03.12.12 "Analizzando la crisi dell’edilizia, nel giro di qualche anno siamo passati dall’allarme all’emergenza, ma ora siamo al disastro. I dati dell’osservatorio della CNCE descrivono una realtà che, purtroppo, eravamo stati facili profeti nel prevedere: 240mila occupati in meno fanno impressione: sono paragonabili a dieci Ilva, a cento Alcoa, a duecento Termini Imerese. E tutto questo si è consumato nonostante le mobilitazioni che abbiamo messo in campo, anche in maniera innovativa, anche sperimentando – per un pezzo del nostro percorso – l’alleanza con le imprese; senza ricevere risposte né nell’uno, né nell’altro caso." Così Schiavella nell'intervista rilasciata al periodico Edili News.
Tutto questo, prosegue Schiavella "si è consumato nel silenzio generale; il che è grave per quei lavoratori che oggi pagano più di altri la crisi, perché soffrono più di altri gli effetti della riforma degli ammortizzatori sociali e, soprattutto, della riforma previdenziale; ma è grave per il Paese, che dimostra di non sapere più iinvestire su un settore che oggi, nella crisi, deve trovare le condizioni non solo per rialzarsi, ma per rialzarsi in maniera diversa dal passato: dobbiamo essere tutti convinti che non potrà più esserci quel che c’è stato prima; soprattutto le associazioni datoriali devono arrivare ad un punto di coerenza fra quello che hanno condiviso con noi nel Manifesto degli Stati Generali e quello che invece resta da fare, ossia: “tutto”; non solo, e non tanto, in materia di iniezione di liquidità nel sistema (che è il punto da cui partire con i pagamenti bloccati dalla Pubblica Amministrazione, dall’Anas e, in generale, dalla crisi drammatica della stretta creditizia che, complessivamente, colpisce il mercato), ma si può contrastare la crisi immaginando un futuro diverso, anche agendo su fattori che non solo non costano, ma producono: contrastando davvero il lavoro nero, appoggiando ipotesi di sostegno legislativo a DURC e Congruità che abbiamo stabilito contrattualmente e che ora – finita la fase di sperimentazione – va implementata, anche innalzandone i limiti. Serve bonificare il mercato dalle troppe impresefinte: bisogna avere il coraggio di dire che deve sparire qualche centinaio di migliaio di imprese, ma non deve sparire il lavoro che incorporano: devono sparire le imprese finte, le partite Iva, una frammentazione produttiva che (dietro il motto “piccolo è bello”) ha spesso giustificato – anche con il sostegno di qualche associazione datoriale – la richiesta di deregolamentazione, di abbassamento del livello dei controlli, di sburocratizzazione.
Il tutto ha reso questo settore, non solo drammaticamente in crisi, ma anche preda – sempre più – delle infiltrazioni criminali, dell’illegalità, dello sfruttamento vero e proprio. Per cambiare pagina occorre dare continuità alle intuizioni che abbiamo avuto.
Le associazioni datoriali, a mio avviso sbagliando, hanno pensato che nel rapporto bilaterale col Governo si potesse risolvere qualcosa; non è questa la strada: bisogna essere coraggiosi.
A noi si chiede di esserlo e lo abbiamo dimostrato nel contratto rinnovato nel 2010, introducendo elementi di effettiva variabilità del salario di secondo livello; adesso è ora che le imprese dimostrino coraggio, dicendo davvero di no alle aziende illegali, all’impresa frammentata e frullata che oggi informa di sé il mercato e che, purtroppo, pesa eccessivamente sulle basi associative delle associazioni.
È ora di cambiare pagina, altrimenti questo settore muore."