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Sindacato Nuovo, Aprile 2021. Recovery and Resilience Facility, una occasione di rilancio da non perdere. Di  Nicoletta Rocchi,  Specchio Internazionale Cgil.

Il Recovery and Resilience Facility, del valore di 672,5 miliardi di euro è il principale dei programmi di spesa del Next Generation EU, il piano di ripresa deciso dall’Europa, finanziato da debito europeo che erogherà 312.5 miliardi di euro in sovvenzioni e 360 miliardi in prestiti, questi ultimi a partire dal 2026. A disposizione degli altri programmi di spesa, di valore inferiore, React-EU, Horizon Europe e InvestEU sono previsti circa 75 miliardi di euro. L’Italia avrà accesso, secondo gli ultimi calcoli in base al PIL, a 191.5 miliardi di euro, equivalenti a una percentuale superiore al 25% dell’intera cifra. Circa 80 saranno sussidi e il resto prestiti.

Le priorità di spesa sono state indicate dall’Europa: almeno il 37% dei fondi dovrà andare alla transizione verde e almeno il 20% a quella digitale. La Commissione valuterà efficacia e completezza dei piani nazionali attraverso un sistema di rating prima di dare il via libera alle erogazioni. Gli stati dovranno rispettare un cronoprogramma delle spese e gli obiettivi (target) di ogni progetto e riforma: una descrizione delle varie fasi, ad esempio della realizzazione di un’infrastruttura, che andranno rigorosamente rispettate, pena la non autorizzazione del rimborso da parte di Bruxelles. Per inciso, si tratta per noi di una sfida molto impegnativa se si considera che, durante il precedente periodo di bilancio dell’EU, l’Italia è riuscita a spendere solo 34 dei 73 miliardi di euro stanziati.

Come si distribuiscono i fondi e come scelgono i diversi paesi

I principali paesi dell’EU, compresa Francia, Germania, Spagna e Italia hanno presentato i recovery plan e sono in corso continui negoziati con la Commissione per la definizione dei dettagli tecnici. Da un monitoraggio di Sky TG24, le priorità sono piuttosto simili, con qualche diversità. Ad esempio i piani per agricoltura ed efficienza immobiliare coprono il 20.2% della quota di spettanza per la Francia, il 16% per la Spagna e il 19% per l’Italia. I piani per infrastrutture e tutela del territorio, coprono il 6.7% per la Francia, il 12.2% per la Spagna e il 22% per l’Italia. I piani per la transizione energetica coprono il 9.3% per la Francia, l’8.9% per la Spagna e l’8.3% per l’Italia. Come si evince dunque da questi dati, anche se suscettibili di qualche modifica nelle fasi conclusive dei negoziati, il nostro paese punta in particolare sull’efficentamento del patrimonio immobiliare e sulle infrastrutture.

I maggiori fruitori dei sussidi netti del Recovery Plan saranno Grecia, Portogallo e Slovacchia, non l’Italia e la Spagna, se si tiene conto della dimensione delle diverse economie. Tuttavia, l’Italia, normalmente contribuente attivo del bilancio dell’EU, questa volta è tra coloro che incassano: un saldo positivo per 29.9 miliardi di euro di contributi netti (per la Spagna 43.1 miliardi) a fronte di un saldo negativo pari a -69.2 miliardi di euro della Germania, di -27.8 della Francia, di -17.7 dei Paesi Bassi, solo per fare qualche paragone.

L’importanza del Next Generation EU

Questa volta, l’EU ha deciso di reagire in maniera profondamente diversa rispetto alla crisi finanziaria globale del 2008 e da quella dell’euro che ne scaturì. In quelle circostanze la risposta fu l’austerity e l’arcigna sorveglianza sui singoli paesi di cui la Grecia fu la vittima designata. Nell’ultimo decennio l’Europa ha fallito nelle politiche economiche portate avanti. La sua ripresa economica post crisi finanziaria globale è stata più lenta ed anemica di quella di altre aree del mondo, la disoccupazione più alta, la crescita delle disuguaglianze e della povertà più marcata. Il 10% della popolazione più ricco lo è diventato anche di più, come dimostra la concentrazione del risparmio nelle banche che è continuata a crescere anche durante la crisi pandemica. Soprattutto, l’Europa ha tradito sé stessa, generando l’esplodere nel suo seno di allarmanti fenomeni di destra sovranista, nutriti dalla paura e dalle chiusure difensive di coloro che, rimasti indietro, la accusavano di tutti i loro problemi di occupazione, di reddito, di qualità della vita.

Prosegui la lettura, pagine 3 e 4 >

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