24.02.14 "Italiani brava gente. Anche se hanno in tasca una carta d`identità che racconta una nascita in un Paese lontano. Come Ioia Florin, operaio rumeno quarantasettenne, domiciliato a Pinerolo da diciassette anni. Torneresti in Romania? «Ci ho pensato. I miei amici che lavorano in fabbriche italiane me lo chiedono. Forse per la pensione. Ho moglie e un figlio di sette anni. L`Italia è un Paese meraviglioso». COsì inizia il viaggio nel congresso della Cgil intrapreso il 23 febbraio dall'Unità con Oreste Pivetta. In questo primo racconto la parola ai delegati, tra cui il nostro Ioia Florin, ingegnere romeno, operaio in cassa integrazione alla Trombini..
 
DA PINEROLO A MELFI, LA MILITANZA NEL SINDACATO È UN SEGNO DI IMPEGNO E DI DEMOCRAZIA IN UNA FASE DIFFICILE DEL PAESE

di Oreste Pivetta

24.02.14 "Italiani brava gente. Anche se hanno in tasca una carta d`identità che racconta una nascita in un Paese lontano. Come Ioia Florin, operaio rumeno quarantasettenne, domiciliato a Pinerolo da diciassette anni. Torneresti in Romania? «Ci ho pensato. I miei amici che lavorano in fabbriche italiane me lo chiedono. Forse per la pensione. Ho moglie e un figlio di sette anni. L`Italia è un Paese meraviglioso».
Ancora meraviglioso? Florin, delegato sindacale, lavorava in zona, in un gruppo un tempo leader nel campo dei pannelli in truciolato. Lavorava, una volta, perché è in cassa integrazione da diciotto mesi e la cassa integrazione l`ha sperimentata in tutte le forme, ordinaria, in deroga, straordinaria, ha frequentato corsi di formazione, spetta luglio per ritrovarsi in mobilità: «Gli ammortizzatori sociali? Come dare la morfina al moribondo: lo aiuta a morire un po` meglio».
Tristissimo. Ma non si può essere ottimisti? «Sempre più difficile». Però Ioia Florin ha alcune idee: intanto è europeista, anche se dell`euro forte - spiega lui - non se ne fa nulla dal momento che di euro in tasca non ne ha, poi sa che esistono vincoli alla spesa pubblica, ma crede anche che un pochino si potrebbe sforare, quindi un filo di inflazione, perché girino un po` di soldi... e i consumi interni si muovano, gli investimenti per le opere pubbliche, il taglio del cuneo fiscale... Cura pesante, un indirizzo preciso, un vero piano industriale, non le balle su quanto noi costeremmo o la fuga dove si pagano meno tasse... Sapienza di una classe ancora operaia.
Ma come si fa? Dove si pescano le mitiche "risorse"? Florin risponde: «Basta ancora poco perché in giro si scoprano solo capannoni vuoti e campi di grano, come mi capitava di vedere in Romania. Ci vuole un fondo per il lavoro, al quale contribuiscano tutti in proporzione, con equità: capisco che equità è una parola difficile, idealista, ma dobbiamo ritrovarla. Che tutti facciano la loro parte. Se mi chiedono cento euro sono pronto, anche se mi ritrovo a spasso. Chi può non ne dia mille, diecimila, centomila... soldi per investimenti pubblici, scuola, ricerca, ambiente. Così l`Italia ripartirebbe».
Il rumeno di Pinerolo, Ioia Florin, ci insegna che dovremmo riconoscerci come una comunità solidale, condividendo gli obiettivi. Parliamo di sindacato: «In fabbriche come la mia lo si vede come trincea prima della fine. Il sindacato ti può aiutare ottenere quanto ti spetta. Le polemiche: mi sembrano strumentalizzate, sterili se si pensa alla condizioni di tanti come me. Con la testa sono costretto ad andare oltre queste rivalità». «L`accordo del 10 gennaio garantisce i nostri diritti. Si sono tenute assemblee, chi ha voluto ha parlato, si è votato, il primo documento ha ottenuto più consensi. Secondo le regole, in piena libertà».
Un salto di mille chilometri, da Pinerolo a Reggio Calabria, su un treno della litorale jonica. Maria Cuzzopoli, trentuno anni, fa il capotreno per le Ferrovie dello Stato, Trenitalia. Come avrebbe visto Moretti capo anche dell`Economia oltre che dei treni? «Penso che a Trenitalia abbia fatto qualcosa di buono. Peccato che abbia deciso di fermare l`Alta velocità a Salerno, come se la Calabria non esistesse, e si sia dimenticato delle reti regionali». Però lei, il capotreno, ha un`occupazione sicura in una terra di disoccupati. Che farebbe per ridurre la disoccupazione? «Aiuterei le piccole e medie imprese, perché aumenti la capacità a competere...».
Ma un po` di miliardi sulle ferrovie li investirebbe? «Sì, qui c`è da rimettere in sesto il sistema dei trasporti, privilegiando quelli su ferro. La Regione è assente. Quando si sta in treno, si vedono correre poco distanti e in parallelo pullman su ullman. L`interesse maggiore va al trasporto gommato. Un interesse poco... ». Poco pulito? «Poco chiaro». Come mai lei, così giovane, è entrata nel sindacato? «Perché se si vuole cambiare qualcosa, ci si deve prendere qualche responsabilità.
Mi pare che i partiti siano ancora prigionieri di logiche di potere e invece mi pare che non lo sia il sindacato per la semplice ragione che il sindacato non può occuparsi solo di se stesso di fronte a chi pone problemi concreti, come capita noi delle ferrovie, a noi che siamo dei privilegiati di fronte a quanti lavorano, o perdono il posto, negli appalti o nelle aziende private di trasporto».
Visti dal «basso», cioè dal «Paese reale», il sindacato e la Cgil che va al suo congresso non sembrano soffrire una loro crisi. O la vivono insieme con prove di vitalità e di necessità. Il sindacato è ancora un riferimento? Quasi cinquecento chilometri a nord di Reggio è Melfi. Melfi è le fabbriche Fiat, è una lunga lotta per i diritti, in prima fila la Fiom. Antonio D`Andrea è appena uscito da un`assemblea. Discussione vivace, c`era anche Cremaschi. «Che ci siano opinioni diverse - dice D`Andrea - è prova di democrazia. Chi parla di scissione non si rende conto di quanto i lavoratori sentano il valore di un sindacato unito. Sanno che non esiste la Cgil senza la Fiom e che non esiste la Fiom senza la Cgil. Tutto si può far meglio. Si poteva far meglio anche l`accordo sulla rappresentanza. Ma se non si è uniti oggi, che prospettiva ci si dà? In una situazione del paese grave come quella che stiamo vivendo... Melfi, con Pornigliano, è stata al centro delle lotte dei metalmeccanici, ma anche il terreno delle prove di forza della Fiat, per cancellare il contratto nazionale, colpire i diritti, conquistare sempre più ampi spazi di comando. Abbiamo reagito. I lavoratori o hanno capito: finchè c`è la Fiom... Siamo stati per giorni e giorni sulle prime pagine dei giornali. Ora paghiamo il conto, con la Fiat che smantella, che ci assegna il montaggio della jeep, per un mercato che sarà di nicchia. Purtroppo la Fiat qui non ha mai investito sulla qualità e sulla tecnologia. Lo denunciava il nostro segretario laudio Sabattini dieci anni fa...». Chiedo anche a D`Andrea: e la politica? «La sentiamo lontana. La Fiat se ne va altrove nel silenzio dei ministri».
Grillo? «L`hanno votato. Poi il movimento si è squagliato come la neve al sole».  un «senso comune»: la politica che non c`è, la protesta, il voto di protesta, poi la delusione di fronte al`inconcludenza. «Ci sentiamo abbandonati», commenta Patrizia Bosi, metalmeccanica della Whirpool di Cassinetta. «Siamo sfiduciati. Non ci ascoltano dentro, non ci ascoltano fuori. Noi però non possiamo scappare. Paghiamo tutto», dice Elena Vanin della Safilo, in quel di Padova. Siamo tornati al nord, tra frigoriferi e occhiali ed altre crisi: Cassinetta si salva a spese di Trento, Safilo a spese degli stabilimenti friulani.
«L`abbiamo scampata», dice rassegnata Patrizia Bosi: è un dispiacere comunque conoscere la sorte dei colleghi trentini, i contratti di solidarietà tagliano i salari (milleduecento euro al mese con venticinque anni di anzianità) e i premi. Delegata alla catena significa ascoltare tutti i giorni gente che si lamenta, che protesta, che non ce la fa: «Il problema sono i salari, ma il problema è anche difendere i diritti e quindi la dignità della persona». Il sindacato cresce: «Credono che stiamo solo litigando.
Vorrei spiegare che, sindacalmente parlando, gli scontri ci devono essere: fanno bene. In assemblea sono venuti in tanti, il novanta per cento degli iscritti, molti erano a casa per via della solidarietà. La partecipazione rivela ancora fiducia nel sindacato, che a Cassinetta ha condotto una gran battaglia, cedendo su alcuni punti, contrattando ulla flessibilità, sugli orari, sulle retribuzioni, ma alla fine dimostrando che una multinazionale come la Whirpool può restare in Italia. Certo, una diversa fiscalità ci aiuterebbe...». «La sfiducia non è solo verso chi ci dovrebbe amministrare. Vale nche verso chi ci dirige in azienda. I sacrifici li stiamo facendo solo noi e pesanti. Loro, i dirigenti, difendono gli altissimi compensi»: Elena Vanin rivela la sua amarezza. «Ci battiamo contro una assurda rigidità nell`applicare il contratto. In Luxottica, la rivale, è tutta un`altra storia: fanno gli integrativi, Del Vecchio paga il dentista e persino i libri di scuola. Ci sono colleghi che vorrebbero mettersi in proprio, che ne hanno la capacità. Li fermano la burocrazia e il fisco. Il dramma è che i lavoratori si chiudono sulla difensiva». Che cosa chiederebbe al nuovo governo? «Un segnale forte e subito. Il primo punto: meno balzelli su di noi».
C`è poco da scoprire. Della delusione, della frustrazione, della preoccupazione si sa già tutto. La sorpresa è la presenza vitale, necessaria, del sindacato. La speranza viene ancora dal senso di responsabilità di chi lavora, paga le tasse, è pronto a pagarne ancora, è capace di costruire progetti, cultura, idee.

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