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22.05.15 "Il cementificio di Pescara chiude definitivamente i battenti. Per i 34 dipendenti che ancora lavorano nello stabilimento di via Raiale significa cassa integrazione a zero ore e poi licenziamento. A dare la drammatica notizia è stato ieri il segretario generale della Fillea Cgil di Pescara Massimo Di Giovanni "IL 19 maggio scorso, al ministero del Lavoro è stata dichiarata, da parte di Sacci spa, la cessazione dell`attività del cementificio di Pescara. La decisione è scaturita nell`ambito del ritiro della procedura di mobilità per licenziamento collettivo riguardante gli stabilimenti che producono cemento, quali Ca-stelraimondo (Macerata), Pescara, Livorno, la sede di Roma, nonché gli impianti di divisione calcestruzzi". Questo il racconto del quotidiano Il Centro.

L'articolo prosegue:
"Il cementificio di Pescara non ha ricevuto lo stesso trattamento degli altri", ha aggiunto il sindacalista "a differenza di quelli di Macerata, Livorno e sede di Roma che hanno avuto la cassa integrazione guadagni in deroga per 5 mesi e 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria con casuale crisi aziendale. Ha ottenuto la Cigs per 12 mesi ma, purtroppo, per cessazione di attività".
Un duro colpo per i 34 lavoratori, che ora avranno un anno di cassa integrazione prima del licenziamento. Tra l`altro, a detta del segretario Fillea, i soldi non arriveranno subito, ma i dipen- denti dovranno attendere almeno 7 mesi per il decreto ministeriale che darà il via libera alla cassa integrazione.
"Pertanto, il 25 maggio partirà la Cigs per cessazione dell`attività - ha affermato Di Giovanni - e la Sacci ha già decretato che nell`eventuale piano di salvataggio non è ricompreso il cementificio di Pescara". Per agevolare l`uscita dei lavoratori, è stata prevista "un`indennità di 3mila euro per chi volesse, entro 120 giorni, accedere alla mobilità. La direzione Sacci -  ha osservato Di Giovanni - non ha voluto, nonostante vi fossero possibilità tecniche per farlo, far rientrare anche il cementificio di Pescara in una Cigs per crisi aziendale, come è stato fatto per altri stabilimenti"
. Da qui le accuse del sindacalista "le istituzioni, ossia coloro che hanno responsabilità di governo a vari livelli - ha sottolineato il segretario Fillea - forse, avrebbero dovuto farsi sentire di più, ma così non è stato". E poi un appello: "A questo punto riteniamo che le istituzioni, auspicando che almeno questa volta si facciano sentire di più, ossia Asl, Regione, Comune, dovrebbero adoperarsi immediatamente, per quanto di loro competenza e responsabilità, alla verifica della messa in sicurezza, nonché all`eventuale bonifica dell`impianto. Riteniamo -  ha concluso - che si sia chiusa una tristissima pagina per i lavoratori, da parte di una società che vuole tentare, tramite il concordato preventivo, di riportare in bonis il gruppo."

 

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