Numero Zero Sindacato Nuovo, aprile 2019. Consumo di suolo, obiettivo 205 saldo netto pari a zero. Di Rosanna De Nictolis, presidente di sezione in Consiglio di Stato  - Tes. 

L’obiettivo europeo sul consumo del suolo è quello del saldo netto pari a zero entro il 2050, ribadito nel Settimo Programma di Azione Ambientale (Parlamento europeo e Consiglio n. 1386/2013/Ue) che ha il valore giuridico di un atto legislativo. Il suolo è definito sia dai d.d.l. statali che da alcune l.r. come “bene comune e risorsa non rinnovabile”, ed è “trasversale” alle materie costituzionali elencate nell’art. 117 Cost. del governo del territorio, paesaggio, ambiente, tutela del patrimonio culturale, storico e artistico; il tema del consumo del suolo è inoltre connesso ai temi del dissesto idrogeologico e del rischio sismico. Le competenze legislative statali sono perciò in parte esclusive, in parte concorrenti (governo del territorio), con fissazione dei principi. 

Nella scorsa legislatura era stato presentato un d.d.l. di contenimento del consumo del suolo (AS 2383), approvato dalla Camera e arenatosi in Senato per fine legislatura. Nella presente legislatura risultano presentati quattro disegni di legge per il contenimento del consumo del suolo (AC279, AS86, AS164, AS984).

Molte Regioni sono già intervenute con proprie leggi: alcune più “blande” perché non fissano direttamente i parametri della riduzione quantitativa del consumo del suolo, ma li rimettono alla successiva pianificazione regionale, dunque a un atto della giunta regionale (così Lombardia con la l.r. 31/2014, Veneto con la l.r. 14/2017), altre che invece fissano direttamente obiettivi intermedi per raggiungere quello del saldo netto zero nel 2050 (Emilia Romagna con la l.r. 24/2017, Toscana con la l.r. 65/2014, Umbria con la l.r. 1/2015).


Alla luce di questi primi interventi, si rende necessario evitare che si diffondano interventi legislativi regionali disomogenei e a macchia di leopardo, e che vi sia invece una cornice legislativa statale che fissi un obiettivo comune, ancorché da raggiungersi attraverso la necessaria mediazione delle Regioni e la cooperazione degli enti locali in ossequio al principio di sussidiarietà verticale.


A tal fine è quindi prioritario e imprescindibile che venga data una definizione univoca di consumo del suolo, rispettosa della definizione europea, e neutrale rispetto ai profili regolatori.
Appare allora necessario promuovere un dialogo fecondo fra istituzioni, personalità pubbliche e attori dei processi, che incoraggi il processo di transizione verso un modo sostenibile di pensare l’uso, la valorizzazione e la trasformazione del territorio, sia urbano che rurale, a zero consumo di suolo: perché un reale cambio di modello possa avere luogo, infatti, deve  essere innescato un dibattito che coinvolga ogni singolo aspetto della nostra società, intervenendo sul piano culturale, economico, scientifico, professionale e imprenditoriale, amministrativo, sociale e necessariamente politico. Uno dei punti principali, sui quali si è dibattuto molto, riguarda il come raggiungere l’obiettivo europeo del saldo netto pari a zero di consumo di suolo entro il 2050, attraverso meccanismi di riduzione progressiva e a scalare del consumo di suolo, da attuarsi poi attraverso gli strumenti comunali di pianificazione urbanistica.

Dovranno quindi prevedersi meccanismi di incentivazione dei Comuni “virtuosi” che rispettano l’obiettivo di contenimento del consumo del suolo, e dei privati che privilegino il riuso e la rigenerazione urbana rispetto al consumo di nuovo suolo: c’è ampia condivisione, infatti, sull’idea che il teatro privilegiato della trasformazione verso un modello a zero consumo di suolo debba essere lo spazio urbano, dalle città italiane che debbono essere considerate i primi teatri della cultura e dell’economia del Paese. Dovrà infine essere stabilito un adeguato regime transitorio, e una limitazione temporale della destinazione urbanistica di edificabilità di aree non urbanizzate.

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