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08.05.15  In quello che dovrebbe essere il più grande cantiere d`Europa si consuma il paradosso della crisi di molte aziende impegnate nella ricostruzione post sisma. E così all`Aquila, mentre all`interno del capannone ex Agriformula si taglia il nastro inaugurale del Salone della Ricostruzione, all`esterno dei cancelli i lavoratori del cementificio del gruppo Sacci di Cagnano Amiterno protestino per la cassa integrazione che scatterà a breve per tutti gli 88 gli operai dello storico stabilimento." Così apre il racconto di Marianna Galeota per il quotidiano Il Centro.

L'articolo prosegue:

Un tegola che si abbatte su un`azienda che dovrebbe essere impegnata a pieno regime nella ricostruzione e che ha invece pochissime commesse nel capoluogo, lavorando maggiormente sui mercati della costa abruzzese e di Roma. «È stata purtroppo chiesta la cassa integrazione e ieri abbiamo scioperato per alcune ore prima di avere rassicurazioni dalla proprietà che intanto ha garantito il pagamento dello stipendio arretrato -afferma Sandro Bartolini, in rappresentanza degli operai- Quello che non riusciamo a capire è come sia possibile non si lavori proprio all`Aquila dove sono aperti decine di cantieri edili».
Una situazione difficile quella del gruppo Sacci, che possiede sei stabilimenti in Italia, attanagliato da un grave debito che sta conducendo pian piano al rischio di chiusura degli insediamenti di Castelraimondo (Macerata) e Pescara dove attualmente sono impiegati venti lavoratori. Il prossimo 12 maggio ci sarà un primo incontro nella sede della Regione di Palazzo Silone tra proprietà, sindacati, il vicepresidente della Giunta Giovanni Lolli e l`assessore aquilano alla Ricostruzione Pietro Di Stefano per fare il punto della situazione. «Il sito di Cagnano è stato penalizzato fin dalla prima emergenza post-sisma. Anziché trarre linfa dalla ricostruzione, siamo penalizzati».
«Vogliamo chiarezza sul futuro dell`azienda e sulle prospettive, dato l`enorme debito -afferma Cristina Santella, Fillea Cgil- Vogliamo capire se c`è la possibilità di vendere dopo il fallimento della trattativa con Buzzi, ma non vorremmo che a rilevarla fosse un grande gruppo perché c`è rischio di soppressione. Bisogna dare certezze ai lavoratori: è una crisi che coinvolge l`intero territorio, si tratta del più grande cementificio del Centro Italia».

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