Sindacato Nuovo, luglio 2023, pag. 4 - 5. Con la Cgil e tutte le sue categorie per tutelare e garantire equità e uniformità dei servizi pubblici su tutto il territorio nazionale. Di Serena Sorrentino Segretaria generale FP Cgil
La grande manifestazione del 24 giugno scorso in difesa del diritto alla salute delle persone e nei luoghi di lavoro e per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale, pubblico e universale, ha visto scendere in piazza a Roma un’ampia rete di associazioni e movimenti sotto la sigla “Insieme per la Costituzione”, e soprattutto la Cgil con tutte le sue categorie. La grande sfida che abbiamo di fronte è far prendere consapevolezza ai cittadini che non devono rassegnarsi alla privatizzazione della cura, ad una salute per censo, a servizi che mettono le persone “in attese” spesso troppo lunghe, ad una sanità già differenziata su base regionale ancor prima dell’autonomia differenziata. Le priorità sono rappresentate dal rinnovo dei contratti recuperando l’inflazione a due cifre, assumere personale, superare il numero chiuso alle facoltà che formano i professionisti sanitari abbattendo anche le tasse universitarie, puntare su una migliore organizzazione del lavoro che consenta una qualità di vita dignitosa anche a chi eroga servizi essenziali. Intanto, però, il governo ha programmato nel Def la spesa più bassa nella storia del finanziamento del Fondo sanitario nazionale se guardiamo alla percentuale di spesa in base al pil e per il 2024 anche se guardiamo alla variazione in valore assoluto (23/24: -4 mld), tra l’altro proprio nel momento in cui bisogna affrontare l’epocale riforma dell’integrazione sociosanitaria nel territorio. Il tema che pone la Cgil è retribuire correttamente e in maniera adeguata e proporzionata il lavoro dei tanti professionisti e delle tante competenze che lavorano nel sistema socio sanitario. E’ necessario contrastare il dumping contrattuale che vede differenze di retribuzioni di Oss, infermieri, medici, tecnici, educatori, psicologi, assistenti sociali e di tutte le altre figure che compongono il complesso e articolato sistema sociosanitario, anche del 30%. La verità è che il governo parla agli interessi dei privati e di alcune corporazioni a cui offre il mercato dei servizi sociosanitari: la sanità è un grande business per gli interessi che tutela l’esecutivo e una grande fonte di disuguaglianza sociale per i cittadini. Se si riprogramma il PNRR dismettendo l’opzione “salute di comunità” sostituendola con un sistema che è modulato come “prestazionificio” cambia il paradigma: dal benessere della comunità al business pubblico-privato sul bisogno di salute. Così facendo, si mette in luce la volontà di cambiare profondamente un modello di salute di comunità e contemporaneamente di disinvestire sul sistema pubblico incrementando il mercato dei servizi privati che già oggi pesa per oltre 41 miliardi sulle tasche dei cittadini italiani. Non a caso noi parliamo di diritto e non di bisogno: perché abbiamo attenzione al benessere, non solo alla cura della malattia. Bisogna rimettere al centro la persona: solo così il paziente sarà consapevole dei diritti di chi lavora nella sanità perché sa ed è consapevole che la qualità della cura dipende dalla qualità del lavoro.
Il 30 settembre, sempre nella Capitale, è prevista un’altra grande manifestazione promossa dalla rete “Insieme per la Costituzione” e la Cgil, per fermare il presidenzialismo e contro l’autonomia differenziata. Per noi, il punto di orientamento è sempre stato e sempre sarà l’articolo 5 della Costituzione: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”. Anche in questa occasione ribadiremo con forza i motivi per i quali crediamo che il disegno di autonomia differenziata sia sbagliato, non semplicemente guardando al Mezzogiorno ma perché, come ha detto anche l’Ufficio Studi del Senato, si prevede una divisione territoriale che penalizza sia i cittadini del Sud che quelli del Nord. Vale la pena di ricordare cosa ha osservato, tra le altre cose, anche l’ufficio parlamentare di Bilancio: “normative differenziate a livello regionale potrebbero essere di ostacolo anche ai lavoratori, alla loro formazione e mobilità, al riconoscimento di specifiche professionalità, con potenziali effetti sugli equilibri del mercato del lavoro”. Bisogna assolutamente tutelare e garantire equità e uniformità dei servizi pubblici su tutto il territorio nazionale. Scendiamo quindi tutti in piazza: per difendere la Costituzione e il futuro di un Paese.