Sindacato Nuovo, Novembre 2020. Le riflessioni di Vincenzo Visco, economista,   sulla situazione economica internazionale ed europea, il Recovery Fund, e la ripresa italiana.

Prima della seconda ondata dell’epidemia il FMI stimava che nel 2020 il Pil globale si sarebbe ridotto fra il 3 e il 5%: è bene ricordare che la contrazione successiva alla crisi finanziaria del 2007-08 fu invece solo dello 0,1%. Per il 2021 si prevedeva un rimbalzo consistente, senza che l’economia mondiale tornasse però ai livelli pre-covid.  La perdita in termini di Pil tra il 2020 e il 2021 avrebbe potuto raggiungere i 9.000 miliardi di dollari, un ammontare superiore al Pil delle economie di Giappone e Germania messe insieme. La attuale ripresa dei contagi aggraverà la recessione per l’anno in corso, e allungherà i tempi di recupero delle economie negli anni a venire. Un disastro vero e proprio.

 Per la zona euro era prevista una contrazione dell’8-9% nel 2020, e un rimbalzo del 6,1 nel 2021. Ma anche questa previsione è diventata inattendibile a causa della recrudescenza dell’epidemia. Fra i Paesi sviluppati solo la Corea del Sud, Taiwan e pochi altri (e la Cina che però è una storia a parte) hanno limitato i danni in quanto sono stati in grado di affrontare l’emergenza forti di precedenti esperienze e con sistemi di tracciamento e controllo efficaci, non confrontabili con quelli introdotti in occidente, volontari e condizionati dall’individualismo prevalente e dalle assurde ossessioni delle autorità a tutela della privacy. In buona sostanza, in Occidente la tutela delle libertà individuali è stata considerata più rilevante della difesa dell’interesse collettivo (salute ed economia). Può apparire una valutazione estrema, ma è esattamente quello che è avvenuto. Ciò dovrà essere motivo di riflessione soprattutto nel contesto della rivalità Usa/Cina: la superiorità del modello asiatico in questo frangente è risultata evidente.

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