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17.09.15 "Incassavano dallo Stato i soldi della cassa integrazione perché avevano dichiarato lo stato di crisi, ma facevano comunque lavorare i propri dipendenti anche dieci ore al giorno, e con quel denaro ne pagavano altri in nero. E grazie al flusso extra di denaro gli amministratori potevano anche partecipare con offerte molto competitive, agli appalti pubblici a danno delle aziende concorrenti." Così il racconto del Corriere del Veneto di oggi, che prosegue:

"Una vera e propria truffa ai darmi dello Stato, scoperta dalla guardia di finanza di Treviso, che ha denunciato quattro imprenditori, responsabili di un`azienda edile con sede a Montebelluna. I finanzieri sono partiti da un`accertamento fiscale che ha portato allo sviluppo di un`articolata indagine di polizia giudiziaria e tributaria e alla scoperta, ben nascosta in una delle sedi dell`azienda, di un`ampia documentazione extracontabile composta da agende, registri dei dipendenti e documenti su carta intestata della società da cui risultavano i dati del lavoro effettivamente svolto: «L`azienda non era affatto in crisi - spiega Francesco Calimero, comandante della compagnia di Treviso - ma impiegava un centinaio di operai impegnati anche dieci ore al giorno, molti dei quali senza contratto». Un modus operandi che ha consentito ai quattro imprenditori di percepire indebitamente ammortizzatori sociali per oltre ioo mila giuro. La mente della società, secondo i finanzieri è un imprenditore 5oenne trevigiano, affiancato da un romano e due lombardi. Sarebbe stato lui a ideare il doppio raggiro, approfittando dello stato di crisi del settore edile per alzare bandiera bianca e chiedere aiuto allo Stato, ottenendo la cassa integrazione per i suoi 36 dipendenti. Ma quei lavoratori non sono mai stati con le braccia conserte, tutt`altro, hanno lavorato a pieno ritmo affiancati da altri 15 operai, assunti totalmente in nero e pagati con i soldi della Cig. La truffa era basata sulla falsa comunicazione all`Inps delle giornate lavorative e delle ore di sospensione dal lavoro. Per ogni dipendente venivano infatti registrate e pagate mensilmente dall`azienda solo So ore lavorative, mentre le restanti cento ore, erano coperte impropriamente dalla cassa integrazione. Con i soldi che arrivavano direttamente dallo Stato in pratica, i quattro avrebbero finanziato la propria attività riuscendo così a presentare alle gare per appaltipubblici, offerte molto competitive: «Il danno sociale creato da questo meccanismo è duplice ,da un lato il danno economico per lo Stato, e dall`altro la concorrenza sleale per le aziende che lavorano correttamente». Le indagini hanno consentito di recuperare a tassazione oltre 350 mila ero e udiva non versata di 300 mila euro, nonché di sequestrare tre furgoni, provenienti dal patrimonio distratto da una società romana in fallimento, riconducibile al rappresentante legale della società trevigiana. « Lo sconcerto è totale per questa vicenda, evidentemente anche in edilizia si possono trovare dei "criminali" commenta Mauro Visentin segretario della Fillea Cgil - Non ho ricordi di precedenti analoghi e temo che questo si sia potuto verificare per tante ragioni. Ritengo che sarebbero opportuni maggiori controlli degli ispettori, non solo sulla cassa integrazione ma anche sul lavoro in nero».

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