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19.03.14 Si è concluso il 11 marzo 2014 il Congresso Regionale della Fillea Emilia Romagna. Di seguito la relazione del segretario uscente Luigi Giove, riconfermato alla guida della struttura dal nuovo direttivo eletto al termine del congresso.
Ringrazio l'IIPLE di Bologna che ci ospita nei lavori del nostro congresso regionale, saluto i nostri ospiti, le invitate e gli invitati che ci hanno garantito la loro presenza. Care compagne e cari compagni, dopo un grande sforzo organizzativo abbiamo concluso, da venti giorni circa, una impegnativa campagna di assemblee di base. Abbiamo svolto in Emilia Romagna 733 assemblee di base che hanno visto la partecipazione di 9422 iscritte ed iscritti. L’esito del congresso per la Fillea dell’Emilia Romagna è stato inequivocabile: sui voti validi 9232 sono andati sostegno del documento "Il Lavoro Decide Il Futuro" pari al 99,11% e 83 sono stati i voti per il documento "Il Sindacato È un'Altra Cosa" pari allo 0,89%. Tra il 18 ed il 28 di febbraio si sono svolti tutti i congressi territoriali che sono stati un grande momento di dibattito interno e che si sono conclusi tutti unitariamente e confermando i nostri Segretari Generali territoriali. E’ stato un percorso complicato, perché complicato è il periodo che stiamo attraversando e drammatica è la situazione che stanno vivendo le nostre iscritte ed i nostri iscritti. Non abbiamo fatto della filosofia, ci siamo dovuti occupare di questioni molto concrete perché la realtà di questi tempi è molto ingombrante. Con questo congresso la Fillea Cgil dell’Emilia Romagna torna ad essere livello congressuale, una scelta politica, prima ancora che organizzativa, effettuata dalla Fillea Nazionale che ovviamente andrà riempita di contenuti e dovrà corrispondere ad un riassetto complessivo di compiti, funzioni e responsabilità nell’ambito di tutta la verticalità della categoria. Proverò più avanti a dare un contributo in termini di proposte anche su questo. Dicevo che abbiamo dovuto affrontare una realtà molto complicata durante la fase congressuale e che non ci siamo potuti permettere elucubrazioni e discussioni sterili. Perciò, per rispetto alla discussione già svolta nei luoghi di lavoro e nei territori, il dibattito che credo sia opportuno proporre a questo congresso penso debba assumere un carattere programmatico che tracci e vincoli la nostra attività per il prossimo mandato congressuale. Questa lunghissima crisi ci consegna in Emilia Romagna una realtà che è allo stremo delle forze. Non esiste una nostra azienda o un nostro settore che non sia coinvolto dalla pesante crisi. L’uso degli ammortizzatori sociali è stato massiccio ed anzi abbiamo dovuto imparare ad usare gli strumenti classici e quelli di recente creazione (ammortizzatori in deroga) con molto mestiere affinché si evitasse un esodo dai luoghi di lavoro che avrebbe avuto delle conseguenze sul piano sociale semplicemente catastrofiche. In edilizia la situazione è, credo ormai senza ombra di dubbio, persino peggiore. I numeri dei nostri osservatori ci dicono che il 2013 è stato l’anno della contrazione peggiore di tutta la crisi. La luce in fondo al tunnel non si vede, è ormai chiaro a tutti che, senza interventi che siano in grado di invertire l’avvitamento recessivo, difficilmente si potrà uscire dalla crisi. Persino gli storici punti di forza dell’edilizia emiliano-romagnola sono oggi in seria difficoltà, a partire dalla cooperazione. Icea, Indacoo, Unieco, Coopsette, Orion, Coop Muratori Reggiolo, Iter, Cesi, Coop Costruzioni, CMV, decine di altre piccole cooperative. L’elenco potrebbe essere molto più lungo, mi fermo per brevità. Abbiamo proposto, ormai più di due anni fa, l’avvio di una discussione a livello regionale che, partendo dalla certezza che la cooperazione edile non sarebbe uscita dalla crisi come era prima della crisi stessa, provasse a disegnare l’assetto della cooperazione in questa regione (quante cooperative, per fare cosa, eccetera), provasse a verificare quali strumenti finanziari potessero essere utili ad accompagnare una generale ristrutturazione, e che infine provasse a definire una cornice di regole che accompagnasse in maniera morbida la conseguente problematica dei livelli occupazionali. La discussione in realtà non è mai partita, abbiamo affrontato, e stiamo affrontando, le crisi una alla volta, man mano che arrivano e con i risultati che arrivano. Credo che su questo aspetto abbiamo delle responsabilità anche noi, perché su qualche territorio ha prevalso una logica di bottega che non ha consentito di allargare la discussione e di provare a trovare delle risposte in un approccio di sistema per affrontare una crisi di sistema. È tardi per fare ora questa discussione? Io penso che non sia ancora troppo tardi per provarci. Ritengo anzi che sia un preciso obbligo delle parti sociali provare ad intervenire per salvaguardare una grande esperienza storica dell’economia dell’emilia romagna. Con la consapevolezza che non è sufficiente provare a salvare dei contenitori, ma che sia anzi assolutamente necessario credere, oggi più di ieri, nel valore sociale dell’impresa cooperativa; che sia necessario scommettere sulla partecipazione dei soci lavoratori e non esclusivamente pretendere da loro sacrifici; che sia arrivato il momento che un pezzo consistente del gruppo dirigente delle nostre grandi cooperative edili ripensi criticamente a quanto fatto in questi anni. Non si affronta la crisi con l’applicazione dell’art. 6 della legge 142, non si risolvono i problemi riducendo i salari. La crisi la si affronta provando ad avere un’idea di cosa sarà la cooperazione per il futuro, a cosa serve, a chi serve. Poi ripensando i modelli organizzativi. In edilizia e nei nostri impianti fissi dobbiamo essere consapevoli che la sfida che dovremo affrontare nei prossimi mesi, che saranno difficilissimi, sarà quella della deindustrializzazione e del disinvestimento sui nostri comparti produttivi. Si corre il rischio di varcare una soglia di non ritorno che non consentirà, per un lunghissimo periodo di tempo, di ritornare ai livelli produttivi e quindi occupazionali pre-crisi. L’impegno della Fillea ER dovrà continuare ad essere quello di lottare al fianco dei lavoratori e per i lavoratori affinché il patrimonio di produzioni, di saper fare, di professionalità, non vada definitivamente disperso. Anche la lunga ed avanzata esperienza contrattuale e di relazioni industriali che ha da sempre caratterizzato questa regione è oggi messa in discussione dallo stravolgente riassetto industriale in corso. Anche su questo piano è necessario concentrare tutti gli sforzi per mantenere un livello di contrattazione che continui a spingere le imprese a rinnovare i processi ed i prodotti, ad efficientare i modelli produttivi, a evitare la scorciatoia miope del taglio del costo del lavoro che innesca circoli viziosi ed apre alla competizione al ribasso tra imprese e, di conseguenza, tra lavoratori. La pratica dei concordati in bianco, gli spin-off, le new.co, sono oggi lo strumento per cercare quella scorciatoia che è fatta da un mix che riduce i salari, riduce le basi occupazionali, lascia ai tribunali fallimentari la gestione delle responsabilità delle imprese nei confronti dei lavoratori, dei fornitori, delle comunità. Per tutte queste ragioni la Fillea ER ha sempre respinto in questi anni, e assume l’impegno di continuare a farlo per il futuro, la logica della deroga all’art. 2112 cc. Noi consideriamo imprescindibile l’impegno verso tutti i lavoratori al mantenimento dell’occupazione e l’utilizzo, come si è fatto in questi anni, di tutti gli ammortizzatori sociali utili a recuperare tempo indispensabile in questa fase. Ammortizzatori sociali che in molti casi sono agli sgoccioli, la tagliola del quinquennio rappresenta una vera e propria bomba sociale ad orologeria. Bisognerebbe finalmente uscire dalle logiche del rammendo ed avviare una vera riforma degli ammortizzatori sociali, come chiede ormai da anni la cgil, in termini universalistici. Inoltre non possiamo dimenticare che alla fine del 2014 sparisce la mobilità che è stata per anni uno strumento decisivo per gestire anche le più pesanti ristrutturazioni aziendali. Il combinato disposto di quanto ho appena detto e la cosiddetta riforma Fornero delle pensioni produce l’impossibilità di trovare soluzioni alla espulsione di lavoratrici e lavoratori dai processi produttivi. La situazione è gravissima, lo è ancor di più per i nostri lavoratori edili che, avendo una vita lavorativa frammentata, riuscendo ad accumulare poco montante contributivo, subendo cicli di lavoro usuranti, si troverà molto presto in una condizione semplicemente inaccettabile. È urgente rimettere mano al capitolo della previdenza perché si corre il rischio che centinaia di migliaia di lavoratori non arrivino a maturare il requisito della pensione e quindi vadano incontro, dopo una vita di duro lavoro, alla povertà. La Fillea er ha già da tempo avanzato le sue proposte su come affrontare ed uscire dalla crisi. Proposte condivise unitariamente con Filca e Feneal, tradotte nel Documento “Un nuovo costruire per uscire dalla crisi”, a sostegno del quale si sono fatte iniziative di confronto con gli EE LL nei territori dell’Emilia Romagna, lo sciopero e la manifestazione regionale del 29 giugno 2012. Continuiamo ad essere convinti, infatti, sulla necessità, pur in un contesto difficilissimo come quello attuale, di ripensare strategicamente a tutta la filiera delle costruzioni, cambiandone le coordinate e puntando decisamente sul recupero e sul riuso, sulla preservazione del territorio, sulla riqualificazione urbana, sul recupero e la bonifica delle aree dismesse o inquinate, sulla messa insicurezza dal rischio sismico ed idrogeologico, sul risparmio energetico e sulla produzione di energie rinnovabili. Da pochi giorni si è insediato un nuovo Governo, tra le prime annunciate misure si dice dovrà essere avviata una campagna di edilizia scolastica. Staremo a vedere, sarebbe una buona notizia se fosse vera, però magari pensare di dare qualche margine di manovra maggiore ai comuni “virtuosi” attraverso una revisione selettiva del patto di stabilità, potrebbe consentire di fare quegli interventi che darebbero una risposta immediata dal punto di vista occupazionale e risolverebbero alcune delle tante emergenze che abbiamo sul territorio. Il vero punto da affrontare oggi si chiama lavoro. È necessario produrre occupazione ora, in questo momento, agendo in termini emergenziali. Perché di una vera grande emergenza si tratta. La Fillea ER ha provato a segnalarla anche attraverso lo “sciopero a rovescio” per dimostrare che ci sono i presupposti per fare occupazione, facendo quegli interventi indispensabili per il patrimonio pubblico o nell’interesse collettivo. Abbiamo provato a dare dimostrazione fisica, tangibile, ad un assurdo contemporaneo: c’è la necessità di fare interventi urgenti di salvaguardia, recupero e messa in sicurezza del patrimonio pubblico; ci sono in questa regione migliaia di lavoratori qualificati e senza lavoro; gli Enti Locali, molti nostri Comuni, hanno le risorse da investire per risolvere anche solo parzialmente questi due problemi. Ripensare alla filiera delle costruzioni, nella logica sopra richiamata, non vuol dire avere l’idea che non esistono investimenti infrastrutturali strategici e quindi necessari. La Fillea ER non condivide l’approccio di chi sposa a prescindere le ragioni di tutti i comitati in lotta contro la costruzione di opere infrastrutturali. Un paese fermo è un paese senza futuro: oggi l’Italia appare come un paese fermo! Dalle vie di trasporto e di comunicazione, dalle reti materiali a quelle immateriali, dalle grandi opere pubbliche agli importanti investimenti privati, è oggi necessario che la Fillea CGIL tutta faccia vivere all’interno della nostra organizzazione una discussione seria e non ideologica su cosa sia importante e strategico per la nostra nazione dicendolo chiaramente. Questo significherebbe porre l’edilizia come leva indispensabile per uscire dalla crisi e per il rilancio del sistema paese. L’unico “grande cantiere” previsto per i prossimi anni in Emilia Romagna si chiama ricostruzione post-terremoto. La ferita subita dal territorio emiliano con gli eventi sismici del 22 e 29 maggio 2012 è ancora aperta. La ricostruzione ha stentato a partire, il processo per tornare alla normalità appare ancora lungo e faticoso. Strumentali e prive di fondamento sono le accuse di un eccesso di burocrazia e di farraginosità delle procedure. Noi continuiamo a pensare che la ricostruzione sia il banco di prova per la nostra regione, per capire in che misura sia possibile operare con elevati standard di qualità, di legalità, di sicurezza. L’impianto definito nel protocollo per la legalità nella ricostruzione è ancora valido ed anzi andrebbe applicato negli aspetti ancora non definiti. A chi oggi afferma che il DURC sia un “ostacolo burocratico”, diciamo che anzi andrebbe definito rapidamente lo schema previsto nel protocollo di adozione del DURC per congruità. Sarebbe necessario un fronte comune, fatto da istituzioni, sindacato e associazioni datoriali, per evitare che accada ciò che è sotto gli occhi di tutti: anche nella ricostruzione riscontriamo lavoro nero, caporalato, infiltrazione malavitosa, elusione dei vincoli contrattuali e di legge. E’ evidente che non sono sufficienti elenchi di merito, prezziari, white list. Occorre fare quel salto di qualità che solo la congruità potrebbe garantire. Nella fase di determinazione delle regole per la ricostruzione, questa regione ha confermato un modello concertativo che aiuta ad affrontare problemi talvolta enormi con il confronto ed il consenso. È in questo modo che è stato possibile definire regole nella ricostruzione che provano a disegnare un tratto di qualità e che hanno il senso dell’investimento per il futuro. Però, se ad esempio è vero che nella ricostruzione di opere pubbliche lo strumento principale di affidamento dei lavori saranno le gare di appalto mediante Offerta Economicamente più Vantaggiosa, è anche vero che in Emilia Romagna nella normalità delle gare è quasi sempre il massimo ribasso lo strumento usato. È vero anche che non abbiamo ancora un piano organico e definito di stazioni uniche appaltanti. Noi continuiamo a pensare che solo alzando l’asticella della qualità del lavoro e nel lavoro, delle opere e nelle opere, sia possibile tenere fuori la cattiva impresa da questa regione. Quando parlo di cattiva impresa penso alle infiltrazioni della malavita organizzata (che ci sono), penso allo sfruttamento della manodopera italiana, straniera e clandestina, penso ai mercanti di braccia, penso a chi non applica i contratti di lavoro o applica contratti collettivi che nulla hanno a che fare con le prestazioni lavorative richieste, penso alle false imprese individuali, ai falsi consorzi di imprese individuali, alle false cooperative di imprese individuali, penso alle imprese che risparmiano in sicurezza. La ricostruzione è per noi un ambito di sperimentazione di buone prassi e di buone pratiche. Crediamo che si possa e si debba fare di più, provando anche a difendere il patrimonio di imprese sane e di professionalità della nostra regione. Per esempio piuttosto che pensare a generiche e forse lontane ridefinizioni dell’accordo regionale sulla trasferta, si potrebbe pensare, dentro i limiti dell’ordinanza 46, a rendere più agevole l’intervento delle nostre imprese nel cratere rispetto alle imprese provenienti da fuori regione. Per esempio si potrebbe introdurre un passaggio certificato nella Borsa Lavoro come elemento premiante nello schema di offerta economicamente più vantaggiosa. Credo che sia questo il livello della sfida che abbiamo di fronte, provare a salvare l’impresa sana del nostro territorio scacciando la tentazione di una competizione selvaggia ed al ribasso. Se non sapremo farlo saremo perdenti. Per questo diciamo alla Regione Emilia Romagna, tanto è stato fatto. Tanto è stato fatto bene, ma temiamo che ci sia un allentamento della tensione che sarebbe necessaria. C’è da completare il percorso avviato, ma soprattutto il sindacato ha bisogno di luoghi e riferimenti chiari per affrontare i problemi che stanno già emergendo: ci sono già i primi DURC irregolari, ci sono già le prime esclusioni o sospensioni dalle white list, ci sono già lavoratori in nero. Abbiamo bisogno di una cabina di regia che sia nelle condizioni di intervenire tempestivamente su queste ed altre questioni, altrimenti i cittadini saranno indotti a pensare che le regole sono burocrazia, che le norme sono un ostacolo e che noi siamo il problema e non la soluzione. Se è vero che la ricostruzione è l’unica “grande opera” della nostra regione per i prossimi anni, è necessario che la fillea e la cgil a tutti i livelli, proseguano in uno straordinario investimento in termini di risorse e di compagne e compagni presenti sul territorio. In questo contesto di pesante crisi si è svolta, e si sta svolgendo, la campagna dei rinnovi contrattuali sia nazionali che di secondo livello. In Emilia Romagna la maggior parte dei contratti integrativi dell’edilizia sono stati rinnovati. Non si sono avuti clamorosi avanzamenti contrattuali, ma si è riusciti a respingere nettamente il tentativo delle nostre controparti (in particolar modo l’ANCE) di rimettere in discussione i diritti normativi e salariali dei lavoratori a partire dalla carenza sulla malattia e dal tentativo di deregolamentare gli orari di lavoro. Tutti gli accordi integrativi sottoscritti in Emilia Romagna sono stati unitari anche se non sono mancati, a livello territoriale, problemi ed incomprensioni ed anche motivi di tensione. La Fillea ER, per la prossima tornata di rinnovi contrattuali provinciali, proporrà a Filca e Feneal di definire in maniera coordinata ed uniforme le piattaforme rivendicative e di governare in maniera coordinata la gestione delle trattative, innanzitutto con il coinvolgimento dei livelli territoriali (titolari della contrattazione), per rendere più forte l’azione contrattuale del sindacato pur in un contesto evidentemente difensivo. Per quanto riguarda la contrattazione negli impianti fissi siamo consapevoli che l’attuale fase non consentirà in maniera generalizzata un miglioramento dei livelli contrattuali nelle aziende. Diciamo però chiaramente che la Fillea ER non sottoscriverà accordi che prevedano deroghe al 2112, deroghe ai contratti nazionali, riduzioni di salario contrattuale, battendosi con forza per il mantenimento dei livelli occupazionali attraverso l'utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali disponibili. Su quest'ultimo aspetto abbiamo purtroppo assistito, nei mesi scorsi ed in particolare in alcuni territori, al proliferare di accordi separati in danno dei lavoratori; sarà obiettivo della Fillea ER ricercare una unità di impostazione con Filca e Feneal per evitare accordi separati e soprattutto per scongiurare il rischio che con tale metodo si produca un impatto occupazionale oggi insopportabile. Anche perché, magari negli stessi territori hai esempi di vertenze di valenza nazionale che condotte unitariamente dal principio alla fine, ci hanno visto vincere pur in contesti molto difficili. Penso ad esempio alla vertenza del Gruppo Ferretti, che in Emilia Romagna ha due cantieri e la sede centrale, che in questa regione occupa più della metà della manodopera del gruppo. Gruppo che in gennaio ha deciso la chiusura del cantiere di Forlì ed il trasferimento di tutte le lavoratrici ed i lavoratori verso gli altri stabilimenti. Ovviamente si trattava di finti trasferimenti, di licenziamenti camuffati. Di licenziamenti dissimulati in un territorio, quello di Forlì, letteralmente martoriato sul piano industriale e quindi occupazionale. Guardate era facile arrendersi fin da subito, di fronte ad una multinazionale cinese che un bel giorno toglie una bandierina dalla mappa del mondo; una piccola bandierina in una piccola comunità. Ma noi abbiamo avuto il coraggio di sfidare chi diceva taglio per resistere, ed abbiamo contrapposto un’idea che invece dice investire per competere. E quando abbiamo avuto il coraggio di sfidare abbiamo incontrato sulla nostra strada il sostegno decisivo della Regione Emilia Romagna che alla richiesta dell’azienda di fare un accordo per gestire trasferimenti ed esuberi ha risposto con la voce del Presidente Vasco Errani (che noi ringraziamo ancora) letteralmente che “in questa regione non si fanno accordi che partono dalla chiusura di uno stabilimento”. E quando abbiamo avuto il coraggio di credere che si potesse raggiungere un risultato che tutti stimavano come praticamente impossibile, abbiamo avuto al nostro fianco i lavoratori dello stabilimento di Forlì, e degli altri stabilimenti del gruppo, che hanno prodotto iniziative e mobilitazioni che non avevano mai sperimentato prima. Scioperi a singhiozzo, scioperi a scacchiera, presidi, volantinaggi, con la consapevolezza che poteva essere tutto perfettamente inutile eppure con la certezza di quanto fosse indispensabile lottare per difendere il proprio posto di lavoro, un pezzo importante di economia locale, un’eccellenza del Made in Italy. E così si è conquistato un accordo che ora è patrimonio non solo dell’esperienza di quelle RSU, di quei lavoratori, ma che ora è patrimonio della categoria a tutti i suoi livelli. Consegnamo l’idea che dalla crisi si prova ad uscire con investimenti in prodotto e processo, con la ricerca sui materiali, con la valorizzazione delle nostre produzioni di pregio, con l’idea che per salvare i posti di lavoro, se c’è meno da lavorare, si può lavorare un po’ meno tutti. Credo che vadano ringraziati quei lavoratori, perché ci hanno restituito la speranza. Si può vincere se si è determinati, se si è uniti e compatti (anche tra le sigle sindacali). Si può vincere perché non c’è nulla di scontato se si hanno buone ragioni e la voglia di farle valere. Quei lavoratori credo che abbiano riconosciuto alla Fillea Cgil il ruolo che merita. La Cgil in Ferretti non è stata e non è una mera sigla sindacale, ha corpi e volti; ha la fisicità dei nostri delegati e dei nostri iscritti, da subito e sempre in prima linea, a Forlì come a Cattolica, come negli altri stabilimenti. La credibilità e l’autorevolezza dei nostri Segretari Generali. La Cgil ha avuto la faccia di Loris Bacci che è stato lì tutto il tempo necessario, che è stato il motore delle 50 e passa ore di sciopero. È per questo che quando sento compagni della Cgil ed anche della Fillea dire che bisogna ritornare nei luoghi di lavoro io resto sempre sbigottito. Perché la Fillea dell’Emilia Romagna non ha ancora imparato dov’è l’uscita dai luoghi di lavoro. Anzi chiedo a quei compagni di non dircelo dov’è l’uscita. Stiamo bene così, stiamo bene qui! La Fillea ER ha già avuto occasione di esprimere un giudizio positivo sui rinnovi dei contratti nazionali già conclusi, giudizio che oggi voglio confermare. Non era scontato in questa fase riuscire a conquistare ccnl che, aumentando il salario, non producessero arretramenti sul piano normativo. Esce quindi sostanzialmente confermato il modello contrattuale fondato sui due livelli così come viene confermata la gerarchia delle fonti contrattuali. Questi importanti risultati unitari sono anche il frutto delle mobilitazioni dei lavoratori (ad esempio nel rinnovo del ccnl legno industria) che hanno consentito di respingere l'idea di una sostanziale destrutturazione del mercato del lavoro, degli orari di lavoro e del ruolo delle RSU e quindi della contrattazione aziendale. Stesso discorso non è possibile farlo per il rinnovo del ccnl edili Ance e Cooperazione che, ancora in questo momento, non consente di fare significativi passi in avanti verso la sua chiusura. Ciò, nonostante si siano già rinnovati i contratti nazionali dei lavoratori edili delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese. L'attacco senza precedenti all'istituto contrattuale dell'APE, l'idea di avere mano libera sul mercato del lavoro (introducendo tipologie contrattuali incompatibili con il lavoro in cantiere), la richiesta di “flessibilizzare” l'orario di lavoro al punto da non renderne possibile un controllo ed un necessario governo; hanno impedito fino ad oggi di rinnovare il ccnl ed hanno prodotto importanti e riusciti momenti di mobilitazione a partire dallo sciopero nazionale del 15 dicembre 2013. Diciamo chiaramente che sarà impossibile un rinnovo del contratto nazionale di tipo restitutivo ed anzi che in assenza di una concreta revisione delle posizioni di ance e cooperazione sarà necessario promuovere ulteriori iniziative di lotta per conquistare un rinnovo dignitoso per i nostri lavoratori, un rinnovo che non intacchi minimamente salario e diritti. Particolare attenzione andrà posta sia in ambito nazionale, che a livello territoriale, sullo stato di salute della bilateralità in edilizia. E' evidente che questa lunga e pesante crisi ha prodotto come conseguenza anche la messa in discussione dell'equilibrio economico e finanziario del nostro sistema bilaterale a partire dalle Casse Edili. Se si vuole salvare la missione originaria, e prioritaria, delle Casse Edili è necessario lavorare velocemente alla messa in sicurezza del sistema. Fillea, Filca e Feneal dell'Emilia Romagna hanno condiviso un documento che è la base di partenza per promuovere processi che ormai riteniamo essere non più rinviabili in ambito regionale e che dovranno essere oggetto di confronto con tutte le controparti datoriali. L’attuale articolazione degli EE.BB. è diretta emanazione della complessità della contrattazione. Se si vuole semplificare il modello, per renderlo solido, si deve procedere all'unificazione di più EEBB all’interno di uno stesso ambito territoriale e contrattuale o all’unificazione di EE.BB. nell’ambito di omogeneità territoriali più ampie. Sarà inoltre necessario accorpare scuole edili e comitati paritetici in ambito territoriale tenendo distinti ruoli e funzioni e garantendo le necessarie risorse per il funzionamento di ciascuno di essi. Si dovrà procedere con la costituzione del coordinamento regionale dei CPT, finalizzato alla circolazione ed alla socializzazione delle attività dei CPT territoriali; il Coordinamento potrebbe essere assunto nell’ambito del Formedil Emilia Romagna. Bisognerà rivedere l’attuale sistema della Trasferta Regionale per renderlo attuale, certo e applicato in tutti i suoi passaggi. Occorrerà dare avvio ad una fase graduale di omogeneizzazione su base regionale delle prestazioni e dei livelli di contribuzione alle Casse Edili al fine di evitare una competizione al ribasso tra enti di diversi territori, veicolo spesso di forme di dumping e concorrenza sleale tra imprese. Rendere uniformi i modelli informativi degli enti (in particolare delle Casse Edili) rafforzando il modello di cooperazione applicativa con i sistemi informativi della Regione Emilia Romagna così come sperimentato nella attuale fase di ricostruzione post-terremoto. Istituire un livello regionale di coordinamento che, in sinergia con i territori, coordini il processo di omogeneizzazione del sistema e di implementazione di nuovi strumenti È opportuno quindi avere una strategia organica ed uniforme a livello regionale che tracci le linee di possibile intervento nel ridisegno dell’esistente. Ciò non vuole significare in alcun modo sostituire i soggetti che sono deputati ad intervenire, ovvero le Parti Sociali a livello territoriale. È però evidente che senza un indirizzo condiviso ed unitario si potrebbero proporre alcune criticità che è meglio evitare, a partire dall’enfatizzazione dei problemi già oggi presenti. Noi diciamo no a processi di regionalizzazione della bilateralità in Emilia Romagna. Non perché siamo ideologicamente contrari, ma perché continuiamo a pensare che la bilateralità sia conseguenza inscindibile della contrattazione. Pensiamo che si debba semplificare nella contrattazione e quindi la bilateralità, ma se anche noi oggi decidessimo di fare un salto regionale nella contrattazione dovremmo prendere atto che non abbiamo interlocutori pronti a farlo. Che le associazioni datoriali a livello regionale semplicemente non sono nelle condizioni di farlo. Quindi, piuttosto che attardarsi in discussioni teoriche e dottrinarie, noi proponiamo a tutti i nostri interlocutori un processo che semplifichi, riduca il numero degli enti, metta in rete. Per difendere e salvare la bilateralità e l’eccellenza emiliano romagnola. Questo è quello che si è fatto a Reggio Emilia, quello che ostinatamente da due anni stiamo cercando di fare a Ferrara, quello che bisognerebbe cominciare rapidamente a ragionare per la romagna se si vogliono evitare danni incalcolabili alla credibilità della bilateralità in edilizia. Dobbiamo difendere la bilateralità, ed in particolar modo le casse edili, dagli attacchi demagogici di un pezzo sempre più consistente della politica, ma dobbiamo farlo anche dagli attacchi che sempre più spesso arrivano da un fronte interno che considera questo modello costoso e quindi un ostacolo alla competizione. Guardate, sono ormai alcuni anni che discutiamo di come ridisegnare la bilateralità, anche in Emilia Romagna. Vorrei però fare presente a tutti, noi compresi, che se il 2014 per l’edilizia va come da previsioni, cioè male, potremmo trovarci con qualche Cassa Edile che non ce la fa dal punto di vista patrimoniale. Dopo di che si porrà immediatamente il problema di come garantire a quei lavoratori i loro diritti contrattuali e, subito dopo, il tema della responsabilità degli amministratori. Segnalo pertanto che ci sono casi nei quali non abbiamo più tempo a disposizione. Anche il problema della concorrenza sleale tra EE.BB. è estremamente attuale. La pianta cattiva sta crescendo rigogliosa nell’orto della crisi. Abbiamo tutti capito che il borbottio non è più sufficiente. Credo anche che dovremmo aver capito che il ruolo che sta mancando è quello tipico delle parti sociali; di governo, di indirizzo e di controllo. Nei mesi scorsi abbiamo avuto modo di confrontarci unitariamente su situazioni che riguardano in particolare una cassa edile artigiana romagnola. Penso che sia arrivato il momento di cominciare ad intraprendere azioni a difesa del sistema bilaterale tutto, a difesa dei nostri amministratori, a difesa di un diverso modello di bilateralità. Dovremo intraprendere iniziative efficaci. Preferibilmente in maniera unitaria, ma se si continua a temporeggiare anche da soli come Fillea. L’unico ente bilaterale di carattere regionale in Emilia Romagna si chiama Formedil. Formedil penso sia un modello che va osservato e valutato attentamente. Un ente di formazione di cui fanno parte, oltre alle parti sociali regionali, tutte le scuole edili della regione. Che non si sovrappone all’attività delle singole scuole edili, ma anzi ne amplifica le possibilità di intervento. Che è un presidio di qualità e produce qualità aiutando tutto il territorio regionale a crescere in tal senso. Che è un interlocutore credibile per le istituzioni regionali. Infine, e non è poco, che costa pochissimo producendo tanto. Quindi dico a tutti: osserviamo quel modello, perché è un modello efficiente e rispettoso delle titolarità contrattuali che ci sono nei territori. Credo infine che quel modello sia ciò che ho appena detto grazie alle persone che ci lavorano ed all’autorevolezza della presidenza. Il 10 gennaio è stato sottoscritto il Testo Unico sulla rappresentanza, penso sia giusto esprimere un giudizio positivo nel merito di quell'accordo. Finalmente si definisce la verifica certificata del tasso di rappresentatività delle singole organizzazioni sindacali e sulla base di questo principio si determina la titolarità a promuovere la contrattazione e soprattutto la validità degli accordi sottoscritti. Da questo punto di vista siamo ad una svolta epocale; la pratica degli accordi separati, subita dalla cgil in questi anni, non sarà più possibile e soprattutto saranno i lavoratori ad avere un ruolo decisivo due volte: in primo luogo con l'iscrizione al sindacato e nell'elezione delle RSU per decidere chi conta e quanto sui tavoli contrattuali, in seconda istanza con il proprio voto per validare in via definitiva i contratti nazionali. Questo è un risultato storico della cgil e non va in alcun modo sottovalutato. Altro risultato importante è rappresentato dal cambio delle modalità di elezione delle RSU, che da ora in poi saranno elette con il sistema proporzionale puro, a cui da oggi si affida in maniera ancor più stringente che in passato la titolarità della contrattazione di secondo livello. Se è vero che le RSU si eleggono con il sistema proporzionale e se la maggioranza delle RSU determina la validità degli accordi aziendali, questo vuol dire che in Emilia Romagna non si potranno fare accordi aziendali senza o contro la Fillea Cgil. Mi si potrebbe obiettare che in questa regione gli accordi separati sono un’anomalia e non la norma. Sono sicuro che più la Fillea Cgil sarà rappresentativa nelle RSU e tra gli iscritti al sindacato, più solida sarà l’unità sindacale. Noi non facciamo e non faremo accordi separati. Anche perchè tutti i nostri accordi sono e saranno sottoposti al voto delle lavoratrici e dei lavoratori. Per queste ragioni è importante avviare rapidamente una grande e capillare campagna di rinnovo delle RSU in tutta la nostra regione. Tutte le strutture territoriali dovranno pertanto essere impegnate in tal senso. Ma rinnovare le Rappresentanze Sindacali Unitarie non è sufficiente. Le delegate ed i delegati avranno sempre maggiori responsabilità contrattuali e quindi dovranno essere accompagnati in processi formativi che gli consentano di affrontare questo tipo di responsabilità. È chiaro che in quel testo ci sono elementi di criticità che vanno trattati con molta attenzione, a partire dal tema dell'esigibilità degli accordi (che vale per il sindacato, ma anche per i padroni). Per la delicatezza di quest'ultimo aspetto sarà ovviamente indispensabile prestare la massima attenzione al rinnovo dei contratti nazionali che avranno il compito di normare la materia. L'accordo del 10 gennaio (come già altri analoghi accordi precedenti) ha però anche evidenziato tutti i limiti e le difficoltà della cgil nel determinare come si arrivi alla sottoscrizione di accordi interconfederali, il livello di coinvolgimento del gruppo dirigente ed in ultima istanza delle iscritte e degli iscritti. Credo che non sia sufficiente, ed anzi sotto molti aspetti sia dannosa, una impostazione che risolve i conflitti con la gerarchia o peggio con l'autorità. Sollecitiamo pertanto convintamente una discussione, a partire dal congresso in corso, che sia in grado di definire nello statuto percorsi certi e condivisi che presiedono alla sottoscrizione di accordi interconfederali. Crediamo che il coinvolgimento dell’intero corpo dell’organizzazione, a monte delle decisioni e degli accordi, rappresenti una ricchezza per la CGIL e non un ostacolo. Allo stesso tempo riteniamo che il legittimo diritto al dissenso debba essere garantito all’interno della nostra organizzazione, ma non debba trascendere in attacchi di tipo personalistico, come pure purtroppo in Emilia Romagna è accaduto. Infine, definiti i percorsi sarà opportuno che la CGIL tutta si impegni e vincoli a quanto deciso. Si discute, quindi, ma poi si decide ed in ultimo si fa ciò che si è deciso. Entrati nella fase applicativa dell’accordo sulla rappresentanza, il sindacato è cambiato. Ciò implica scelte politiche ed organizzative chiare e tempestive. Prima ci si rende conto della novità storica insita nel concetto di verifica puntuale della rappresentatività del sindacato, prima si evitano danni (anche politici e contrattuali) alla CGIL. Il testo unico del 10 gennaio 2014 offre anche alla Fillea nel suo complesso, che pure in edilizia ha già efficaci metodi di monitoraggio della rappresentatività, l’opportunità di correggere alcune storture a partire dal riproporzionamento annuale in dodicesimi dei lavoratori iscritti alle organizzazioni sindacali. La Fillea ER dovrà impegnarsi a perseguire questo obiettivo in tutti i territori della regione ritienendo opportuno che a livello nazionale si apra un confronto unitario per l’adozione, nelle casse edili, del metodo concordato confederalmente. Nel momento in cui il tasso di iscrizione rappresenta il cardine della democrazia sindacale, nel momento in cui si conta (non solo per le buone ragioni) per quanto si pesa, come misuri la rappresentatività è decisivo. In democrazia uno vale uno, attualmente nelle nostre misurazioni del tasso di rappresentatività non è così. Il testo unico offre una soluzione logica e, soprattutto, sposta la competizione tra organizzazioni sindacali dalla concorrenza, a volte sleale, nel bacino dei lavoratori già iscritti al sindacato, al proselitismo verso quel 50% abbondante di lavoratori non iscritti ad alcun sindacato. Dicevo prima della necessità di procedere rapidamente al rinnovo delle RSU in tutto il territorio regionale. Allo stesso tempo andrà effettuata una campagna di rinnovo degli RLS ovunque sia possibile e dove non lo è presidiare effettivamente con gli RLST. I dati degli infortuni in edilizia, e più in generale nelle nostre aziende, raccontano una realtà non vera. La diminuzione degli incidenti sul lavoro e delle morti bianche è più conseguenza della diminuzione delle ore lavorate che di un incremento dei parametri di sicurezza nelle aziende e nei cantieri. Anzi, le condizioni di lavoro sono visibilmente peggiorate, soprattutto laddove si fa uso massiccio di finte partite IVA. La formazione è strategica perché cresca una cultura della sicurezza sul lavoro, la nostra organizzazione dovrà essere impegnata in tal senso. Il sistema delle scuole edili nel territorio svolge già un importante ruolo che va presidiato ed ulteriormente sviluppato. Penso ad esempio ai bandi della regione Emilia Romagna per la sicurezza nella ricostruzione post sisma. Propongo al congresso della Fillea dell’ER di istituire, a partire dal 2014, l’assemblea annuale degli RLS ed RLST che abbia il compito di fare il bilancio dell’attività, di mettere in rete e socializzare le esperienze che si fanno sul territorio, che diventi pertanto un elemento di sprone all’attività (che ci auguriamo parta rapidamente) del coordinamento regionale dei CPT e dell’attività svolta dal Formedil Emilia Romagna. La crisi ha pesato molto sulla dinamica delle risorse della categoria a tutti i livelli. Oltre ad una generalizzata riduzione della base occupazionale (soprattutto in edilizia) si è registrato un elevatissimo utilizzo degli ammortizzatori sociali. Tutto ciò ha prodotto una contrazione notevole delle entrate sul territorio e, di conseguenza, per la Fillea regionale. Inoltre l’utilizzo degli ammortizzatori sociali in edilizia, non esistendo una specifica convenzione con l’INPS, impedisce totalmente la trattenuta sindacale ai lavoratori iscritti; è necessario in tal senso un intervento urgente della Fillea nazionale per risolvere la questione. La crisi di risorse della categoria, essendo la conseguenza della crisi subita dai nostri lavoratori e quindi essendo la fotografia delle dinamiche salariali ed occupazionali, non può essere affrontata con delle scorciatoie. Per questa ragione tutte le strutture territoriali della Fillea in Emilia Romagna dovranno impegnarsi a non incrementare le Quote di Assistenza Contrattuale territoriali, valutando al contrario in alcuni casi la loro riduzione. Con questo congresso la Fillea ER torna ad essere istanza congressuale. Non eravamo particolarmente convinti di questo passaggio, la cosa è nota e credo pienamente legittima. Però la decisione è assunta e, come è nostra consuetudine, abbiamo l’ambizione di riempire di contenuti questa scelta. Crediamo che sarebbe opportuna una sorta di devoluzione di competenze dal livello nazionale a quello regionale. Penso ad esempio alle responsabilità sui coordinamenti dei gruppi industriali, in una logica di approssimazione verso il territorio. Penso ad un maggiore coinvolgimento delle strutture regionali nei dipartimenti nazionali. In definitiva credo che sarebbe utile questa scelta se corrisponde ad un diverso equilibrio di competenze, fermo restando il ruolo di centro regolatore della Fillea Nazionale. Infine per noi il fatto che la Fillea regionale torna ad essere istanza congressuale non deve in alcun modo rappresentare un appesantimento della struttura che deve rimanere snella e soprattutto poco costosa. Continuiamo a pensare che le risorse devono restare sul territorio, devono essere impiegate per stare sul territorio. Per noi il territorio non è un ambiente astratto, non significa presidiare gli uffici delle camere del lavoro. Territorio sono i cantieri, le fabbriche, i luoghi di lavoro. Per questa ragione propongo che, nell’ambito di quanto previsto dal nuovo statuto, il congresso della Fillea ER adotti come organo esecutivo esclusivamente la Direzione Regionale. Tale organo continuerà ad essere composto da tutti i segretari generali territoriali, dal segretario generale regionale e dall’apparato politico regionale. All’interno della direzione regionale andranno individuate, condividendole con il nuovo Comitato Direttivo regionale, specifiche responsabilità che prevedano un maggiore coinvolgimento dei segretari generali provinciali. Questo passaggio congressuale non dovrà azzerare i mandati precedenti e propongo che la Fillea ER assuma come vincolante il limite degli 8 anni di mandato sia per il ruolo di segretario generale che per gli apparati politici regionali. Inoltre ritengo che tale impegno debba coinvolgere tutte le strutture territoriali, aldilà dei vincoli statutari, per garantire il necessario ricambio al proprio interno al fine di evitare la permanenza in categoria di compagne e compagni, che non ricoprano ruoli di segreteria, per periodi eccessivamente lunghi (oltre gli otto anni) e per favorire in raccordo con la confederazione lo scambio di esperienze, fattore da sempre decisivo per la formazione di un adeguato gruppo dirigente. In ogni caso è da respingere una logica, che di tanto in tanto fa capolino nelle nostre camere del lavoro, dei tagli orizzontali sulle strutture di categoria. La Fillea è una categoria confederale per antonomasia, ma riteniamo che una logica economicistica dentro l'organizzazione possa produrre solo danni. Bisognerà valutare con giudizio ed attenzione come riposizionare organizzativamente la categoria nell'equilibrio complessivo delle camere del lavoro, valutando però al tempo stesso dove e come fare investimenti. Nella logica appena richiamata sarà importante provare a garantire processi di ricambio che guardino, a partire dai luoghi di lavoro, con particolare attenzione alla presenza delle donne, dei giovani e dei migranti. In tutti questi anni abbiamo abbondantemente verificato che la “logica delle quote” non è sufficiente. Sarà necessario investire, pur in una fase di ristrettezza di risorse, sulla formazione dei delegati e delle delegate perché il vero rinnovamento può partire solo dai luoghi di lavoro. Se per noi il territorio è il luogo di lavoro, bisognerà cominciare a pensare che le risorse che abbiamo dovrebbero essere utilizzate per presidiare meglio il lavoro laddove c’è. Non regge più un modello organizzativo fatto a canne d’organo. Bisogna avviare processi di collaborazione e, fermi restando i livelli congressuali, di integrazione. Ciò riguarda soprattutto l’attività di proselitismo in edilizia e riguarda soprattutto i territori più piccoli (Imola, Forlì, Cesena, Ferrara, Piacenza) che devono mantenere la loro sacrosanta autonomia, ma necessitano di forme di collaborazione sinergica. L’impegno della Fillea regionale dovrà essere quello di provare a sviluppare in tempi rapidi queste forme di collaborazione tra territori limitrofi. Altro terreno importante nel quale sperimentare formule nuove di vertenzialità e di rappresentanza è quello delle nuove precarietà e degli “invisibili”. In questa ottica, la vertenza regionale degli archeologi di cantiere, che riguarda anche il restauro, per il riconoscimento di trattamenti economici e normativi non inferiori a quelli previsti nel ccnl dei lavoratori edili, riveste una grande importanza e richiede l’adozione di tutto lo sforzo politico ed organizzativo per raggiungere un risultato congruo. Un primo importante risultato in tal senso è già stato raggiunto: le imprese di restauro e quelle che svolgono lavori di scavo archeologico che vorranno aderire all’elenco di merito regionale dovranno applicare integralmente ed inderogabilmente un ccnl dei lavoratori edili. Compagne e compagni, ho cominciato ormai più di due anni fa questa esperienza sindacale nuova, mai mi ero occupato in precedenza di edilizia. Ero inconsapevole, non saprei dire quanto incosciente. Ho sempre sentito dire in CGIL che “gli edili sono diversi”, oggi posso affermare che gli edili in cgil non sono diversi, ma hanno la necessità di fare cose diverse, di fare le cose diversamente. Perché rappresentano un mondo che è fatto di problemi concreti, che necessita di risposte concrete, che non può permettersi il lusso di perdersi in chiacchiere. Ho potuto verificare fin da subito che, per merito dei miei predecessori, al segretario generale della Fillea dell’Emilia Romagna viene riconosciuta una grande autorevolezza e questo, da una parte mi ha aiutato, dall’altro mi ha caricato fin da subito di una grande responsabilità. Dopo aver rieletto tutti i segretari generali territoriali oggi vorrei ringraziarli tutti, perchè sono stati fino ad ora l’anima della struttura regionale. Abbiamo nei territori un bel gruppo dirigente, fatto anche di tanti giovani, e che quindi fa sperare per il futuro. Mi auguro la stabilità di questo gruppo dirigente, perché credo abbia le gambe per fare tanta strada. Voglio ringraziare anche Primo Gatta per il prezioso lavoro svolto in questi anni a supporto dell’attività regionale e per i territori, ma soprattutto lo voglio ringraziare per la pazienza dimostrata nel lavorare con me, in particolare in questi ultimi giorni. Questo è un tempo che è fatto di individualismo e velocità. Crescono un po’ ovunque piccoli césari che, con modi sbrigativi dicono di avere le soluzioni semplici ai problemi complessi. In questo tempo, non solo ci si affida volentieri al leaderismo per affrontare i problemi, si ritiene che la velocità sia tutto, anche quando soffoca i processi democratici e di partecipazione. Per questo voglio chiudere citando Gabin, delegato di Rimini, che in un suo intervento in questi giorni ci ha insegnato un proverbio africano bellissimo e credo anche molto attuale. Dice: “se sei da solo andrai veloce, se siamo insieme andremo lontano”. Auguro a tutti noi, insieme, di andare molto lontano. Bologna, 10 Marzo 2014

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