Sindacato Nuovo, novembre 2023, pag. 1-2. La "lunga marcia" per idifendere i diritti continua. L'editoriale di Alessandro Genovesi.
La “lunga marcia” continua. Una “lunga marcia” per difendere i diritti conquistati, per legge e contratto, in questi anni, ma soprattutto per costruire, ogni giorno, un modello produttivo, economico e sociale che metta al centro il lavoro di qualità, sostenibile e con la tecnologia al servizio del bene comune e, certo, non l’opposto.
Il 7 Ottobre a Roma, in continuità con le mobilitazioni unitarie di Bologna, Milano e Napoli, la Cgil insieme a centinaia di associazioni lo ha ribadito con forza, partendo da una semplice quanto radicale rivendicazione: attuare la nostra Costituzione contro ogni tentativo di questo Governo di manometterne anima e sostanza.
Uno smantellamento – quello del nostro essere “Repubblica fondata sul lavoro” – che rischia oggi di essere definitivo, nel combinato disposto di stravolgimento istituzionale (presidenzialismo e l’autonomia differenziata), fiscale (Flat tax, condoni), sociale (tagli al welfare pubblico e completa privatizzazione di sanità, scuola, trasporti) ed economica (il venir meno di ogni funzione programmatoria del pubblico, con tutto ciò che ne consegue in termini di mancata politica industriale e per le infrastrutture, fisiche e digitali).
L’aumento della precarietà, la liberalizzazione dei subappalti, l’attacco alla funzione dei Contratti Collettivi Nazionali e allo stesso sindacato sono tutti “strumenti” allora per rimettere al centro esclusivamente il mercato e l’indipendenza dell’impresa, in termini sociali ed ideologici. Poco conta se poi a farne le spese oltre e direttamente i lavoratori, i loro corpi (gli infortuni non avvengono mai per caso, sono le vittime di una smania di profitto), sono anche le prospettive di collocare il nostro Paese nella parte alta della nuova divisione internazionale del lavoro.
Perché, alla fine, l’assurdo sta proprio in questo modello: che non solo è ingiusto, non solo uccide e depreda il Pianeta e fa aumentare le disuguaglianze tra paesi e popoli e all’interno degli stessi. E’ un modello che ormai ha dimostrato la sua completa inefficienza. La sua incapacità di superare la crisi ambientale e democratica, avvitandosi su sé stesso. Forse per la prima volta il modello attuale – lineare e speculativo – dimostra di non essere in grado di rigenerarsi se non alzando ulteriormente il tasso di autoritarismo e di costrizioni… se non, cioè, sommando rotture e crisi ad ulteriori rotture e crisi…
Questo rende oggi, ancora più importante, la funzione del sindacato Confederale, la sua capacità di stare sul pezzo e al contempo indicare orizzonti strategici.
Dovremmo quindi, certo, continuare con il quotidiano lavoro fatto di vertenze, battaglie, rinnovi contrattuali e tesseramento (anche la rappresentanza è battaglia politica), dovremmo certo contrastare gli ulteriori tagli previsti dalla legge Finanziaria del 2024 ma al contempo dobbiamo sempre “alimentare” una visione politica e culturale di medio periodo (e quindi anche alleanze, protagonismo dal basso, dei delegati, dei militanti).
Anche per questo gli scioperi proclamati da Cgil e Uil dal 17 novembre al 1 dicembre, su base territoriale, sono un passaggio importante per cui tutti siamo mobilitati.
Questo lo sforzo in più che chiediamo alle nostre militanti e ai nostri militanti, questo il terreno su cui dobbiamo rafforzare per un periodo che non sarà breve il confronto con la parte più avanzata dei saperi tecnici, delle imprese, oltre che delle forze politiche democratiche e progressiste, delle amministrazioni locali più sensibili e delle tante esperienze associative e ambientaliste, con cui da tempo lavoriamo.
Dimostrando con il nostro esempio che si può fare: gli importanti risultati ottenuti nella piena attuazione dei CCNL edili (e anzi anche il miglioramento di alcune tutele, si pensi all’anticipo pensionistico; si vedano gli articoli specifici in questo numero di SN), la ancora maggiore attenzione ai restauratori e archeologi (si veda la campagna specifica), la vertenza aperta sulle manutenzioni ferroviarie dopo l’ennesima strage, non sono “partite diverse” rispetto alla proposta avanzata nel nostro manifesto “Rigeneriamo le Città, Rigeneriamo il Lavoro, Rigeneriamo la Democrazia” e che è stata al centro di un’iniziativa a fine luglio (si veda la sintesi delle proposte) per raggiungere gli obiettivi previsti dal New Green Deal Europeo e dalla Direttiva “Case Green”.
Sono facce della stessa medaglia, del lavoro sull’oggi e sul domani. Quel lavoro politico e culturale, oltre che organizzativo che, probabilmente, non può limitarsi al solo nostro Paese.
Mai come oggi serve “almeno” una dimensione europea per affrontare le grandi sfide di modello che abbiamo di fronte. Per questo i prossimi congressi sindacali internazionali (a Helsinki si svolgerà quello della nostra Federazione Europea) non vanno vissuti ne possono essere la riproposizione di stanche cerimonie.
Lo scontro politico – quello vero, quello fatto di grandi poteri, grandi interessi – è sempre di più scontro tra visioni, sul ruolo dell’Unione Europea. Ruolo politico, ruolo economico e per quanto ci riguarda anche ruolo diplomatico e di pace, mai come oggi necessario, dopo il riaccendersi del conflitto arabo-israeliano.
Da un lato ruggisce con sempre maggiore rabbia la destra neo autoritaria che – da Trump ai vari Bolsonaro fino alla Meloni e Orban – negano l’esigenza di un radicale cambio di passo, anzi cavalcano paure e protezionismo per mantenere l’attuale equilibrio. Dall’altra si ergono le visioni di chi, ispirandosi alle parole evangeliche di Papa Francesco fino ai neo socialisti, dai tanti giovani radicalmente ambientalisti alle forze organizzate del lavoro, non solo sanno che un altro mondo è possibile, ma ormai è “obbligatorio”. Ed il tempo è ora. In marcia, compagne e compagni.
Alessandro Genovesi
Segretario generale Fillea Cgil