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Referendum

19.03.14 Si è concluso il 5 marzo 2014 il Congresso territoriale della Fillea Treviso. Di seguito la relazione del segretario uscente Mauro Visentin, riconfermato alla guida della struttura dal nuovo direttivo eletto al termine del congresso.
Bozza non corretta Care Delegate e Cari Delegati, Gentili ospiti, buon giorno a tutti. A nome della Segreteria uscente e dell'Apparato, voglio esprimere un sincero ringraziamento per la vostra presenza ai lavori del Congresso della Fillea CGIL di Treviso. Nell'accingermi a presentare la relazione introduttiva ai lavori del nostro congresso vorrei rivolgere un pensiero a quelle lavoratrici e quei lavoratori che in questi anni hanno lottato per mantenere alto il valore del lavoro e la dignità dei lavoratori. Ormai da troppo tempo siamo in balia di una situazione di crisi e di difficoltà che ci ha permeato, la sfiducia ed lo sgomento sembra facciano parte del DNA della nostra società. Molto spesso ci domandiamo ma dov'è finito il ricco e laborioso nord est? Che fine hanno fatto le migliaia di lavoratori ed imprese che si diceva erano l'orgoglio ed il fiore all'occhiello del nostro Paese? Se ci guardiamo intorno non si può che rimanere basiti. Da troppo tempo intorno a noi vediamo, se non in rare e fortunate occasioni, solo realtà produttive che annaspano nelle difficoltà. Non si contano più le Aziende che hanno utilizzato o stanno utilizzando qualche ammortizzatore sociale. Non si contano più le mobilità ed i licenziamenti. Non si contano più le Aziende, di tutte le dimensioni, con storie più o meno gloriose alle spalle che sono in regime di concordato o che sono fallite, o che più semplicemente hanno chiuso i battenti, cessando la loro attività. Insomma anche nella nostra Provincia, e non solo, si è abbattuto un vero e proprio tsunami. Un fenomeno che ha interessato non solo la Provincia di Treviso, la nostra regione o l'Italia, ma un fenomeno che ha messo in discussione l'intero assetto economico e sociale del mondo occidentale. Questa dolorosa situazione che abbiamo imparato a chiamare crisi, partita dalla mancanza di regole e soprattutto dalla spregiudicatezza del mondo della finanza e delle speculazioni è stata amplificata in casa nostra da un'inerzia dei governi nell'affrontare per tempo la tempesta che si avvicinava e dalla stoltezza dell'Unione Europea nel voler perpetuare una politica di “austerità” anziché una politica di investimenti. Con i governi di casa nostra che, Berlusconi e Tremonti in testa, hanno ignorato la gravità della situazione sperando che passasse la nottata, portandoci alla fine del 2011 ad un passo dal baratro. Non meglio è stato fatto da chi è arrivato dopo. Le promesse di Monti: rigore, sviluppo, ed equità si sono fermate al primo punto. Rigore senza dubbio, non abbiamo visto però lo sviluppo e tanto meno l'equità. Basti pensare alla vergognosa riforma delle pensioni che discrimina in particolar modo le donne, i lavoratori precoci, per non parlare degli esodati. Questa riforma, che ha prodotto il sistema pensionistico più rigido ed iniquo d'Europa, deve essere rivista al più presto. Corriamo il rischio che, oltre ad aver penalizzare i lavoratori precoci, in prospettiva penalizzerà tutte le future generazioni. Soprattutto chi avrà una carriera lavorativa con molto lavoro precario o intermittente di fatto non riuscirà ad avere una adeguata copertura pensionistica, con il rischio di avere delle generazioni di pensionati vecchi, consumati e miserabili. Si continua a non invertire la rotta anche con i governi successivi, attendiamo curiosi, non ci sono materialmente elementi per pronunciarsi, il “jobs act” di Renzi. Fino ad ora sembra che il problema dei problemi sia il costo del lavoro, e in maniera alquanto bizzarra, lo si sta tentando di risolvere con il taglio dei salari (i fatti recenti della Elettrolux, che per ora sembrano superati, ne sono l'emblema). Da una parte multinazionali senza scrupoli, che fanno da battistrada. Osservano logiche puramente e cinicamente legate alla speculazione spostando le produzioni da un punto all'altro del globo a seconda delle convenienze. Poco importano le ricadute sociali delle loro scelte, loro devono rispondere agli investitori. Dall'altra aziende locali, poco attrezzate per struttura e dimensione ad affrontare la concorrenza, abituate a rivolgersi al mercato interno che ora è evaporato e non sanno più a che santo votarsi. In questa situazione il mondo del lavoro ne esce stritolato. Per molto tempo si è pensato al “valore lavoro” come un elemento marginale nel grande gioco della finanza e della speculazione mondiale. Si è fatto passare un concetto che comunque il mercato autoregolandosi avrebbe risolto il problema. In parte è vero, il mercato risolve il suo problema. Il problema degli investitori, degli speculatori, ma non risolve il problema dei lavoratori. Da troppo tempo, si è lasciato all'improvvisazione e non alla pianificazione la struttura produttiva del nostro paese, un paese per vocazione manifatturiero, capace di trasformare la materia, ma privo di risorse proprie, per cui più bisognoso di altri di strategia industriale, di ricerca di innovazione. Questo è un compito della politica, ed in democrazia la politica viene decisa dai cittadini. Dovremo con decisione iniziare a fare i cittadini. Non vorrei essere frainteso, c'è un partito che finge di non fare il partito, che occupa poltrone, fingendo di non occuparle, che finge di affrontare i problemi ma in realtà non lo fa. Ecco non intendevo quei cittadini. E non intendo neanche quelli che dopo averne fatte di ogni... ora vanno in piazza con i forconi a urlare “a casa tutti!!!”. Tutti chi? E dopo? Quando tutti sono a casa, a chi lasciamo le decisioni, ad un uomo solo? Penso che come italiani abbiamo già dato, di uomini soli che salvano il Paese ne abbiamo già visti fin troppi all'opera... e a mio avviso non è andata gran che bene. Ora, in queste ultime settimane, abbiamo assistito ad una operazione spacciata da molti per fresca dinamicità giovanile. Ma per ruvidezza e modalità ci fa quasi rimpiangere i paludati metodi della prima repubblica, abbiamo assistito dicevo ad una versione aggiornata delle larghe intese. Francamente non ne sentivamo il bisogno. Avevamo e continuiamo ad avere la necessità di un governo che affronti i veri nodi di questo paese, senza perdere tempo ulteriore. A questo nuovo governo noi continueremo a chiedere di affrontare l'emergenza lavoro, con coraggio e determinazione, senza aumentare i sacrifici per quella parte di cittadini che fino ad oggi si sono caricati il peso della crisi sulle spalle, ed in primo luogo i lavoratori dipendenti ed i pensionati. Ci sono altre (realtà) fasce di cittadini che possono e debbono iniziare e mettere il proprio contributo per risollevare le sorti di questo Paese, se è vero come è vero che circa la metà della ricchezza dell'Italia è nelle mani del 10% dei cittadini italiani, è bene iniziare a concentrarsi su questi e lasciar riprendere fiato almeno per un po' il rimanente 90%. Chiediamo in oltre di rimettere al centro il lavoro inteso come bene da rivalutare. Il valore del lavoro significa riconoscere il lavoro, riconoscere le fatiche e l'impegno, dei lavoratori e degli imprenditori. Riconoscere questo impegno significa riconoscere la legalità ed il rispetto per chi produce. Ripristinare questi concetti vuol dire affidarsi senza indugio al rispetto delle regole, vuol dire bandire la furbizia e le scorciatoie. Vuol dire che i redditi di imprese e lavoratori sono quelli scritti nei bilanci e nelle buste paga. Vuol dire che si compete realmente alla pari. Differentemente corriamo il rischio di continuare ad affondare nel pantano dell'opacità, della concorrenza sleale, o peggio ancora dell'illegalità. Questo se volete è il tema del nostro congresso. Un tema che con varie declinazioni abbiamo affrontato nelle decine di assemblee nei posti di lavoro e nelle assemblee territoriali. Incontrando centinaia di lavoratori, che sono intervenuti, discutendo e confrontandosi sui documenti congressuali. Voglio qui esprimere un ringraziamento ai compagni della segreteria e dell'apparato della Fillea di Treviso, per lo straordinario lavoro svolto in questi due mesi passati a fare le assemblee congressuali, pur mantenendo il nostro impegno nella complicata gestione del quotidiano. In questi due mesi abbiamo svolto 74 assemblee di base consultando 1232 lavoratori, in quelle assemblee abbiamo eletto 92 delegati al congresso Provinciale della Fillea di Treviso. Abbiamo avviato una discussione con le nostre modalità, andando al nocciolo della questione, proponendo i contenuti dei documenti congressuali, senza mai distogliere lo sguardo dalla realtà produttiva che avevamo davanti a noi. Centrando il merito delle questioni, facendo lo sforzo intellettuale di avvicinare le proposte della CGIL al dibattito reale, senza mai abbandonarsi ad un mero esercizio accademico. Credo che questo sia il valore democratico più alto della nostra organizzazione, il saper interpretare la discussione per renderla viva e pulsante nel presente quotidiano del lavoro. Con il congresso noi ci accingiamo a fare un bilancio degli ultimi quatto anni e tracciare un percorso per i prossimi quattro, lo facciamo a partire dai documenti discussi nelle assemblee di base, ma io credo che non possiamo prescindere dal piano del lavoro della CGIL. In quell'elaborato che come CGIL abbiamo voluto mettere a disposizione del Paese, vengono indicate le azioni per una uscita a schiena dritta ed a testa alta dalla crisi. In quel documento, che abbiamo declinato anche a livello di categoria e territoriale, vengono coinvolti in principalmente i settori produttivi seguiti dalla Fillea. L'edilizia in particolare. Lì si denuncia la necessità di rimarginare le ferite del nostro territorio. Attraverso il recupero ed il restauro del patrimonio paesaggistico e abitativo, pubblico e privato. Per troppo tempo saccheggiato in maniera miope e scellerata. Ne stiamo pagando tutte le conseguenze, edifici pubblici che cadono in pezzi, scuole al limite dell'agibilità, strade che con due giorni di pioggia diventano laghi. Lo abbiamo visto in queste ultime settimane, la collina e la montagna che stanno scivolando verso valle, si sta franando, come sta franando l'economia di questo territorio. Una Provincia che ha una urgente necessità di cure, che per troppo tempo ha subito e sopportato uno sviluppo disordinato, più che costruito abbiamo consumato. Una prova per tutte, la Provincia di Treviso ha 95 comuni ed ha più di 1000 zone industriali. Lo abbiamo chiamato sviluppo, ma abbiamo consumato lo spazio e rischiamo di aver consumato anche il futuro di questo Provincia. Siamo convinti però che sia possibile, anzi indispensabile, pensare ad un modo diverso di fare edilizia, lo abbiamo provato anche attraverso alcune ricerche che come Fillea del Veneto abbiamo promosso, è possibile un' edilizia sostenibile. Un'edilizia che recuperi e razionalizzi: il patrimonio costruito, le infrastrutture e che salvaguardi il territorio. Si facciano gli interventi per la messa in sicurezza del territorio, probabilmente costerebbe meno che intervenire per tamponare le emergenze o riparare i danni dovuti all'incuria ed alla cattiva gestione. Si recuperi il costruito attraverso l'adeguamento energetico degli immobili, si prosegua senza indugio verso una economia che smetta di consumare suolo e che ripristini e manutenga l'esistente. Ci si attrezzi per uno sviluppo diverso dell'edilizia, rispettosa dell'ambiente e dei suoi abitanti. Per fare questo serve uno scatto culturale. Istituzioni, progettisti, imprese e lavoratori devono essere preparati a queste esigenze. Questa strada, ad onor del vero, come parti sociali la stiamo già tracciando dentro gli enti bilaterali. In particolare dentro la Scuola Edile, dove sempre più si sta puntando a formare i muratori di domani, capaci di rispondere alle nuove esigenze costruttive. Cassa Edile, Scuola Edile, CPT, sono i tre enti bilaterali, tre strumenti contrattuali importanti che hanno contribuito a far crescere il settore dell'edilizia e a governarlo. Soprattutto negli anni della massima espansione dell'edilizia. Attraverso questi enti si è cercato di dare servizi ai lavoratori ed alle imprese, ma si è cercato anche di monitorare la legalità di chi opera in edilizia, un elemento su tutti l'introduzione del DURC per esempio. Si è fatta e si fa la formazione continua, preparando ed aggiornando professionalità e competenze, ma si sta facendo anche la prima formazione, a Treviso siamo un polo di eccellenza nella formazione professionale dei giovani usciti dalle scuole medie. Si è svolto un compito fondamentale per la cultura e la pratica della sicurezza, attraverso la formazione ma anche attraverso le visite in cantiere dei tecnici del CPT. Tante cose sono state fatte, molto lavoro rimane ancora da fare. E' di qualche giorno fa l'ennesimo grave incidente. A pochi chilometri da dove ci troviamo, un lavoratore di 33 anni che stava lavorando su un tetto di un capannone ed è precipitato al suolo riportando gravi ferite. Ora le prime cronache sui giornali raccontano di un cantiere apparentemente in regola, i lavoratori in possesso dei dispositivi di protezione, cinghie, caschetti, scarpe ecc.. Ma quel lavoratore si è schiantato al suolo ed è andato in coma. Le indagini, lo SPISAL, probabilmente, ci diranno cosa è successo. Noi dobbiamo sapere che fin tanto ci sarà un incidente il nostro compito non sarà finito. Dobbiamo continuare ad operare, a far formazione, a pretendere che le norme e le regole vengano applicate e rispettate. A questo servono gli enti bilaterali edili, non possiamo privare i lavoratori e le imprese di questi importanti strumenti. Vanno preservati, ma soprattutto vanno messi in condizione di continuare a dare risposte di qualità a chi opera in edilizia. La messa in rete delle scuole edili del veneto, il coordinamento dei CPT, la “trasferta Veneta” la imminente sperimentazione di una cassa, per ora virtuale, veneta sono il naturale orizzonte che dobbiamo traguardare per poter continuare a dare dei servizi di qualità al settore delle costruzioni anche nella nostra Provincia. Serve senza dubbio coraggio e buon senso, qualità che potrebbero risultare utili anche per il rinnovo del CCNL Edilizia industria e della cooperazione, scaduti da più di un anno. Ricordiamo che la nostra categoria ha rinnovato tutti i CCNL, tranne quello dell'edilizia industria e delle cooperative, che in questa tornata si sono presentati allo stesso tavolo di contrattazione. Le difficoltà in cui versa il settore è senza dubbio una delle motivazioni dello stallo della contrattazione, riteniamo però che sia oltremodo grave ed irresponsabile non voler chiudere un contratto, per altro già chiuso con il tavolo degli artigiani. Per quanto ci riguarda il Contratto Nazionale rimane lo strumento principale per la difesa del potere d'acquisto dei salari dei lavoratori edili. Ma anche un modo per poter rilanciare i consumi in questa fase di estrema depressione. Non riteniamo, inoltre, sia utilizzabile la motivazione del pericolo tenuta delle casse edili per giustificare l'intenzione di operare un taglio all'Anzianità Professionale Edile, o alle prestazioni di cassa edile per gli operai. Con il reale rischio di minare una parte importante del reddito complessivo dei lavoratori dell'edilizia. APE e tenuta della bilateralità sono il vero nodo della contrattazione nazionale, non sia mai che il rinnovo del CCNL lo si faccia togliendo salario e diritti ai lavoratori. Il settore dei materiali da costruzione: nella nostra provincia ci sono importanti realtà che applicano i contratti dei manufatti, dei laterizi, del cemento, della calce e dei lapidei. Quasi tutte imprese strettamente legate all'andamento dell'edilizia, in molte di queste realtà produttive registriamo una sofferenza nel mantenere i livelli occupazionali, un sostanziale stallo nella contrattazione aziendale. Ad oggi non abbiamo riscontri positivi anche alla luce della sottoscrizione del patto per lo sviluppo, che ci aveva fatto sperare potesse essere uno strumento utile al recupero del potere d'acquisto da parte dei dipendenti e della produttività da parte delle Aziende. Sebbene il mercato legato all'andamento dell'edilizia segni il passo credo vada fatto uno sforzo da parte di queste imprese per il mantenimento della forza lavoro, e conseguentemente ripensare anche ad un riposizionamento su mercati alternativi a quelli tradizionali, penso a tutto il mercato del restauro e del recupero o al mercato della green economy che avrà la necessità di prodotti ad hoc, serve quindi investire in studi, ricerche e formazione, il vivere alla giornata prelude un lento esaurimento del settore, con il conseguente ed inevitabile carico di esuberi di lavoratori.. Servono coraggio e buon senso, voglia di rimettersi in gioco, anche per affrontare la situazione di un altro settore fortemente in difficoltà. Il settore del legno. In Italia la provincia di Treviso risulta essere una delle più importanti per quanto riguarda il settore del legno. In questo territorio, assieme al Pordenonese ed alla parte orientale della Provincia di Venezia, insistono centinaia se non migliaia di realtà produttive di tutte le dimensioni, che operano nel settore del legno e dell'arredamento. Oggi quasi tutte sono in forte difficoltà, ci sono stati casi eclatanti che hanno fatto notizia vedi le vertenze: Panto, Doimo, Europeo, la stessa Priant. (di cui dopo affronterò meglio la questione, visto che oggi siamo ospiti nei capannoni della Priant), ma a fronte di realtà importanti, per dimensione di fatturato e dipendenti, ci sono una miriade di piccole e piccolissime realtà che stanno soffrendo o sono già sparite, lasciando per strada migliaia di lavoratori. In questa situazione si sta correndo il rischio di perdere per sempre, professionalità , competenze e marchi, riconosciuti ed apprezzati che hanno fatto la storia del mobile di questo territorio. Ci sono solo poche realtà che stanno relativamente bene, e sono quelle che lavorano quasi esclusivamente con mercati esteri, soprattutto fuori dall'Europa. Ci sono anche altre realtà che non soffrono per mancanza di commesse, sono quelle che stanno lavorando per le grandi multinazionali, Ikea in particolare. Per queste ultime, registriamo il solito problema: il costo del lavoro, ed il conseguente ricatto sempre sotto traccia dello spostamento delle commesse da un punto all'altro dell'Italia o addirittura dell'Europa. Con il rischio reale che il grosso del conto di questa compressione dei costi venga scaricata sui lavoratori, attraverso il peggioramento delle condizioni del lavoro, come ad esempio la modifica dell'orario, l'accelerazione dei ritmi di produzione o addirittura al taglio dei premi aziendali. Come CGIL CISL E UIL confederali e di categoria abbiamo avviato un tavolo, al quale sarebbe utile partecipasse anche Unindustria. Un tavolo per fare delle proposte concrete per la salvaguardia ed il rilancio del settore. L'obiettivo è quello di coinvolgere la politica e le istituzioni delle tre provincie Treviso, Pordenone e Venezia. Coinvolgerle su un progetto che agevoli: l'incontro, la messa in rete delle Aziende del legno e dell'arredamento di questa macro area, perché crediamo che la massa critica possa essere utile ad individuare strumenti e modalità per presentare sui mercati, soprattutto quelli esteri, una proposta di prodotto competitiva. Per come la vediamo noi (Fillea, Filca e Feneal) la competizione dovrà essere sul versante della qualità, sia del prodotto che del servizio. Sull'innovazione, sul design, sui materiali. Costituendo un marchio di qualità, una sorta di prodotto DOC, come lo è il Parmigiano o il Prosecco per rimanere in casa. Un marchio che racchiuda le qualità del mobile di questa zona, qualità sulla produzione e sulla contrattazione. Partiamo dai protocolli già in essere, nella nostra Provincia abbiamo sottoscritto il patto per lo sviluppo, lo abbiamo fatto per i settori dei materiali e delle costruzioni. Una esperienza che doveva dare delle risposte alle esigenze dei lavoratori e delle aziende, ma dopo la firma dell'intesa siamo rimasti ai buoni auspici. La sfida sta proprio sull'utilizzo di questi strumenti, anche nel settore del legno, una rete di imprese, un marchio di qualità, una contrattazione di qualità. Seria, credibile, trasparente. Non possiamo permetterci di buttare via decenni di impegno e di fatica, bisogna tutti assieme guardare in avanti, consci che l'unica speranza di riuscita passa attraverso la capacità di tutti: Istituzioni, Aziende, Lavoratori e Parti Sociali di rimettersi in gioco. Sapendo che molte cose sono cambiate, se si vuole riprendere a far funzionare il Paese, vanno abbandonate qualora fossero ancora in uso, vecchie pratiche e vecchie furbizie, sono state per anni alla base della forza e dello sviluppo di questi territori ma, lo stiamo vedendo, anche la loro estrema fragilità. Con questa forza e queste fragilità, come Fillea-CGIL ci siamo misurati questi ultimi quattro anni. Sono stati anni intensi, dove abbiamo incrociato situazioni che non avevamo mai conosciuto, come gruppo dirigente abbiamo imparato a fare i conti con realtà difficili a volte disperate. Tante volte più che dirigenti sindacali siamo stati degli assistenti sociali. E' stato un lavoro duro, spesso privo di soddisfazioni, perché non è soddisfacente fare accordi di cassa integrazione o di mobilità. Abbiamo imparato a resistere anche in situazioni dove emotivamente era difficile trovare parole e/o soluzioni. Lo abbiamo fatto con la lucidità e la responsabilità di chi fa il dirigente sindacale per scelta, non per professione. Abbiamo saputo affrontare anche le nostre difficoltà interne, e per questo il ringraziamento va a tutto il gruppo dirigente della Fillea di Treviso. Abbiamo saputo lavorare supportandoci e sopportandoci, la dove non arrivava un compagno c'è stata la disponibilità e la generosità di un altro nel dare una mano, nel sopperire. Senza mai far pesare quanto fatto o quanto non fatto. Ogni uno con le proprie peculiarità ogni uno con i propri pregi e difetti. Una squadra che ha saputo rimodellarsi andando incontro alle esigenze dettate dalla contingenza, perché non lo voglio nascondere, quando la crisi batte sui lavoratori e sulle aziende, ricade naturalmente anche sulle organizzazioni sindacali. Pur ritrovandoci in una situazione di un costante aumento di iscritti (abbiamo chiuso il 2013 con otre 5500 iscritti) registriamo una altrettanta costante diminuzione di entrate. Un paradosso, la necessità di fare più attività straordinaria con un impiego di mezzi uomini e risorse ed una altrettanta necessità di razionalizzare. Ad oggi la Fillea di Treviso è presente in maniera diffusa nella provincia coprendo 15 recapiti settimanali, attraverso il lavoro di 7 compagni a tempo pieno ed un compagno in collaborazione volontaria. Seguiamo più di 5500 lavoratori iscritti in circa 450 aziende, con un impegno pressoché totale da parte di tutto il gruppo dirigente a tempo pieno. Ripensarci come struttura, credo che questa sia la nostra sfida organizzativa dei prossimi anni. Fare rete con gli altri territori, d'altra parte lo chiediamo alla politica ed alle realtà amministrative, partendo dai comuni della nostra Provincia, lo dobbiamo saper fare anche noi. Lo dobbiamo fare seguendo uno schema semplice ma a mio avviso efficace: il sindacato va dove c'è il lavoro, dobbiamo sempre più essere presenti la dove c'è la necessità di contrattare, tutelare e rappresentare il mondo del lavoro. Senza tanti sconvolgimenti, implementando quello che già stiamo facendo. Da una parte una sempre più stringente collaborazione tra territori. Così come indicato anche dalla struttura Nazionale della Fillea, ripensare ad un percorso di ri-organizzazione che risponda coerentemente alle necessità sopra annunciate. Questa esigenza non prende spunto da scelte compiute da altre organizzazioni, anche se vanno osservate con interesse, noi siamo un'organizzazione che risponde prevalentemente a logiche confederali ed orizzontali, e questa logica non è messa in discussione, il nostro vuole essere un contributo fattivo al tema posto anche dalla confederazione sulla riorganizzazione della CGIL, che ovviamente non potrà prescindere da quanto avverrà nel campo del riassetto delle istituzioni locali. L'altro versante organizzativo altrettanto importante è la formazione del gruppo dirigente. La necessità è di continuare con la costruzione di un gruppo dirigente il più diffuso possibile, competente, riconosciuto e riconoscibile (vorrei citare un mio vecchio compagno e collega di lavoro, che qualche tempo fa passandomi il testimone di RSU in azienda mi disse: “per essere un buon sindacalista, per fare bene il tuo lavoro, devi avere la stima dei tuoi colleghi e l'azienda deve riconoscerti. Deve parlare con te”), ecco noi dobbiamo continuare incessantemente mettere al centro delle nostre azioni future la formazione di una rete di delegati che presentino le caratteristiche di competenza ed autorevolezza, un gruppo dirigente in grado di orientare le scelte: dei lavoratori nei luoghi di lavoro, della Fillea e della CGIL. Delegati che sappiano confrontarsi con la controparte e che siano sempre più punto di riferimento, dentro e fuori il posto di lavoro. Un sindacalista della CGIL lo è sempre, 24 ore al giorno, questo deve essere il nostro impegno se vogliamo riportare la dignità del lavoro al centro del dibattito di questo Paese. Ridare dignità al lavoro, ridare una prospettiva al nostro Paese, alla nostra Provincia, al nostro territorio. Ridare dignità al lavoro ai lavoratori ed alla contrattazione. Credo sia positivo il fatto che si sia arrivati alla sottoscrizione del Testo Unico sulla rappresentanza, questo documento sottoscritto il 10 gennaio 2014, successivo agli accordi 28 giugno 2011 e 31 maggio 2013, disegna un modello di rappresentanza sindacale trasparente, democratico, fortemente partecipato dall’insieme dei lavoratori. Con questo accordo si porta a conclusione un processo di riforma che inverte la deriva degli ultimi anni, fatta anche di intese separate prive di ogni verifica democratica, di discriminazioni ai tavoli negoziali, di limitazione delle libertà sindacali. Con la sottoscrizione di questo accordo si riconferma il valore del Contratto Collettivo Nazionale a garanzia della certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori e le lavoratrici dello stesso settore merceologico su tutto il territorio nazionale. Vale la pena ricordare punti qualificanti di questo importante accordo: • la rappresentanza di ogni organizzazione sindacale deriverà dalla certificazione, da parte di soggetto terzo, degli iscritti e dei voti ottenuti per le elezioni delle RSU; • le RSU saranno elette da tutti i lavoratori e le lavoratrici col sistema proporzionale puro ed avranno un potere di decisione sulla contrattazione di secondo livello così come definito dal contratto nazionale; • la partecipazione ai tavoli contrattuali sarà un diritto delle singole organizzazioni sindacali derivanti dal peso della reale rappresentanza certificata e non dalla preferenza delle controparti; • i nuovi Contratti Nazionali di Lavoro saranno efficaci ed esigibili solo se avranno il consenso del 50% più 1 della rappresentanza sindacale assieme al 50% più1 del voto dei lavoratori e delle lavoratrici interessati; • i diritti sindacali in capo ad ogni organizzazione non saranno determinati dalla sottoscrizione dei contratti applicati, ma al raggiungimento del 5% di rappresentanza e alla conseguente partecipazione alla trattativa. Ora spetta ai vari CCNL di settore determinare le clausole applicative di questo accordo, che come si capisce aiuta a fare chiarezza sul peso reale delle organizzazioni sindacali, ma soprattutto del coinvolgimento dei lavoratori per la validazione o meno degli accordi che li riguardano. Nelle prossime settimane saremo impegnati ad illustrarlo, insieme a Filca e Feneal ed a farlo votare dai lavoratori. Avviandomi alle conclusioni vorrei affrontare il tema del rapporto con Filca e Feneal (che ringrazio di essere presenti oggi ai nostri lavori), rapporto che considero cordiale e leale, utile per affrontare le difficoltà che ogni giorno ci troviamo davanti. D'altra parte ho avuto modo di dirlo anche in altre occasioni, quando assieme a Filca e Feneal affrontiamo una crisi aziendale piuttosto che un rinnovo contrattuale, quando stiamo al merito delle questioni è difficile non andare d'accordo. I problemi, quelli insanabili, credo nascano ad altri livelli, dove si raffina la politica, ma proprio per questa ragione ci si allontana dal quotidiano. Con questo non voglio dire che non ci sono stati o non ci saranno episodi di contrapposizione o di confronto animato, non sarei sincero, ma posso dire che abbiamo e avremo tutti gli strumenti per affrontarli e trovare le soluzioni condivise. Per quanto ci riguarda come Fillea lo faremo rimanendo appunto al merito delle questioni, anteponendo, come sempre, gli interessi dei lavoratori a qualsiasi altra esigenza. Questa sarà la nostra priorità, lo faremo con il nostro stile, con le nostre modalità. Confrontandoci democraticamente con Feneal e Filca, con Unindustria con Ance, con le organizzazioni artigiane, con le istituzioni. Tentando di recuperare la capacità, l'inventiva e la voglia di fare caratteristica dei nostri luoghi, abituati ad affrontare le difficoltà con le maniche rimboccate. Cercando però di non ripetere gli errori passati, un Paese regge se si da delle regole e se le regole sono condivise e rispettate. Riscriviamo le modalità e le condizioni per far ripartire l'economia di questo Paese, credo dipenda solo da noi e dalla nostra capacità di proporre un modello produttivo sostenibile, affidabile e di qualità. Ripartire, dicevo, come si sta ripartendo qua in questa fabbrica. Abbiamo voluto svolgere i nostri lavori in un posto insolito per un Congresso, ma un posto familiare a tanti se no tutti noi. Lo facciamo all'interno di una fabbrica, e per questo vorrei ringraziare la sensibilità della Flo.it e del sig. Florian che ci ospita, ed ha condiviso l'importanza simbolica di questa azione. Abbiamo deciso si svolgere il congresso in un luogo di lavoro, dove il lavoro è venuto a mancare, dove l'azienda è fallita, ma anche dove il lavoro ora riparte. Vorrei ripercorrere e condividere, con voi le tappe di questa vicenda, una fabbrica con una storia trentennale, che qualche anno fa occupava più di cento dipendenti, che ha conosciuto le difficoltà della crisi, che dal 2012 ha messo in cassa integrazione i dipendenti, che ha cercato in tutte le maniere di continuare a produrre. Cercando le strade che più o meno percorrono tutte le realtà produttive in difficoltà. Cercando di far partire un concordato e contestualmente affittando un ramo d'azienda. In quei momenti drammatici, assieme ai lavoratori alla RSU abbiamo contrattato con l'azienda ed Unindustria il percorso più indolore possibile per la ristrutturazione dell'azienda. Cercando di ridurre l'impatto sociale il più possibile. Utilizzando la cassa integrazione per alcuni, ed una ricollocazione ragionata dei lavoratori nella nuova realtà che partiva con l'affitto del ramo di azienda. Purtroppo non sempre chi si affaccia e promette di risollevare le sorti di un sito produttivo ha le caratteristiche per farlo. Infatti il 2012 e soprattutto il 2013 per i lavoratori della Priant spa in cassa ed i lavoratori della Priant Industries al lavoro non sono stati semplici. Per i primi perché la “Spa” è Fallita, per i secondi perché pur continuando a lavorare non venivano pagati. Tanto è che a luglio dello scorso anno abbiamo occupato la fabbrica per 15 giorni, rivendicando gli stipendi. Ed è grazie al coraggio alla tenacia dei lavoratori in azienda, ed ad una sensibilità ed un impegno particolare del curatore fallimentare (il dr. Gallina che ringrazio a nome di tutti i dipendenti Priant), che intervenendo hanno fatto in modo di creare le condizioni per un nuovo affitto di ramo di azienda e chiudere l'esperienza Priant Industries. Grazie alla risolutezza di quelle decisioni ad agosto dello scorso anno tutti sono rientrati in cassa integrazione, con la prospettiva di un nuovo affitto di ramo di azienda. Ripartito la scorsa settimana con la Flo.it. Qualche giorno fa sono ripartiti i primi lavoratori, oggi stanno lavorando nel reparto qua accanto, per rimettere in moto la loro azienda. Nel prossimo futuro da qua a metà luglio 25 lavoratori potranno rientrare nel proprio posto di lavoro, e c'è l'impegno che qualora servissero altri lavoratori l'azienda darà priorità ai vecchi dipendenti Priant. Ecco questa è assieme una storia di tenacia, di determinazione, ma anche di speranza. La speranza che ripartire è possibile, ci vuole impegno, serietà, competenza. La sfida non sarà facile ma ce la faremo. W il lavoro w i lavoratori w la CGIL

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