Sindacato Nuovo, Novembre 2023, pag. 12-13. Per un testo unico degli incentivi edili: presentata la proposta Fillea per le case green. A cura di Redazione.
Il 27 luglio presso la Cgil Nazionale a Roma è stata presentata la prima azione prevista dal manifesto della Fillea Cgil “Rigeneriamo la Città, rigeneriamo il Lavoro, rigeneriamo la Democrazia”. L’obiettivo di garantire uno sviluppo sostenibile del Paese, a partire dagli obiettivi indicati dall’Agenda Onu 2030 e dal Green Deal Europeo, passa infatti da scelte concrete. Da come, per esempio, centrare gli obiettivi della Direttiva UE “Case Green”. Cioè da come garantire veramente che gli edifici pubblici possano conseguire entro il 2027 la classe energetica E, entro il 2030 la classe energetica D; e gli edifici residenziali, al netto di alcune deroghe, possano raggiungere – per le “prime case” – la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033.
Su questo ultimo punto in particolare si è concentrata la proposta Fillea Cgil, redatta con l’ausilio dell’Associazione NENS e su cui si è svolto un positivo confronto con le associazioni ambientaliste, l’ANCE ed i rappresentanti di PD, M5S, Lega Nord e Forza Italia. Una proposta avanzata prima dell’incontro definitivo tra Parlamento, Consiglio e Commissione europea (il c.d. “trilogo”) per discutere sulla Direttiva Case Green e prima della prossima legge di bilancio per il 2024.
La Fillea Cgil ha infatti invitato il Governo, più che a contrastare la Direttiva o peggio negarne l’urgenza (ambientale e sociale), a richiedere alla Commissione Europea risorse specifiche aggiuntive, la possibilità di escludere le risorse previste dai Piani Nazionali per l’efficienza energetica dall’eventuale ritorno al Patto di Stabilità.
“La proposta che qui avanziamo è specifica per il patrimonio edile residenziale privato” si legge nel documento Fillea e “rappresenta l’alternativa al blocco operato dal Governo Meloni, sulle politiche per la riqualificazione energetica, a partire dal superbonus”.
Blocco, quello operato dal Governo, della cessione del credito e dello sconto in fattura contro cui la Fillea Cgil è già scesa in piazza (1° Aprile in 5 piazze di periferia) e che di fatto permette oggi solo a chi ha già capitali da parte e redditi medio alti, di beneficiare degli incentivi rimasti sotto forma di detrazioni.
Insomma una proposta – quella della Fillea Cgil – che vuol sostenere il settore ma indicando come priorità i condomini, le case più energivore, i redditi più bassi, con maggiore selettività (e maggiore sostenibilità finanziaria) rispetto al c.d. “superbonus”.
Il quadro attuale
Lo studio presentato durante il convegno ricorda che il Patrimonio residenziale privato, a cui si rivolge la proposta, consta – per le prime case in classe energetica inferiore alla D – di circa 2 miliardi di metri quadrati. Questi sono responsabili di circa il 33% di tutta la Co2 prodotta in Italia e di oltre il 40% degli sprechi energetici. Lo studio tiene poi conto della specifica condizione di insicurezza sismica del costruito italiano, proponendo – a fronte di interventi complessi – misure specifiche anche per la messa in sicurezza delle case.
Il rapporto ripercorre anche storia, finalità ed effetti degli incentivi per l’edilizia privata in Italia, evidenziando come il sistema delle detrazioni ha finora favorito i ceti più ricchi, il Nord del Paese e non ha selezionato i beneficiari in termini di priorità né energetiche né sociali.
Infine il rapporto evidenzia i lati positivi e negativi del c.d. Superbonus 110% in termini di impatto ambientale ed economico. Gli impatti economici e occupazionali dei diversi incentivi sono stati infatti molto importanti. All’elevato volume di attività produttiva in Italia ha fatto riscontro un marcato incremento dell’input occupazionale. Nel biennio 2021-22, la crescita cumulata degli occupati (rilevati dalla contabilità nazionale trimestrale) delle costruzioni è stata del 13,5 per cento. In particolare, lo scorso anno l’occupazione è aumentata di oltre sette punti percentuali rispetto al dato medio del 2021, a fronte di un incremento dell’1,7% totale dell’economia.
Serve una politica inclusiva, per le periferie ed i redditi più bassi
A fronte anche di una maggiore inclusività del c.d. “superbonus” (i dati dimostrano che con la cessione del credito vi è stato un miglioramento nell’accesso alla riqualificazione anche da parte di classi di reddito più basse), si è pero pagata la scarsa selettività dello strumento (non si distingueva tra prima casa e seconde e terze; non si indicava la priorità dei condomini e delle classi energetiche più basse) e l’assenza di una qualsivoglia partecipazione dei beneficiari (fosse anche tramite il risparmio in bolletta). Questo ha generato una riduzione della concorrenza, con dinamiche speculative e impatti sul debito pubblico significativi, con un rapporto costi/benefici (sociali e ambientali) che avrebbe potuto essere migliore (su questo si vedano le proposte all’epoca avanzate da Fillea Cgil e Legambiente). Senza considerare il caos prodotto dai c.d. “crediti incagliati”.
Per questo la Fillea Cgil propone una riforma complessiva degli strumenti per incentivare gli interventi edili che sia di medio periodo, finanziariamente sostenibile, più efficace in termini energetici e più giusta socialmente.
Puntando principalmente sullo strumento del trasferimento diretto da parte dello Stato, al posto dello sconto in fattura e della cessione del credito, per una maggiore trasparenza, efficacia e tracciabilità delle risorse pubbliche, sul modello di altri paesi (Francia, Germania). A cui aggiungere modelli di cessione del risparmio in bolletta come possibilità/obbligo da parte del beneficiante per contribuire alle spese ed incentivare modelli di comparazione/competizione di mercato.
La proposta Fillea prevede:
Bonus ristrutturazioni edili riportati alla loro originale funzione di “emersione” (con maggiorazioni in caso di miglioramento di classe sismica e/o abbattimento barriere architettoniche in alternativa all’attuale ecobonus e sisma bonus ma solo per la prima casa). Una percentuale di incentivo che parte dal 40% fino al 70% (75% per abbattimento barriere architettoniche e in questo caso con trasferimento diretto e non solo detrazione).
Bonus per l’efficienza energetica solo per le prime case e se sono in classe G, F, E (con maggiorazione per interventi sismici, ex sisma bonus), con obiettivo obbligatorio di arrivare alla classe D, un massimale prestabilito, trasferimento diretto da parte dello Stato e una percentuale variabile dal 75% (+10% se miglioramento sismico) al 100%, in base al reddito del singolo o, sul modello tedesco, dei proprietari che esprimono la maggioranza dei “millesimi condominiali” se di miglior favore. Nello specifico: 75% di incentivo per i redditi tra i 30 mila e i 100 mila euro sulla base dell’ISEE (per chi è sopra tale reddito non vi è incentivo se non quello per ristrutturazione) con possibilità di integrare parte del restante attraverso la cessione dei risparmi energetici; 85% per i redditi tra i 20 ed i 30 mila euro ISEE con possibilità di integrare tramite cessione dei risparmi energetici; 100% per i redditi sotto i 20 mila euro Isee, in questo caso con l’obbligo di cedere almeno il 50% dei risparmi energetici (questo al fine di mantenere compartecipazione e attenzione ai prezzi/concorrenza).
Introduzione del Contratto di cessione dei risparmi energetici come obbligo per tutti gli operatori energetici, al fine di favorire uno strumento facile volto anche a ridurre da subito gli impatti sulla finanza pubblica, responsabilizzare il beneficiario e, per i redditi più bassi, produrre una convenienza immediata.
Fondo Crediti Efficienza Energetica presso Cassa Depositi e Prestiti: si tratta di chiudere una volta per tutte il caso dei “crediti incagliati”. Per il futuro, anche favorendo maggiore trasparenza e minori interferenze dei soggetti del credito, si propone il trasferimento diretto, mentre per quanto maturato fino all’entrata in vigore delle nuove norme, si propone che CDP acquisti i crediti incagliati già maturati e comunque contabilizzati come debito pubblico.
Semplificazioni amministrative e lotta all’illegalità nei cantieri: occorre mantenere l’asseverazione tecnica anche al fine di evitare “cantieri fantasma” ed altre forme di elusione; occorre estendere il combinato disposto “bonifico parlante” e Durc di Congruità, come previsto dalla legge 25/2022 affinché nessun euro pubblico alimenti evasione fiscale e lavoro nero. Occorre rafforzare l’obbligatorietà dei CCNL edili e delle relative norme di tutela per la salute e sicurezza dei lavoratori. Occorre qualificare le imprese che accederanno agli incentivi per evitare la nascita di “imprese vuote” come avvenuto nel passato. Occorre rafforzare il ruolo dell’ENEA per controlli anche sul campo e dotarsi di un’unica banca dati Agenzia Entrate/catasto/Enea per avere dati puntuali e precisi.
La proposta della Fillea Cgil produrrebbe una crescita 1,2 punti di PIL aggiuntivi l’anno (12% in 10 anni) e la creazione di 300 mila posti di lavori diretti nell’edilizia che raggiungerebbero gli oltre 430mila considerando l’indotto (servizi, forniture, produzione di materiali), ogni anno.
Gli stessi costi stimati sono alla portata di una scelta di medio termine. Infatti se il passaggio “teorico” in classe D dell’intero patrimonio edilizio definibile come prima casa avrebbe un costo stimabile in circa 533 miliardi totali, essi si riducono a circa 410 tenendo conto delle maggiori entrate, prendendo come moltiplicatore quello più prudenziale (UPB e Banca d’Italia), per un costo finale di circa 41 miliardi l’anno per i prossimi 10 anni.
In realtà, anche nelle ipotesi di previsione contabile più rigide le somme da mettere in bilancio potrebbero essere inferiori, stimabili in circa 20-25 miliardi l’anno in termini di poste di bilancio, prevedendo in sede di Piano Nazionale e relativo aggiornamento possibili implementazioni e ricorrendo alla clausola di riduzione prevista dalla stessa Direttiva Ue. Insomma una proposta certo ambiziosa ma sostenibile, pensando solo che i sussidi ambientalmente dannosi (quanto cioè lo Stato paga per incentivare attività inquinanti) valgono almeno 22 miliardi l’anno e che la stessa Europea ha già detto di voler sostenere con ulteriori risorse (senza considerare PNRR e Fondi di Coesione) la transizione ecologica.