12.03.14 Si è concluso il 27 febbraio 2014 il Congresso territoriale della Fillea Grosseto. Di seguito la relazione del segretario uscente Pier Paolo Micci. Al termine del congresso, il nuovo direttivo ha eletto il nuovo segretario generale, Riccardo Cappellini.
Il lavoro decide il futuro 1. Situazione generale del Paese Italia Buon giorno a tutti voi, Delegati, Istituti, Buon giorno Fillea, è un onore condividere con voi questa fase congressuale. Permettetemi di dire “ che oggi non siamo qui per caso” non solo la Ns organizzazione ha deciso di fare il Congresso, abbiamo scelto anche noi di rispondere partecipandoci dalla “testa ai piedi”. Nello stesso modo siamo in crisi dalla testa ai piedi. Però ad onore del vero la crisi l’hanno pagata solamente i piedi e le mani, tutti coloro che in questo paese muovono l’economia. I lavoratori dipendenti, immigrati e non, pensionati, i più deboli come le donne i giovani ed i bambini. La cosi detta Economia Reale. La faccia di tutto questo, è un paese in cui l’ineuguaglianza nella distribuzione della ricchezza è sempre più forte. Così il 10% delle famiglie più ricche possiede oltre il 45 % dell’intera ricchezza netta, delle famiglie italiane, a fronte della metà più povera che ne detiene meno del 10%. Cifre maledette e pesanti, quando i sacrifici vengono chiesti sempre ai soliti noti. Il sentimento di sdegno è forte quando in un paese civile proprio chi produce, decide di farla finita, e sono più di 100 i suicidi, anzi gli omicidi provocati dalla mancanza di lavoro. Sì quando ad uccidersi, sono operai e datori di lavoro, siamo al punto di non ritorno. I dati generali riportano dei numeri crudi dal 2007 in poi sono stati persi in Italia 1.158.000, posti di lavoro ,in media, 20.000 al mese, che non si fermerà nel 2014 in quanto il governo ha previsto un ulteriore calo dello 0.1 %. Le risposte della Politica sono insufficienti e spesso date solo a se stessa, senza capire che secondo il “buon senso” non si può riformare cio’ che non c’è, ma occorre creare delle strade per creare, quello che manca, il lavoro. Risulta vitale investire sulle infrastrutture, sul reddito di cittadinanza, sulla messa in sicurezza del paese, e delle scuole dove ogni giorno vanno i nostri figli,investire sulla sulla ricerca, sull’innovazione di processo e di prodotto. E se vogliamo che i capitali arrivino in italia, dobbiamo eliminare i costi della corruzione, della burocrazia, ed abbassare le tasse sul lavoro. I soldi iniziamo a trovarli tassando sia grandi capitali che e le pensioni d’oro, riducendo gli sprechi ed i privilegi, dalla lotta al lavoro nero, e all’elusione fiscale,…..senza toglierli sempre…a chi ne ha meno. 2.Il settore in Generale Rispetto alla crisi degli anni ’90 siamo ormai a una perdita di volume di lavori doppia. E la situazione non pare destinata a migliorare. Con il 2013 siamo arrivati, al sesto anno consecutivo di caduta. Una lunga fila di segni meno che portano il settore a perdere il 29% degli investimenti. Le proiezioni al 2014, poi, dicono che questa contrazione è destinata a lievitare fino al 32%. I permessi di costruire sono passati dagli oltre 300 mila del 2005 a meno di 100 mila alla fine dello scorso anno. Le compravendite di case si sono dimezzate nel giro di pochi anni. Così come si è dimezzato il credito alle imprese del settore. Dall’inizio della crisi a oggi i posti di lavoro persi nelle costruzioni sono 446mila. Considerando anche i settori collegati alle costruzioni, arrivano a quota 690mila. Non sono solo gli operai a restare a casa, ma tutte le figure professionali legate al cantiere: in un anno i progettisti (architetti, ingegneri e geometri) sono diminuiti del 23%. I fallimenti delle imprese, invece, sono arrivati a quota 11.177 su un totale di circa 48.500 aziende chiuse in tutti i settori economici in Italia. Soltanto nelle costruzioni, sono stati segnati il 23% del totale dei fallimenti. Non è un caso che l’Abi consideri l’edilizia il settore che, al momento, comporta i maggiori rischi nel recupero dei prestiti. La Filiera dei materiali non va meglio. Dal cemento, da sempre un indicatore molto sensibile dello stato delle costruzioni, non arrivano segnali positivi. I dati dell’Aitec dicono che nel 2012 la produzione di cemento in Italia si è ridotta drasticamente, con un calo pari al 20,8% rispetto al 2011, attestandosi a 26,2 milioni di tonnellate. Stesso discorso per i consumi di cemento, che hanno registrato una riduzione del 22,1% nell'anno, arrivando a perdere il 45% circa rispetto al massimo raggiunto nel 2006.
E le prospettive per il 2013 ed il 2014 permangono critiche, con l'attesa di un ulteriore forte calo dei consumi intorno al 20-25%, dopo che nel primo trimestre del 2013 si è già registrato un decremento del 22,4%. Una situazione che rischia di impattare sui produttori: attualmente si stima una capacità produttiva in eccesso intorno al 40-50%. Italcementi ha già dovuto dimezzare i suoi stabilimenti. Probabilmente anche gli altri grandi player, nei prossimi mesi, saranno costretti ad adottare una strategia simile, chiudendo siti produttivi e mettendo in cassa integrazione gli operai. Segno che non si tratta di una crisi transitoria ma di un ridimensionamento strutturale ed al ribasso del mercato. Stesso discorso per il legno. Tra il 2007 e il 2012, secondo i numeri di Federlegno, la contrazione per il settore è stata pari al 33%: un dato che include sia l’utilizzo per arredamento che gli altri impieghi del materiale. I laterizi (dati Andil) hanno perso il 27% soltanto nel 2012. Se si allarga lo sguardo fino al 2007, all’inizio della crisi, nel giro dei sei anni è andato in fumo il 63,5% del mercato dei mattoni. Le macchine da costruzioni (dati Unacea) hanno chiuso l’anno con un calo di circa un terzo del giro d’affari. Si tratta del quinto anno consecutivo di contrazione per il movimento terra, senza un accenno di ripresa. 3.Le ricadute sul settore in Provincia di Grosseto Il territorio Maremmano per la sua particolarità è entrato in crisi un anno più tardi, proprio perché carente di fabbriche ed industrie strutturate, come invece sono presenti in altri territori, pertanto nè uscirà un anno dopo. Il settore edile uno dei più martoriati dalla crisi, si trova ad affrontare il quarto anno consecutivo di sofferenza. Le ferite provocate sono profonde. I dati Cassa Edile registrano in tale periodo, una perdita del 50% degli operai, e un calo della stessa entità del monte ore lavorate. Nel nostro Ente, erano presenti nel 2008-2009, 4000 mila operai, adesso ne sono rimasti poco più di 2000. Compreso l’indotto sono più di 5000 i lavoratori persi nell’intero settore dal 2007 ad oggi. Se non bastasse abbiamo registrato la chiusura di altre 120 imprese. Nella Ns provincia l’85% delle aziende , ha attivato il sostegno al reddito. I settori più colpiti, oltre all’edilizia sono stati il legno ed il laterizio. La fornace di laterizi, di S.Martino, dalla quale proviene, Lauro Baccetti è chiusa da due anni. La cassa integrazione è diventata strutturale, specialmente il ricorso alla Deroga come alla straordinaria, anche se il numero di persone coinvolte, è leggermente inferiore, rispetto al 2012. Il dato va secondo noi interpretato negativamente. E si possono verificare questi comportamenti: - Finita la Cassa integrazione le aziende licenziano; - Oppure le famiglie che si trovano in sofferenza economica” , e devono aspettare 6-8 mesi per riscuotere 650 € …. preferiscono “staccare la spina” e dimettersi per giusta causa, riscuotendo la stessa cifra dopo 60 giorni attraverso l’Aspi . Purtroppo “l’indice di licenziabilità”, conferma tale percorso; nella Provincia di Grosseto,è superiore al 108 % rispetto alle altre Provincie Toscane, e la percentuale della disoccupazione giovanile tocca il 40%. Questa tendenza può spiegare anche perché,in Grosseto, su 220.000 abitanti abbiamo una realtà 31000 disoccupati. Considerando che un’altra percentuale di operai importante è in cassa integrazione, “urliamo a tutti i livelli di Governo del Territorio”, che se non si sblocca il sistema del lavoro entro giugno 2014, quella percentuale è destinata sicuramente ad aumentare. In una situazione di difficoltà generale, cosi’ diffusa i mali del settore trovano un terreno fertile, ma ad onor del vero non tutti i mali sono iniziati con la crisi. 4.Mali vecchi e nuovi I nostri antichi mali, hanno ancora “maggiormente radicato il proprio essere,” infatti le morti bianche, il lavoro nero, e quando va meglio quello grigio, la precarietà, la concorrenza sleale provocata dal sistema del massimo ribasso, percorrono il settore in tutta la loro drammaticità. 4. a Morti bianche Il dramma delle morti bianche e degli infortuni dalle statistiche sembra in calo. Noi abbiamo purtroppo un dato in controtendenza. Così a livello Nazionale nel nostro settore e prendendo in considerazione gli anni rispetto agli eventi occorsi: anno 2011 139 Anno 2012 97 Anno 2013 73 Anno 2014 8 Infatti se dal 2011 ad oggi il monte ore è diminuito dl 50% la media rispetto a tale indice è 69,5 mentre nel 2012 e 2013 è più alta. Questo ci fa dire che pur lavorando di meno si muore sempre di più. Detto ciò non dobbiamo fermarci all’analisi, “occorrebbero” per invertire la china più prevenzione, formazione, e repressione. Possiamo fare di più, però permettetemi di ringraziare l’Asl per il lavoro svolto in Provincia di Grosseto, assieme alla Dtl. Il costante lavoro di sistema ci servirà proprio, ad ottenere l’obiettivo 0. Una considerazione che però ho trasmesso agli enti, che non è altro “il pensiero o semplicemente la percezione dei lavoratori che quotidianamente lavorano nei cantieri” ,è quella di controllare maggiormente le imprese che… non sono del Ns territorio, nelle quali secondo noi è più facile che si verifichino più irregolarità. 4.b controlli e protocolli Questo non vuol dire che le ns imprese non debbano essere controllate, ma come sindacato notiamo una percentuale delle irregolarità contrattuali più alta in quelle che provengono fuori provincia. Riscontriamo con frequenza che il non rispetto dei contratti di lavoro, spesso, nasconde lacune, anche nella gestione della sicurezza e dell’igiene. Il tema della sicurezza è patrimonio comune, e soprattutto un fatto culturale. Per questo richiediamo con forza alle aziende che non sono dotate di RLS interno, di accelerare il percorso dell’ operatività dell’ Rlst territoriale, che assieme a quelli aziendali hanno il compito di rappresentare gli operai sul difficile tema della sicurezza. Ad ogni modo i varii protocolli sottoscritti con Asl e Dtl su importanti opere infrastrutturali serviranno a tutti, alzando sempre più l’attenzione, su un tema che troppo spesso entra nella scena solo quando purtroppo, compare il morto. In questa analisi farei proprio una considerazione legata alla sicurezza del lavoro. Permettetemi di essere vicino a tutti gli rls aziendali che spesso si trovano a fare il proprio compito, rischiando anche, il posto di lavoro, soprattutto quando si vanno concretamente a segnalare alle aziende, lacune sulla sicurezza. 4.c lavori usuranti In questo Congresso fateci esprimere tutto il nostro sdegno “a proposito di sicurezza,” quando vediamo operai che a 60 anni e oltre, vanno a lavorare sulle impalcature a 20 30 m di altezza , o sui mezzi in opera , senza aver riconosciuto ancora il diritto alla pensione. Lanciamo un grido d’ allarme e di giustizia, perché negli ultimi anni le statistiche ci dicono che stanno aumentando le malattie professionali, gli assegni d’invalidità e le morti bianche, rendendo gli ultimi periodi di lavoro prima della pensione, ancora più duri e difficili. Pertanto dare la possibilità a coloro che hanno maturato 35 anni di contributi versati e 57 anni di età, è un atto di giustizia, oltre che un risparmio economico in generale. I lavori non sono tutti uguali, come l’aspettativa di vita di chi fa un lavoro particolarmente usurante, non è uguale a quella di chi sta in un ufficio. Le fonti ed i sondaggi, ci dicono che l’età media di chi ha lavorato nei cantieri è di 74 anni… e non 82 come ci dicono le statistiche. Allora… se abbiamo un’aspettativa di vita più bassa, abbiamo anche un danno che dovrebbe essere ricompensato conteggiando la pensione, con il sistema economicamente più vantaggioso, che è il retributivo, e non quello contributivo. I soldi ci sono basta prenderli a chi ha le pensioni d’oro, mettere un tetto a 3000€, e garantire a tutti un po’ di dignità. Quando siamo al lavoro, siamo diversi, quando si va in pensione siamo tutti uguali!!! 4.d Il sistema del massimo ribasso Tra i mali presenti anche prima della crisi, troviamo il sistema di aggiudicazione del lavoro ad opera di committenti pubbliche e private al massimo ribasso, con punte che vanno dal 30 -40 fino al 60 % . Questo sistema ha dato alla crisi un assist molto importante, ed il patto di stabilità ha messo nel settore una bomba ad orologeria che se non disinnescata per tempo produrrà ancora molti danni. Tale prassi ha provocato un regime di concorrenza sleale tra le imprese, che per essere e rimanere in competizione tra loro sono costrette a tenere bassi le spese fisse, riducendo o risparmiando sul costo del lavoro, sui materiali, oppure sulla sicurezza. Inutile dire che questo ha ricadute negative sia sulle persone, che si trovano a lavorare in quelle opere, costrette a vedersi togliere i propri diritti - stipendi più bassi,e demansionamento delle qualifiche - che sulla collettività, in quanto inseguendo la voce del risparmio, si trova opere poco sicure o completamente da rifare. Come parti sociali abbiamo sollecitato e denunciato tali irregolarità , e dopo tanto parlare ci siamo riuniti in provincia per sottoscrivere un protocollo, al fine di limitare tale danno. La risposta è avvenuta solo parzialmente , applicando il sistema dell’ offerta economicamente più vantaggiosa. In tale regime si valuta tanto il progetto che il ribasso. Sicuramente un passo in avanti, ma parziale, in quanto la percentuale di peso data al ribasso, è maggiore della valutazione complessiva data alla qualità del progetto, finendo per avvantaggiare quelle imprese che scorrettamente lucrano sui ribassi e che si riprendono la percentuale di guadagno stritolando i sub appalti. E’ un po’ il sistema che stanno utilizzando la Consortile Nuovo farma sulla Gr Si e Riccoboni sulle bonifiiche, con i fornitori e sub appalti. Le ns imprese in crisi pur di lavorare abboccano per necessità, ma essendo oneste e rispettando i costi contrattuali, si trovano poi in difficoltà, e sono dostrette ad aprire casse integrazioni forzate e mobilità. Da ultimo abbiamo registrato nelle opere di bonifica , in seguito all’ alluvione dell’Albinia, anche al sistema del sorteggio, in barba ad ogni criterio di merito o regolarità, utilizzato anche per altre gare. Occorre fermare tale emorragia chiedendo l’applicazione della legge regionale sugli appalti ed applicare il sistema ormai noto della congruità 4. Il Patto di Stabilità Questo è il dramma più forte che colpisce prepotentemente le ns imprese e di conseguenza anche gli operai. Le P.A non pagano le aziende ed i fornitori, per non sforare il Patto. Le aziende non avendo i soldi, non pagano gli operai, e tantomeno versano i contributi alla Cassa Edile. Non versando i conributi all’ente Bilaterale, non riescono ad avere il Durc. Senza questo, non riescono a riscuotere gli stati di avanzamento. La catena più debole del sistema sono gli operai, che si trovano spesso a fare da banca alle aziende, infatti la media degli stipendi non riscossi in provincia va oltre le tre mensilità. Il paradosso è questo; se le banche non aiutano le imprese, gli operai si trovano a fare da banca alle aziende. Il sistema non tiene socialmente, allora occorre rivedere il patto di stabilità, svincolando la spesa degli enti, dagli investimenti, favorire la messa in sicurezza del territorio delle strade, delle scuole, e soprattutto pagare le imprese ed i fornitori come prevede la normativa europea, cioè massimo entro 30 giorni. Sono apprezzabili in tale contesto le iniziative Regionali, per il sostegno al reddito delle famiglie,( 13 di questi sportelli dentro il sistema CGIL) ed il progetto Utili, per dare la possibilità ai disoccuapati di uscire fuori dalla solitudine, impegnandoli da un lato socialmente, oltre a conferire un pezzo di salario che integra l’assegno di disoccupazione . 5. Le crisi importanti ci insegnano che… La crisi delle più importanti aziende del territorio, sono 150 quelle che complessivamente abbiamo gestito, tra queste quelle più forti per dimensione ed indotto sono quelle del Consorzio Etruria e edil Beton , c’ insegnano che le realtà in dietro con più di tre mensilità, difficilmente riescono ad emergere dal momento di difficoltà. Ricordiamo inoltre che superare le tre mensilità non riscosse, vuol dire entrare in quella soglia di rischio, dove in caso di fallimento o concordato, il ricorso al fondo di garanzia Inps, è capiente per quanto riguarda il pagamento TFR le ultime tre mensilità, solo al valore della Cassa integrazione guadagni, e non al 100 %. Pertanto quello che abbiamo lavorato oltre il terzo mese potremmo perderlo. La crisi c’insegna inoltre che le imprese possono entrare in concordato anche se paradossalmente, sono in pari con gli stipendi, ma i debiti verso i fornitori e banche sono tenuti fuori controllo, dando il via alla catena dei decreti ingiuntivi. Ad ogni modo gli indicatori per capire la situazione nel complesso possono essere: 5°.a Gli indici da considerare - stipendi - Cassa Edile - Fondi Pensione - Contribuzione Inps - Debiti verso fornitori - Debiti verso istituti bancari - Bilanci in passivo da più anni In alcuni casi quando la sostenibilità debitoria è esorbitante i concordati, possono servire a ripulire le aziende con la cessione di rami, ma con tali operazioni, si scaricano i costi sui creditori Chirografari come fornitori o partite iva, mentre gli operai essendo privilegiati, avranno le spettanze sopra dette, ma entro un anno dall’omologa del concordato. Tenere alta l’attenzione con gli operai e renderli partecipi del rischio, cercando di trovare le strade, per evitare di perdere anche quello che si è lavorato, è un nostro dovere sindacale 5. b attenzione agli apparentamenti Come abbiamo detto le crisi possono provenire anche da fattori esterni, abbiamo in alcuni casi verificato che delle aziende per mancanza di liquidità potrebbero “pur di restare vive”, apparentarsi ad altre realtà pericolose vicine al riciclaggio o altro… per questo il sistema bancario deve essere più vicino a quelle imprese che nelle difficoltà cercano di lottare oltre contro la crisi anche contro questi fenomeni. 5. c. La rinuncia ai diritti contrattuali Inoltre anche nel sistema cooperativo, ultimo ad abbracciare la cassa integrazione, i soci pur di non perdere il lavoro, ed essere più competitivi nelle gare pubbliche ,sono disposti ad attuare stati di crisi rinunciando a diritti economici importanti. In tali condizioni occorre separare la posizione giuridica dei soci dai dipendenti, i quali non potendo votare, non possono avere riduzioni salariali. Secondo il ns punto di vista “ sapendo che per noi, tanto soci che dipendenti appartenendo alla stessa famiglia, e che le decisioni vengono prese a maggioranza, riteniamo opportuno mettere ugualmente in mora la Cooperativa, per dare la possibilità di recuperare quello che è stato perso con lo stato di crisi….visto che non accettiamo deroghe al contratto collettivo nazionale. 5.d Le scelte aziendali Le aziende del settore lapideo che prima della crisi, avevano conquistato nicchie e settori di mercati quasi in regime di monopolio, a causa della globalizzazione e dell’ apertura delle frontiere , si trovano a competere con aziende di paesi esteri che commerciano prodotti simili a quelli estratti in italia A dei prezzi molto inferiori ai nostri, ma con una qualità di prodotto più scadente. Si trovano nella condizione di attingere alla Cassa integrazione, non solo per evitare gli esuberi, ma anche per abbassare i costi generali, e non svendere così il proprio prodotto, quando il mercato ricomincerà ad assorbire tutta la manodopera. In questo contesto il mancato pagamento degli enti pubblici, ed i concordati al ribasso delle imprese vicine al fallimento, accellerano il ricorso del sostegno al reddito. Forse una politica dei prezzi fatta in modo più prudente, avrebbe provocato meno sofferenza e forse meno cassa integrazione. Anche alle Cave S.Fiora e Dorata …le Rsu per non avere degli esuberi di personale hanno accettato, oltre la Cigo, lo slittamento del CCNL di 12 mesi naturalmente Fillea con Filca e Feneal, non hanno firmato l’accordo pur rispettando le scelte degli operai. Per dare un contributo al rilancio del settore, abbiamo sensibilizzato le amministrazioni ad acquistare i materiali certificati e prodotti nelle cave dalle aziende locali. Visto che i prodotti acquistati fuori paese avevano qualità e durata inferiore. Alcuni comuni hanno risposto all’invito, tantochè per alcuni mesi la cigo è stata sopesa. 5.e Quando le crisi sono profonde e complesse la risposta è di sistema. Quando le crisi sono complesse, occorre rendere partecipe la Confederazione che può creare quelle sinergie politico istituzionali,utili a risolvere determinati problemi. Spesso ci siamo trovati alle assemblee con i Sindaci del territorio, per affrontare le crisi aziendali che poi sono sfociate in tavoli di confronto provinciali e regionali. Crediamo che tale livello di concertazione istituzionale, sia più efficace, nel momento in cui le crisi vengono affrontate globalmente, senza parcellizzare le aziende, e per renderle ancora più efficaci, si consiglia la presenza dei lavoratori che magari hanno la residenza dove i Sindaci sono eletti. Questo tipo di contrattazione ha aiutato non solo i sindaci a rendersi conto delle difficoltà che attraversano gli operai o le aziende, ma soprattutto si aiutano le persone ad esercitare quella sorta di controllo democratico, che miri ad una assunzione di responsabilità anche delle istituzioni, le quali in Provincia di Grosseto hanno sempre fatto sentire il proprio sostegno. Gli stati generali delle costruzioni, del gennaio 2013 sono stati il frutto di queste iniziative. Quando come fillea Cgil abbiamo convocato i Sindaci di Follonica, Scarlino e Gavorrano, coinvolgendoli nel grave disagio occupazionale che stavano attraversando gli operai residenti nelle Colline metallifere. 6. Come cambia l’azione rivendicativa sindacale La scelta di non rinnovare i contratti collettivi nazionali e provinciali ,come sta accadendo in questo momento, vuol dire scaricare sui lavoratori i costi della crisi e del proprio rischio d’impresa, anche se alcune imprese pur di non licenziare i propri dipendenti hanno deciso di portare coraggiosamente sino in fondo tutto il sostegno al reddito. Intanto per quanto attiene il ns contratto provinciale, abbiamo richiesto un incontro ad Ance nel quale richiediamo la proroga di quanto ottenuto sino a questo momento. Ci rendiamo conto che avere in busta paga 50 € in più proprio in questo momento di difficoltà, sia molto importante per le famiglie, che si trovano tutti i giorni a combattere con le bollette gli affitti i mutui. Spesso i genitori sono costretti a non iscrivere i figli alle scuole superiori o all’università, ma anche in carenza di risorse… a curare la salute dei propri figli e trascurare se stessi. In questo contesto siamo in linea con i nostri Nazionali a scendere in piazza, magari sempre a Roma, ma con una manifestazione migliore dell’ ultima dove alcuni operai che hanno partecipato, si sono sentiti presi in giro da quell’iniziativa, “piaciuta poco, con rispetto parlando anche a me”. Pertanto cerchiamo di fare meglio, magari ipotizzando uno sciopero di settore assieme ai datori di lavoro, dove tutto il mondo produttivo si ferma per dire che siamo tutti arrivati alla canna del gas. E’ vero che nella gestione dei 150 tavoli di crisi abbiamo notato imprenditori che sono falliti a casse piene, come altri ( molto rari) che per tenere a se gli operai, hanno venduto parte del proprio patrimonio, ma in questo momento se non c’è un’azione sinergica, le nostre sofferenze o le nostre manifestazioni divise, rischiano di fare poco. Detto in parole povere questo vuol dire che dobbiamo aiutare tutte quelle imprese che accettano il confronto con il sindacato e che utilizzano il sostegno al reddito, per tenere la forza lavoro pronta… una volta superata la crisi a lavorare. Controllare quelle che dopo la cigo licenziano i dipendenti, oppure che fanno straordinari durante la sospensione lavorativa, nascondendosi sotto la crisi per lucrare nei riguardi di chi soffre. Uno strumento utile per evitare i licenziamenti strumentali, è quello di reclamare entro 30 giorni le spettanze, compreso il Tfr, che per legge va pagato quando finisce il rapporto di lavoro, anche se la vertenza vera e propria va fatta, aspettando la rivalutazione dello stesso, che avviene nel mese seguente. Tale scappatoia, costringe le imprese a valutare il costo economico delle due opzioni e per non perdere liquidità utile allo svolgimento delle attività, le aziende preferiscono accedere alla CIGO, questo comportamento ha permesso dove le condizioni erano possibili, di salvare molti posti di lavoro. Dove questo non sia possibile, verificare se vi fossero persone che hanno passato 55 anni e cercare di accompagnarli fuori del lavoro, utilizzando un sostegno al reddito basato sull’incrocio della cassa straordinaria legata alla disoccupazione equiparata alla mobilità, simile purtroppo ma non uguale, alla mobilità industriale. Nelle imprese in crisi si troviamo un 20-30 % di operai in questa condizione, poterli accompagnare alla pensione, potrebbe dare le crisi un colore diverso. 7. Per evitare gli esuberi occorre dare spazio alla formazione che deve essere agganciata ai nuovi piani industriali…. La legge regionale n 1 da un lato e lo sviluppo del settore dall’altro, costringono il comparto edile ad una profonda trasformazione. Se non possiamo tornare a costruire, nei modi e nelle forme, come facevamo prima della crisi, adesso dovremo immaginarci un settore profondamente diverso, concentrato verso la ristrutturazione, riqualificazione, e autosufficienza energetica. L’altra branchia in espansione sarà quella che riguarda la messa in sicurezza del territorio dal rischio sismico ed idrogeologico. Le emergenze provocate dalle continue alluvioni ed i terremoti insegnano che la prevenzione e la cura del territorio se fatta in un modo serio, fa risparmiare soldi, vite umane, e soprattutto crea lavoro ed indotto. Tutti investimenti, compreso il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, che obbligano le imprese a riqualificarsi. Tale necessità svolta nella carenza di aiuti finanziari, ed in particolar modo di una politica industriale, ed enrgetica, seria, rischia di lasciare al palo le imprese che pur superando la crisi, saranno escluse dal mercato. La crisi può essere il punto di svolta di questa forzata consapevolezza. E la cassa integrazione, abbinata alla formazione che traguarda il nuovo piano industriale, uno strumento che alza tanto il livello di professionalità degli operai, quanto la competitività delle imprese. La conseguenza, di questo percorso, è quella non solo di tenere gli operai dentro all’azienda durante la crisi, ma quella di ricollocarli in un nuovo e stabile sistema di lavoro, mettendoli al riparo dagli esuberi. Su questo aspetto… importante è stato il contributo offerto dal sistema della formazione di settore, Scuola edile, che assieme alla Cassa Edile, e Cpt, sono strumenti al servizio del governo e del progresso di un settore già di per sé polverizzato e frammentato. La crisi dell’azienda Edil Cave, nelle colline metallifere, ha permesso di sperimentare quanto detto, ora aspettiamo solo il lavoro…. 8. Il sindacato dentro e fuori la crisi… il ruolo dei delegati La crisi del settore, il calo delle risorse, hanno messo il sindacato a dura prova. Le entrate sono dimezzate, mentre il lavoro sul campo è aumentato. La riorganizzazione della categoria, che da 5 persone è passata a 2,5 grazie all’impegno di tutti voi, ci ha permesso di reggere il colpo. Ad ogni modo se la situazione non dovesse migliorare, saremo costretti a creare sinergie con i territori vicini, come ad esempio stiamo facendo con Siena sulla E 78. Una soluzione al problema credo sia quella di fare una riforma del sistema Contrattuale accorpando gli stessi in tre settori, privato , pubblico, e terziario. Tale soluzione aumenterebbe la ns rappresentatività e le risorse economiche, rafforzando anche la capacità di concertazione. Non solo questo, la circolarità delle esperienze, ed una crescita collettiva delle relazioni industriali, e se mi permettete anche una riduzione dei fondi pensione, che finalmente troverebbero le risorse per pagare o convenzionare legali, recuperarando le somme inevase dalle aziende morose. Oggi sono molti gli operai con il fondo pensione non versato, e noi come sindacato non siamo in grado di trovare una soluzione a tale problema, tale riforma credo sia urgente, perlomeno iniziamo l’operazione accorpando i fondi dentro gli stessi settori. In un regime dove siamo costretti a combattere con i centesimi, diventa importantissima l’azione dei delegati. Questo lo dico in particolare per la nostra categoria, che senza l’aiuto della Fillea Nazionale, e della Cgil, e della bilateralità, avrebbe le risorse per tenere due Compagni. Ora in un territorio che da M.te Rotondo a s.Giovanni delle Contee vede 200 Km e la media per addetto di 4.5.operai per azienda, con 20 impianti fissi che vanno da Follonica, fino a Pitigliano, avere due persone vorrebbe dire perdere terreno… ed in tre anni annullare l’intera categoria, visto che la concorrenza aumenta il proprio numero dei funzionari accorpando tra se le categorie affini.. Eppure contro tutto e tutti, siamo riusciti a crescere in rappresentatività, ed un ringraziamento forte e sentito va ai Compagni Gianni e Maikol, che mi hanno sostenuto in questo intento. Al contempo permettetemi di ringraziare tutti i Compagni e le Compagne del Servizio Inca, Caf ed ufficio vertenze, e Nidil, che spesso nell’ombra e nel silenzio ci hanno dato il loro importante apporto per crescere nel tesseramento e nel servizio,quanto nelle tutele individuali. In questo contesto dove possibile abbiamo rinnovato i contratti di secondo livello, come alla Gessi Roccastrada e Fibran, qualcosa abbiamo strappato alla Bartolina ed Europomice, il contratto di secondo livello per 2000 addetti. Purtroppo non siamo riusciti nelle altre realtà…. di questo me ne assumo tutta la responsabilità politica. Ad ogni modo sempre in queste , salvo la mobilità volontaria, non abbiamo perso posti di lavoro. Un risvolto di questo contesto è però preoccupante, perchè nei momenti di difficoltà le persone tra di sé diventano sempre più lontane e meno solidali, questo è un rischio che ci mette in forte imbarazzo, quando in alcuni momenti nelle assemblee per evitare i licenziamenti, troviamo operai che sono pronti a selezionare chi si deve mandare a casa! Scenario apocalittico 9. Come indirizzare l’azione della Fillea La nostra categoria, si è completamente rinnovata, oggi il ns gruppo dirigente è molto più giovane rispetto all’ultimo direttivo. Il mio compito in questo ultimo anno è quello di arrivare a consegnare ai due compagni, l’onore di continuare il percorso iniziato negli ultimi 4. Gianni e Maikol, ma noi tutti, dobbiamo affrontare con coraggio le sfide che il futuro del settore ci metterà di fronte. Un futuro che non vedrà più il nostro mondo, come l’abbiamo vissuto o trovato , ma sarà completamente trasformato. Soprattutto anche nei riguardi di chi rappresentiamo contrattualmente. Prima della crisi abbiamo rinnovato il CCLN per un settore che contava 2000.000 di addetti, l’ultimo interesserà la metà degli operai, circa 1000.000. con 2/3 di questi a partita iva e compartecipazione. Credo che questo ci debba interrogare su quali forme di contrattazione inclusiva sperimentare. Già oggi troviamo in una stessa azienda operai assunti con un contratto a termine, e altri sotto altre forme previste dalla legge 30, che la riforma Fornero non ha assolutamente cancellato. Quegli operai non potranno mai partecipare alle assemblee sindacali, e saranno sempre più proiettati ad una contrattazione individuale. Dove ci siamo trovati in tali condizioni, abbiamo contrattato( Vedi Fibran, settore Cemento impianto fisso) con l’azienda, un piano progressivo di assunzioni, che da Interinale, sono state trasformate prima a tempo determinato, e poi a tempo pieno. Ma nel settore edile vediamo il percorso opposto. Nel particolare abbiamo osservato operai di 50 anni e padri di famiglia, prima assunti a tempo indeterminato, che per non perdere il posto di lavoro si sono trovati costretti ad aprire partita iva. Su questo fronte abbiamo una leva rivendicativa in uscita, perché finito il rapporto di lavoro, si potrebbe impugnare lo stesso per simulazione contrattuale, e ottenere il recupero tanto contribuitivo che retributivo. Difficilmente chi ha famiglia denuncia il proprio datore di lavoro mentre è assunto. Sarà importante, visto la complessità dell’argomento un lavoro di coordinamento con la categoria del Nidil, ed ufficio vertenze. Parlando ancora nello specifico della nostra azione, continuo come ho già detto a vedere il futuro del sindacato sicuramente spostato verso una maggiore erogazione dei servizi, ma non credo che rinunceremo mai, al nostro compito, che è quello e sarà sempre quello, di contrattare salario e diritti. Considero Contrattazione e Servizio le due facce della stessa medaglia che sono la missione della nostra Cgil. Però se vogliamo fare veramente un passo in avanti, dobbiamo arrivare ad una semplificazione contrattuale, mettere in comunione le nostre esperienze e socializzare i nostri risultati ed i nostri insuccessi. Così diventeremo non solo più rappresentativi ma più forti contrattualmente. Per recuperare invece un ruolo sempre più incisivo sulle riforme occorre vincolare Cisl e Uil nei percorsi rivendicativi, e tenere verso la politica non solo un atteggiamento indipendente, ma anche più propositivo. 9.a Occorre anche lavorare per ricompattare sul tema del lavoro, uno schieramento di Sinistra Moderno Europeista, che raccolga le Ns istanze per trasformarle in riforme. Dentro un Sindacato Europeo, che a tutti i livelli di Governo, indirizzi ed organizzi la classe Operaia, per portare tutti i paesi allo stesso livello tanto di salario, quanto normativo, evitando quelle forme di Gup contrattuale, che rischiano di portare gli operai indietro nel tempo. 9.b Il mio pensiero….. In fine visto che questo è il mio ultimo congresso in Fillea, volevo dirvi che in questi anni di crisi abbiamo affrontato tante battaglie e tante difficoltà. Alcune volte,… non mi sono sempre sentito all’altezza della situazione, anche se ho dato tutto me stesso, in ogni istante….., ma nonostante tutto mi è successo di cadere e di perdere,…. mi riferisco allo spiacevole episodio della riforma Fornero sulle pensioni ed alla morti bianche …….. ( un saluto va al Compagno Leonardo Fracassi morto alla Gessi ed al suo collega Simone Belardi rimasto gravemente infortunato, Massimo Guidarini, morto nella fornace S.Lorenzo nel giorno di Pasqua .) Oppure quando come vice presidente in cassa edile, ho visto in un solo giorno chiudere tre aziende e scomparire dal settore 30 operai. Non sono riuscito come ho già detto, a rinnovare i contratti di secondo livello, nelle cave di Manciano, e raggiungere le qualifiche As3 per 15 operai alla Gessi Roccastrada, di questo me ne assumo la responsabilità. Qui Sono caduto! ma quando è successo ho avuto vicino a me…. dei compagni che prendendomi per mano.. mi hanno rialzato e sono tornato a combattere come prima. Questa è la nostra cgil… si puo’ anche cadere, poi però c’è l’orgoglio e la voglia di lottare…. e soprattutto il calore della ns gente…. che ci spinge con responsabilità a mettere il cuore oltre l’ostacolo e continuare il nostro cammino… Sulle due cave l’Azienda ha promesso che al momento della ripresa del mercato rinnoverà immediatamente i due contratti senza perdere nessuna giornata lavorativa , e sulle qualifiche dopo tre anni di Lotta, abbiamo nell’ultima assemblea… messo in mora…. ufficialmente la Gessi , per conficcare così quel picchetto, dal quale rivendicare tutto quello che abbiamo perso. Per questo volevo lasciarvi con una frase di Nelson Mandela… che trasmette meglio di me questo sentimento: Non mi giudicate per i miei successi, ma per tutte quelle volte che sono caduto e sono riuscito a rialzarmi. Avanti Compagni ….Viva la Fillea ……Viva la Cgil, la Fillea del futuro ed il mio ultimo mandato……

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