Sindacato Nuovo, marzo 2020. Dopo quasi un decennio, i dati del settore edile tornano pigramente a crescere. Il quadro della situazione (precedente all'emergenza Covid-19) illustrato da Ezio Giorgi, dipartimento edilizia Fillea Nazionale.

Dopo molti anni di crisi del settore, i dati Cnce relativi al periodo ottobre 2018 – settembre 2019, raffrontanti con l’anno precedente, mostrando uno stato di salute del sistema edilizia in lieve miglioramento:  tre parametri fondamentali su quattro hanno un segno sensibilmente positivo, e anche l’unico parametro con segno negativo, se letto alla luce degli altri, indica una positività (vedi cartina Italia).

Una ripresa lenta e traballante, che ancora non risponde alle effettive esigenze del Paese in termini di interventi infrastrutturali, messa in sicurezza ambientale, rigenerazione urbana, green building, ma che comunque segna una inversione di tendenza incoraggiante.

E, a ben vedere, anche l’unico dato negativo segnato dalla lieve contrazione delle aziende, potrebbe essere letto, a fronte dell’aumento del numero dei lavoratori, come una tendenza ad una migliore e più efficace strutturazione in direzione di una crescita dimensionale. Anche questo quindi un segnale positivo rispetto al sistema estremamente frammentato dell’edilizia. 

In generale questa tendenza è diffusa su tutto il territorio nazionale, con delle punte di eccellenza (Sardegna:  +10.4% ore lavorate, +6.8% lavoratori, +9.9% massa salari; Marche: +9.7% ore lavorate, +5.2% lavoratori, +9.9% massa salari), tranne che in quattro  regioni i cui valori sono tutti negativi (Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sicilia). Ancora una volta il Sud del Paese sembra penalizzato rispetto ad un tendenziale miglioramento del comparto.

Una grande criticità si rileva invece ancora nella composizione delle maestranze nel settore. Sul primo e secondo livello è concentrato il 70% dei lavoratori presenti nei cantieri, confermando una tendenza ormai decennale delle imprese a scaricare la crisi sui lavoratori attraverso la riduzione dei costi della manodopera, che vuol dire sottoinquadramento e demansionamento. E, come è facile immaginare, rifiutare un lavoro perchè sottoinquadrato, di questi tempi è davvero impossibile. E questo vale per gli italiani così come - ed ancor più - per i migranti, che in edilizia rappresentano il 30% del totale delle maestranze.

Un altro elemento di riflessione è rappresentato dal dato sulla composizione anagrafica degli operai. Il 60% circa degli operai edili si colloca tra i 36 e i 55 anni. Con un ricambio generazionale faticoso se si calcola che soltanto il 6% circa degli operai ha tra i 18 e i 25 anni. Ed un’uscita dal settore lenta, calcolando la gravosità delle mansioni, con un 18% circa di lavoratori over 56. E questo sappiamo bene cosa significa anche dal versante della salute e sicurezza, come purtroppo ci confermano i dati sulla crescita della età media sia per gli infortuni gravi e mortali che per le malattie professionali.

Insomma, una lettura al chiaroscuro, dove al fianco di una ripresa del settore, seppur ancora non strutturale, vi sono degli aspetti che indicano elementi di criticità che sono stati già affrontati nel rinnovo contrattuale del 18.07.2018 (Fondo Prepensionamenti, Fondo Giovani, ecc.) ma che devono essere costantemente monitorati. 

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