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14.06.12 Sono circa 225mila (fonte Inps) le donne che lavorano nel settore delle costruzioni, rappresentano poco meno del14 % degli occupat. Sono in gran parte dipendenti, per il 67% impiegate, e poi tecnici, operaie semplici e specializzate, poche dirigenti, tante con partita Iva, soprattutto nel settore del restauro e archeologia, quasi la metà lavorano con contratti part time, un buon livello di sindacalizzazione. E’ questa la fotografia tracciata oggi a Roma dalla Fillea Cgil, nel corso della sua II Assemblea Nazionale delle lavoratrici e delegate dal titolo “Costruire in Genere”. Quella delle donne continua ad essere una presenza ancora molto bassa nell’edilizia, il 7,3%, che sale ad oltre il 27% nel legno – arredo, fino a superare il 70% nel restauro e archeologia. E mentre per le costruzioni in generale le lavoratrici crescono dal 2004 al 2011 del 15%, è proprio nel fanalino di coda dell’edilizia che da alcuni anni la presenza femminile avanza anche in mansioni più storicamente maschili come gruisti, capi cantiere e soprattutto nelle figure di direzione, ingegneri ed architetti.
Spicca poi il dato della posizione dirigenziale, dove il valore della presenza femminile è allo 0,8%, contro uno 0,4% della presenza maschile.
Poche, brave e preparate ma probabilmente non valorizzate come gli uomini, dunque le donne del settore delle costruzioni non fanno eccezione rispetto agli altri comparti del lavoro privato. I numeri parlano chiaro: dal 2008 al 2011 cresce la presenza di lavoro autonomo ed imprenditrici (quante le false partite Iva?), oltre il 43% lavorano part – time (quanti veri e quanti in realtà “lavoro grigio”?), ovvero due indicatori “civetta” di una possibile discriminazione salariale, che nel settore dell’edilizia si aggiunge ad una strutturale tendenza alla compressione dei costi del lavoro. Dunque, rischio doppio per le donne impiegate nei cantieri di dover accettare condizioni contrattuali e salariali a ribasso.
in crescita la presenza e l’impegno delle donne nella Fillea, che da anni ha messo in campo una serie di progetti finalizzati al rafforzamento della presenza femminile sia tra gli iscritti che negli organismi dirigenti, forte delle decisioni assunte negli ultimi Congressi nazionali della categoria e della Cgil in materia di norme antidiscriminatorie.
A fronte di una crescita negli ultimi tre anni del 10% delle iscritte alla Fillea, si è passati dal 12,2% al 16,63% di presenza femminile nei direttivi, con punte del 29% in Veneto, 30% in Basilicata, e addirittura 34% in Alto Adige.
Ma ancor più dei numeri, importante il lavoro svolto per far vivere i temi di genere all’interno delle politiche sindacali, a cominciare dalla contrattazione nazionale fino a quella territoriale e di secondo livello. Lo spiega il segretario generale Walter Schiavella “abbiamo agito in due direzione, una interna ed una contrattuale. Al nostro interno, abbiamo dato vita a numerosi progetti territoriali per formare una nuova generazione di delegate di posti di lavoro e dirigenti sindacati, con risultati davvero incoraggianti. Sul versante della contrattazione, abbiamo sempre tenuto all’interno della nostra azione negoziale il tema della qualità del lavoro anche dal punto di vista di genere, rafforzando una serie di istituti e voci che più di altre incidono sulla vita delle donne lavoratrici, così come su quella dei lavoratori migranti e dei giovani. Parlo dei permessi per la cura dei figli o di familiari, della formazione, della contrattazione degli orari e dell’utilizzo del part time.”
E a tenere insieme i temi e le politiche per il rafforzamento della presenza femminile nel più grande sindacato delle costruzioni è la Rete Fille@donna “nata dalla necessità di meglio strutturare la presenza delle donne nella categoria, rispondere con più puntualità ai bisogni specifici delle lavoratrici” ricorda la responsabile per le politiche di genere Fillea Mercedes Landolfi “ e portare uno specifico contributo all’interno della contrattazione.”
E proprio sulla contrattazione si concentrano le donne Fillea nella loro Assemblea Nazionale, a pochi mesi dall’apertura ufficiale dei tavoli per il rinnovo dei cinque contratti di comparto, edilizia, cemento calce gesso, lapidei, legno – arredo, laterizi.
Questi i punti di forza della proposta “rosa” ai tavoli di trattativa: individuazione di strumenti di flessibilità dell’organizzazione degli orari di lavoro, conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita come incentivo all’occupazione femminile; sottoscrizione di codici etici contro il mobbing, violenze e discriminazioni; formazione per le lavoratrici, attraverso l’attività delle Scuole Edili, sia al rientro da periodi di pausa dal lavoro, come elemento necessario al fine di un pieno reinserimento, sia come strumento di crescita professionale, formazione continua e formazione a nuove tecnologie e figure professionali; interventi sulla sicurezza ed igiene degli ambienti di lavoro, soprattutto riguardo alle lavoratrici del comparto restauro; ricerca di soluzioni che consentano il raggiungimento del requisito previsto contrattualmente per il diritto dell’APEO, Anzianità Professionale Edile Ordinaria, da parte di lavoratrici a part-time o in maternità facoltativa.MERCEDES LANDOLFI: SOSTENIBILITA’ SFIDA ROSA
Nel settore delle costruzioni cresce il lavoro femminile con caratteristiche più verdi rispetto a quello maschile “le donne sono più disposte, pronte e convinte ad investire nella bioedilizia e in settori legati al risparmio energetico, più convinte degli uomini che il costruire di domani, già da oggi, debba essere legato al recupero e alle ristrutturazioni dell’esistente in chiave di una maggiore sostenibilità e di una migliore vivibilità.” E’ quanto ha affermato Mercedes Landolfi, responsabile pari opportunità e politiche di genere della Fillea Cgil aprendo i lavori della II Assemblea Nazionale delle Donne Fillea, in corso di svolgimento all’Acquario romano di Roma.
Secondo la Fillea “per i nostri settori possiamo registrare una nuova sfida rosa” come conferma Unioncamere, secondo la quale “le imprese rosa pur soffrendo la crisi resistono più di quelle maschili, hanno dimensioni più ridotte ma sono più solide e strutturate e propense a rischiare di meno, concentrandosi su obiettivi più a lungo termine. Laddove le donne si sono inserite in fette di mercato più attente alle nuove tecnologie ecocompatibili hanno raggiunto risultati eccellenti ed altissimi fatturati.”
Ma se più preparate e spesso più brave dei colleghi maschi, le lavoratrici del settore delle costruzioni non hanno stesse condizioni e trattamento dei colleghi, come ha ricordato Landolfi “minore retribuzione a parità di mansione:nelle costruzioni le donne guadagnano mediamente tra il 20 e il 30% meno degli uomini” un differenziale non solo retributivo, ma che riguarda altri aspetti, come la tipologia di orario "il dato dell’occupazione femminile nel comparto impiegatizio conferma un forte ricorso al part time, a fronte di una occupazione maschile full time. Per non parlare dell-inquadramento, dove le donne sono schiacciate nei livelli più bassi tra le operaie o addensate tra gli impiegati, con scarsissime possibilità di crescere ed arrivare a livelli di quadri e dirigenti.”
Ma nel settore delle costruzioni è il lavoro delle restauratrici e delle archeologhe a rimanere tra i più penalizzati “altissime professionalità costrette a ripiegare sulla scelta di aprire una partita IVA per avere qualche possibilità di lavorare, lavorando con contratti part time, precarie a vita, con bassissime condizioni di sicurezza sul lavoro, in un Paese che disconosce il valore della conservazione dei beni culturali.”
E proprio sulla questione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro da Landolfi l’allarme “i nostri sono settori altamente rischiosi, si lavora in condizioni igieniche pessime, senza nessuna attenzione alle specificità di genere in ambito di prevenzione della salute. Oltre a questo c’è il continuo utilizzo di sostanze e materiali altamente tossici, solventi, pitture, polveri, fibre artificiali, dei quali quasi mai si conoscono i reali rischi nell’utilizzo. E poi ci sono le malattie professionali e lo stress da lavoro, non denunciati spesso neanche dalle stesse lavoratrici, pena il rischio di licenziamento.”
MARINELLA MESCHIERI: CULTURA DELLA PARITA’ ANCORA LONTANA“Dobbiamo lavorare duro, sia nella società che al nostro interno per affermare una cultura della parità, ancora troppo lontana.” E’ quanto ha affermato oggi Marinella Meschieri, segretario nazionale della Fillea Cgil, aprendo la sessione pomeridiana della II Assemblea Nazionale delle Lavoratrici e Delegate degli edili Cgil, in corso di svolgimento all’Acquario Romano a Roma.
“La legge 125 impone alle aziende con più di 100 dipendenti la consegna dei dati relativi alla composizione degli organici, quindi anche alla presenza femminile e relativi livelli di inquadramento, ma quante sono le aziende che rispettano questa regola?” ha domandato Meschieri, secondo la quale occorre fare un passo in avanti anche nel sindacato “per aumentare la presenza delle donne nelle segreterie territoriali. Nella nostra categoria le lavoratrici sono poche, ma questo non può giustificarci e dobbiamo lavorare per incrementare, seppur gradualmente, la presenza.”
“Questa mattina abbiamo sentito delle storie di vita raccontate dalle nostre delegate. Ne potremmo raccontare tante altre, donne sfruttate, donne sottopagate, donne discriminate, come quelle occupate nel legno-arredo che, a seguito di una maternità ,sono state costrette a licenziarsi poiché è stato loro negato il part-time. Donne fintamente autonome, come lo sono la maggioranza delle restauratrici, o quelle associate in partecipazione con la prestazione di puro lavoro, che di “impresa” non hanno proprio nulla. Potremmo parlare del lavoro grigio, che spesso corrisponde la lavoro a chiamata, o di buste paga all’apparenza regolari, ma la retribuzione che viene corrisposta quando va bene è pari al 50% e avviene in contanti” tutti fenomeni che per il segretario Fillea “in passato coinvolgevano solo il Mezzogiorno ma che negli ultimi anni si sono estesi ad intere aree del paese dal centro al nord.”
Marinella Meschieri ha poi ricordato che “il tasso di occupazione femminile in Italia è del 46,1%, 12 punti in meno della media UE e ancora troppo poche sono le donne, specie nei nostri settori, a ricoprire posizioni decisionali. Le giovani poi, nonostante abbiano un livello di istruzione elevato - le laureate sono il 54% -  trovano lavori a bassa qualificazione.”
Per la sindacalista Fillea il nuovo governo, se da un lato ha prodotto alcuni risultati positivi -  se pur non ancora insufficiente -  sull’evasione fiscale “sul fronte del lavoro ha proseguito in continuità con quello precedente. Anzi è andato ben oltre, decretando la fine della concertazione tra le parti sociali. Il primo testo sulla riforma del mercato del lavoro, frutto anche del confronto con le parti sociali, era interessante” ha affermato Meschieri “perchè metteva le mani sulle finte collaborazioni, sugli stage, sui vaucher, partite iva, ecc., ma l’ultimo testo è stato drasticamente peggiorato, intervenendo positivamente sulle finte collaborazioni, ma poi ampliano le partite iva e gli associati in part ecipazione” con la conseguenza che “i primi finiranno tra i secondi e si estenderà ancora una volta l’area del lavoro grigio. Il punto è: quale modello di sviluppo vogliamo? Il far west o qualcosa di diverso?”
Necessaria per la Fillea una forte azione nella direzione della legalita' e di “politiche industriali che orientino lo sviluppo alla sostenibilità, alla messa in sicurezza del territorio, alla green economy, al risparmio energetico” e proprio sul tema di un diverso modello di sviluppo e del costruire per la Meschieri il ruolo delle donne può essere determinante “in particolare nella progettazione urbanistica e nella ridefinizione degli spazi urbani. Sta qui la vera scommessa: dare spazio al punto di vista e alle professionalità delle donne, penso ad architetti ingegneri urbanisti” perché “le donne sono portatrici sane di una visione a 360 gradi sui bisogni di comunità” a partire da quelli dei soggetti più deboli, i bambini, gli anziani, le persone non autosufficienti “e di una idea dell’organizzazione della vita, dell’ambiente e dell’abitare efficiente, inclusiva e di qualità.”
Ed è su questi temi che può e deve intervenire la contrattazione sociale, come strumento per ridefinire “il territorio, il suo sviluppo, il suo futuro, non per le speculazioni edilizie ma per un ambiente sostenibile a misura di donne, uomini, bambini e anziani.”

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