. Lo stesso ricorso alla cassa integrazione guadagni, indica il permanere di una situazione fortemente critica, oggi si registra un incremento esponenziale delle ore autorizzate, il cui valore nel 2013 per il settore edile, ha raggiunto il valore massimo di 2.864.000 ore, con un incremento del 18% rispetto al dato già altissimo del 2012, ricordo che si è passati da 2.093.000 ore del 2011 al valore attuale. Sappiamo che per una parte importante dei lavoratori coinvolti, la prospettiva è quella della cessazione del rapporto di lavoro. Non si tratta di un dato solo bresciano, basti pensare che a livello nazionale, negli ultimi 5 anni nel settore delle costruzioni si sono persi oltre 500.000 posti di lavoro, 320.000 in edilizia e circa 200.000 nei settori collegati. Una condizione drammatica che sta ancora oggi scaricando su migliaia di lavoratori e sulle loro famiglie i costi della crisi, con la perdita di reddito, la perdita della speranza di un posto di lavoro, con la perdita del luogo in cui vivere, infatti ci sono molte case sfitte, ma sono migliaia le famiglie, anche nella nostra città che quotidianamente vengono sfrattate dalla loro abitazione, così come quotidianamente moltissimi sono i lavoratori che ci chiedono risposte alla loro disperazione. In questo quadro drammatico, si sono tentate proposte e risposte, numerose sono state le iniziative messe in campo unitariamente dai Sindacati di categoria, per sollecitare il Governo a dare risposte, il 3 marzo 2012 si svolse una grande manifestazione nazionale dei lavoratori edili a Roma, fatto che non si verificava da oltre 20 anni. Al centro di quell'iniziativa una piattaforma che presentava la necessità dell'adozione di provvedimenti da parte del Governo per contrastare la crisi del settore edile ed attenuarne gli effetti negative, i punti principali erano : rilancio dell'attività edile mediante politiche di innovazione che vadano nella direzione della green economy, un piano straordinario di rilancio nel Mezzogiorno, la destinazione di una quota maggiore di IMU ai Comuni per l'allentamento selettivo del patto di stabilità da destinare alla difesa del territorio ed alla qualificazione del patrimonio abitativo, la revisione della riforma sul sistema pensionistico, con il ripristino delle quote per l'accesso alla pensione di anzianità, una forte azione di contrasto alle infiltrazioni malavitose nel settore e infine l'obbligo di adozione del DURC per congruità anche per i lavori privati. Di tutto questo poco o nulla è stato realizzato, la sola proroga degli incentivi fiscali per le ristrutturazioni e per il risparmio energetico è poca cosa, anche se ha avuto un impatto positivo sulle dinamiche di questo tipo di attività, ciò che però indigna, non è solo l'assenza di risposte, ma sono soprattutto alcune scelte che hanno preso la direzione opposta, la prima, per responsabilità tutta politica della maggioranza che ha sostenuto gli ultimi 2 governi, con l'abolizione dell'IMU, in una logica tutta propagandistica, tagliando la possibilità di indirizzare quelle risorse verso un impiego utile al rilancio delle attività del settore, l'altra è quella del continuo rinvio dell'obbligo di adozione del DURC per congruità, scelta grave perchè decisa dalle parti sociali del settore, in un contesto che a mio parere ha visto prevale inerzia e complicità con le forme di evasione ed elusione delle regole. Nulla è stato fatto rispetto alla richiesta di modifica della normativa in materia di ammortizzatori sociali per l’edilizia, che comporti l’aumento della durata della cassa integrazione ed una maggiore copertura del reddito in caso di perdita del posto di lavoro, nella cosiddetta “Riforma Fornero” due aspetti sono fortemente negativi, da un lato la sostanziale cancellazione della Disoccupazione Speciale Edile della durata di 18 mesi e dall'altro la difficoltà introdotta per l'accesso alla CIGS per Procedura Concorsuale in caso di Fallimento. Il paradosso su questo argomento è che il sistema edilizia è quello che paga la quota maggiore di contribuzione per gli ammortizzatori sociali, è quello i cui fondi presso l’INPS hanno il maggiore avanzo di gestione e contemporaneamente vede i propri lavoratori ricevere a parità di condizione le prestazioni più basse di sostegno al reddito. Questo è urgente per tutti, anche nel nostro territorio, infatti la congiuntura negativa sta facendo sentire i suoi effetti più devastanti, anche nella nostra realtà il problema della disoccupazione è diventato una realtà con la quale ci dobbiamo confrontare quotidianamente. Di quanto chiesto allora il Governo ha offerto ben poco: quasi nulla sul versante della riqualificazione del territorio e della realizzazione di un programma di opere piccole e medie che sappia da un lato assicurare la salvaguardia ambientale e dall’altro integrarle con le grandi opere al fine di produrre un effetto positivo e diffuso sull’economia nazionale. Oggi però resta più che mai urgente rilanciare un ragionamento su ciò che è prioritario per la ripresa di questo settore, evitando di indulgere solo e semplicemente sulla richiesta di un allentamento di vincoli e regole, anche perchè si correrebbe il rischio di riprodurre, anche se su scale ridotta le stesse dinamiche che hanno prodotto l'esplosione della crisi. Non si tratta soltanto di chiedere un alleggerimento del carico fiscale sulla casa, come qualcuno sostiene, per aiutare il settore ci vuole altro, anche perchè una scelta diversa di reperimento delle risorse pubbliche e del loro uso, è indispensabile per una stabilizzazione più equilibrata del settore, dico stabilizzazione, perchè penso che nel medio periodo non sia ipotizzabile un ritorno ai livelli di qualche anno fa, ma neppure auspicabile, per gli aspetti patologici di quel modello. C'è in primo luogo la necessità che si vari un programma di opere pubbliche che attrezzino il territorio a rendere la presenza delle persone, più sostenibile e rispettosa dell'ambiente in cui vivono, non è possibile che ad ogni intemperia, parti del territorio vedano le persone dover abbandonare la loro abitazione perchè minacciate da frane o da allagamenti, non è soltanto una questione di vivibilità, ma anche di convenienza economica, costa meno prevenire che intervenire dopo per riparare i danni. L'intervento pubblico non può essere però acritico o asservito alle logiche di propaganda, deve essere mirato ai bisogni delle persone che abitano il territorio, la proposta di nuove infrastrutture deve essere proporzionata ad un'idea di equilibrio tra costi, benefici per la presenza umana e tutela dell'ambiente, l'idea di una infrastruttura come il ponte sullo stretto di Messina, non risponde a questi criteri e penso che alla collettività sia costata già troppo, ancora prima di iniziarne la realizzazione, quelle risorse già spese potevano essere utilizzate per fronteggiare altre necessità, lo stesso mi sento di dire sul progetto, che spero venga definitivamente accantonato, del parcheggio sotto il castello di Brescia, un'opera concepita in modo propagandistico, non corrispondente ai bisogni della città e molto impattante nella sua realizzazione. Considero invece molto positivo il lavoro che in sede locale è stato fatto dalla scuola edile, per implementare un modello di intervento sul patrimonio abitativo che ha bisogno di essere adeguato alle norme sul risparmio energetico e sull'isolamento acustico, è importante, non soltanto per l'occasione di lavoro che porta, ma anche perchè attraverso questo si realizza una valorizzazione del patrimonio abitativo esistente, con un conseguente ritorno economico anche per i proprietari. Su questo versante è auspicabile che le norme nazionali che prevedono incentivi fiscali per questi interventi, vengano prorogati anche per i prossimi anni. Che la crisi stia mordendo anche nel nostro territorio è evidenziato dal numero sempre più elevato di realtà aziendali, anche importanti che presentano problemi di continuità produttiva o di ridimensionamento dei livelli occupazionali, gli esempi sono molteplici e toccano tutti i settori produttivi di cui si occupa la nostra categoria: EDILIZIA: In questo comparto abbiamo assistito, come ricordato anche dai dati delle Cassa edile Bresciana, ad un pesante ridimensionamento dei livelli occupazionali ed ad un altrettanto pesante riduzione del numero delle imprese edili bresciane. Ciò che impressiona è soprattutto il fatto che siano molte delle imprese “storiche”, quelle che sono cessate o si sono ridimensionate, con una realtà che ha visto in molti casi la conclusione della vicenda societaria, con l'accesso a Procedure Concorsuali, quali il Concordato Preventivo o il Fallimento. Va ricordato che i dati della Cassa Edile non fotografano in modo completo la realtà, perchè decine sono le Imprese bresciane che non risultano in quei dati, perchè operavano sempre sul territorio di altre provincie, ma di queste cogliamo la realtà quando drammaticamente i lavoratori che quotidianamente si spostavano a Milano o in Emilia Romagna per lavorare, vengono nei nostri uffici, lamentando la chiusura dell'Impresa, il licenziamento e sempre più spesso, numerose mensilità di salario arretrato. Abbiamo assistito in questi anni alla cessazione di Imprese, come la Bregoli, la Cordioli, la Barbiroli, la Pisa Costruttori, la Fin Beton, la IEGA, la F.lli Bonara, la Gelfi Costruzioni, la Morelli Costruzioni, tutte passate dalle Procedure Concorsuali , inoltre numerose sono le situazioni aziendali che vedono oggi i lavoratori in Cassa Integrazione Straordinaria, con lo spettro del licenziamento ormai prossimo, ricordo tra i casi più eclatanti, la Paterlini e Tonolini, la Centro Pose, la ATIG Costruzioni Bresciane e la Fogliata, imprese con decine di dipendenti, che appaiono coinvolte in una crisi irreversibile. Per non parlare poi della situazione di centinaia di lavoratori che dipendenti di tantissime piccole e piccolissime imprese, si sentono proporre l'alternativa tra il licenziamento e la rinuncia al rapporto di lavoro dipendente, per proseguire il rapporto di lavoro con l'impresa aprendo la partita I.V.A., destinati ad inseguire i comittenti in una sequenza di appalti e subapplti, per tentare di farsi pagare il lavoro prestato. Oltre a queste realtà, molte altre stanno destando preoccupazione per il futuro dei posti di lavoro, in numerosi casi il ritardato pagamento delle retribuzioni sta diventando l’anticamera del fallimento dell’azienda, quasi quotidianamente riceviamo notizia di sentenza che decretano il capo linea per molte altre imprese del nostro territorio. A questo proposito va sottolineato il fatto che sono molte le imprese che stanno lamentando difficoltà finanziarie dovute anche al mancato pagamento da parte delle amministrazioni locali di opere realizzate e per le quali sono scaduti i termini di liquidazione, anche questo è uno degli effetti dei vincoli introdotti dal cosiddetto “Patto di Stabilità” che sta limitando la capacità dei Comuni e delle altre amministrazioni locali di avviare nuove opere sul territorio. Inoltre altre difficoltà sono lamentate da alcune delle imprese storiche bresciane per il mutare della politica degli appalti adottata da A2A negli ultimi mesi, dove privilegiando il massimo ribasso spesso a scapito della affidabilità e della trasparenza, si determinano condizioni che rendono inaccessibili appalti che nel passato hanno rappresentato per il nostro territorio una importante fonte di lavoro. Su questo tema, va a nostro parere rilanciata, l'idea che come organizzazioni Sindacali abbiamo prospettato al Collegio Costruttori, nel corso della trattativa per il rinnovo dell'integrativo provinciale, cioè quella dell'apertura di un tavolo, che coinvolgendo tutte le realtà della pubblica amministrazione che svolgono il ruolo di stazione appaltante, superino la logica del massimo ribasso come criterio di assegnazione degli appalti pubblici, per evitare forme di dumping nelle offerte, con ribassi che inevitabilmente si scaricano sui diritti dei lavoratori, sui loro redditi ed in alcuni casi anche in termini di mancato pagamento. Non è possibile constatare che oggi, alcuni degli appalti, per opere stradali del Comune di Brescia, vengano assegnati ad Imprese che applicano il Contratto degli artigiani metalmeccanici, e non pagano da mesi i loro dipendenti. Dove sono i controlli e le verifiche sulle documentazioni richieste??? Su questo tema un'ultima osservazione, in sede di presentazione dell'assemblea annuale del Collegio Costruttori di Brescia, nel maggio del 2012, l'allora Presidente sottolineo la necessità che tra le Imprese Bresciane si procedesse ad aggregazioni, per rafforzarne ruolo e competitività, ci rendiamo conto che, si tratta di percorsi difficili e che richiedono molti approfondimenti, debbo però rilevare che a distanza di 2 anni, non compaiono ancora segni che indichino che la direzione è quella e che si vuole cominciare a camminare, ciò che vediamo nei cantieri è una sempre maggiore frantumazione e destrutturazione delle realtà imprenditoriali. IL LEGNO Anche per diverse imprese del comparto del legno negli ultimi anni si sono manifestate difficoltà via via sempre più accentuate. Ciò si è evidenziato in quelle realtà maggiormente legate alla filiera delle costruzioni, dai serramenti, ai complementi di abitazione fino agli arredi, negli ultimi anni in alcune delle principali aziende del nostro territorio ci siamo dovuti confrontare con percorsi in cui attivare tutti gli strumenti di protezione sociale per evitare i licenziamenti. Non sempre ciò è stato però possibile fino in fondo. Ricordo la vicenda della Sedilexport di Fiesse, che oggi è in Concordato Preventivo, con l'intervento di una nuova società, facente capo alla stessa propietà, una parte dei dipendenti ha potuto mantenere il posto di lavoro, per i 18 dipendenti rimasti in capo alla vecchia società, è di questi giorni l'apertura della procedura di mobilità. Ancora più pesante è stata la vicenda della Piceni Serramenti di Chiari, che ha visto i 75 dipendenti coinvolti nella decisione di cessazione dell'attività, oggi circa la metà è ancora in carico all'azienda e sono in Cassa Integrazione Straordinaria fino al termine del corrente anno. Sempre in questo settore, va ricordata la vicenda dei Cantieri di Sarnico, per i quali appare ormai prossima, con il termine della Cassa Integrazione Straordinaria, la risoluzione dei rapporti di lavoro per i 30 dipendenti rimasti. Ricordiamo inoltre i fallimenti della Mariani di Carpenedolo, della Safca Cucine di Seniga e della FIM Legno di Adro, altri 50 posti di lavoro cancellati. Restano forti preoccupazioni sul futuro della Valentini di Bedizzole, dove, ormai esaurite tutte le possibilità di ricorso alla Cassa Integrazione, per i 17 dipendenti rimasti, si prospetta lo sbocco verso la procedura di mobilità. LATERIZI E MANUFATTI IN CEMENTO Questo comparto è tra quelli maggiormente falcidiati dalla crisi, non esiste di fatto una sola azienda del nostro territorio che non sia stata colpita dagli effetti della crisi del settore costruzioni, oggi possiamo dire che le sole imprese del Gruppo Moretti di Erbusco, non hanno visto i propri dipendenti soffrire il passaggio attraverso le diverse forme di cassa integrazione, fino al licenziamento. Abbiamo realizzato una parziale tenuta in due realtà importanti, come la S.I.L. Di Verolanuova e la Nuova Supersolaio di Lonato, dove, attivando i contratti di solidarietà, al termine della Cassa Integrazione, si è riusciti a mantenere un livello accettabile di tutela dell'occupazione e del reddito dei lavoratori, stessa situazione stanno vivendo i lavoratori della Supersolaio di Corzano, per i quali abbiamo anche qui proposto il Contratto di Solidarietà, vedremo nei prossimi giorni l'esito della trattativa in corso. Per quasi tutte le altre aziende, l'esito delle vicende societarie è stato drammatico per i lavoratori e la tenuta dei posti di lavoro. Dopo la la cessazione della Prefabbricati San Michele di Bassano Bresciano con il ricorso alla procedura di Concordato Giudiziale e la cancellazione di oltre 20 posti di lavoro, negli anni si sono susseguite la cessazione della Pama Prefabbricati con ammissione alla procedura del Concordato, la crisi della Pannelli, gli inaspettati annunci di chiusura dello stabilimento Monier di Lonato e della Fornace Danesi di Capriano del Colle. Tutte realtà per le quali abbiamo attivato la Cassa Integrazione Straordinaria e che nei prossimi mesi ci proporranno la messa in mobilità di tutti i dipendenti. LAPIDEI Questo settore è caratterizzato da una forte dispersione dell’attività e dell’occupazione in piccole e piccolissime aziende che operano nell’area di Rezzato, Botticino, Nuvolera e Nuvolento, con la significativa eccezione delle tre importanti realtà costituite dalle due Cooperative di produzione operanti nel territorio di Botticino e dalla Lombarda Marmi. Anche questo settore risente del ridimensionamento dell’attività di costruzione, anche se complessivamente il settore ha dimostrato una capacità di tenuta superiore ad altri comparti. Oggi però si profila all'orizzonte una problematica che , per il bacino di Botticino, potrebbe mettere in discussione la sopravvivenza di questo importante distretto produttivo, infatti al termine del 2014 è prevista la scadenza delle attuali concessioni di estrazione del marmo,con la conseguente ridefinizione delle concessioni tra l'Amministrazione Comunale di Botticino e le aziende titolari delle attuali attività estrattive. La nostra preoccupazione è quella che, da parte dell'Amministrazione comunale si preferisca definire un percorso e contenuto che privilegino il ritorno economico per l'Amministrazione, a scapito della difesa del lavoro e della valorizzazione del prodotto del territorio. Noi saremmo contrari a soluzioni che, magari in cambio di qualche soldo in più per il Comune di Botticino, portassero a sacrificare i posti di lavoro oggi presenti in quell'area, per questo consideriamo indispensabile aprire immediatamente un confronto con l'Amministrazione Comunale. IL CONGRESSO Abbiamo iniziato il percorso che ci ha portato allo svolgimento del congresso territoriale della nostra organizzazione partendo dalla decisione assunta nel direttivo nel dicembre scorso, che ha indicato questa data ed ha assunto i documenti congressuali da portare alla discussione nei luoghi di lavoro. Si è inoltre deciso di dare avvio ad una campagna di assemblee aziendali e territoriali che ci consentisse di raggiungere il più ampio numero di lavoratrici e lavoratori iscritti alla nostra organizzazione. Nel avviare questo percorso congressuale eravamo consapevoli che lo stesso avrebbe presentato molte difficoltà, sia per l’incidenza della cassa integrazione sulle presenze nei luoghi di lavoro, sia per la difficoltà a trasmettere ai nostri iscritti le ragioni di un dibattito che poteva apparire lontano dalla loro condizione e dai problemi della quotidianità che stanno vivendo. Oggi, grazie alla disponibilità di tutte le delegate e tutti i delegati, all’impegno di tutto l’apparato, possiamo affermare di aver svolto un lavoro importante, un lavoro che ci ha portato a svolgere 116 assemblee di cui 87 aziendali e 29 territoriali, nelle stesse abbiamo coinvolto oltre 1765 lavoratrici e lavoratori che hanno discusso i documenti congressuali e si sono espressi votando in 1704 per il documento “Il lavoro decide il futuro” e in 58 per il documento “Il Sindacato è un'altra cosa”. In moltissime assemblee sono stati presentati alcuni degli emendamenti sulle azioni del primo documento congressuale, già presentati nel Direttivo nazionale che ha licenziato le tesi congressuali, a questi si è aggiunto un nuovo emendamento alla azione 10 che esprime una valutazione negativa sui contenuti dell'accordo del 10 gennaio. Questi documenti hanno ricevuto il consenso di 1271 lavoratori pari al 72,70 % dei votanti. Abbiamo scelto di gestire le assemblee presentando una discussione che pur nella diversità delle proposte, fosse caratterizzata da un confronto sereno e costruttivo, facendo della pluralità delle idee un occasione di arricchimento del dibattito. In diverse occasioni sono stati i lavoratori stessi a chiedere che le idee trovassero nella loro esposizione un ancoraggio concreto con la loro condizione di oggi, con l’urgenza di saper rispondere alle preoccupazioni derivanti dalla aumentata precarietà dei posti di lavoro e dalla necessità di difendere i loro redditi come condizione indispensabile per garantire condizioni di vita dignitose. Nei congressi di base abbiamo anche ascoltato testimonianze di quanto sia cambiato il lavoro, di quanto sia difficile guardare con fiducia al futuro e anche di come stia diventando difficile trasmettere speranza in un cambiamento che regali un futuro migliore, però è dalla capacità di ascolto che possiamo trarre le idee e le proposte per interpretare al meglio il ruolo di rappresentanti dei lavoratori. Proprio le assemblee svolte hanno dimostrato che c’è da parte dei lavoratori la voglia di un rapporto più continuo, di una presenza costante nei luoghi di lavoro, di una maggiore capacità di dialogo e di regole che facciano contare di più i lavoratori nel Sindacato. Questa esperienza ci ha insegnato che se facciamo diventare costante la pratica delle assemblee anche in luoghi di lavoro dove non sono mai state fatte, potremo allargare il coinvolgimento dei lavoratori anche in una categoria frammentata come la nostra, e con un maggiore coinvolgimento potremo recuperare una rinnovata voglia di partecipazione che è l’elemento essenziale per il fare sindacato. GLI ENTI BILATERALI Nella mia esperienza nel settore edile ho potuto conoscere meglio la realtà degli enti bilaterali, ed ho potuto apprezzare l'importanza del loro ruolo di gestione di diritti frutto della contrattazione nel settore. Questo modello trae fondamento dall'esperienza contrattuale realizzata in un settore frantumato in miriadi di piccole e piccolissime imprese, con rapporti di lavoro che, nello stesso anno, spesso si interrompono e riprendono con imprese diverse, e per questo hanno soprattutto la finalità di assicurare ai lavoratori la certezza di ricevere il riconoscimento di diritti contrattuali quali ferie, gratifica natalizia e premio di anzianità. Sappiamo che la validità di questo modello è basata sulla capacità di erogare tempestivamente ai lavoratori le prestazioni loro dovute, e che il sistema funziona solo a condizione che tutti i soggetti coinvolti svolgano puntualmente il loro ruolo. Sottolineo questo aspetto perché capita in modo sempre più frequente di cogliere segnali di diffidenza da parte dei lavoratori, verso un sistema che non sempre è puntuale a corrispondere alle loro aspettative. Questo accade anche perché ci son diverse imprese che considerano gli Enti un inutile costo, e complice la crisi molte sono le aziende che ritardano o omettono di operare i dovuti versamenti per le prestazioni contrattuali spettanti ai lavoratori. Pensiamo che il sistema vada invece difeso e reso se possibile più efficace, perché esso corrisponde a bisogni che per le caratteristiche di un settore frantumato in tante piccole realtà, come quello dell’edilizia, altrimenti non potrebbero trovare adeguata risposta e soprattutto certezza della loro soddisfazione. La crisi sta mettendo però tutti i soggetti coinvolti nella gestione di questi enti, di fronte ad una realtà che richiede un ripensamento sulla struttura e sul ruolo che questi enti devono avere, nessuno può ignorare l'obbligo di intervenire, per adeguarli alla nuova realtà, di un settore più debole e con meno risorse a disposizione. Nel panorama nazionale gli Enti della nostra provincia sono tra quelli che hanno dimostrato una maggiore efficienza operativa ed una gestione amministrativa oculata. Si tratta oggi di trarre dalle esperienze fin qui svolte lo spunto per sottolineare che gli stessi possono essere uno strumento positivo al servizio sia dei lavoratori che delle imprese, cercando di evitare la contrapposizione tra chi li vede come un costo e chi li vede solo come un occasione di gestione di un potere aggiuntivo nel settore, non dimentichiamo che sono stati pensati per tutelare i lavoratori di un settore difficile e non per servire interessi diversi. Sappiamo che oggi le risorse che il sistema è in grado di fornire agli enti, sono molto ridotte rispetto a quanto conosciuto nel passato, questo ci costringe sicuramente a ripensare, ruolo, struttura e in alcuni casi anche le prestazioni, però partendo dalla consapevolezza che esiste una stretta proporzione tra la massa salariale dei lavoratori e le prestazione a cui la stessa da diritto. Nonostante la forte crisi del settore la cassa Edile di Brescia, grazie anche alle scelte accorte del passato, nella gestione delle risorse, ha mantenuto un'importante capacità di risposta, ala quale riteniamo di aver contribuito in modo importante, anche come Organizzazioni Sindacali. Oggi la sfida è perpetuare questa capacità, in un contesto generale difficile per tutti, tutelando oltre che i diritti dei lavoratori edili, anche quelli dei dipendenti degli enti. Sono convinto che il ruolo degli enti bilaterali, si difende anche facendoli funzionare al meglio, per questo è importante registrare la crescita della capacità della nostra Cassa Edile di fornire prestazioni, ottenendo importanti miglioramenti in termini di efficienza anche rispetto alle difficoltà di reperimento dei lavoratori che non venivano raggiunti dalle prestazioni loro dovute. La nostra Scuola Edile è cresciuta molto per capacità e qualificazione, fornendo al sistema un importante supporto per l’attività formativa, che già risponde in modo positivo alle esigenze di accompagnare l’ingresso nel mondo dell’edilizia per i nuovi lavoratori con una attività formativa importante ed oggi, in una fase meno dinamica del mercato del lavoro, fornisce anche proposte che vanno a supporto del miglioramento del patrimonio di conoscenza delle Imprese, attraverso la valorizzazione della professionalità di tutti i dipendenti. Importante in questi anni è stato anche il ruolo del Comitato Tecnico Paritetico, che oltre a svolgere con puntualità ed attenzione il ruolo di supporto e di assistenza per il miglioramento della sicurezza nei cantieri, ha saputo sviluppare nuove esperienze, che con il supporto della Scuola ed in collaborazione con l’INAIL si sono concretizzate nel progetto “ Formato e Scontato”, progetto che ha visto coniugare un’offerta formativa rivolta sia ai lavoratori che ai preposti d’Impresa per migliorare il sistema sicurezza. Anche questa esperienza ha dimostrato, con un elevato numero di imprese che hanno aderito al progetto, che lo stesso ha saputo rispondere ad una domanda fortemente presente. Infine credo sia importante sottolineare, in una stagione in cui, anche nel Sindacato è forte il dibattito sulla possibile evoluzione del ruolo degli Enti bilaterali, che vada sottolineata la necessità che il loro ruolo e le prestazioni che questi forniscono al sistema debbano restare ancorati a bisogni strettamente legati alle condizioni di lavoro e al rapporto tra imprese e lavoratori governato dalla contrattazione collettiva, mantenendo quindi un compito di supporto e non di sostituzione di attività e competenze che devono restare nell’ambito della pubblica amministrazione. LA FILLEA DI BRESCIA Sono passati 4 anni dal Congresso precedente, avevo assunto da poco l’incarico di Segretario della FILLEA di Brescia, e cominciavo a conoscere un mondo nuovo, con caratteristiche diverse da quelle di altri settori e con modalità operative particolari sia nell’affrontare il rapporto con i lavoratori che nello svolgere l’attività contrattuale. Anche se erano già chiari allora i segnali di una crisi importante che avrebbe investito il settore, credo che nessuno potesse prevedere, la profondità di questa crisi, la pesantezza dell'impatto che la stessa avrebbe avuto sulle imprese e sui lavoratori. Tutto questo ci ha costretti a confrontarci con esigenze nuove, a saper inventare risposte diverse, sono diventati sempre più i lavoratori, che abituati a lavorare sempre ed essere puntualmente pagati, dopo aver atteso qualche mese, si rivolgevano ai nostri uffici sperando di avere risposte immediate, che non sempre sono state possibili. Abbiamo dovuto migliorare la nostra conoscenza sugli ammortizzatori sociali, per rispondere alle centinaia di lavoratori che sono stati minacciati di licenziamento perchè l'azienda è in crisi, abbiamo dovuto migliorare la nostra conoscenza delle procedure concorsuali, per spiegare ai lavoratori cosa era necessario fare per recuperare le retribuzione che non avevano percepito. Ricordo ancora con stupore, quando dall'INPS di Brescia mi furono chieste indicazioni su come gestire la disoccupazione speciale edile, per i lavoratori della Pisa Costruttori, perchè la sede di Brescia non ne aveva mai fatte. Tutto questo ci dice di quanta fatica abbiamo dovuto fare per migliorare la nostra capacità di rispondere alle persone in difficoltà, di come abbiamo dovuto cercare nuove risposte che non conoscevamo, e purtroppo imparare a gestire le crisi aziendali, con regole che in questi anni, in alcuni casi sono cambiate in peggio, imparare a gestire la cassa integrazione in deroga. In molti casi abbiamo dovuto imparare a conoscere tutti gli strumenti che la normativa mette a disposizione per fronteggiare gli effetti delle crisi, molte sono le realtà che hanno conosciuto per la prima volta la cassa integrazione straordinaria, in molti casi abbiamo dimostrato ai lavoratori, che anche nei periodi di crisi è possibile contrattare con le aziende, questo ci ha consentito spesso di evitare i licenziamenti e limitare la perdita del salario in caso di ricorso alla cassa integrazione. Il fatto che oltre 80% dei nostri iscritti appartenga al settore edile indica quanto sia importante sapersi confrontare con una realtà fatta di tante piccole e piccolissime imprese, dove il luogo di lavoro cambia spesso, e non sempre è possibile confrontarsi con i lavoratori tempestivamente, un settore che per la sua frammentazione impone un lavoro diffuso sul territorio ed una disponibilità a essere nei luoghi che favoriscono l’incontro con i lavoratori. Solo così si possono dare risposte puntuali alle domande che ci arrivano dai lavoratori. In questi anni difficili la FILLEA di Brescia ha retto sia dal punto di vista organizzativo che da quello politico, anche se con la riduzione degli occupati nel settore, abbiamo dovuto subire anche una riduzione delle risorse e dell'apparato, abbiamo potuto mantenere elevato il livello di attività e di risposta ai lavoratori, grazie all'impegno di chi ha lavorato per rinsaldare ed ampliare il rapporto di fiducia tra i lavoratori e la nostra organizzazione. Oggi siamo presenti con una nostra rappresentanza sindacale in 27 impianti fissi, ed in circa altre 50 aziende abbiamo la presenza di lavoratori iscritti alla nostra organizzazione. In molte di queste realtà i problemi portati dalla crisi hanno avvicinato al Sindacato nuove persone, però questo ci deve impegnare ad essere più pronti e preparati per dare loro le risposte che cercano. Per i mutamenti che stanno avvenendo è necessario riuscire ad adeguare la nostra capacità di elaborazione e di proposta, dobbiamo attrezzarci meglio, alcune risposte possibili sono nella continuità dell’attività di formazione, dobbiamo per questo rilanciare l'attività di formazione rivolta all'apparato ed ai delegati, e con il supporto dei nostri legali, vogliamo migliorare la capacità di fronteggiare i processi di eluzione dei diritti dei lavoratori, che molte imprese mettono in campo con la trasformazioni sociali e con la diluizione delle responsabilità nella lunga catena degli appalti e subappalti. Dobbiamo migliorare la nostra presenza sul territorio, prevedendo oltre alla importantissima attività nei cantieri, un allargamento delle nostre permanenze nelle sedi periferiche. Dobbiamo rilanciare l’attività di rinnovo ed ampliamento della presenza delle Rappresentanze Sindacali nei luoghi di lavoro, insomma dobbiamo portare il nostro Sindacato più vicino ai lavoratori. Un altro versante a cui rivolgere il nostro impegno è quello della contrattazione, nonostante la crisi, siamo riusciti a costruire una soluzione dignitosa che ci ha consentito di rinnovare il Contratto Provinciale dell'Edilizia. Oggi dobbiamo registrare il fatto che a distanza di 16 mesi dalla sua scadenza, non è stato ancora possibile giungere al rinnovo del contratto nazionale dell'edilizia, ciò è stato impedito, prima dalla mancanza di una precisa volontà dell'ANCE, che si è concretizzata con l'incapacità di presentare proposte attendibili e percorribili, poi nella pretesa di rimettere in discussione un pezzo importante del salario dei lavoratori edili, quale il Premio APE, dopo lo sciopero del 13 dicembre scorso, la trattativa dovrebbe riprendere a breve, ci auguriamo che questa volta, l'ANCE sappia presentare proposte ricevibili e condivisibili, in caso contrario non potremo far altro che riprendere la nostra iniziativa di mobilitazione dei lavoratori. L'esperienza svolta in sede contrattuale in questi anni è stata uno dei terreni che ci ha consentito di misurare la tenuta dei rapporti unitari a livello territoriale, l’esperienza fin qui condotta ha dato risultati positivi, ci dice che quando abbiamo saputo tenere il confronto nel merito delle questioni che riguardano le condizioni dei lavoratori, ed abbiamo privilegiato la concretezza delle risposte, abbiamo sempre saputo di volta in volta trovare la sintesi che ci ha consentito di agire unitariamente, siamo convinti che ci siano le premesse per mantenere questa modalità anche per il futuro. LE CONCLUSIONI Nell’avviarmi a concludere, permettetemi di ringraziare tutte le persone che hanno collaborato in questi anni per far crescere la FILLEA di Brescia, il mio ringraziamento va in primo luogo alle delegate ed ai delegati , che con il loro impegno quotidiano nelle fabbriche e nei cantieri sono un punto di riferimento importante tra le lavoratrici ed i lavoratori. Voglio inoltre rivolgere un sentito ringraziamento a tutte le compagne ed i compagni che nella Segreteria e nell'Apparato in questi anni hanno lavorato con impegno per consolidare e far crescere il consenso attorno alla nostra organizzazione, aggiungo un ringraziamento e saluto ai compagni Romano Rebuschi, Fausto Petesi e Flavia Reboldi, che hanno lasciato la nostra categoria dopo l'ultimo congresso e che oggi continuano il loro impegno nell'Organizzazione, nel caso di Fausto e Falvia continua il loro contributo alla FILLEA anche se svolto in una sede diversa. Permettetemi infine di ringraziare le compagne dell’apparato tecnico del 2° piano della Camera del Lavoro per la preziosa collaborazione che hanno fornito, in modo puntuale e preciso, sia nella gestione dell’amministrazione, dell’organizzazione che del nostro tesseramento. Grazie e buon lavoro a tutti.

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