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Sindacato Nuovo, marzo 2020. Alla Buzzi Unicem sottoscritto un accordo di secondo livello che guarda al futuro. Lo racconta Ricccardo Zelinotti, dipartimento impianti fissi Fillea Nazionale.

Al termine di una lunga trattativa iniziata a gennaio 2018 e sospesa - come da prassi - per consentire il rinnovo del Ccnl del settore cemento-calce-gesso-malte, il 22 novembre è stato sottoscritto il Contratto Integrativo per i lavoratori della Buzzi Unicem, uno dei maggiori gruppi italiani del cemento, settore che, con le sue grandi aziende e gruppi, anche multinazionali, con società capogruppo quotate in borsa, dipendenti qualificati, processi produttivi complessi e grandi impianti di produzione, continua ad essere il più strutturato della filiera delle costruzioni e che, a partire dal 2006 ha dovuto misurarsi con una crisi senza precedenti ed il conseguente crollo della produzione, passata dai 46 milioni di tonnellate del 2006 ai circa 18 milioni del 2018, un trend che sembra avere una -  se pur timida e debole -  inversione di tendenza, con 19 milioni di tonnellate prodotte nel 2019.  

In questo scenario e con una industria delle costruzioni che a livello planetario si sta ponendo l’obiettivo epocale di una riconversione green di tutto il proprio sistema produttivo,  si colloca il Contratto Integrativo Buzzi Unicem, un contratto che guarda al futuro.

Tanti gli elementi di novità: il primo è che dopo una lunga fase di stallo si è tornati  a praticare la contrattazione di II livello di Gruppo; il secondo consiste nel fatto che, oltre ad avanzamenti da un punto di vista normativo, nel Contratto è prevista una parte economica e, quindi, una redistribuzione di risorse attraverso il Premio di risultato che verrà erogato in egual misura a tutti i lavoratori del Gruppo, indipendentemente dal sito produttivo o dalla tipologia contrattuale di lavoro.

Il terzo elemento, su cui vogliamo concentrarci, consiste nell’introduzione di un indicatore di sostenibilità ambientale, assolutamente innovativo nel panorama delle cementerie ed in linea con gli accordi internazionali e le politiche europee sul clima che, insieme ai classici indicatori di redditività e produttività, concorrerà alla determinazione del premio di risultato. Tale indicatore è stato individuato nella riduzione di emissioni di CO2 in atmosfera misurate in Kg di CO2 per tonnellata di materiale cementizio prodotto. Ciò e stato possibile grazie al continuo confronto tra azienda, RSU e OO.SS. attraverso il quale è maturata la giusta sensibilità e cresciuta la consapevolezza reciproca del valore, non simbolico, che avrebbe assunto l’inserimento di un indicatore legato alla sostenibilità ambientale in un contratto integrativo del settore cemento.

Nel processo di produzione del cemento, la maggior parte della CO2 è generata per produrre clinker, il costituente base del cemento. La sua sintesi avviene all’interno dei forni nelle quali una miscela di minerali dosati e mescolati, viene ‘cotta’ fino a 1450°. Uno dei componenti principali della miscela è il calcare, che a partire da 950°C si scompone, generando CO2. Altra CO2 proviene invece dalla combustione di gas, carbone o altri combustibili, necessaria per poter raggiungere le temperature suddette. La somma di queste due componenti rappresenta la quota più rilevante della CO2 prodotta.

La scelta di individuare un indicatore di sostenibilità è il segnale di una volontà chiara di puntare sulla via nobile della competitività e non su quella della riduzione dei costi e porta con sé una serie di conseguenze estremamente positive come la necessità di effettuare investimenti che puntino all’efficienza dei processi produttivi e alla qualità del prodotto insieme alla necessità di attivare di nuove modalità organizzative e formative idonee a consentire il rispetto delle normative in  materia di tutela dell’ambiente e sicurezza sul lavoro, con il coinvolgimento dei lavoratori.

Ciò assume ancor più valore in questi tempi di crisi in cui, nonostante il ridimensionamento delle risorse disponibili, la strategicità della ricerca e dell’innovazione è riconosciuta come una priorità per mantenere una posizione competitiva nel contesto globale.

Proprio l’elevato fabbisogno energetico e il rilevante impatto ambientale del ciclo produttivo del cemento potrebbe costituire un limite al suo sviluppo. Per le stesse ragioni, però, può diventare un’opportunità, uno stimolo all’innovazione e, probabilmente, la vera grande sfida per il cambiamento del settore e per la sua competitività rispetto ad alternative tecnologiche nelle costruzioni. 

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