Sindacato Nuovo, maggio 2024, pagine 10 - 13. Dal Governo avanzamenti ma su sicurezza e appalti molto rimane da fare. A cura di Redazione
“La lotta paga, ma molto rimane da fare. Per questo la mobilitazione continua”: con questo slogan la Fillea Cgil ha rivendicato gli avanzamenti registrati in fase di conversione del Decreto 19/2024 su salute e sicurezza, definitivamente approvato dal Parlamento il 23 Aprile scorso. “Questi mesi di mobilitazione - ha dichiarato Alessandro Genovesi, Segretario Generale Fillea Cgil che, insieme alla Segretaria Cgil Re David ha partecipato ai tavoli con il Ministero del Lavoro - hanno portato infatti il Governo a fare marcia indietro su diversi punti richiesti dalla Fillea Cgil e dalla Cgil, forti anche del sostegno di molti parlamentari delle opposizioni. Certo molte rivendicazioni della Cgil non sono state accolte e questo è il motivo per cui la vertenza continua. Così come rimangono punti di merito e di metodo che non convincono sulla cosiddetta “patente a punti” (“patente a crediti”) oltre a criticare il fatto di aver stravolto il principio di qualificazione delle imprese previsto dall’originario articolo 27 del Dlgs. 81/08 e ora modificato”.
Entriamo nel merito dei cambiamenti e delle principali norme su appalti e sicurezza.
Nuovo articolo 29 comma 1: si conferma la norma originaria del decreto 19/24 per cui mentre prima, in caso di violazioni di obblighi di legge e CCNL, le imprese perdevano i vari benefici pubblici, ora potranno mantenerli in caso di successiva regolarizzazione. Inoltre in caso di violazioni amministrative non regolarizzabili il recupero dei benefici erogati non potrà essere superiore al doppio della sanzione. Il messaggio è quello di fatto di incentivare i comportamenti scorretti.
Nuovo articolo 29 comma 2: qui la norma originaria emanata dal Governo viene radicalmente cambiata. Il Decreto 19 originario prevedeva una modifica dell’articolo 29 del Dlgs. 276/2003 (il decreto attuativo della legge 30/2003, “legge Biagi”) per cui “al personale impiegato nell’appalto di opere o servizi e nell’eventuale subappalto è corrisposto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”. Ora la nuova norma recita che “al personale impiegato nell’appalto di opere o servizi e nel subappalto spetta un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto”.
Sono evidenti i miglioramenti: prima fra tutti il riferimento anche al trattamento normativo (che vuol dire formazione, orari, norme specifiche per la sicurezza, riposi, Durc di congruità ecc.; tanta roba se si pensa ai CCNL edili) e poi lo “schiaffo” (anche rispetto alla legge delega del Governo sulla riforma della contrattazione) di tornare come riferimento ai Contratti Collettivi Nazionali e territoriali firmati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative e non ai contratti “maggiormente applicati”. Quest’ultima era la vera “bomba ad orologeria”, perché in prospettiva potrebbero essere proprio i contratti meno costosi (e firmati da organizzazioni “gialle”) quelli a diffondersi di più. Un punto di merito sindacale e di valore politico enorme e su cui, anche ai tavoli di confronto con il Ministero del Lavoro, come Cgil e Fillea abbiamo battuto i pugni.
Infine il riferimento sia per i lavoratori in appalto che per i lavoratori in subappalto non solo ad una parità di fatto quando svolgono la stessa attività, ma anche che è l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto “strettamente connessa” che fa il CCNL di riferimento e non la libera scelta dell’impresa. Questa norma – che potremmo definire anti subappalto se fatto per risparmiare su salari e diritti – è di fatto una norma in parte simile a quella che vige negli appalti pubblici.
Comma 7,8,9 nuovo articolo 29: in caso di visita ispettiva che non riscontri irregolarità, all’impresa viene riconosciuto l’inserimento in una lista di “conformità INL” per cui per 12 mesi non potrà essere più oggetto di ispezione. Lo “scudo” non vale mai per gli accertamenti in materia di salute e sicurezza (richiesta della Fillea e della Cgil accolta sin dalla prima versione del decreto) e comunque vi saranno sempre ispezioni in caso di materie relative alla salute e sicurezza, a fronte di richieste di intervento, nonché per le attività di indagine disposte dalla Procura della Repubblica. Al riguardo la Fillea Cgil nazionale ha invitato le strutture anche a fronte di un’impresa inserita nella lista, di specificare sempre nelle richieste di intervento all’Ispettorato che si tratta di segnalazioni specifiche legate al rispetto delle norme su salute e sicurezza. Questo al fine di “neutralizzare” la nuova disposizione di legge.
Comma 10, 11, 12, 13 e 14 (giudizio negativo per le soglie indicate, positivo per la responsabilizzazione del committente; il Governo si è dimostrato inaffidabile). Una premessa: Fillea Cgil, insieme alle altre parti sociali, quando sottoscrisse l’intesa che poi è divenuto il Decreto Ministeriale 143/2021 sulla congruità, con il Ministro Orlando concordò anche di introdurre una sanzione per i committenti. Poi il Governo Draghi cadde. A quel punto è stata la Commissione Europea a chiedere di introdurre le sanzioni. Così nasce originariamente la proposta del Governo che però prevede sanzioni (segnalazione all’ANAC, perdita dei primi, ecc. per i RUP delle stazioni appaltanti pubbliche; multe da mille a 5 mila euro per i committenti privati) solo in caso di appalti di lavori pubblici superiori ai 150 mila euro e per gli appalti privati superiori ai 500 mila euro.
Dall’inizio la Fillea ha contestato sia l’esiguità delle multe per i privati che le soglie.
Infatti il Durc di congruità è obbligatorio per gli appalti pubblici per qualsivoglia importo e per gli appalti privati superiori ai 70 mila euro (50 mila nella ricostruzione per il Centro Italia, post sisma 2016).
Al riguardo – e la cosa è di una gravità enorme – il Ministero del Lavoro assicurò che le soglie sarebbero state tolte per gli appalti pubblici e portate a 70 mila per quelli privati. Così non è stato. Oltre la gravità del merito (per cui fino a 150 mila nel pubblico e da 70 a 500 mila nel privato si sta di fatto deresponsabilizzando il committente) è evidente la gravità nel metodo.
Al riguardo la vertenza continua per chiedere che, al primo veicolo normativo utile, il Governo corregga il tiro. Nel frattempo, visto che la norma prevede espressamente (comma 13) che “all’accertamento della violazione di cui ai commi 11 e 12, nonché, nel caso di appalti privati, all’irrogazione delle relative sanzioni provvedono gli organi di vigilanza in materia di lavoro e di legislazione sociale, ferme restando le rispettive competenze previste a legislazione vigente, anche sulla base di segnalazioni di enti pubblici e privati”, dobbiamo chiedere che ci si attrezzi come sistema delle Casse Edili.
Nuovo comma 19, articolo 29: questo è il comma che abroga il vecchio articolo 27 del Testo Unico per la Salute e Sicurezza e lo sostituisce integralmente.
La prima critica “di sistema” è che la Cgil ha sempre rivendicato la “patente a punti” per tutti i settori e non solo per l’edilizia o (come è nella versione finale) solo per coloro che operano “nei cantieri mobili”. La seconda è che l’articolo 27 originario si basava su due “perni”: un sistema di qualificazione delle imprese all’ingresso e un sistema di “punti” che, perdendoli, impediva loro di continuare a lavorare. Di fatto il nuovo articolo 27 si concentra sul secondo perno (patente a punti o a crediti). Qui il testo del decreto 19/2024 viene radicalmente cambiato.
Rimane la data di partenza (teorica) della nuova patente (1° Ottobre 2024) e rimane il vincolo a tutti coloro che operano nei cantieri mobili (con esclusione di coloro che effettuano mere forniture o prestazioni di natura intellettuale). A rilasciare e gestire la patente sarà l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) e la patente sarà obbligatoria per tutti (imprese e lavoratori autonomi) che lavorano nei cantieri, con eccezione delle imprese in possesso delle attestazioni SOA in classifica pari o superiore alla III (cioè imprese con SOA sopra i 516 mila euro di lavori). Inizialmente il decreto esentava tutte le imprese con qualifica SOA (anche i primi due livelli). La Fillea chiede che tutte le imprese siano obbligate ad avere la patente e che la certificazione SOA potesse dare qualche punto in più (tipo partire da 35 punti e non 30). Qualche passetto è stato fatto, ma per noi insufficiente.
Così come sono insufficienti i requisiti di qualificazione inziale. Al riguardo la Fillea aveva chiesto come prerequisito anche un numero minimo di dipendenti e mezzi o – come riportato nell’Avviso Comune sottoscritto nel 2011 e mai attuato – una dote finanziaria minima proporzionale alle varie classi di lavori a cui ci si candidava, per dimostrare di poter assumere lavoratori o prendere mezzi (anche a nolo) e non essere solo “scatole vuote”.
Altre le novità significative però: la prima è la totale riscrittura delle cause per cui si perderanno i punti (che dovrebbero essere inizialmente solo 30, ma non è detto) e che sono riportate in un nuovo allegato I-bis del Dlgs. 81/08. (Le riportiamo nel box pag.12).
Inoltre la norma prevede espressamente che “se nell’ambito del medesimo accertamento ispettivo sono contestate più violazioni tra quelle indicate nel citato allegato I-bis, i crediti sono decurtati in misura non eccedente il doppio di quella prevista per la violazione più grave”. Se è positivo il riconoscimento delle malattie professionali come uno dei motivi per perdere punti, è evidente la “classificazione insufficiente” dei vari infortuni, compresi quelli mortali.
Inoltre i punti si perderanno solo a seguito di “provvedimenti definitivi ai sensi del comma 6 le sentenze passate in giudicato e le ordinanze-ingiunzione di cui all’articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, divenute definitive”.
La norma prevede che si parta da 30 punti (ma forse da di più, vedi dopo) e che con meno di 15 punti non si potrà più lavorare (al massimo si potrà terminare il cantiere ma solo se sono stati eseguiti lavori per importi superiori al 30% del totale, norma di decenza che migliora un po’ la norma originaria che preveda la possibilità di completare lavori anche se appena all’inizio del cantiere) ma ora demanda ad un successivo decreto eventuali punti di partenza in più e come recuperarli. Una delega in bianco al Governo sia su eventuali punteggi aggiuntivi ai 30 iniziali sia soprattutto su come recuperare i punti persi. Senza più passare per il Parlamento e senza obbligo di confrontarsi con le parti sociali dell’edilizia.
Dall’inizio la Fillea Cgil aveva proposto che per recuperare i punti venissero rimosse le ragioni dell’infortunio: partendo dalla formazione aggiuntiva per i lavoratori (non certo solo per i datori di lavoro o i Direttori dei lavori) da fare presso le scuole edili (Formedil è Ente vigilato dal Ministero del Lavoro) fino ad investimenti in macchinari e procedure connesse all’infortunio (sostituire la gru vecchia, comprare un nuovo escavatore, ecc. se connesso all’incidente).
Rimane in ogni caso la possibilità che se nei cantieri si “verificano infortuni da cui deriva la morte del lavoratore o un’inabilità permanente, assoluta o parziale, l’Ispettorato nazionale del lavoro può sospendere, in via cautelare, la patente di cui al presente articolo fino a dodici mesi” (comma 8 del nuovo articolo 27 Dlgs. 81/08).
Da segnalare (perché richiesto dalla Fillea) infine (comma 10 nuovo articolo 27) che la nuova versione modifica le sanzioni in caso di aziende che operano nei cantieri (pubblici e privati, lo ricordiamo sempre) senza patente o con meno di 15 punti, portandola ad una percentuale (10%) del valore dei lavori e comunque non inferiore ai 6 mila euro e non, come era all’inizio nel decreto 19/2024, solo con un minimo di 6 mila euro e un massimo di 12 mila euro.
In conclusione per Alessandro Genovesi, Segretario Generale della Fillea Cgil “i prossimi mesi saranno decisivi per migliorare al massimo un impianto che non ci convince, rendere la patente a crediti più simile a quella che volevamo e per continuare a rivendicare sia l’estensione a tutti i settori sia soprattutto una qualificazione delle imprese di settore molto più efficace. La prima tutela per le imprese serie, che per fortuna ci sono, è infatti impedire ad aziende che operano in modo furbesco e alimentano concorrenza sleale di lavorare e di mettere piede in cantiere”.
BOX Mentre Sindacato Nuovo andava in stampa…
Registriamo con piacere che la richiesta avanzata dalla Fillea Cgil di modificare il decreto 19/2024 relativamente alle sanzioni ai committenti che non verificano il Durc di Congruità (vedi articolo in pagina) e su cui vi era anche un impegno ottenuto al tavolo con il Ministero del Lavoro è stata inserita nel nuovo Decreto Coesione del 30 Aprile scorso. Nello specifico la sanzione sarà ora prevista per le stazioni appaltanti per qualsivoglia importo dell’appalto pubblico e per i committenti privati a partire dagli appalti di valore complessivo superiore ai 70 mila euro.