Sindacato Nuovo, numero 2, Novembre 2019. Un green deal europeo per il settore edile, ne scrive Werner Buelen, segretario Fetbb per il settore legno                           

“Voglio che il ‘Green Deal’ europeo diventi il tratto distintivo dell’Europa”, ha affermato la neoeletta presidente Ursula von der Leyen dinanzi al nuovo Parlamento europeo. Risulta evidente che la transizione verso un’economia sostenibile e verde sia la grande ambizione della nuova Commissione europea. Un’ambizione condivisa anche dal nuovo vicepresidente esecutivo Frans Timmermans, che, con un tweet, ha dichiarato di voler “costruire un’economia europea pulita e sostenibile che non lascia indietro nessuno”.

Le ambizioni europee avranno importanti conseguenze per il settore edile europeo: la nostra produzione diventerà molto più circolare, saranno imposti nuovi obiettivi energetici, applicate nuove tecniche, incentivati grandi progetti di ristrutturazione per l’edilizia residenziale e le infrastrutture pubbliche e private... Una transizione di questa portata comporterà un gran numero di opportunità e sfide per i nostri operai edili. Secondo le aspettative, la transizione verso un’economia verde, circolare e a impatto climatico zero avrà un “considerevole” effetto positivo sull’occupazione complessiva nel settore.

Tuttavia, le modalità con cui sarà attuato il “Green Deal” europeo e le conseguenze concrete per i lavoratori edili restano ancora una questione aperta. La maggioranza dei Paesi Ue deve ancora trasporre un ampio spettro di normative e obiettivi ambientali europei in effettive politiche nazionali e regionali. Questo costituisce una vera e propria sfida per l’intero settore edile.

Se intendiamo realizzare le ambizioni ambientali presenti e future nel settore edile europeo, esso dovrà affrontare le proprie ineguaglianze strutturali alla radice. Oggi, l’operaio edile tipo è perlopiù un uomo, bianco e di età avanzata. Solo il 10% degli operai edili è di sesso femminile, il numero dei posti di apprendistato e dei programmi di formazione ambientale nel settore edile è assolutamente inadeguato. L’impiego nel settore edile è tuttora spesso precario, pericoloso e/o insalubre e le retribuzioni sono troppo basse. Inoltre, ci si chiede se i cosiddetti nuovi “lavori verdi” sapranno creare posti di lavoro dignitosi.

Già nel 2015 il Parlamento europeo (2014/2238-Ini) aveva sottolineato il ruolo delle parti sociali nella transizione verso il lavoro verde. Giustamente, aveva ricordato che “è necessario un maggiore impegno per realizzare un dialogo sociale duraturo e sostenibile, capace di contribuire al superamento delle sfide che derivano dal passaggio a un’economia competitiva, a basse emissioni di carbonio ed efficiente in termini di risorse”. Analizzando i fatti, balza all’occhio una forte regressione del dialogo sociale in molti settori, tra cui quello edile. Tale regressione è marcata in molti Paesi dell’Europea centrale e orientale.

Se poniamo le grandi sfide ambientali e le opportunità per il settore edile a confronto con la responsabilità sociale delle parti sociali dell’edilizia, non possiamo che trarre una conclusione: troppo spesso i politici “parlano dei nostri operai edili e non danno loro alcuna possibilità di partecipare alle decisioni”. Una situazione di questo tipo non solo non è accettabile, ma non è nemmeno sostenibile.

Perché la transizione ecologica sia equa, tutti si devono fare carico degli oneri del cambiamento e tutti devono godere dei vantaggi che ne derivano, occorre tutelare i soggetti più vulnerabili ai cambiamenti e creare le condizioni che garantiscano che la transizione ecologica avvenga in maniera socialmente responsabile. A tal fine è assolutamente necessario che l’Ue e tutti gli Stati membri diano spazio a urgenti negoziati settoriali volti a definire le modalità con cui, insieme, realizzeremo i nostri ambiziosi obiettivi climatici. In questo contesto, un sistema ben funzionante di negoziati sociali settoriali tra sindacati e datori di lavoro è una condizione imprescindibile.

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