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31.07.15 " Cinquanta euro al giorno per lavorare fino a tredici ore, anche se malati o infortunati, dopo una notte trascorsa ammassati in dieci in un appartamento. E` l`ultima frontiera dello sfruttamento della manodopera nei cantieri della ricostruzione. Dopo lo scandalo sui puntellamenti di «Redde rationem», appena 48 ore dopo ancora una roboante inchiesta («Social dumping») scuote la difficile rinascita della città. Stavolta non ci sono di mezzo né politici né funzionari pubblici, tutto ruota attorno ai lavori privati. I carabinieri hanno sgominato una vera e propria organizzazione che agiva con metodi e ruoli ben precisi." Questo il racconto del Messaggero edizione Abruzzo, sull'indagine partita dalle denunce Fillea e Cgil. I sindacati per domani, sabato 1 agosto, hanno convocato una conferenza stampa, alle ore 10.30, presso la sede Cgil de L'Aquila, in via Saragat, nel nucleo industriale di Pile.


L'articolo del Messaggero prosegue:

In carcere, su disposizione del giudice Guendalina Buccella, sono finiti Antonio D`Errico di Giulianova (59 anni) e Nico Otescu, rumeno (46); insieme a loro, ma con una detenzione che tra sessanta giorni si trasformerà automaticamente in domiciliari, Francesco Salvatore di Pettorano sul Gizio (56), Panfilo Di Meo di Sulmona (58), e i teramani Giancarlo Di Bartolomeo (49) e Massimo Di Donato (53).

I reati contestati spaziano da quelli fiscali all`autoriciclaggio (norma di recente introduzione), per arrivare all`intermediazione illecita e, in particolare, allo sfruttamento del lavoro.

tescu e D`Errico, attraverso le ditte rumeno che gestivano, procuravano agli altri imprenditori e alle loro imprese impegnate nei cantieri della ricostruzione (Meg Srl, Salvatore & Di Meo Srl, Salvatore & Di Meo e C. snc e consorzio Sulter), manodopera a basso costo dalla Romania, impiegata formalmente attraverso il ricorso al contratto di distacco comunitario (quello che regola l`invio in un altro Paese di un lavoratore abitualmente occupato in uno Stato membro per un periodo limitato) che in realtà, però, era solo un escamotage per celare le irregolarità. Il meccanismo era rodato. Venivano costituite imprese fittizie in Romania che assumevano personale al solo scopo di distaccarlo in Italia.

E` il caso della «Nito Constructii Civili srl» e della «To-ni Roit Edilizia Srl», riferibili a Otescu e D`Errico. I lavoratori venivano inviati in Italia alle imprese impegnate nella ricostruzione, in condizioni di palese sfruttamento: pagati 50 euro al giorno senza alcun diritto, alloggiati in massa in due appartamenti (a Sulmona e Teramo), trasferiti in cantiere con i mezzi intestati alle ditte.

Ogni mese la ditta rumena emetteva fatture in favore della Salvatore & Di Meo e della Meg calcolando un importo di 110 euro al giorno per ogni lavoratore. In ogni caso una cifra ben più bassa rispetto ai 200/250 conteggiati in base alla retribuzione e alla contribuzione previste in Italia.

A quel punto le aziende italiane pagavano mediante bonifico sul conto corrente acceso in una banca di Bolzano che ha sedi anche in Romania. D`Errico e Otescu organizzavano successivamente viaggi in Romania per prelevare il contante, riportarlo in Italia, consegnarlo alle ditte italiane decurtando il 10 per cento per la «provvigione», 300 euro per le spese di viaggio e 50-60 per i movimenti bancari. Fondi neri, dunque, da reimpiegare a piacimento, che certamente non finivano nelle tasche dei lavoratori.

I cantieri coinvolti sono grandi: uno, in particolare, tra via Verdi e Corso Vittorio Emanuele, all`Aquila, da oltre 15 milioni di euro.
 

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