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20.03.14 Si è concluso il 26 febbraio 2014 il Congresso territoriale della Fillea Rimini. Di seguito la relazione del segretario uscente Massimo Bellini, riconfermato alla guida della struttura dal nuovo direttivo eletto al termine del congresso.
Quando, poco più di due anni fa, fui chiamato alla guida della Fillea Cgil di Rimini, l 'Europa ed il nostro Paese erano nel pieno della più grande crisi economica mai conosciuta i cui effetti devastanti sugli assetti produttivi e sull'occupazione incominciavano a dare i primi segnali di un forte peggioramento delle condizioni produttive e sull'occupazione, in particolare nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, a cominciare dalla Grecia per attraversare tutto l'asse fino a colpire Spagna, Francia ed infine Italia. In quel momento capimmo tutti che il processo di integrazione europea stava entrando in crisi; oggi, a distanza di due anni ci rendiamo conto che il fallimento delle politiche di austerità e di rigore contabile attuate dall'Unione Europea sono sotto gli occhi di tutti, la recessione economica, soprattutto nel nostro Paese, è aumentata come è aumentato il peggioramento delle condizioni materiali delle persone e contestualmente è aumentata la disoccupazione, viviamo in una Europa e in un Paese dove sono fortemente aumentate le disuguaglianze sociali con una forte accentuazione della povertà, sia all'interno dell'Unione Europea, sia all'interno del nostro Paese. Quegli ideali e i valori dell'Europa di pace, solidarietà, sussidiarietà, coesione e benessere sociale, in una sola parola il welfare europeo figlio del modello di sviluppo europeo, caddero in un colpo solo perché l 'Europa non era e non è più in grado di dare ancora garanzie ai propri cittadini. Da questo modello di Europa si deve più presto passare, e di questo il nostro Paese deve essere il promotore con azioni concrete sia all'interno dello stesso che a livello di Europa, ad azioni che devono portare alla realizzazione di profonde riforme politiche economiche. La realizzazione di una Europa Federale, il processo di armonizzazione fiscale a cominciare dalla tassazione sulle rendite e sui capitali non utilìzzati in investimenti produttivi, il processo di armonizzazione delle condizioni retributive, fiscali e normative, del lavoro e del mercato del lavoro, la mutualizzazione di parte dei debiti dei singoli paesi e le politiche volte a ridurre la tassazione sul lavoro per garantire una maggiore e migliore redistribuzione della ricchezza prodotta, devono essere gli obiettivi da perseguire dall'Italia in Italia ed in Europa, perché l'attuale fase recessiva è figlia del fallimento dell'ortodossia neoliberista che punta tutto per il rilancio competitivo sul pareggio di bilancio. Per tutti questi motivi diciamo no al "Fiscal Compact", per gli effetti depressivi sull'economia che si riverbera nei confronti del nostro Paese, e un altro no alla costituzionalizzazione dell'obbligo del pareggio del bilancio dello stato. In questo scenario post apocalittico si muove la Fillea Cgil di Rimini e con essa le lavoratrici ed i lavoratori dei nostri settori. La crisi profonda che ha colpito il settore dell'edilizia ha con esso trascinato a fondo anche il settore del legno per effetto che, almeno nel nostro territorio, i due sistemi produttivi sono, per la gran parte, uno a supporto e completamento dell'altro. A Rimini i dati della crisi dell'edilizia sono impressionanti -23% il numero degli addetti iscritti alle casse edili dall'insediamento di questo gruppo dirigente e -25% il numero delle imprese. Appare, con questi numeri, sempre più evidente il rischio di tenuta del sistema dei nostri enti bilaterali e con essi di tutto il sistema edile riminese nel suo insieme. Eppure nonostante la drammaticità di questi dati l'attuale gruppo dirigente si è mostrato capace di crescere di rappresentatività, nello stesso periodo, complessivamente del 5%, tornando ad essere, per numero di iscritti, il primo sindacato degli edili della Provincia di Rimini. Si diceva poc'anzi che il nostro sistema edile rischia di non tenere più e le cause, m un'analisi più approfondita, sono molteplici; sul versante delle imprese annotiamo: l. Livello di liquidità disponibile insufficiente a finanziare l'attività corrente; 2. Scarsa patrimonializzazione, quasi interamente impegnata nel cosiddetto invenduto; 3. Accesso al credito praticamente precluso e lo stesso si estende anche ai potenziali acquirenti; 4. Elevati livelli di credito nei confronti della pubblica amministrazione per opere effettuate e non pagate che si riflette anche nei confronti delle maestranze determinando riduzioni del personale e, nei casi peggiori, chiusure e/o fallimenti; 5. Tipologia d'impresa legata e vincolata ad una edilizia tradizionale con scarsa capacità di innovazione e che quindi si avvale di professionalità sempre più medio basse; 6. Concorrenza più agguerrita che in passato delle imprese direttamente o indirettamente collegate all'economia criminale; mentre sul versante delle ripercussioni sul mercato del lavoro ci preme sottolineare: l. Una drastica riduzione degli addetti; 2. La presenza patologica e non più sostenibile di forme di lavoro che eludono la contrattazione e gli oneri fiscali e contributivi (partite Iva e false partite Iva); 3. La riduzione dei salari per effetto combinato del massiccio utilizzo di ammortizzatori sociali e di lunghi periodi di disoccupazione; 4. Aumento dell'irregolarità e del lavoro nero; su quest'ultimo punto mi preme sottolineare l'impegno della Fillea di Rimini per la lotta ed il contrasto alle irregolarità del mercato del lavoro ed alle infiltrazioni malavitose nel sistema edile della nostra Provincia che si sintetizza nel fattivo e decisivo contributo che la categoria ha dato per la realizzazione, nel marzo del 2013, del "Protocollo per il contrasto al fenomeno del lavoro nero in edilizia", protocollo siglato anche dal Comune di Rimini e per la realizzazione del "Protocollo d'intesa sugli appalti", sottoscritto dalla Fillea, unitamente alla Cgil, con la Prefettura, tutti i comuni e la Provincia di Rimini. (li avete in cartella) Credo che non sia più possibile riprodurre il modello che, negli anni che hanno preceduto la crisi, ha caratterizzato il settore nella nostra Provincia, tanto da far nascere un neologismo "Riminizzare", che la dice lunga sulla quantità di costruzioni perpetrate, negli anni passati, nella nostra Provincia. Ritengo non più sostenibile la cementificazione del territorio, l'uso indiscriminato del suolo, l'urbanizzazione selvaggia. E' necessario ripensare nel suo insieme al modello economico fondato sull'uso illimitato di risorse. L'edilizia, o meglio la bio-edilizia, può dare un contributo decisivo e strategico ad uno sviluppo sostenibile in grado di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere quelli delle future generazioni. Oggi, anche un'emergenza di dimensione nazionale, che è la messa in sicurezza del territorio contro il rischio di terremoti e alluvioni, può e deve rappresentare un'occasione di riqualificazione delle nostre città, a partire dalla filiera turistica ma senza dimenticare scuole ed edifici pubblici, le periferie agricole e i Comuni dell'entroterra. Ci sono aree da recuperare sottraendole al degrado e alla cementificazione, capannoni in disuso, un patrimonio rurale costituito da centinaia di immobili cosiddetti stellati che, se rispettosamente ristrutturati, aggiungerebbero non solo bellezza e valore al paesaggio ma potrebbero essere utilizzati per nuove attività sia ricettive che produttive (vedi agriturismo e produzione agricola chilometro zero). Le nostre vallate (Valmarecchia e Valconca) sono interessate da gravi problemi franosi, da inondazioni ed esondazioni che traggono origine dalla fragilità del suolo, da scelte urbanistiche e di sistemazione idraulica che ne hanno aggravato la situazione. Riteniamo che l'edificabilità nelle aree collinari e montane debba avere specifici vincoli di "sostenibilità", contemporaneamente è necessario incentivare la cura delle terre alte e la presenza umana in questi territori interessati a processi di spopolamento. La politica dei cento turismi ha dato una grossa spinta alla riqualificazione dei borghi e dei castelli dell'entroterra, ulteriormente arricchito dai sette Comuni dell'Alta Valmarecchia entrati, nel 2009, a far parte della Provincia di Rimini. Ora, questo patrimonio, insieme ai bene artistici ed archeologici che può vantare il territorio, potrebbe essere ulteriormente valorizzato impiegando occupazione qualificata e allargando l'offerte). turistica sia culturale che erro-gastronomica. All'imperativo "no alla cementificazione" si accompagna l'urgenza della riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico e privato che dovrà realizzarsi sul piano della sicurezza e del risparmio, nel rispetto delle normative antincendio, antisismiche, del risparmio energetico, senza trascurare gli aspetti estetico/architettonici. Dovrebbero essere sottoposti a riqualificazione: • Gli edifici pubblici, con particolare riferimento alle scuole e Gli alberghi, anche incentivando il credito di imposta e Le strutture produttive • Gli edifici privati • I centri storici e le opere monumentali Per rendere possibile la realizzazione di politiche urbane efficaci sarà necessario il superamento dei confini comunali con una programmazione per aree omogenee. E' inoltre evidente che per cominciare a mettere in campo una programmazione di questo tipo bisogna che le Amministrazioni Comunali e Provinciali virtuose, come le nostre, decidano di forzare il patto di stabilità che, così com'è oggi, non solo non consente di procedere ad investimenti, ma rappresenta di per sé un insormontabile ostacolo alla ripresa ed alla crescita. Forzare quindi il patto di stabilità come atto di responsabilità politica, di chi ha il compito di governare il nostro territorio, che ha l'obiettivo politico di mettere in discussione l'attuale vincolo di bilancio che sta riproducendo effetti recessivi. E' necessario ridefinire nei valori e nella definizione effettiva gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria. Va inoltre superato il paradosso attuale per cui da una parte ci sarebbe una forte richiesta potenziale del bene casa ormai inaccessibile a tante famiglie, giovani coppie e singoli, anziani, famiglie a basso reddito, dall'altra una quantità sproporzionata di invenduto che diventa "invendibile" a causa del sostanziale blocco del sistema creditizio e dei prezzi di mercato degli immobili che non possono scendere perché patrimonializzati dalle imprese a valori pre­ crisi. Il ruolo degli Enti Locali potrebbe essere decisivo nell'incrociare la domanda di casa a prezzi accessibili, anche attraverso l'utilizzo di una parte delle risorse derivanti dall'IMU, con la necessità da parte delle imprese di produrre reddito attraverso il proprio patrimonio al m omento non collocabile sul mercato (il cosiddetto housing sociale). Per cogliere questi obiettivi comuni ad imprese e lavoratori è necessario lo sforzo e la pressione di tutti gli attori del settore edile (Enti Locali, Organizzazioni Sindacali Associazioni Datoriali) nei confronti del sistema del credito che di fatto oggi non finanzia più il settore, a volte neppure quando è pienamente garantito. Bisogna avviare un confronto affinché i crediti verso la Pubblica Amministrazione siano anticipati alle imprese per garantire quella liquidità indispensabile a mantenere un minimo livello di attività ed a consentire di far fronte all'attività corrente compresi i pagamenti degli stipendi e dei versamenti contributivi, senza i quali non c'è Dure quindi niente Sal. In un quadro come questo sarebbe utile riflettere sul ruolo e la funzione che potrebbero avere le fondazioni bancarie, nell'economia locale. Nella consapevolezza di quanto sopra, chiedo agli Enti Locali, che quotidianamente toccano con mano la gravità e la capillarità della crisi, che produce sempre più evidente marginalità sociale, di iniziare a produrre atti concreti, di non rinunciare a rappresentare un 'idea di prospettiva della propria comunità, di non relegarsi alla funzione di ratificatori di scelte evidentemente errate che producono l'amplificazione di una dinamica recessiva e più in generale di impoverimento a cominciare dai soggetti più deboli. Nel settore del legno Rimini rappresenta, per la capacità di coinvolgimento dei lavoratori alle iniziative, l'ottavo territorio in ambito nazionale e dove questo gruppo dirigente è stato capace di crescere, negli ultimi due anni e mezzo, di oltre il 9% in termini di iscritti, segnale inequivocabile del fatto che le lavoratrici ed i lavoratori, quando si lavora bene, riconoscono il merito a chi svolge il lavoro. Siamo tornati ad essere un sicuro punto di riferimento per i lavoratori all'interno di questa crisi che è trasversale a tutti i comparti del legno; a cominciare da quello a completamento e a supporto dell'edilizia e dei semilavorati, nei quali le vie di uscita sono ravvisabili solo in un forte impegno in investimenti finalizzati alla ricerca di nuovi mercati che ancora valorizzano e recepiscono quel gusto del prodotto made in Italy che fa ancora oggi il nostro Paese unico al mondo e nel quale anche le aziende riminesi, se saranno capaci di fare sistema, potrebbero ritagliarsi importanti spazi, di tenuta oggi, di espansione e di crescita un domani. Comparto che oggi soffre terribilmente e che in questi anni ha avuto una costante emorragia in termini occupazionali con chiusure e fallimenti. E' il caso della Torrianese Pannelli, che da tempo ci vede protagonisti di un vero e proprio braccio di ferro anche nei confronti del Tribunale di Rimini che vorrebbe, attraverso la curatela fallimentare, smembrare l'assetto e l'impianto produttivo aziendale incurante delle professionalità in essa occupate che, di contro, meriterebbero una diversa e migliore soluzione imperniata sul rilancio del sito produttivo onde evitare la definitiva cancellazione di dette professionalità in difesa delle quali abbiamo messo in campo numerose iniziative a tutela di quelle lavoratrici e di quei lavoratori, definite in tutte le sedi istituzionali, compresa la Regione Emilia Romagna, uniche. E' il caso della Comeca dove la categoria è stata in grado, grazie alle sue iniziative, di mettere in campo un percorso che consente il mantenimento di un sito produttivo che costituisce la speranza di un nuovo futuro aziendale, auspichiamo roseo, che comunque, nell'immediato, senza deroghe alcune, consente di mantenere un insediamento produttivo in una parte della nostra provincia particolarmente flagellata dalla crisi. Il comparto della produzione dei mobili da arredamento, che vive due fasi alternative ben distinte. C'è chi ha saputo, negli anni passati investire in innovazione del prodotto, in qualità, in tecnologie ed in design innovativo e che riesce, grazie soprattutto all'export, a restare competitivo sui mercati producendo anche oggi utili alle imprese e c'è chi, al contrario, ha battuto il sentiero della concorrenza al ribasso, con prodotti scarsamente innovativi, maturi direi, di qualità inferiore e che oggi soffre terribilmente la concorrenza dei prodotti di quei paesi dove il basso costo della manodopera fa il il prezzo finito del manufatto e dove le nostre imprese fanno tremendamente fatica ad imporre i propri prodotti e a reggere il mercato. E' il caso della Valentini, che ha più volte provato a combattere la concorrenza sul mercato chiedendoci la riduzione del salario, attraverso la cancellazione del contratto integrativo aziendale, ma che ha avuto una forte e negativa risposta da parte della Fillea e dei lavoratori che ha costretto, la Valentini, a spostare il terreno del confronto sugli investimenti in tecnologie, in organizzazione del lavoro, ed oggi, sono dati aziendali, riesce nuovamente ad incrementare il fatturato mantenendo l'azienda competitiva avendo diversificato l'offerta dei prodotti. Un discorso a parte merita il comparto della nautica, dove la crisi è figlia della crisi che ha travolto completamente il ceto medio della nostra società. La crisi della Ferretti, che ha trovato il suo punto di svolta, grazie alle lotte dei lavoratori e della Fillea, nell'accordo siglato al Ministero dello Sviluppo Economico il 18 febbraio e che consente il mantenimento di tutti i siti produttivi e di tutte le maestranze in essi impiegate per i prossimi quattro anni, non è altro che lo specchio di quanto si diceva prima con una particolarità tutta sua. Qui siamo di fronte ad un brand che è l'icona del lusso, del design, del gusto della bellezza, della creatività e della capacità manifatturiera tutta italiana e che riscuote ancora grande successo nella fascia alta del mercato mondiale. Purtroppo analogo sviluppo non ha più il mercato destinato al ceto medio italiano ed europeo, un po' per gli effetti della crisi che, come dicevamo poc'anzi, ha di fatto spazzato via il ceto medio che era la tipica clientela di una consistente parte dell'offerta Ferretti, un pci' anche per le politiche fiscali e di immagine ostinatamente punitive nei confronti del settore della nautica da diporto che ha fatto svuotare le belle marine delle nostre coste. In tutti questi casi la Fillea ha tracciato la sua via di uscita e di contenimento dalla crisi. Siamo sempre stati e dovremo continuare ad essere sempre in prima linea a difendere e lottare al fianco dei lavoratori affinché il patrimonio di produzioni, di sapere e di professionalità non vada perduto. Dobbiamo respingere con forza la pratica dei concordati in bianco, le newco selvagge, che rappresentano lo strumento per l'abbassamento dei salari, la riduzione della base occupazionale e che lascia solamente ai tribunali fallimentari la gestione delle responsabilità delle imprese nei confronti dei lavoratori, dei fornitori e delle comunità. Ciò lo si raggiunge solo se continuiamo, come abbiamo fatto in questi anni e come dobbiamo, tutti insieme assumendocene vicendevolmente l'impegno di continuare a fare, respingendo la logica della deroga all'art.2112 cc, perché per noi è e sarà imprescindibile l'impegno nei confronti di tutti i lavoratori, per il mantenimento dell'occupazione, l'utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali utili a recuperare tempo indispensabile in questa fase. L'ultimo pensiero lo voglio dedicare al Testo unico sulla rappresentanza dellO gennaio 2014, sul quale esprimo un giudizio sostanzialmente positivo e sul quale, anche durante le assemblee congressuali abbiamo aperto un confronto con le lavoratrici ed i lavoratori, fermo restando la consultazione degli stessi che dovrebbe essere decisa dal C.D. Nazionale convocato per oggi. Finalmente si definisce la verifica certificata del tasso di rappresentatività delle singole organizzazioni sindacali e sulla base di questo principio si determina la titolarità a promuovere la contrattazione e soprattutto la validità degli accordi sottoscritti. Da questo punto di vista siamo ad una svolta epocale; la pratica degli accordi separati, subita dalla cgil in questi anni, non sarà più possibile e soprattutto saranno i lavoratori ad avere un ruolo decisivo due volte: in primo luogo con l'iscrizione al sindacato e nell'elezione delle RSU per decidere chi conta e quanto sui tavoli contrattuali, in seconda istanza con il proprio voto per validare in via definitiva i contratti nazionali. Questo è un risultato storico della cgil e non va in alcun modo sottovalutato. Altro risultato importante è rappresentato dal cambio delle modalità di elezione delle RSU, che da ora in poi saranno elette con il sistema proporzionale puro, a cui da oggi si affida in maniera ancor più stringente che in passato la titolarità della contrattazione di secondo livello. Se è vero che le RSU si eleggono con il sistema proporzionale e se la maggioranza delle RSU determina la validità degli accordi aziendali, questo vuol dire che a Rimini non si potranno fare accordi aziendali senza o contro la Fillea Cgil. Per queste ragioni è importante avviare rapidamente una grande e capillare campagna di rinnovo delle RSU in tutta la nostra provincia. Tutta la struttura, a partire dalla Segreteria della Fillea e dai delegati di produzione, dovrà pertanto essere impegnata in tal senso. È chiaro che in quel testo ci sono elementi di criticità che vanno trattati con molta attenzione, a partire dal tema dell'esigibilità degli accordi (che vale per il sindacato, ma anche per i padroni). Per la delicatezza di quest'ultimo aspetto sarà ovviamente indispensabile prestare la massima attenzione al rinnovo dei contratti nazionali che avranno il compito di normare la materia. L'accordo del l O gennaio (come già altri analoghi accordi precedenti) ha però anche evidenziato tutti i limiti e le difficoltà della cgil nel determinare come si arrivi alla sottoscrizione di accordi interconfederali, il livello di coinvolgimento del gruppo dirigente ed in ultima istanza delle iscritte e degli iscritti. Ritengo che non sia sufficiente, ed anzi sotto molti aspetti sia dannosa, una impostazione che risolve i conflitti con la gerarchia o peggio con l'autorità. Solleciterei pertanto convintamente una discussione, a partire dal congresso in corso, che sia in grado di definire nello statuto percorsi certi e condivisi che presiedono alla sottoscrizione di accordi interconfederali. Credo che il coinvolgimento dell'intero corpo dell'organizzazione, a monte delle decisioni e degli accordi, rappresenti una ricchezza per la CGIL e non un ostacolo. Allo stesso tempo ritengo che il legittimo diritto al dissenso debba essere garantito all'interno della nostra organizzazione, ma non debba trascendere in attacchi di tipo personalistico. Per quanto mi riguarda la Fillea di Rimini si impegnerà a sostenere e sollecitare in tutte le istanze congressuali una discussione che sia in grado di definire nello statuto percorsi certi e condivisi che presiedono alla sottoscrizione di accordi interconfederali. Il coinvolgimento dell'intero corpo dell'Organizzazione a monte delle decisioni e degli accordi rappresenta una ricchezza per la Cgil e non un ostacolo. Buon Congresso a tutte e a tutti.

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