Numero Zero Sindacato Nuovo, aprile 2019. Economie inquinate. Le infiltrazioni mafiose nell’economia legale. Di Stefania Pellegrini.

Stefania Pellegrini, Professore Associato presso l’Università di Bologna, da molti anni si occupa del fenomeno mafioso e delle strategie di contrasto e di prevenzione. Ha attivato il primo corso di "Mafie e Antimafie" in una Scuola di Giurisprudenza e dirige il Master di II Livello in "Gestione e riutilizzo dei beni e aziende confiscati alle mafie. Pio La Torre”. Le abbiamo chiesto di illustrarci il suo libro “L’impresa grigia. Le infiltrazioni mafiose nell’economie illegali. Un’analisi sociologico-giuridica”, pubblicato a settembre da Ediesse, con prefazione di Nando Dalla Chiesa .

L’esigenza di soffermarsi sull’analisi delle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale, emerge costantemente sia nel dibattito pubblico, sia in quello scientifico.
L’interesse per questo com- plesso fenomeno deve essere indirizzato anche a superare stereotipi che hanno prodotto un effetto distorsivo sulla percezione sociale del fenomeno. Di fatto, le mafie al Nord vengono viste ancor troppo soventemente come prodotto di una contaminazione esogena che coinvolge realtà circostanziate, con una diffusività limitata ed una offensività del tutto secondaria.

Tant’è che quando le indagini hanno fatto emergere un conclamato processo di investimento delle mafie nella imprenditoria del settentrione, la reazione della collettività si è mostrata troppo composta nell’ammettere, al massimo, di non essere stata in grado di attivare i necessari strumenti di difesa sociale, atti ad arginare l’orda criminale sempre riconducibile ad un Sud contaminato e contaminante. Tale visione ha alimentato un immagine misconoscente: un Nord che ha accolto i migranti e ospitato i soggiornati obbligati, subendo un mutamento dei propri assetti sociali, senza poter resistere al potere pernicioso e subdolo di una mentalità profonda- mente criminogena. 

Ancor troppo soventemente, l’imprenditoria mafiosa o a partecipazione mafiosa viene riconosciuta come un fenomeno del tutto residuale, dal carattere “meramente” economico, spesso edulcorato ri- spetto ad ogni significato criminale. Ne consegue una sottovalutazione della profonda essenza di violenza che, invece, caratterizza sia l’origine dei capitali investiti, sia le modalità di relazione sistematicamente applicate nelle relazioni economiche.

Tali attività imprenditoriali vengono vissute come entità asettiche operanti in un tessuto del tutto estraneo alle dinamiche criminali. Nonostante la dimostrazione giudiziaria di come in molti casi si sia scelto di contrarre operazioni economiche con gli appartenenti o gli agenti in affari di gruppi mafiosi e sempre più di rado si è agito sotto minaccia o costrizione, assai raramente vi è stata un’assunzione di responsabilità nell’avere aperto le porte delle attività imprenditoriali a capitali di dubbia provenienza, con l’unico ed esclusivo interesse di salvare o incrementare le attività economiche.
 Diviene, quindi, sempre più rilevante superare immaginari collettivi e stereotipi legati ad un idea di mafia che non può più essere narrata utilizzando metafore ormai inadatte e anacronistiche a descrivere i processi di diffusione del tutto consolidati. Non più una “colonizzazione” che rimanda ad una “occupazione (più o meno violenta) di un certo territorio, sulla base di una qualche pianificazione della sua utilizzazione”, piuttosto una “simbiosi mutualistica”.

Il prodotto di tale processo comporta un vantaggio reciproco per gli individui associati i quali, senza essere obbligati a tale rapporto, possono vivere anche indipendentemente gli uni dagli altri. Non più, quindi una piovra che estende i propri tentacoli in una morsa letale, quanto un camaleonte in grado di mimetizzarsi con il territorio, assumendone le sembianze, senza però mutare la propria identità. In sostanza, la mafia ha posto in essere un cambiamento strategico necessario ad estendere il proprio potere e dominio in territori che si mostravano estremamente fruttuosi e certamente non del tutto impermeabili alle contaminazioni.

Una strategia che ha necessitato il coinvolgimento di nuove figure di partenariato che, seppur provenienti da contesti diversi, si sono mostrate da subito disponibili a inedite forme di collaborazione divenute sempre meno sporadiche e più frequenti, al punto da divenire infungibili.
In questo processo di diffusione sono cambiate anche le strategie di avanzamento. I classici reati fine, tradizionalmente posti in essere come scopo, oggetto o obiettivo dell’associazione, ora rappresentano, nella grande maggioranza dei casi, solo strumenti utilizzati nella fase embrionale della infiltrazione, soprattutto per lanciare un messaggio di presenza sul territorio. 

La criminalità organizzata oggi agisce ed opera utilizzando soprattutto attività imprenditoriali divenute mezzo necessario per compiere operazioni che, per essere poste in essere, necessitano di imprenditori disposti a far subentrare nella compagine societaria investitori di dubbia moralità e di estendere gli affari in mercati protetti da benefici competitivi del tutto peculiari.

Si tratta di imprese che vengono piegate agli interessi delle consorterie ed utilizzate per veicolare capitali, altrimenti inerti, tramite operazioni attuabili mediante competenze che i consociati non posseggono, ma che possono acquisire, seducendo professionisti con lauti compensi o promesse di future collaborazioni.
Il ruolo di questi imprenditori e professionisti non deve essere analizzato solo nella sua rilevanza rispetto alla espansione della criminalità organizzata, ma approfondito in considerazione della responsabilità ad esso connessa. Trattasi di una forma complessa di responsabilità indirizzata all’esecuzione e alla realizzazione di un determinato fine, le cui modalità sono affidate alla scelta individuale.

Ci si deve quindi soffermare non solo sulle responsabilità giuridiche, ma anche sulle responsabilità sociali a carico di quegli imprenditori e professionisti che, rappresentando la “forza della mafia al di fuori della mafia”, permettono alle organizzazioni di prosperare e di infiltrarsi nell’economia legale. 

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