Caldo estremo, cantieri a rischio. Il nuovo appello della FIllea. Giulia Bartoli: serve urgente intervento normativo da parte del Governo, non possiamo più rincorrere l'emegenza.
“Se non cambiamo modalità organizzative e protettive per chi è direttamente esposto al sole, aumenteranno notevolmente sia il rischio del colpo di calore, e quindi di un infortunio (spesso mortale), sia il rischio di malattia professionale”. A distanza di un mese, la Fillea torna a chiedere al Governo un intervento normativo urgente a protezione delle lavoratrici e dei lavoratori dai fenomeni di caldo estremo.
“Nelle ore più calde non possiamo più rincorrere l’emergenza. Da alcune amministrazioni locali sono arrivate le prime ordinanze che vietano il lavoro sopra i 35 gradi, ma non basta”, afferma la segretaria nazionale Giulia Bartoli, che chiede al governo “un intervento normativo serio e strutturale per riconoscere definitivamente agli operai edili e del lapideo l’accesso alla cassa integrazione per eventi climatici, fuori dal contatore delle 52 settimane massime attualmente previste. Ciò consentirebbe tutele automatiche per tutti i tipi di lavoratori, dipendenti e autonomi, e obbligherebbe le imprese a rimodulare orari e carichi di lavoro, attraverso specifici accordi con le RSU e le OOSS, con particolare attenzione alle piccole aziende, dove difficilmente si riesce a fare accordi”.
Inoltre “le stazioni appaltanti potrebbero contribuire a mitigare il rischio, prevedendo eventuali ritardi nella consegna dei lavori in caso di interruzione per eventi climatici estremi e nelle situazioni più pericolose, sospendendo le attività più a rischio, con l’automatica accoglienza delle domande di Cigo da parte dell’INPS”.
Per la Fillea, interventi tampone come quello dello scorso anno non possono bastare "servono subito norme ad hoc e un’integrazione al d.lgs 81/08 con chiare assunzioni di responsabilità del datore di lavoro e dei responsabili alla sicurezza di definire previsioni specifiche e vincolanti nei documenti alla sicurezza e, conseguentemente, nell’organizzazione del lavoro, nei sistemi di protezione e nella programmazione della sorveglianza sanitaria”.
Per la segretaria Fillea la percezione del rischio da esposizione al caldo è ancora molto bassa, per questo "si rende necessaria una maggiore formazione e informazione. Precarietà e vulnerabilità non aiutano. Spesso i datori di lavoro, rincorrono i tempi e concorrendo sui costi, non prevedono l'aumento delle pause, pertanto non garantiscono la disponibilità di acqua potabile vicino alle postazioni, oltre ad aree ombreggiate dove riposarsi. Tutti obblighi già presenti nel Testo unico del 2008 e ricordati periodicamente dall’Inps che se messi in pratica potrebbero sicuramente ridurre il rischio”.
E mentre si attende che il Governo batta un colpo, su spinta delle nostre strutture locali, in molti territori sono stati sottoscritti e già operativi accordi con le istituzioni locali. Intanto, come negli anni scorsi, nei luoghi di lavoro, in particolare nei cantieri e nelle cave, è in distribuzione il materiale informativo sui rischi da colpi di calore in italiano, albanese, arabo, francese, inglese, romeno.