Rigeneriamo la città, il lavoro, la democrazia: questo è il titolo del "manifesto" approvato il 15 giugno dall'Assemblea Generale della Fillea,  che prevede un percorso di iniziative, approfondimenti, confronto a tutto tondo sui temi della sostenibilità.

 

RIGENERIAMO LE CITTÀ, IL LAVORO, LA DEMOCRAZIA.
Manifesto delle lavoratrici e dei lavoratori delle costruzioni.

LogoManifesto5Azioni 2023Il futuro del Pianeta, dell’Europa, del nostro Paese e delle nostre città o sarà ecologicamente e socialmente sostenibile o non sarà. Cambiare modello di sviluppo e ripensare il lavoro, cosa e come produrre e consumare sono scelte obbligate.  Tutti gli studi più seri e completi ci dicono infatti che abbiamo pochi anni per invertire la rotta di un modello di capitalismo che ci sta già condannando a crisi permanenti, cambiamenti climatici e ambientali disastrosi, guerre, tensioni sociali, economiche e politiche di portata devastante.  Le disuguaglianze sociali, ambientali, politiche sono giunte ad un livello tale che una “piccola rivoluzione” è ormai inevitabile. 

La stessa democrazia, per come l’abbiamo conosciuta in occidente, dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, è sempre di più un guscio vuoto e milioni di uomini e donne rischiano di essere spettatori passivi della propria sorte, tra solitudine, rassegnazione, paura, rabbia. 

Vittime al contempo delle scelte irresponsabili di pochi e della convinzione che non vi siano alternative possibili da organizzare, rivendicare e praticare. 

Eppure la tecnologia, le scienze, le risorse materiali, culturali e spirituali non mancano per impedire tutto ciò e per costruire modelli produttivi, sociali, politici in grado di “liberare” il lavoro dai suoi carichi eccessivi, da forme di alienazione e abbrutimento, facendo di più con meno tempo e sforzo, e così portare l’umanità in un nuovo “Rinascimento”, con al centro l’essere umano, i suoi diritti, la sua felicità. 

Con il lavoro e nuovi modi di produrre e consumare in grado di tornare ad essere strumenti di emancipazione, di nuove relazioni, di nuove forme di responsabilità e solidarietà, con meno merci e più servizi sociali alla persona, a tutela del territorio e dell’ambiente, della qualità delle relazioni.

Al riguardo come lavoratori e lavoratrici dei settori dell’edilizia, dei materiali e delle costruzioni assumiamo come strategici l’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile e la Strategia dell’Unione Europea per la giusta transizione (Green Deal).

Leve, impegni, condizioni fondamentali da agire anche per spingere il Governo nazionale, le imprese, le istituzioni locali, le forze politiche, sociali e culturali a compiere le scelte più giuste. 

Assumiamo come nostri quindi gli obiettivi, le politiche, le diverse strategie generali e settoriali e le specifiche azioni indicate dall’ONU e dalla UE in quanto le uniche in grado di assicurare un futuro possibile all’umanità, in una divisione internazionale del lavoro più giusta e solidale, dentro un modello di sviluppo alternativo a quello attuale, predatorio e non sostenibile.

Sta a tutte e tutti noi praticare queste agende, lottare per esse, realizzarle.  Ognuno per quello che può, ognuno consapevole di poter svolgere una funzione, nel grande o piccolo che sia. 

Con questa consapevolezza la Fillea Cgil vuole dare il proprio piccolo contributo, convinta che il settore delle costruzioni, il mondo del lavoro che rappresenta, una parte stessa del sistema imprenditoriale di nuova generazione e dei professionisti e tecnici, sono oggi più di ieri al centro di questa sfida: tra sostenibilità o mantenimento dello status quo, tra produzione di qualità o rendita, tra governo democratico delle tecnologie o ulteriore espropriazione di senso e passività, tra rammendo delle città e cura del territorio o ulteriore consumo di suolo, tra adattamento e mitigazione dei cambiamenti ambientali o mera rincorsa ai disastri naturali, tra lavoro liberato o ulteriore sfruttamento delle risorse naturali e dell’essere umano. 

Per questo proponiamo in questo “manifesto” : 5 azioni per la giusta transizione.  Cinque azioni che sono un programma di lavoro sindacale, politico e culturale per i prossimi anni, per accompagnare e orientare anche i cambiamenti necessari al modo di produrre e di lavorare nel settore delle costruzioni.  Cinque azioni che sono la base per una strategia di alleanze sociali, produttive e politiche in grado di generare reti di partecipazione sul territorio, per mettere il lavoro al servizio di un grande progetto di trasformazione e di giustizia.

Non giungiamo a questo appuntamento del tutto impreparati. In questo manifesto proviamo a raccogliere e sintetizzare, analisi, riflessioni, proposte che da anni vedono la categoria impegnata, direttamente o in rete con altri soggetti: da Legambiente ad ASVIS, dall’associazione Nuove Ri-Generazioni alle associazioni studentesche, da diversi comitati di quartiere ad esperienze cooperativistiche, fino all’interlocuzione con la parte più avanzata dell’imprenditoria italiana ed internazionale. 

Proposte che abbiamo provato e proviamo a declinare tutti i giorni nelle nostre scelte sindacali e contrattuali, politiche, organizzative.  Proposte che proviamo a mettere a disposizione di chi, con noi, vorrà confrontarsi, collaborare, costruire “vertenze” comuni, sfidando le rappresentanze datoriali, politiche, istituzionali ad un salto di qualità.  Proviamo ad offrire una visione di insieme degli interventi ritenuti da noi necessari e, al contempo, indichiamo in cinque azioni di sistema altrettante possibili iniziative – contrattuali, sindacali, legislative e politiche – da declinare anche in modo “indipendente” o a “geometrie variabili”. 

Ogni azione è in sé una rivendicazione, una richiesta, un processo che sotto intende una visione e su cui intendiamo cimentarci, interloquendo e interagendo con soggettività anche diverse tra loro. Ogni azione richiama infatti strumenti, sedi di confronto, modalità sia generali che specifiche. 

Per questo è nostra intenzione declinarle con specifiche proposte, iniziative e campagne, chiamando intellettuali, forze della cultura, imprese, amministrazioni locali, associazionismo, partiti politici e soggetti istituzionali – a partire dal Governo e dal Parlamento - ad un confronto a tutto campo. 

 

  • AZIONE 1 Serve una politica pubblica di medio periodo, chiara, sostenibile in termini finanziari, stabile nei riferimenti normativi e tecnici per garantire da qui al 2033 la massima efficienza energetica del costruito, in coerenza con le stesse indicazioni dell’Unione Europea a partire dalla Direttiva “Case Green”.  Direttiva che riteniamo di portata strategica, per la visione complessiva e di sistema che esprime (approccio integrato al quartiere), per gli obiettivi di efficienza energetica, salubrità degli ambienti, predisposizione al digitale e alla auto produzione e consumo che indica, e per gli strumenti che individua (a partire dai Piani nazionali di ristrutturazione degli edifici, strumenti finanziari di intervento diretto ed indiretto, fino al Passaporto dell’immobile e alla centralità della qualificazione dei lavoratori).  Servono infatti interventi diretti del pubblico e modalità di incentivazione privata, differenziando per condizione sociale, ubicazione urbana, esigenze individuali e collettive, indicando in modo chiaro priorità e tempi. Serve un ruolo attivo dei grandi player dell’energia, a partire dalle aziende partecipate dal pubblico.
  • AZIONE 2 Serve una politica per la produzione, il riuso e la resilienza dei materiali, serve una politica industriale per la riconversione verde delle costruzioni, con materiali sostenibili, riusabili, ad alta prestazione e con nuove tecniche costruttive, a maggior valore aggiunto e con maggiore contenuto tecnologico. Gli appalti pubblici devono diventare il motore della riconversione, contro ogni logica di competizione al ribasso (liberalizzazione dei subappalti) e per favorire qualità e resilienza. Gli incentivi privati devono essere rigorosi nelle condizionalità sociali e ambientali e fortemente selettivi.  Va assunta una strategia di intervento complessiva, in coerenza con le indicazioni della Commissione Europea contenute nel documento “Un percorso di transizione per le costruzioni” (2023). Occorre inoltre accelerare e implementare la politica dei vincoli di costo (i c.d. “dazi ambientali”) per i materiali extra europei non rispettosi delle norme ambientali minime stabilite dall’UE, destinando però le risorse rivenienti a progetti di riconversione ambientale delle produzioni in loco nei paesi terzi.  
  • AZIONE 3 Serve una politica per una rigenerazione urbana che sia rigenerazione sociale. Serve una nuova legge quadro per la pianificazione urbanistica coerente con i Piani Nazionali previsti dalle direttive europee e dagli obiettivi ONU, che valorizzi la funzione di programmazione delle Pubbliche Amministrazioni e relative competenze e che imponga il consumo di suolo zero, privilegi i piani di ristrutturazione integrati di distretto o vicinato come strumenti urbanistici ordinari per affrontare il più ampio ecosistema delle comunità (sul modello dell’esperienza dei PINQUA), con nuovi servizi di assistenza alla popolazione (si veda anche la proposta della Direttive UE sugli Sportelli unici per l’efficienza energetica), semplificazioni di alcune norme tecniche e soprattutto nuovi “oneri” di riqualificazione che vadano dall’obbligo di costituzione di comunità energetiche alla destinazione degli spazi ad uso sociale e per micro imprese del riuso, dal contribuire a forme di mobilità dolce alla de impermeabilizzazione di aree urbane, dalla predisposizione delle reti digitali e uso dell’intelligenza artificiale ad incentivi per forme di partecipazione popolare e di comunità in grado di interagire con gli algoritmi che pianificano i tempi e gli stili di vita urbani.
  • AZIONE 4. Serve una politica per la partecipazione popolare alle scelte di trasformazione dei propri quartieri e città, così come indicato e previsto dalle stesse nuove norme comunitarie e per cui dobbiamo attrezzarci per tempo se vogliamo essere protagonisti dei nuovi piani urbanistici fisici e digitali. Serve costituire e riconoscere vere e proprie consulte urbane, sostenute da competenze tecniche, da facilitatori sociali, in grado di co progettare la riqualificazione dei quartieri, promuovere forme di gestione pubblica degli spazi comuni, alimentare nuova occupazione di prossimità come alternativa strategica ad una divisione internazionale del lavoro che, per effetto delle trasformazioni tecnologiche, rischia altrimenti di consegnarci divari sociali e occupazionali enormi, con pochi lavoratori super specializzati e masse di lavoratori poveri, “neo servi”, emarginati ed intermittenti. E dentro le consulte urbane il sindacato vi deve partecipare come soggetto animatore, di confronto e di promozione di reti tra lavoratori, cittadini, pensionati, comitati, inquilini, ambientalisti, femministe, studenti, mettendo a disposizione anche le proprie conoscenze professionali, legislative, ecc.
  • AZIONE 5. Serve un lavoro rigenerato. Non solo nuova occupazione legata ai bisogni di cura delle persone e del territorio, ma riconversione professionale e formazione sulle nuove tecniche costruttive e i nuovi materiali di centinaia di migliaia di lavoratori, garanzia di crescita professionale e di carriera, salari adeguati, salute e sicurezza garantiti,  orari rimodulati a garanzia di una formazione permanente degli operai, tecnici, impiegati, professionisti chiamati a “farla concretamente” la rigenerazione fisica delle nostre città. Con aziende sempre più specializzate nel rammendo e nella cura del territorio e dei quartieri, con profili tecnici, organizzativi e professionali profondamente diversi, con la formazione permanente come “nuovo articolo 18” parte integrante del nuovo modello produttivo. Queste devono essere le priorità di tutto il sistema delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva, nazionale e di secondo livello e dello stesso sistema bilaterale (a partire dal rilancio delle scuole edili).

Un sistema di relazioni industriali, politiche per la qualificazione dei lavoratori e delle imprese, sono precondizioni del resto indicate esplicitamente nelle strategie ONU e nelle nuove direttive Ue per una giusta transizione e per uno sviluppo sostenibile (che è tale solo se riduce le disuguaglianze e mette il lavoro, la sua qualificazione, i saperi e le conoscenze al centro dei nuovi processi produttivi, come indicato anche dal rapporto finale “Competenze e posti di lavoro di qualità nelle costruzioni nel quadro del Green Deal europeo e delle riprese post Covid” realizzato da Just Transition Center e dalla EFBWW, la Federazione sindacale Europea dei lavoratori delle costruzioni e del legno).

Azioni che devono vedere il sindacato come un soggetto vertenziale a tutto tondo: 

  • vertenziale verso il Governo, le amministrazioni locali, le imprese per rivendicare politiche e risorse funzionali alle azioni indicate
  • vertenziale verso le comunità locali che vanno attivate, ascoltate, coinvolte e financo organizzate nei loro bisogni, espressi o latente
  • vertenziale nella costruzione di alleanze con le energie disponibili a livello europeo, nazionale e locale. 

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