Agenda FilleaFlickr FilleaTube twitter 34x34 facebook 34x34 newsletter mail 34x34 busta paga 40x40Calcola
la tua busta paga

sindacato nuovo1200x333

Sindacato Nuovo, luglio 2020. Rigenerazione urbana, ora abbiamo l' occasione per spingere il Paese nella direzione della modernità. Di Filippo Delle Piane, 
vice presidente Ance Nazionale.

Da quanti anni parliamo di rigenerazione urbana? Quali sono i risultati tangibili che possiamo osservare sul territorio nazionale rispetto alle intenzioni tanto sbandierate e soprattutto tanto condivise? 

Credo che non si possa avviare alcun dibattito serio che riguardi il futuro dell’urbanistica italiana senza rispondere a queste due domande. 

Il contesto in cui operiamo è profondamente mutato negli ultimi vent’anni : il patrimonio costruito è diventato sempre più vetusto, energivoro e talvolta addirittura insicuro. Nello stesso tempo la distribuzione interna delle nostra case ha cominciato ad essere datata rispetto alle esigenze di chi le deve abitare. Oltre a tutto le nuove generazioni confermano un approccio alla gestione dei beni, compresa la casa, sempre più propenso a pagare per poterne usufruire e sempre meno per possederli. La permanenza forzata nelle proprie abitazioni dei mesi del lockdown non hanno fatto che acuire tutti i fenomeni sopra menzionati. 

Gli esempi fatti riguardano prettamente il mondo privato ma non possiamo dire che il patrimonio pubblico stia meglio. Le nostre scuole, i nostri ospedali, i nostri tribunali non sono certo un esempio che possa renderci orgogliosi del Paese in cui viviamo o che possa consolidare il senso civico dei nostri ragazzi, per non parlare dello stato di conservazione delle nostre infrastrutture materiali e della carenza di quelle immateriali. 

Il paradosso è quindi che viviamo un Paese che ha un bisogno estremo di investire nella manutenzione ordinaria e straordinaria del proprio patrimonio costruito in un momento di profonda crisi economica resa ancor più pericolosa dal fatto di palesarsi quando non avevamo ancora realmente superato quella finanziaria del 2008. Il settore che ha sempre rappresentato le caratteristiche più anti cicliche rispetto alle crisi economiche quindi è proprio quello di cui si ha maggiore bisogno : l’edilizia. Aggiungiamo che mai come ora il fatto di condividere le difficoltà congiunturali con tutto il mondo permetterà l’accesso a strumenti straordinari di liquidità impensabili fino a pochi mesi fa. Il poter usufruire di enormi quantità di denaro di provenienza finalmente europea, oltre a sancire la forza dell’Unione, offre grandi opportunità ma anche grandi responsabilità : i contribuenti dei vari stati valuteranno con estrema attenzione come verranno spesi i proventi di parte delle proprie tasse. Così come saranno apprezzati gli sforzi destinati ad investimenti volti alla crescita economica non verranno tollerati sprechi che vadano a finanziare spesa corrente improduttiva. 

Quale migliore occasione per progettare una vera rivoluzione urbanistica che permetta all’Italia di programmare un profondo rinnovamento del proprio patrimonio costruito rappresentando alle istituzioni europee un percorso virtuoso di crescita economica, di rinnovamento del valore delle proprie abitazioni e di una svolta sia eco compatibile che nella direzione della sicurezza dell’abitare? 

Dobbiamo infatti avere l’onestà intellettuale di dirci che la rigenerazione urbana da noi non è mai realmente partita. 

Quali sono le ragioni di questa lentezza nel far decollare una riforma rispetto alla quale tutti, compresi noi costruttori, ci diciamo da tempo favorevoli? 

Le ragioni sono diverse : prima tra tutte un quadro normativo che si perde nella notte dei tempi (la legge urbanistica è del 1942 mentre il decreto degli standard è del 1968) ed è strutturato per un’urbanistica quantitativa anzi che qualitativa. Ci si chiede quindi di lavorare per un paese da trasformare con un quadro delle regole pensato per gestire invece un paese in piena espansione. 

Non funziona! 

La commistione tra stato e regioni nella gestione dell’urbanistica, a valle della modifica del titolo quinto della Costituzione, non aiuta a semplificare le cose con continui conflitti tra centro e periferie e con una 

proliferazione di leggi regionali che riguardano l’utilizzo del suolo e la rigenerazione tra loro slegate in assenza di una regia generale. 

I tentativi finora portati avanti per modificare il decreto degli standard o il testo unico dell’edilizia vanno avanti da anni senza portare risultati apprezzabili. 

Forse possiamo pensare di avere sbagliato l’approccio al problema : forse modificare integralmente la normazione urbanistica prima di avviare i primi veri processi di rigenerazione non è la strada giusta perché effettivamente molto complessa e di lunga gestione. 

Forse l’approccio giusto potrebbe essere un altro, un semplice decreto legge che affermi un principio altrettanto semplice : la rigenerazione urbana rappresenta pubblico interesse. 

L’affermazione di questo semplice concetto consentirebbe di avviare un periodo di possibile rodaggio in cui si potrebbe limitare il corto circuito delle competenze tra stato e regioni, in cui si potrebbe andare in deroga alle norme ancora da modificare con l’interessante risultato di capire sul campo quali sono le più urgenti da abrogare e come. 

Insomma si potrebbe cominciare a fare rigenerazione! 

L’occasione che ci si presenta davanti è irripetibile e arriva in un momento storico particolare per l’Italia. Non ci sarà una seconda occasione per accedere a così tanti fondi per far finalmente svoltare il Paese nella direzione della modernità e della competitività : sfruttiamola! 

Vai alla rivista >>

facebook youtube twitter flickr
agenda busta paga mail newsletter