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Sindacato Nuovo, luglio 2021. Il piano d'azione sul Pilastro europeo dei diritti sociali. Di Silvia Borelli, professoressa associata di diritto del lavoro presso l'Università di Ferrara.

Nel marzo 2021 la Commissione europea ha presentato un Piano d’azione sul Pilastro europeo dei diritti sociali, la dichiarazione - lo ricordiamo - di venti principi fondamentali proclamata a Göteborg nel novembre 2017 dalle principali istituzioni dell’Unione europea (Commissione, Consiglio e Parlamento). Seppure privo di efficacia giuridica vincolante, il Pilastro ha rappresentato un chiaro messaggio politico da parte dell’Unione che torna a impegnarsi (almeno sulla carta) per garantire migliori condizioni di lavoro e un’ampia protezione sociale.

Il Piano d’azione si inscrive nella traiettoria tracciata dal Pilastro sociale, senza però affrontare i tanti problemi che, a parere di molti commentatori (tra cui la sottoscritta), affliggono quest’ultimo. In primo luogo, si è sottolineata l’esigenza di riformare profondamente le regole della governance economica europea che costringono gli Stati membri (in particolare quelli con un alto debito pubblico, come il nostro) a politiche di austerità permanente. Il Piano d’azione, così come il Pilastro, non menziona in alcun modo tale esigenza, ma accetta supinamente la logica del semestre europeo, in cui si colloca, prevedendo un quadro di valutazione della situazione sociale per monitorare l’attuazione, a livello nazionale, delle azioni strategiche proposte dalla Commissione. La stessa laconicità si rileva nella Dichiarazione di Porto e nel Porto Social Committment firmati da istituzioni europee, parti sociali e capi di Stato a conclusione del (deludente) Vertice Sociale di Porto che ha avuto luogo il 7 maggio 2021.

Il dilemma che emerge dalla lettura del Piano d’azione, è quello di conciliare l’esigenza di ridurre la spesa pubblica con quella di finanziare le tante misure previste nel Piano (quali, ad esempio, il sostegno a servizi per l’impiego efficienti, la diffusione di servizi per cura per anziani, minori e disabili, l’adozione di misure contro la povertà). Da parecchi anni sappiamo ormai che le regole della governance economica finiscono per prevalere sul soft law delle politiche sociali europee, e che dunque queste ultime rischiano spesso di rimanere sterile retorica.

Il Piano d’azione menziona anche il nuovo dispositivo che, nell’ambito del NextGenerationEU, è diretto a finanziare, mediante prestiti e sovvenzioni, i piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Tali piani rappresentano senz’altro un’opportunità per realizzare «investimenti e riforme a sostegno di una ripresa sociale e incentrata sull’occupazione, abbracciando nel contempo le transizioni verde e digitale»; occorre tuttavia attuare «le pertinenti raccomandazioni specifiche per paese nell’ambito del semestre europeo» (Comunicazione della Commissione, Piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, COM(2021)102) che, già nel 2020, sollecitavano i paesi indebitati (tra cui l’Italia) a «perseguire politiche di bilancio volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito» (Raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2020 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2020 dell’Italia, COM(2020)512, raccomandazione n. 1).

Altro punto assente nel Piano d’azione della Commissione è quello sulle politiche migratorie. Il tema è trattato nel capitolo relativo a Competenze e uguaglianza in cui la Commissione si impegna a proporre «un pacchetto sulle competenze e sui talenti, compresa una revisione della direttiva sui soggiornanti di lungo periodo (direttiva 2003/109) per creare un vero status di soggiornante di lungo periodo nell’UE, un riesame della direttiva sul permesso unico (direttiva 2011/98) per semplificarne e chiarirne l’ambito di applicazione (comprese le condizioni di ammissione e di soggiorno per i lavoratori scarsamente e mediamente qualificati), nonché definire le opzioni per sviluppare un bacino di talenti dell’UE per i lavoratori qualificati provenienti da paesi terzi». Una prospettiva che tradisce la visione tuttora selettiva e opportunistica che accompagna le politiche migratorie dell’Unione.

Preme infine sottolineare che le iniziative che la Commissione intende promuovere sono davvero tante (dalla proposta di direttiva sulle condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme digitali al nuovo quadro strategico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, passando per la revisione degli obiettivi di Barcellona in materia di educazione e cura della prima infanzia, l’adozione di una proposta legislativa per combattere la violenza di genere e di una raccomandazione sul reddito minimo, la creazione di una piattaforma europea per la lotta contro la mancanza di una fissa dimora, la presentazione di comunicazioni sugli appalti pubblici per l’innovazione e socialmente responsabili, la proposta di uno spazio europeo di dati sanitari, il varo di una tessera europea di sicurezza sociale, ecc.). Allegato al Piano d’azione figura anche un calendario ove sono riportate le diverse iniziative, divise per trimestre, fino al 2025. La visualizzazione del calendario degli interventi è certamente impressionante. Occorrerà capire se, nel frattempo, le criticità segnalate saranno risolte.

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