Numero Zero Sindacato Nuovo, aprile 2019. Il coraggio di cambiare, parola d'ordine innovazione, per un contratto unico dei materiali. Di Gianni Fiorucci, Serena Morello, Riccardo Zelinotti. 

In occasione dei rinnovi contrattuali che interessano i settori dei materiali da costruzione (Cemento, Lapidei e Laterizi/Manufatti), abbiamo scelto insieme a Filca e Feneal di presentare un’unica Piattaforma rivendicativa per sottoscrivere un unico Ccnl dei materiali. Scelta che abbiamo assunto sia per l’industria che per le Pmi, tenendo per ora fuori il settore del legno che ha un modello contrattuale con differenze molto più marcate. 

Le ragioni alla base di tale scelta risiedono essenzialmente nel fatto che le costruzioni e l’intera filiera dei materiali sono interessati da una consistente riorganizzazione produttiva dovuta ad un insieme di elementi che, sommandosi, creano un “vortice” di cambiamento: la crisi (che ha visto in alcuni comparti una riduzione del 50% dei volumi), i cambiamenti tecnologici e le nuove “pervasività digitali”, i cambiamenti di mercato e di struttura d’impresa, processi che sconvolgo i vecchi schemi e generano forti ripercussioni economiche e sociali, oltre che professionali.

Per questo sarebbe necessaria una politica industriale (e quindi contrattuale) dedicata alla filiera più che ai singoli settori, con un ruolo attivo della domanda pubblica e con una gestione programmata e partecipativa delle forze sociali, così da determinare le scelte e non subirle.

Questo lo spirito di una proposta (il contratto unico) per governare le ricadute di una rivoluzione 4.0 i cui scenari finali non sono predeterminati, anche in termini di qualità e quantità dei saldi occupazionali finali. 
Da una parte assistiamo infatti ad una riconfigurazione del mercato, guidata da processi sia di innovazione tecnologica che di cambio del prodotto, ridisegnando la mappa della domanda, dell’offerta e del lavoro; dall’altra dobbiamo fare i conti con il tentativo di sopravvivenza della maggioranza delle aziende che, già fragili in sé (nanismo, sotto capitalizzazione) hanno provato a resistere attraverso un’ulteriore frammentazione della loro organizzazione, riduzione di investimenti, lavoro nero, dumping contrattuale.

Di fatto l’unica strategia “vincente”, finora, ha visto il rafforzamento di pochi grandi gruppi internazionali che cannibalizzano i piccoli sfruttandone le debolezze, aumentando così le concentrazioni dei produttori ed allontanando verso l’alto l’incontro ed il possibile dialogo. Per noi questa non può essere l’unica via.

Nell’epoca delle grandi trasformazioni bisogna avere il coraggio di innovare anche la contrattazione e di provare a sperimentare soluzioni che incontrino i bisogni dei lavoratori dentro nuovi modelli organizzativi aziendali, di sito, di filiera: riconoscere e contrattare la crescita qualitativa dei processi e prodotti anche in termini di maggiore sostenibilità ambientale e sociale, nuovi orari, uno sviluppo professionale delle mansioni più orizzontale, la formazione permanente, la partecipazione ai processi organizzativi e di indirizzo nelle aziende e la coprogettazione tra le parti, anche in ambito territoriale attraverso nuovi modelli di relazione e di bilateralità. 

In questo senso un Contratto Nazionale Unico dei materiali, nel ricomporre la filiera produttiva, non solo aiuterebbe a ridurre il numero stesso dei contratti, limitando il dumping, ma garantirebbe un maggiore peso politico e maggiore base sociale di rappresentanza. Un Contratto Nazionale che oltre a rappresentare l’insieme di norme che regolano diritti, tutele e salario dei lavoratori, sia un vero e proprio strumento di sviluppo e competitività, quindi di vera e propria politica industriale.
Allo stato attuale il nostro tentativo non ha ancora prodotto i frutti sperati, poiché la nostra proposta è stata respinta dalle controparti, anche se con gradazioni diverse: piccola apertura per il Cemento, porta socchiusa per i Lapidei, serrata per i Laterizi e Manufatti dove ha prevalso una miope difesa delle proprie posizioni, ancora più assurda considerando che Andil, l’associazione delle aziende produttrici di Laterizi, ci ha già comunicato che convergeranno in Federceramica. La somma di due debolezze non farà una forza.
Questo per quanto riguarda l’industria.

Nelle Pmi invece una disponibilità è stata già offerta, anche se dobbiamo ancora presentare la piattaforma: la Confapi ha già dato disponibilità a lavorare per un unico contratto.
Noi continuiamo a ritenere che il Contratto Unico dei materiali da costruzione sia la via più giusta da perseguire e, per questa ragione, stiamo provando a costruire comunque le condizioni di ulteriore convergenza, affinché questa non sia un’occasione persa ma semplicemente rinviata.
In particolare possiamo compiere passi in avanti nel sistema bilaterale nazionale riportandolo in un unico sistema di governance più strutturato ed efficiente; nella riunificazione dei fondi di previdenza complementare (Arco e Concreto), considerando che la sanità integrativa ha già un fondo unico (Altea) e soprattutto nella armonizzazione delle previsioni contrattuali, mantenendo comunque le specificità di settore, affinché la nostra idea possa rimanere in campo, guardando al futuro e non al passato. Chi non semina oggi, non raccoglierà domani.