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Sindacato Nuovo, numero 1, Agosto 2019. Sicurezza sul lavoro: dal governo risposte sbagliate, di Rossana Dettori, segretaria nazionale Cgil.

Il decreto sblocca cantieri, o come è stato giustamente ribattezzato “sbloccaporcate”, contro il quale si sono svolte negli ultimi mesi le mobilitazioni indette dalle organizzazioni di categoria insieme alle confederazioni, rappresenta un ultimo macroscopico esempio di come la salute e sicurezza dei lavoratori non sia affatto fra le priorità di questo governo.

Questo nonostante si proclami un’emergenza in atto, seguita da molte dichiarazioni di cordoglio e di impegno affinché si metta mano a una situazione degli infortuni, morti sul lavoro e delle malattie professionali inaccettabile per un paese civile e sviluppato dell’Europa. 

Ma, tornando al decreto di cui sopra, sembra invece che proprio il governo abbia ceduto a pressioni della parte meno responsabile e corretta delle imprese, eliminando i meccanismi di salvaguardia dei costi per la formazione e per i dispositivi di prevenzione individuale che ogni impresa degna di questo nome non deve far mancare ai propri lavoratori e lavoratrici. Attraverso un emendamento approvato nell’iter parlamentare hanno provato a scardinare un presidio di regolarità e legalità presente finora nel codice degli appalti, come quello della non assoggettabilità dei costi per la sicurezza al meccanismo del massimo ribasso. Questa norma è stata ritirata all’ultimo minuto evitando così un peggioramento oggettivo delle condizioni di lavoro e un aumento della sua pericolosità non solo per il settore degli edili. Avendo capito le loro intenzioni dovremo ovviamente continuare la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. 

Ma bisogna anche evidenziare, al contempo, come il governo abbia preso ulteriori iniziative nella legge di bilancio e in provvedimenti successivi, che non ci fanno ben sperare per la situazione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Come altrimenti considerare il taglio delle tariffe Inail alle imprese, che non è stato finanziato con i cospicui avanzi di gestione dell’Inail, ma con i soldi destinati alla formazione su salute e sicurezza e agli investimenti per la prevenzione dell’Istituto stesso? 

Anche gli importi degli assegni destinati alle famiglie delle vittime sul lavoro hanno visto una diminuzione significativa, in un’ottica di risparmio complessivo sui diritti delle persone che evidentemente si considerano solo numeri sacrificabili al profitto. 

Eppure, quando si parla di salute e sicurezza, non sembra essere presente quel cambiamento necessario che il governo stesso evoca ad ogni piè sospinto. Eppure basterebbe poco, ad esempio la volontà politica di utilizzo degli strumenti legislativi e di vigilanza già a disposizione, oltreché un ascolto delle proposte che molti soggetti, fra i quali le organizzazioni sindacali, hanno messo in campo e supportato con forza nelle loro iniziative. 

Mi chiedo: come si fa ad ignorare le indicazioni e i suggerimenti presenti nel documento unitario del gennaio 2018 che sono proposte concrete, attuabili, e in alcuni casi anche a costo zero per la finanza pubblica e che porterebbero subito a dei risultati concreti? 

L’inerzia del governo, più occupato a  trovare risorse per altri provvedimenti, è evidente. Non è infatti più accettabile che il nostro paese non abbia una strategia nazionale di sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici, ben ultimo nel consesso delle nazioni dell’Unione europea. Inoltre, e solo se si volesse, si potrebbe anche accogliere e sviluppare con un dialogo e confronto proficuo e utile quanto contenuto nel “Patto per la Fabbrica” che come Oo.ss confederali e Confindustria abbiamo siglato nel dicembre 2018. L’intesa è una ottima base di partenza per sviluppare quell’iniziativa tripartita del dialogo sociale tanto efficace in ambito europeo, alla quale si devono la maggior parte dei miglioramenti che si sono determinati nel passato nel contesto italiano. 

Continueremo con forza, attraverso la nostra azione nei contesti istituzionali e sociali, a richiedere che alla incolumità e alla salute dei lavoratori e lavoratrici sia dedicata la giusta attenzione, per la costruzione di una cultura della sicurezza che non sia solo fatta di parole, ma di pratiche concrete e di partecipazione di tutti gli attori coinvolti. E continueremo, come è ovvio, con altrettanta forza a rispondere a chi attraverso atti legali o di altro tipo penserà di intimidire la nostra organizzazione o far tacere il legittimo diritto di critica ai provvedimenti dell’esecutivo, che è uno dei pilastri del nostro ordinamento democratico.  

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