Legge Delega Appalti: la clausola sociale sarà la prova del nove di questo Governo. Lettera aperta di Alessandro Genovesi ai Deputati della Repubblica, pubblicata dal quotidiano Il Manifesto.                     

Cari Deputati della Repubblica, mai come oggi – in questo contesto economicamente e socialmente così complesso – la legge Delega sul nuovo Codice degli appalti rappresenta la prova del nove di questo Governo e di questa maggioranza ove convivono culture politiche tra loro assai diverse. Si riuscirà a tenere insieme la disponibilità di ingenti risorse pubbliche (anche al fine di evitare il rischio recessione) con la trasparenza e qualificazione della pubblica amministrazione, del sistema delle imprese e la valorizzazione del “buon lavoro”?

Al riguardo al Senato vi sono stati, rispetto alla versione proposta dal Governo, significativi miglioramenti: a partire dall’obiettivo di una maggiore qualificazione delle stazioni appaltanti e dal ruolo dell’Anac (Banca Dati Nazionale e fascicolo virtuale dell’operatore) che qualcuno voleva depotenziare, fino alla conferma di importanti tutele verso i lavoratori, tutele conquistate anche grazie alla mobilitazione dei sindacati (inderogabilità delle norme contro il lavoro nero – leggasi Durc di congruità, per esempio – centralità dei contratti nazionali di lavoro, parità di tutele tra lavoratori in appalto e lavoratori in sub appalto, ecc.). Soprattutto per la prima volta si è esplicitamente previsto che i costi della manodopera (cioè le tutele salariali, ma anche normative) non potranno più essere oggetto di ribasso. Una richiesta storica di CGIL, CISL e UIL che ha trovato importanti alleati in Parlamento.

Il segnale dato dalla Camera Alta è stato chiaro: non si compete più comprimendo diritti e salari, ma sulla capacità di organizzare meglio l’impresa, essere più innovativi e sostenibili ecc. 

Eppure come in una sorta di romanzo gotico, al contempo permangono nella legge delega alcuni punti oscuri su cui chiediamo alla Camera dei Deputati (cioè quel Parlamento che questo “governo dei migliori” sembra ogni tanto soffrire nelle sue potestà e prerogative) di intervenire: prima fra tutte l’obbligatorietà (e non la mera possibilità, che non sono ovviamente la stessa cosa) delle clausole sociali, cioè di quel principio giuridico per cui negli appalti (e nei cambi di appalto) si deve sempre partire dalla tutela di chi quei lavori o servizi, in carne ossa e materialmente, garantisce e che dovrebbero essere “scontata” se la scelta del legislatore è quella di usare gli appalti pubblici (e quindi le risorse pubbliche, siano esse quelle del PNRR, dei Fondi Comunitari o delle risorse ordinarie), anche per favorire imprese di qualità ed innovative, una crescita del Paese. 

Così come una parola chiara va detta sulla trasparenza (vero antidoto alla corruzione e alle infiltrazioni): non è possibile continuare ad assegnare appalti con affidamenti diretti o procedure negoziate dove poi sono sempre le stesse imprese a vincere. Lo dice il buon senso (una competizione trasparente, per di più non basata sulla mera riduzione dei costi, aiuta i processi di innovazione, di crescita dimensionale, ecc.) e lo dice anche la Commissione Europea. Quella stessa Commissione Europea che non può essere chiamata in causa solo quando fa comodo. La Camera ci faccia tornare un “paese normale” su questo punto: non un Paese che per fare le cose ha bisogno o di nominare centinaia di commissari o di andare in deroga permanentemente facendo dell’ordinaria amministrazione un’emergenza continua. 

Ecco come il Senato ed i partiti che operano nelle istituzioni hanno dimostrato di poter svolgere una funzione anche di importante ed incisiva modifica dei testi governativi. Ora faccia altrettanto la Camera dei Deputati. Anche in questo modo, rispondendo ai bisogni di un sistema degli appalti pubblici che premi e tuteli il buon lavoro, si ricostruisce senso politico, si da valore alla partecipazione e alle istituzioni. Si dimostra di stare accanto a quel paese reale, fatto di bravi e onesti amministratori pubblici, imprese corrette, lavoratrici e lavoratori che mandano “avanti” la carretta.

Alessandro Genovesi 

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