Sindacato Nuovo, Novembre 2020. L'editoriale di Alessandro Genovesi, segretario generale Fillea Cgil: occorre aggredire i nodi di fondo della scarsa competitività del sistema Italia e della scarsa capacità di redistribuire risorse, diritti e opportunità in modo giusto.

La qualità degli interventi su questo numero di SN, a partire dal nostro Segretario Generale Maurizio Landini, mi permettono di partire da una semplice costatazione. Quando la rivista arriverà ai nostri lettori staremo con la testa e con il cuore alle prese con la seconda ondata Covid. Potranno prevalere l’ansia, la paura, il senso di impotenza oppure, senza sottovalutare questi sentimenti, potrà prevalere anche la voglia, individuale e collettiva, di cambiare, rimboccarsi le maniche e costruire un Paese, un’Europa e un Mondo un “po' migliori” perché un “po' più giusti”. 

Noi dobbiamo rispettare le paure, farci carico delle ansie ma dobbiamo al contempo costruire una risposta a queste, scommettendo sulla capacità di imparare dai nostri errori, affrontare le fragilità economiche e sociali (in una parola le ingiustizie che ci hanno portato sull’orlo del baratro) e cambiare il nostro modello di sviluppo. In fondo garantire tutele e protezioni oggi è la precondizione per ricostruire domani, come ben spiega Maurizio Landini nel suo intervento. 

Vale per l’Italia, in una crisi che si somma ai limiti e alle difficoltà accumulate nel tempo (si veda l’articolo di Vincenzo Visco), vale per l’Europa (lo scrive bene il Presidente della FETBB): entrambe poste oggi, con differenze e similitudini, di fronte alla necessità di cambiare politica economica per darsi un’anima sociale, unico vero antidoto all’autoritarismo e per edificare un nuovo compromesso capitale-lavoro, e un nuovo compromesso tra presenza umana-sopravvivenza del Pianeta.

Alla fine il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (cioè le risorse extra concesse dall’Europa), le scelte compiute a debito dal Governo, lo stesso Green New Deal sono “la campanella dell’ultimo giro” e non possiamo sbagliare (come scrive Michele Munafò a pag. Z). 

Servono interventi di “struttura” che, con un di più di programmazione ed intervento pubblico, aggrediscano i nodi di fondo della scarsa competitività del sistema Italia e della scarsa capacità di redistribuire risorse, diritti e opportunità in modo giusto. Partendo dai bisogni vecchi e nuovi (bisogni delle persone, bisogni del territorio, bisogni del nostro Mezzogiorno), partendo dalle sfide fondamentali (quella climatica, quella tecnologica, quella demografica, quella migratoria) per creare lavoro di qualità, stabile, che valorizzi la persona. 

A questo appuntamento il sindacato, la Cgil, la Fillea (nel suo piccolo e nella sua parzialità) arrivano pronti? Personalmente ritengo, pur con limiti e contraddizioni, di si. Come sindacato confederale italiano, forti della nostra unità di azione che alla fine è anche di stimolo, utile, alla stessa azione di Governo e che ci ha visti in campo con coerenza sin dalla proposta di un nuovo Piano del Lavoro.

Come Fillea, avendo mantenuto la barra dritta in questi mesi così complessi (si vedano i positivi accordi anti Covid) e rivendicando in ogni occasione (in parte ottenendo risultati, insieme a Filca Cisl e Feneal Uil): più occupazione, più diritti, migliori relazioni industriali.

Più occupazione: perché è la priorità di oggi e ancor di più domani. Da qui l’esigenza di una nuova politica industriale per le infrastrutture, l’introduzione e implementazione del “bonus 110%” per risparmio energetico e messa in sicurezza degli edifici (una delle più importanti scelte fatte dal Governo che tiene insieme sostenibilità, sicurezza, creazione di lavoro), l’accelerazione della spesa degli enti locali (Decreto Agosto) per le manutenzioni e la cura del territorio.

Più diritti (si vedano i positivi risultati portati a casa con il Decreto Semplificazioni): dalla riconquista di norme indebolite dallo “sblocca cantieri” al modello commissariale con obblighi di confronto con il sindacato, fino al Durc di Congruità, vittoria storica della Fillea su cui scrive Carla Cantone a pag. K.

Relazioni industriali maggiormente consolidate: si vedano il Protocollo con Ferrovie del 4 Novembre, per garantire sicurezza, diritti, rispetto del CCNL edile contro il dumping, le intese con Ministero dell’Istruzione e Ministero della Salute, la gestione dei CCNL come strumenti di politica industriale e salariale in grado di qualificare imprese, lavoro, mercato (vedi gli articoli sulle “code contrattuali” in edilizia a pag. X e la vertenza del CCNL Legno-Arredo, pag. Y).  Sapendo che niente c’è stato regalato.

Sapendo soprattutto che molto rimane da fare, per passare da una fase “difensiva” ad una stagione di grandi riforme, per allargare le nostre alleanze, per sfidare le aziende, per far assumere a tutti i nostri interlocutori istituzionali (nazionali e locali) l’obiettivo di fondo di una radicale trasformazione sociale ed economica.  

E’ dentro queste coordinate che dobbiamo leggere la nostra quotidiana azione politica e sindacale (si tratti di presentare il Rapporto 2020 sul sisma centro Italia o la battaglia toscana sul marmo), il merito delle proposte (di categoria e confederali), gli sforzi organizzativi ancora da compiere. Dal tesseramento e proselitismo (ancora troppo poco rappresentiamo in tutte le fabbriche, uffici, cantieri) alla contrattazione articolata, dal rafforzare il ruolo dei nostri delegati alla formazione dei dirigenti, su temi complessi (come quelli su cui scrivono Gorla e Merlo) e su quelli più ordinari (per cui 4 anni fa si è aperta la Scuola Sindacale Residenziale, vedi Feltrin a pag. V). Senza mai smarrire il filo rosso che ci fa essere “soggetti collettivi del cambiamento”. Senza mai dimenticare che è sul lavoro che si fonda la nostra Repubblica.

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