Il Governo non ci ha ascoltato: l'odg approvato dal Comitato Direttivo Cgil del 30 novembre 2022, mobilitazione unitaria a dicembre contro la Legge di bilancio.                                        

30 novembre 2022. Il Comitato Direttivo nazionale della Cgil riunito il 30 novembre 2022 in modalità mista, alla luce del testo definitivo del Disegno di legge di bilancio 2023, condivide e conferma il giudizio già espresso dalla Segreteria nazionale della Cgil nel documento di prime valutazioni sulla manovra del 25 novembre scorso: una manovra sbagliata e da cambiare che non risponde alle reali emergenze del Paese, a partire dalla condizione materiale dei lavoratori e lavoratrici, pensionate e pensionati, cittadini e cittadine.

Per queste ragioni, in continuità e coerenza con la mobilitazione messa in campo a partire dallo sciopero generale dello scorso 16 dicembre 2021 e nei mesi scorsi - dall’assemblea nazionale dei delegati del 14 settembre alla manifestazione nazionale dell’8 ottobre scorso ‘Italia, Europa, ascoltate il lavoro’ e alle tante iniziative delle categorie e dei territori - il Comitato Direttivo della CGIL dà mandato alla Segreteria nazionale, nel confronto con CISL e UIL, di mettere in campo tutte le iniziative di mobilitazione necessarie, nessuna esclusa, per sostenere le piattaforme rivendicative unitarie e le nostre richieste tese ad ottenere le risposte necessarie ad affrontare questa fase che rischia di peggiorare rapidamente la condizione delle persone, aumentare le disuguaglianze sociali e territoriali, bloccare lo sviluppo del Paese. Il Comitato direttivo impegna tutte le strutture della Cgil a sostenere il percorso di mobilitazione che sarà definito dalla Segreteria nazionale.

 

IL GIUDIZIO DELLA SEGRETERIA NAZIONALE CGIL

Il Governo non ci ha ascoltato. La bozza di Legge di bilancio colpevolizza e colpisce i più poveri, accresce anziché contrastare la precarietà, non riduce il divario di genere, premia gli evasori e, con la flat tax, aumenta l’iniquità del sistema fiscale, non interviene strutturalmente sulla pandemia salariale che sta impoverendo tutte le persone che per vivere devono poter lavorare dignitosamente, riduce di fatto le risorse necessarie per sostenere la sanità, la scuola ed il trasporto pubblico, non stanzia adeguate risorse per i rinnovi contrattuali dei pubblici dipendenti, mortificando il ruolo del lavoro pubblico, non modifica la legge Fornero e cambia senza alcun confronto preventivo il meccanismo di indicizzazione delle pensioni in essere.

Il nostro Paese e l’Europa vivono uno dei momenti più difficili della loro storia. Proprio per questo nell’incontro avuto nei giorni scorsi con il Governo abbiamo proposto che si avviassero anche con questa legge finanziaria riforme vere costruite con il mondo del lavoro, ispirate dai criteri della solidarietà, della giustizia sociale, fondate sulla qualità e la stabilità del lavoro, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e su nuove politiche industriali capaci di prospettare un nuovo futuro per il Paese.

Le misure contenute nell’attuale bozza della Legge di Bilancio (in particolare quelle che non si limiteranno a prorogare i provvedimenti in vigore del Governo Draghi) e la strategia e la visione che le ispira vanno in una direzione diversa dai bisogni reali delle persone e delineano un arretramento del nostro Paese.

È il momento di unire e non di dividere le persone ed i territori, come il Governo vuol fare con l’autonomia differenziata. È il momento della responsabilità e della fraternità, non dell’incitamento a far da sé e ad arrangiarsi.

Riservandoci una lettura più attenta ed approfondita del testo definitivo che sarà varato, al momento rileviamo che:

1) l’emergenza salariale non è affrontata. 

Si proroga la decontribuzione fino a € 35.000 già conquistata con il precedente Governo.

Noi avevamo chiesto di portarla dal 2% al 5% (perché c’è almeno una mensilità da recuperare) e di introdurre un meccanismo automatico di indicizzazione delle detrazioni all’inflazione (cosiddetto recupero del drenaggio fiscale), di detassare gli aumenti previsti con i contratti nazionali e di assegnare loro, attraverso la via legislativa, un valore generale sancendo così un salario minimo e diritti normativi per tutte le forme di lavoro.

2) In un Paese in cui le persone in povertà assoluta sono cresciute oltre i 5 milioni, il Governo non trova di meglio, per far cassa, che annunciare il superamento del Reddito di Cittadinanza dal 2024, con una serie di inaccettabili penalizzazioni già nel 2023.

3) Le misure fiscali sono inique: la tassa piatta al 15% per i redditi da lavoro autonomo, fino a 85 mila euro, indica chiaramente la volontà di smantellare la struttura progressiva del nostro sistema fiscale e al tempo stesso rafforza l’iniquità di una misura che vede i lavoratori dipendenti e pensionati tassati il doppio di coloro che hanno redditi tre volte superiori. Inoltre, invece di dichiarare guerra all’evasione fiscale, assistiamo a “tregue” che hanno l’unico scopo di favorire chi le tasse non le ha pagate: uno schiaffo in faccia ai milioni di contribuenti onesti di questo Paese. Si limitano a tassare solo al 35% gli extraprofitti (vuol dire che il 65% non viene redistribuito) e in Italia i salari e le pensioni continuano ad essere tassati di più delle rendite finanziarie.

4) La piaga della precarietà che riguarda in particolare i giovani, le donne ed il Mezzogiorno viene addirittura rafforzata, in settori particolarmente fragili, attraverso la reintroduzione dei voucher, che rappresentano una vera e propria mercificazione del lavoro senza diritti e senza tutele, oltre a riproporre un modello che deprime l’economia.

5) Non ci sono gli investimenti necessari per rafforzare la coesione sociale e contrastare le disuguaglianze a partire dal sistema pubblico e dall’occupazione pubblica. In particolare mancano risorse per il diritto all’istruzione, per la sanità che ha affrontato e sta affrontando gli effetti drammatici della pandemia e sul versante del contrasto alla povertà assoluta, si cancellano strumenti essenziali come il reddito di cittadinanza, in cambio di voucher e social card.

6) Sulle pensioni ci si inventa un’ulteriore quota (stavolta siamo arrivati a quota 103) si peggiora l’”opzione donna” non si allarga l’Ape sociale e non si modifica in nulla la Legge Fornero.

Noi abbiamo proposto al Governo e continuiamo a ritenere necessario: 

l’uscita flessibile a partire dai 62 anni 

il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori

la pensione di garanzia per i giovani e per chi ha carriere discontinue e “povere” 

il riconoscimento del lavoro di cura 

il riconoscimento della differenza di genere 

l’uscita con 41 anni di contributi senza limiti di età.

Inoltre, senza alcun confronto preventivo con le Organizzazioni Sindacali, si interviene sul meccanismo di indicizzazione delle pensioni in essere tagliando così la loro rivalutazione rispetto all’inflazione per destinare 3,5mld così recuperati in favore del lavoro autonomo e per finanziare interventi che aumentano le disuguaglianze.

7) Sono assenti temi sui quali la legge di bilancio dovrebbe confrontarsi: ad esempio le politiche industriali ed energetiche di un Paese che rappresenta la seconda manifattura europea e che deve affrontare la trasformazione digitale e la riconversione verde.

Nei prossimi giorni chiederemo un confronto con tutte le forze politiche e richiederemo al Governo ed al Parlamento modifiche sostanziali. Valuteremo e proporremo a CISL e UIL, tutte le iniziative di mobilitazione necessarie.