Dai conti Fillea risulta infatti che dal 2008 al 2012 la frequenza oraria degli infortuni mortali è cresciuta di oltre l’11% (un morto ogni 4.800 ore lavorate nel 2012, uno morto ogni 5.400 ore lavorate nel 2008) e quella per numero di addetti è cresciuta di quasi il 7% (un morto ogni 3.650 nel 2012, un morto ogni 3.900 addetti nel 2008).
Scende invece del 20% la frequenza degli infortuni denunciati, mentre raddoppia paurosamente la frequenza relativa alle malattie professionali: nel 2012 denunciata una malattia ogni 111 addetti, nel 2008 ogni 221 addetti (+ 49%), percentuale che sale al 52% per frequenza oraria.
“A guardare questi dati, salta all’occhio la discrepanza tra la crescita dei morti sul lavoro e l ’esplosione delle malattie professionali con la sensibile riduzione degli infortuni denunciati” sottolinea il numero uno Fillea “ma per chi, come noi, vive a contatto quotidiano con i lavoratori, il dato ha una sola ed unica lettura: cresce la tendenza a non denunciare gli infortuni di minore gravità.”
E le cose vanno ancora peggio per gli artigiani, dove si presenta la stessa sensibile riduzione degli infortuni, ma crescono i morti del 50% e le malattie professionali dell’84%, con una punta del 110% per gli autonomi edili, dati che per Schiavella confermano “che in assenza di un intervento forte sul piano delle regole e degli investimenti da parte dei governi, si sono acuite in questi anni le distorsioni proprie di questo settore” dove la corsa a ridurre i costi del lavoro ha prodotto risultati devastanti “crescita di elusione contributiva, utilizzo di finto part-time, sottoinquadramento, lavoro nero e caporalato, utilizzo di contratti non standard o di contratti nazionali di altri comparti (cooperative, metalmeccanici etc.), trasformazione dei dipendenti in false Partite Iva. Non a caso, in questi anni è cresciuta la presenza di lavoratori autonomi e di imprese con 1 dipendente, tutti fenomeni prodotti da una condizione di ricatto del lavoratore per contenere i costi e scaricare la zavorra delle spese per la sicurezza sull’ex dipendente, costretto a mangiare questa minestra pena la perdita del lavoro.”
E dal Governo “mi sarei atteso un cambio di passo e di strategia, con investimenti ed un rafforzamento dell’azione regolativa, degli strumenti di controllo, delle sanzioni, della formazione” ma anziché scegliere questa come “strada maestra per passare dal dire che il futuro è nella qualità del lavoro e dell’impresa al farlo davvero” con il decreto lavoro si è scelto “di far evaporare il Durc, cioè l’unico strumento in grado di garantire la qualità e la regolarità del lavoro, ripercorrendo sempre il solito sentiero battuto dai governi precedenti, quello della deregolamentazione del settore.”