Sulla stampa di oggi le interviste ad Alessandro Genovesi sulle novità emerse dall'incontro sindacati-Ministero Lavoro e sulle ragioni dello sciopero generale proclamato da Cgil e Uil.           

Alessandro Genovesi spiega al quotidiano Il Manifesto le ragioni dello sciopero Cgil e Uil di oggi ore contro le morti sul lavoro: «Serve cambiare il sistema degli appalti e un modello di impresa che si deresponsabilizza» e sull'incontro sindacati-ministero lavoro, soddisfatto dei primi cedimenti da parte della ministra: «parità di trattamento per i lavoratori in subappalto», ma ancora c'è molto da fare.

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L'intervista de il Manifesto, di Massimo Franchi

D. Oggi Cgil e Uil scioperano quattro ore contro le morti sul lavoro. La protesta è stata indetta dopo la strage di Firenze e voi e la FenealUil farete otto ore. Neanche i più pessimisti potevano pensare che alla vigilia dello sciopero accadesse un'altra strage come quella di Suviana.

R. Aldilà di Suviana, come Firenze o Brandizzo, con le differenze del caso, il tema non è solo appalti e subappalti ma anche quali investimenti, quale manutenzione, quali lavori vanno re-internalizzati. Quello che non funziona è un modello di impresa che si deresponsabilizza sempre di più, con il lavoro fattore di competizione al ribasso. Gli infortuni sono frutto di modelli organizzativi sbagliati, carichi eccessivi, scarsi investimenti.

D. Voi siete il settore più colpito dagli infortuni. Con quale spirito andate in piazza?  È importante la solidarietà che i lavoratori degli altri settori vi dimostrano scioperando?

R. Lo sciopero non è di solidarietà agli edili, ma uno sciopero confederale dei settori privati perché i morti sono nei cantieri, fabbriche, campi, logistica. Aumentano infortuni e malattie professionali che non fanno notizia ma cambiano radicalmente la vita a migliaia di persone. Sicuramente in edilizia, ma direi negli appalti privati, vi è maggiore concentrazione di infortuni e sfruttamento, a cui si aggiungono rischi specifici e una deregolamentazione che è stata favorita come leva competitiva sin dal 2003, quando fu abrogata la parità di trattamento economico e normativo dei lavoratori lungo la filiera degli appalti e che solo recentemente stiamo riconquistando.

D. Altra coincidenza: questa mattina il governo vi ha convocato sul decreto che prevede la «patente a crediti». Calderone ha acconsentito a qualche modifica positiva?

R. Dobbiamo vedere i testi ma avanzamenti frutto della mobilitazione ci sono e non a caso le aperture arrivano il giorno prima del nostro sciopero. In particolare dopo aver riconquistato nel 2021 la parità di trattamento economico e normativo e stesso contratto nazionale negli appalti pubblici, tra lavoratori in appalto e lavoratori in subappalto, se riuscissimo ad estenderla nel privato con il riferimento ai contratti nazionali firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, sarebbe una vittoria importante. Ci riprenderemo 20 anni dopo quello che la legge Biagi ci tolse. Una vittoria di Cgil e Uil che su questo sono stati coerenti dall'inizio e che ridurrà la possibilità di fare subappalti solo per risparmiare su salari e sicurezza. Potrebbe anche essere accolta la proposta di allineare a 70 mila euro nel privato la soglia per cui, in caso di congruità negativa, è sanzionato anche il committente. Non ci siamo invece sulla patente a crediti che per noi andrebbe generalizzata e che così come è, viene dal governo addirittura rimandata a un decreto successivo e solo per i cantieri. Inoltre il governo non estende il divieto di ribasso sui costi della manodopera e sicurezza, previsto negli appalti pubblici, al privato. Per questo incassiamo gli avanzamenti, ma andiamo avanti perché mancano ancora molti interventi e confermiamo lo sciopero. A dimostrazione che le belle parole contano, ma con questo governo mobilitazioni e consenso contano di più.

D. Voi continuate a contestate il governo, in primis le modifiche di Salvini al Codice appalti.

R. Grazie agli accordi fatti in passato e grazie alla buona legge delega, il decreto attuativo il Codice degli Appaltiha dovuto riconoscere le tutele conquistate. Dalla congruità al divieto di ribassi su manodopera e sicurezza alla parità di trattamento. Quindi il governo, per "non disturbare le imprese", ha provato a rendere più difficile la concreta applicazione di quelle tutele. Da qui il subappalto «a cascata» di Salvini. Ma il sindacato è in campo e stiamo contrastando il subappalto a cascata come dimostrano le intese sul Giubileo a Roma, a Bologna, a Firenze e altre.

D. La battaglia per la sicurezza è più normativa o culturale? Inasprire sanzioni o introdurre il reato di omicidio sul lavoro basterebbe?

Se il tema è il modello di impresa servono più leve: culturali, politiche, normative. Tutto ciò che qualifica l'impresa, che fa da deterrente (perché vi è certezza della pena) e alza la legalità va fatto. Le imprese serie che investono in formazione e in tecnologie vanno aiutate sbattendo fuori i «furbetti del cantierino».

D. Anche domani la Cisl ha deciso di non scioperare, su una linea filo governativa con una spaccatura grave e inedita anche nel vostro settore.

R. La Cisl sbaglia, pensando che non sia possibile tenere insieme rivendicazioni, trattative e lotte per spostare in avanti i rapporti di forza. Questo governo poi non è propenso ad assumere gli interessi dei lavoratori come centrali e la qualità delle relazioni lo dimostra. Noi lavoriamo comunque sempre, a partire dai nostri settori, per una possibile azione unitaria almeno su singoli punti.

D. Il 25 aprile il manifesto ha rilanciato l'importanza della manifestazione di Milano a 30 anni da quella contro il primo Governo Berlusconi per evitare che in Europa vincano partiti neofascisti e loro amici.

R. Io sarò a Milano contro questa destra pericolosa, nel mondo, in Europa e in Italia. È a rischio non solo un possibile modello di sviluppo socialmente e ambientalmente più giusto, ma la democrazia. E le sfide di oggi, dalla guerra al cambiamento climatico, necessitano di più democrazia. Vanno fermati a tutti i costi e questa convinzione deve valere sopra ogni cosa. Vale per le forze sociali, vale per le forze politiche.

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