26.02.14 Care compagne, cari compagni è ancora con emozione che vi saluto e vi ringrazio, per la strada che abbiamo percorso insieme in questi quattro difficili anni, per la fatica quotidiana e per il contributo, diverso, ma egualmente importante, che ognuno di noi ha saputo, potuto e voluto dare, alla Fillea, alla Cgil, ai lavoratori che abbiamo l'onore di rappresentare.
Iniziando la mia relazione saluto con piacere tutti i nostri ospiti, la Filca Cisl, la Feneal Uil, le Associazioni Datoriali, i Direttori degli enti, la Provincia di Torino nella persona dell'Assessore Carlo Chiama, la CdL di Torino, la Fillea Nazionale, la Fillea Regionale e tutti i nostri invitati.
Un saluto particolare ai tanti delegati e componenti di direttivo che oggi non sono presenti al nostro congresso perchè hanno pagato, come molti altri nostri iscritti e
lavoratori, il prezzo della crisi, perdendo il posto di lavoro. A tutti loro il nostro ringraziamento, la nostra solidarietà e il nostro augurio di una rapida ricollocazione,
nonostante le difficoltà del momento.
Il 4°Congresso Provinciale della Fillea Cgil Torino
Era il 26 febbraio 2010, quando celebravamo il nostro 3° congresso, sempre qui al Centro Incontri Edilscuola, di fronte ad una platea importante come quella di oggi. Lo slogan di allora era "Il futuro del Lavoro, sostenibile, sicuro, legale, di qualità, con la Fillea per costruirlo insieme".
Oggi 26 febbraio 2014, una voluta combinazione di date, ci ritroviamo qui, probabilmente a celebrare per l'ultima volta in questo luogo il nostro congresso, considerata la riorganizzazione logistica dei nostri enti e la possibile alienazione di questo centro, al quale siamo molto affezionati.
Dallo slogan del nostro 3° congresso 2010, a quello del 4° congresso della Fillea Torino: "Sostenibilità e legalità, territorio e case sicure, lavoro regolare e buona contrattazione, CITTA' FUTURE". Molte analogie nei due titoli, ed in queste similitudini la vocazione della nostra categoria, guardare al futuro ponendo al centro i diritti, le tutele, la contrattazione, il lavoro e lo sviluppo sostenibile.
"Citta' Future" dunque e, cercando di rappresentarle graficamente con un'immagine vicino a noi, ecco la sintesi nella facciata del nostro invito: la Mole Antonelliana, il simbolo di Torino.
Nella sua antica maestosità, tradizione e cultura si fondono in un tutt'uno con la realtà attuale di un patrimonio edilizio da rivalutare, con il bisogno di recuperare spazi e vivibilità, senza cementificare ulteriormente. Ma questa è anche l'immagine che fotografa il degrado sociale che le tante crisi di questi anni ci hanno lasciato. Nella nostra provincia, nel settore delle costruzioni, lo scenario è lo stesso del resto del paese, i numeri delle casse integrazioni, delle mobilità, delle chiusure delle aziende, sono sotto gli occhi di tutti. Ma nelle tante crisi di questi ultimi anni, assumono un ruolo primario e devastante quelle di carattere sociale, politico e ideologico, dei valori, contaminando quotidianamente e profondamente il morale e la fiducia nel futuro.
Sandro Pertini diceva: "un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perchè non sa come mantenere i suoi figli ed educarli, sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma questa non è libertà, perchè la libertà senza giustizia sociale è una conquista vana." Non ci sono ricette politiche ed economiche, non ci sono uomini nuovi per farci uscire da queste "crisi". Ci dovrebbe essere solo la voglia di scuotersi e di riprendersi quelli spazi di democrazia, per troppo tempo delegati a chi con ricette facili e demagogiche ha causato il declino del paese a vantaggio degli interessi di pochi. Arriviamo a questa giornata con una consultazione difficile, non solo per le nostre contraddizioni interne che cominciano ad essere non più tollerate dalla nostra base. Mobilità, casse integrazioni, maltempo, sono stati da ostacolo alla consultazione dei nostri iscritti.
Spesso nelle assemblee, come del resto è giusto che sia, perchè per ciascuno di noi il problema più grande è il proprio, i lavoratori ci hanno chiesto di rafforzare le tutele individuali, di essere più vicini ad un mondo del lavoro così frammentato e precario che rischia di mettere in discussione quanto faticosamente si è conquistato in questi anni.
Il messaggio è chiaro: crisi e riforme del mercato del lavoro hanno indebolito l'azione e la contrattazione collettiva, che non rispondono più al mondo del lavoro dipendente se non si accompagnano ad un'azione sindacale volta a rafforzare la tutela individuale. Sono state 100 le assemblee svolte nei 5 collegi della nostra provincia e i lavoratori iscritti consultati sono stati oltre 1600, il 25% in più rispetto la precedente tornata congressuale.
Nella mia relazione allo scorso congresso, affermavo che la democrazia e il pluralismo rappresentano il valore aggiunto della Cgil. Certamente rimango di questa idea, ciò non toglie che sia necessario rivedere le nostre regole interne, altrimenti il pluralismo non minoritario, ma minimale, finisce per prevalere sull'aspetto democratico che ne sta alla base.
Il risultato congressuale della Fillea Torino credo si rispecchi in questa valutazione: il documento "Il lavoro decide il futuro", prima firmataria Susanna Camusso, ha eletto 84 delegati, mentre il documento alternativo "Il sindacato è un'altra cosa", primo firmatario Giorgio Cremaschi, non ha eletto nessun delegato.
Questi sono numeri, fondamentali perchè contribuiranno ad eleggere i vari livelli della nostra confederazione, ma che si sposano con i contenuti dei 10 punti, le 10 azioni, del documento Camusso.
La crisi, il mondo che cambia
Era il 15 settembre del 2008, quando veniva annunciato dai giornali statunitensi il fallimento della Lehman Brothers. Questa non fu la causa principale della crisi, ma il momento in cui divenne chiaro che essa avrebbe raggiunto proporzioni globali. Sia gli Stati Uniti che l'Europa, si affacciavano a questo evento senza ancora coglierne la misura.
Si comprendeva solo che non sarebbe stata breve, che avrebbe lasciato il segno sulle casse delle aziende e dei risparmiatori, ma non si capivano le ricadute sull'economia tradizionale basata sulla crescita senza fine e sulla produzione continua, soprattutto nella fragile Europa. Il resto è cosa nota.
L'Organizzazione Internazionale del Lavoro ci fornisce questo scenario globale al 2013:
• 202milioni di disoccupati, pari al 6% su scala mondiale;
• 23milioni di persone hanno abbandonato il mercato del lavoro;
• la disoccupazione giovanile sale al 13%;
• 74,5milioni di disoccupati sotto i 25 anni.
In zona Eurostat il tasso di disoccupazione è pari al 12,1%, in aumento rispetto lo scorso anno. In numeri sono oltre 19milioni di disoccupati, 67mila in più rispetto al 2012. In Italia il 2013 ha prodotto 293mila disoccupati in più del 2012,+ 10%.
In totale sono oltre 3.200.000 pari al 12,7%, mentre i giovani in cerca di lavoro sono 659mila. Le ore di cassa integrazione nel 2013 hanno superato il miliardo.
In Piemonte i disoccupati sono 195mila, pari al 9,8%. Nella Provincia di Torino, fonte ISTAT, nel 2012 erano 103mila le persone senza lavoro, quasi il 10%, in aumento di 7mila unità rispetto l'anno precedente, mentre gli occupati, 947mila, sono circa 4mila in meno.
Il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15 e i 24 anni, aumenta di 5 punti e mezzo, assestandosi al 33,9%. Passiamo alla cassa integrazione. Ecco le ore autorizzate nel 2013, nella nostra provincia, nel comparto costruzioni:
• Cig ordinaria 3.421.134, erano 2.828.752 nel 2012
• Cig straordinaria 1.888.636, erano 1.996.582 nel 2012
• Cig in deroga 1.209.573, erano 1.198.347 nel 2012
In conclusione le ore di Cig Totali sono nel 2013 6.519.343, erano, nel 2012, 6.023.681, l'8% in più. In ultimo i dati, certificati della Cassa Edile di Torino: la massa salari denunciata, da €203.659.000 del 2012, scende a €174.907.000 del 2013, -14%. Nel 2010, le media mese imprese era di 3.851, per gli operai 16.037.
A novembre 2013 la cassa edile registrava 2.777 imprese, -28% e 10.896 operai, -32%.
Dal 2008 la media mensile operai è calata di oltre il 35,5%, quella delle imprese del 30,5%, mentre le ore ordinarie sono diminuite di oltre il 40%.
Ancora qualche numero, per avere ancora più chiaro lo scenario nazionale.
Dal 2008 il PIL perde 1 punto l'anno, i posti di lavoro sono diminuiti di oltre 1milione e mezzo, gli investimenti calano di 3,6 punti l'anno.
Per parlare di ripresa, cioè di fase pre-crisi, avremo il recupero del PIL nel 2026 -13 anni, dell'occupazione nel 2076 –63 anni, della produttività nel 2017 –4 anni, degli
investimenti 2024 -12 anni, dei salari reali "mai". La situazione è drammatica e nello stesso tempo paradossale.
Viene da domandarsi, ma la ricchezza dov'è? Nelle mani dell'1% dei più ricchi al mondo ci sono 110mila miliardi di dollari, il 46% della ricchezza globale. In Italia la ricchezza privata è più grande di quella dei francesi e dei tedeschi.
Secondo Bankitalia il 10% degli italiani possiede il 50% della ricchezza privata di tutto il paese; tra immobili, denaro sui conti correnti e denaro investito siamo a 9miliardi di €, 5 volte il debito pubblico nazionale. Quindi ricapitolando, il debito pubblico è di tutti, la ricchezza è di pochi.
Considerando che la pressione fiscale sui grandi patrimoni è diminuita di 4 punti negli ultimi 10 anni, altra domanda scontata e banale, chi stà facendo i sacrifici per
risanare il paese?
A chi chiediamo di farli, ancora ai lavoratori dipendenti, modello Electrolux (mi scusino gli ospiti interessati, mi viene da dire modello ANCE, con 60€ di aumento contrattuale proposti a partire dal 2015), magari omettendo di dire che i lavoratori italiani lavorano 350 ore l'anno in più dei colleghi tedeschi, ma guadagnano mediamente 15mila € annui in meno?
Oppure ai pensionati, agli autonomi e alle imprese che chiudono per pagare le tasse o perchè le pubbliche amministrazioni, al di fuori di tutte le normative europee, pagano con mesi, quando non sono anni, di ritardo?
Le nostre proposte
Siamo nel pieno della crisi più grave e profonda che il Paese attraversa dal dopoguerra ad oggi. Una crisi che nasce dal primato del sistema finanziario e monetario e dall'affermarsi di scelte politiche che hanno reso possibile uno sviluppo delle attività finanziarie senza limiti e regole, che svalorizza il lavoro e riduce
l'occupazione.
La CGIL in questi anni ha lavorato per ottenere una diversa politica economica e sociale, per contrastare le tendenze più negative a cui il Paese era ed è sottoposto. Oggi la priorità della nostra azione è il lavoro.
Servono interventi anticiclici orientati a far crescere la domanda, oggi bloccata dalle politiche di rigore e austerità.
In Europa c'è bosogno di politiche industriali e infrastrutturali comuni, più coesione sociale, superando il Patto di Stabilità con una strategia d'insieme sulla politica industriale e un'efficace tassa sulle transazioni finanziarie internazionali.
Una “imposta sulle grandi ricchezze”, che agisca sui patrimoni finanziari e immobiliari superiori agli 800mila € e, una vera lotta all’evasione e all’elusione fiscale. E ancora sostegno fiscale alle famiglie, un sistema di tasse ambientali che disincentivi il consumo di combustibili fossili e agevoli gli investimenti in fonti rinnovabili, rendere stabili e definitive le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni e il risparmio energetico.
Le manovre sulle pensioni dei governi Berlusconi e Monti-Fornero, hanno prodotto un sistema previdenziale tra i più rigidi ed iniqui d’Europa.
Presentate come a favore dei giovani, quelle manovre hanno in realtà penalizzato soprattutto questi ultimi. Per questo bisogna intervenire nuovamente e risolvere in via definitiva l’emergenza dei lavoratori esodati, ripristinando la flessibilità dell’età pensionabile, garantendo ai giovani, alle donne e ai lavoratori precari, una pensione adeguata. Eliminare le penalizzazioni oggi esistenti per i lavoratori precoci a cui va riconosciuto il diritto di accesso alla pensione con il solo requisito dei 40 anni di contributi. I lavori non sono tutti uguali e gli attuali coefficienti attuano un concetto di solidarietà al contrario, dando di più a coloro che, in virtù delle condizioni di vita e del lavoro svolto, hanno una maggiore attesa di vita.
In questo, i lavoratori del nostro settore continuano ad essere i più penalizzati.
Bisogna inoltre riformare il sistema di governance degli Enti previdenziali (stendiamo un velo pietoso sui Mastrapasqua di turno) e rilanciare la previdenza complementare.
Occorre valorizzare l'istruzione e la ricerca pubblica, innalzare l'obbligo scolastico a 18 anni, finanziare le politiche per il diritto allo studio e realizzare il diritto all'apprendimento permanente, specie in questo momento di grandi uscite dall'occupazione stabile. Le riforme istituzionali vanno fatte e subito, ripristinando il potere di scelta degli eletti da parte degli elettori e delle elettrici, mentre sul piano della spesa, va superata la pratica dei tagli lineari, garantendo contestualmente la lotta agli sprechi ed alla corruzione. Occorrono investimenti per diminuire le gravi carenze infrastrutturali, con il concreto sostegno da parte delle grandi aziende a partecipazione pubblica.
Il territorio rappresenta un fattore di competitività. In tal senso il riassetto idrogeologico e la manutenzione, la bonifica delle aree industriali dismesse, la messa in sicurezza e la valorizzazione del patrimonio paesaggistico, artistico ed archeologico, così come la messa in sicurezza dal rischio sismico del patrimonio edilizio, sono priorità.
In questo contesto, la definizione di un concreto piano strategico infrastrutturale, come nel campo della mobilità sostenibile, sia privata che pubblica, la gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti, la casa, devono costituire l'asse di una nuova politica urbanistica fiscalmente sostenuta, fondata sull'innovazione, sul recupero e la ristrutturazione.
Le banche, colpevoli come e più di altri del declino del paese, devono agire a supporto dell’economia reale tornando ad erogare credito ad imprese e famiglie.
Occorrono poi forti investimenti nelle politiche attive del lavoro, per garantire ai lavoratori coinvolti dalle crisi aziendali e settoriali, sia forme di sostegno al reddito che piani mirati alla ricollocazione e riqualificazione.
Una riforma degli ammortizzatori sociali, che ne preveda l'estensione a tutte le tipologie di impiego e di impresa, quindi realmente universale. La negativa esperienza della giunta Cota è l'esempio di come in materia di inclusione sociale bisogna fare molto su assistenza alla persona, povertà, infanzia, non autosufficienza, per ricostruire una vera universalità nel campo delle politiche sanitarie. Milioni di persone rinunciano a curarsi per l’eccessivo peso dei ticket che, anziché favorire un corretto utilizzo della sanità, hanno generato iniquità, e che vanno quindi superati.
Così come in materia di studio serve una legge quadro che garantisca l'effettiva gratuità per tutto il percorso dell’obbligo, non come nella situazione attuale in cui le
famiglie devono scegliere se dar da mangiare ai propri figli la carne una volta alla settimana, oppure comprare i libri per la scuola.
Bisogna cancellare la Bossi-Fini, costruendo una modalità efficace di governo degli ingressi, una nuova qualità dell’accoglienza e della gestione del diritto di asilo per profughi e rifugiati, cancellando il reato di immigrazione clandestina.
Gli svizzeri ci hanno ricordato, attraverso un recente referendum, che anche noi italiani siamo immigrati; probabilmente la storia, ripetendosi, ha ancora molto da insegnare.
Anche sul piano dei diritti civili sono necessarie innovazioni legislative che diano piena dignità e pari diritti alle persone, garantendo la libertà di espressione e contrastando ogni forma di discriminazione e violenza, soprattutto riguardo alle donne.
Nella contrattazione riaffermare il valore e la funzione universale dei CCNL significa avviarne una riforma profonda. La scelta strategica che indichiamo è il graduale accorpamento e la semplificazione dei CCNL esistenti per giungere, in prospettiva, alla loro significativa riduzione.
Inquadramento, orari, diritti universali, questo il contenitore delle condizioni di coesione all'interno di ciascun settore, omogeneità di filiera, affinità del mondo del lavoro, valore del mercato di riferimento. Con questa scelta è possibile contrastare la moltiplicazione dei contratti e il dumping contrattuale indotto dalla stessa scomposizione della rappresentanza associativa d’impresa.
I rinnovi di tutti i contratti nazionali del nostro settore, fatto salvo l'edilizia industria, testimoniamo questa difficoltà del sistema associativo datoriale, attraverso le mille contraddizioni che si aprono, nella governace e nel futuro del nostro bilateralismo e non solo. La funzione generale e solidale dei CCNL e il diritto al loro rinnovo per garantire reddito, potere d’acquisto delle retribuzioni, tutele, non derogabilità dei diritti. E' necessario riqualificare la contrattazione di 2° livello, il governo degli orari di lavoro, la contrattazione sociale per agire sul potere d'acquisto di salari e pensioni, sulle condizioni di vita, che si difendono anche con l'allargamento dei servizi sociali, socio sanitari e di pubblica utilità.
Sia a livello nazionale che decentrato, occorre ricondurre a lavoro subordinato, nelle modalità previste dai CCNL, i rapporti di lavoro fondati sulla precarietà e sulla irregolarità. Sviluppare la bilateralità di emanazione contrattuale, come nel settore edile, rappresenta una opportunità da cogliere quale strumento di erogazione di istituti contrattuali e prestazioni non sostitutive dei diritti universali, su salute, istruzione, previdenza. Il lavoro fatto a Torino con l'accorpamento logistico degli enti, rimarrà fine a se stesso se non si completerà con la riorganizzazione gestionale, l'accorpamento di CPT e CIPE-T, la vendita del patrimonio immobiliare superfluo.
Bisogna che i nostri enti sviluppino nuove strategie d'insieme, ma senza perdere di vista la loro mission istituzionale: la mutualità e l'assistenza. Occorre dare certezza, efficacia ed esigibilità agli accordi e ai percorsi negoziali, ancorandosi alle regole democratiche acquisite con "Il Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014", che recepisce le intese interconfederali del 28 giugno 2011 e del 31 maggio 2013, disegnando un modello di rappresentanza sindacale trasparente, democratico, fortemente partecipativo dei lavoratori e delle lavoratrici.
Il territorio e le Camere del Lavoro devono rappresentare i luoghi dove riconnettere l'attività contrattuale, la tutela individuale, la partecipazione e l'estensione della rappresentanza.
L'obiettivo è dare risposte a lavoratori, lavoratrici, pensionati, che cercano il nostro sindacato; esserci per aggregare, aldilà del consueto rapporto tra funzionari, RSU,
componenti degli organismi dirigenti, per rafforzare la nostra capacità contrattuale e di tutela generale, collettiva ed individuale.
Ripartire dalle Costruzioni, con un nuovo modello sosteniblie e di qualità
Ha fatto notizia in questi giorni la decisione dei vertici del gruppo FCA, la ex Fiat, di trasferire le sedi legali e amministrative fuori dall'Italia. Abbiamo visto prima, come la crisi dell'edilizia a Torino ha assunto le stesse proporzioni di una chiusura totale degli stabilimenti auto in Italia.
Ma noi non siamo la Fiat; la media dei lavoratori edili torinesi per impresa è sotto i 5 dipendenti. Sono poche le imprese sopra i 15 addetti, meno del 3% del totale. Imprese spesso costrette a licenziare perchè le pubbliche amministrazioni non pagano, imprese che non possono competere con le grandi che arrivano da fuori provincia e che si aggiudicano i pochi appalti presenti sul nostro territorio.
Nel 2012 hanno chiuso oltre 600 aziende delle costruzioni. Così come drammatiche sono le situazioni di alcune grandi fabbriche ormai a rischio chiusura, ne cito una per tutte, la Trombini di Frossasco e di Luserna, 180 lavoratori che stanno lottando per difendere il proprio posto di lavoro.
Nella manovra finanziaria, poche le risorse destinate allo sblocco del patto di stabilità, che serviranno, con ogni probabilità, a rimborsare le banche dalle cessioni di credito concesse alle aziende in questi anni. Serve ma non risolve. Il settore, nella Provincia di Torino, ha bisogno di ripartire dalle infrastrutture e dalle grandi opere, come la Tangenziale Est, la Torino-Lione, la Metropolitana, la prosecuzione del Passante Ferroviario, ma anche da una edilizia che ripari i danni prodotti dalla crescita senza regole.
E' essenziale mettere in sicurezza il territorio dal rischio idrogeologico, riqualificare il patrimonio abitativo e urbano, le scuole, gli ospedali e gli edifici pubblici, i centri storici, attuare un nuovo piano di edilizia popolare attento alle trasformazioni della società. Abbiamo bisogno di investimenti, riaprire i cantieri grandi e piccoli per dare lavoro alle imprese e alle fabbriche dell'indotto, nella qualita' e nella legalita'.
Chiediamo alle istituzioni e alla politica più rispetto per il settore delle costruzioni e per i lavoratori edili torinesi.
Mentre sempre più l'avversità per le opere diventa disprezzo per il lavoro e per le persone coinvolte, siano politici, sindacalisti, giornalisti o magistrati, viene ancor
più incomprensibile spiegarsi, come per i lavoratori di Chiomonte, che gli stessi siano oggetto di aggressioni fisiche e verbali, colpiti, oltre che dai sassi e dai bulloni, anche dallo spregio di chi li paragona a quanti per fame prendevano la tessera del fascio. I lavoratori hanno pagato il prezzo più alto, senza lavoro e ormai senza ammortizzatori sociali, accumunati dallo stesso destino a Torino, in Piemonte e in tutta Italia. Meno 480mila posti di lavoro nelle costruzioni dal 2008.
L'edilizia solo nella nostra provincia perde un quarto del volume di lavoro generato nel primo semestre 2012, da 3.222.000 a 2.419.000 giornate.
All'interno di questo scenario drammatico, si aggiungono, alle ancora troppe morti nel nostro settore, le vittime delle crisi, lavoratori e imprenditori che disperati si tolgono la vita. Muoiono per il lavoro che non c'e'. Sarà anche nostro il compito intensificare l'azione politica verso il sistema delle imprese e verso le istituzioni locali, per dare risposte alla stagnazione del nostro settore nel torinese, in maniera diversificata ma incisiva.
Ripartire dalle costruzioni, rappresenta la concreta possibilità di ripresa occupazionale per le migliaia di lavoratori edili della nostra Provincia, ma costituisce anche il gancio di traino per la ripresa di tutta l'economia della nostra regione. Il Ministero del lavoro ha reso noto il rapporto dei servizi ispettivi 2013. Sono state ispezionate complessivamente 235.122 aziende, il 15% delle imprese con dipendenti registrate all'INPS. Le imprese irregolari sono il 64,8% del totale delle imprese ispezionate.
L'ammontare dei contributi e dei premi evasi, oggetto di recupero da parte del personale ispettivo nel corso dell'anno 2013, è stato pari a circa 1,4 miliardi di euro.
In relazione al personale identificato negli accessi ispettivi, il numero dei lavoratori irregolari è stato di 239.020 unità, mentre quello dei lavoratori totalmente "in nero" è stato pari a 86.125. Quest'opera di vigilanza mirata a contrastare il ricorso alle forme fittizie di decentramento produttivo, finalizzate prevalentemente, in chiave fraudolenta, all'abbattimento del costo del lavoro, ha accertato tra le violazioni più ricorrenti e illecite quelle relative ad appalto, distacco, somministrazione, illeciti ed altri fenomeni interpositori. Rilanciare il settore non vuole dire aggirare le norme nascondendosi dietro al bisogno di semplificazione, non vuole dire non rinnovare i contratti di lavoro, non vuol dire abbassare i salari oppure ricorrere alla filiera del subappalto per sfuggire ai controlli.
La Fillea Torino
La Fillea di Torino in questo mandato congressuale -2010/2013- ha lavorato molto, per questo sento il bisogno di ringraziare tutta la struttura. Un dato su tutti, 1063 accordi sottoscritti, tra accordi difensivi, provinciali e di 2°livello.
Spesso leggiamo volantini e sentiamo dichiarazioni di organizzazioni sindacali che si autodefiniscono "il sindacato che contratta", quasi a voler appiccicare l'etichetta di
sindacato che non fa accordi sulla bandiera della Fillea. Non solo i numeri, ma anche la capacità e il modo di stare ai tavoli dimostra che così non è. Certo non firmiamo tutto e, di questo, ne andiamo anche orgogliosi.
Il proselitismo è una parte importantissima del nostro lavoro. Anche qui sfatiamo un luogo comune: la rappresentanza non si misura solo con le percentuali della Cassa Edile. L'adesione al nostro sindacato si dirama attraverso molteplici canali e accogliamo con soddisfazione i percorsi di certificazione della rappresentanza sottoscritti nei recenti accordi. La media di iscritti alla Fillea Torino in questi anni che ci separano dal nostro 3° Congresso, è stata di 8.126 tesserati, di cui nel 2013 78,5% lavoratori edili, 6,5% lavoratori degli impianti fissi, 13% da deleghe Inps e servizi Cgil, 2% da tesseramento diretto.
Siamo il più grande sindacato del settore delle Costruzioni della Provincia di Torino e nel 2013 abbiamo presentato, prima struttura della CdL, il nostro Bilancio Sociale, mettendo in chiaro tutti i nostri numeri. Ma il nostro lavoro continuerà con ancora più determinazione, cercando di aprire una fase nuova nelle relazioni unitarie, percorso che abbiamo perseguito anche in passato, ma tra mille difficoltà. Siamo disponibili, con la FeNeal da lungo tempo lavoriamo insieme, pur con le reciproche differenze che non ci hanno impedito di dialogare.
Con la Filca molto ci ha diviso in passato, ma spero che superate le diffidenze iniziali, con la nuova segreteria degli edili della Cisl, si riesca a lavorare con profitto, per il bene dei lavoratori che rappresentiamo e del sistema.
Tornando alla Fillea e alla Cgil, le trasformazioni economiche e sociali impongono una revisione della nostra attività politico organizzativa. Abbiamo bisogno di cambiare, di avviare un rinnovamento nella nostra azione sindacale, mettendo al centro la tutela
individuale al pari della tutela collettiva. Questo significa rilanciare i servizi e rivedere il nostro rapporto con il territorio. Il decentramento rimane fine a se stesso se non produce aggregazione e fidelizzazione.
Sindacato non solo dei servizi, ma i servizi come priorità per dare risposte adeguate ai nostri iscritti e ai loro bisogni. Dobbiamo completare l'opera di rinnovamento di quadri e RSU; è necessario accllerare i percorsi di aggregazione territoriali e delle strutture, per meglio riorganizzarsi logisticamente e organizzativamente.
Questa è la richiesta ai nostri livelli superiori, che devono agevolare questo percorso eliminando i meccanismi che fermano le risorse e le centralizzano, a favore di un inutile accavallamento di compiti tra strutture provinciali, regionali e nazionali, di categoria e confederali, spesso in concorrenza e non in sinergia.
Nel nostro mandato congressuale cercheremo di operare in coerenza con queste linee, nella contrattazione e nell'organizzazione della nostra struttura, per consolidare la presenza sul territorio e nei luoghi di lavoro, continuando a mantenere quella giusta autonomia dalla politica e dalle istituzioni che fino ad oggi ha caratterizzato il nostro lavoro.
Desidero infine concludere, scusandomi per essermi dilungato, con le parole di un sacerdote atipico, soprattutto di un'uomo straordinario, come dimostra la sua storia e la sua vita. In queste frasi, insegnamento e monito per chi fa il nostro lavoro.
Card. Carlo Maria Martini - Profilo del sindacalista
Colui che si mette in leale rapporto con gli altri, responsabile dei diritti umani, capace di reggere l’utopia e di contagiare anche coloro con cui opera agli stessi suoi entusiasmi. Sa essere presente e sa motivare le scelte, conosce il più possibile il lavoro di ciascuno e perciò è competente, cerca di capire e guarda all’essenziale. Non ha preoccupazioni per propri interessi monetari e rifiuta il privilegio che è il tarlo di ogni convivenza. Preoccupandosi di ciascuno, difende non i soldi ma il valore delle persone, lottando anche per il giusto riconoscimento economico.
Grazie a tutti.