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Cantieri, quei contratti che tolgono sicurezza: ne parla Marco Ruffolosu  Repubblica del 29 aprile, con interviste ad Alessandro Genovesi, Stefano Macale, Gabriele Buia               

Chi ha un contratto da "florovivaista" dovrebbe lavorare, come dice la parola stessa, nei vivai di fiori e piante. Invece lo troviamo mentre pavimenta le casette dei terremotati del centro Italia. Oppure scopriamo lavoratori delle pulizie con contratto "multiservizi" alla guida di escavatori per mettere la fibra ottica a Genova e a Perugia. O ancora: metalmeccanici chiamati a fare lavori di manutenzione edilizia alla stazione Termini di Roma. Benvenuti nel sistema del "dumping contrattuale", l`uso scorretto di contratti diversi da quello del settore di appartenenza (edile) al solo scopo di spendere di meno, di risparmiare. E non solo sulla busta paga del lavoratore, ma anche sui contributi Inps, sui premi Inail e, cosa ancora pìù grave, sulla sicurezza nei posti di lavoro. Insomma, molte aziende delle costruzioni, soprattutto nel subappalto ma non solo, hanno capito da tempo che possono ridurre notevolmente i costi del lavoro rispettando perfettamente la legalità: invece di ricorrere al nero, alle finte partite Iva o alle finte cooperative, cambiano semplicemente contratto ai propri dipendenti e il gioco è fatto. Ed è così che nei cantieri lavorano sempre di meno gli edili, e sempre di più i dipendenti della logistica, dei multiservizi, dell`agricoltura, del settore florovivaistico, i metalmeccanici e persino i badanti. Tutti con stipendi econtributi più leggeri, tutti esentati dall`obbligo di seguire corsi di formazione per la sicurezza. Ecco perché, di fronte alla recrudescenza degli infortuni mortali nelle costruzioni (il 50% in più nei primi tre mesi dell`anno rispetto al 2017 secondo Fillea-Cgil) i sindacati tornano a porre sul tavolo con decisione il problema del dumping contrattuale. E propongono una legge il cui titolo dice tutto: "Stesso lavoro, stesso contratto".

Certo, il contratto degli edili è più oneroso di tanti altri. Le aziende che lo applicano sono tenute a versare circa 18 milioni l`anno agli enti bilaterali, organismi gestiti pariteticamente da sindacati e rappresentanti imprenditoriali, che non solo seguono tutti gli adempimenti contributivi ma soprattutto si occupano della formazione professionale e della prevenzione di infortuni. A cominciare dal minimo di 16 ore obbligatorie a testa presso le scuole edili. «Sì, i costi sono quelli - dice Alessandro Genovesi, segretario della Fillea-Cgil - ma sapete quante sanzioni sono potenzialmente evitabili grazie a quei 18 milioni? Oltre 390 milioni di euro».Certo, se poi il rischio per un`azienda di ricevere un`ispezione è mediamente una ogni trent`anni, si capisce perché molte imprese accettano quel rischio e decidono di risparmiare sulla sicurezza cambiando contratto ai propri dipendenti. «Succede persino nell`indotto dell`Ilva - spiega Genovesi - Dieci anni fa la manutenzione a Taranto era fatta da 1.317 edili e da 120 lavoratori con contratti "multiservizi"; oggi i primi sono scesi a 162 e i secondi sono saliti a 831. Nelle zone terremotate, poi, le aziende della ricostruzione utilizzano ogni tipo di contratto: dall`agricolo al florovivaistico, dal metalmeccanico a quello per badanti».

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