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07.12.12 "Nella capitale circa cinquemila persone al giorno lavorano nel settore edile sotto caporalato. Manovali e muratori prelevati ogni mattina nei 'mercati delle braccia'. Senza controlli delle forze dell'ordine e senza denunce agli imprenditori che li sfruttano" lo racconta sul portale dell'Espresso Fabio Emilio Torsello, in un reportage realizzato con la Fillea Cgil di Roma e Nazionale

 

I CANTIERI DEGLI SCHIAVI

di Fabio Emilio Torsello


A Roma gli schiavi esistono ancora. Sono italiani e stranieri. Senza distinzione di provenienza o nazionalità perché il lavoro, quando serve, non fa differenze. Il mercato delle braccia si tiene ogni mattina in prossimità degli "smorzi" più importanti, le ditte che vendono materiale per l'edilizia. Tra la Capitale e l'immediato circondario se ne contano una quarantina: il caporale guarda le braccia, il fisico, le competenze e poi carica tanti lavoratori quanti ne servono nel cantiere. E i cantieri, tra piccole e grandi opere pubbliche e private, a Roma non mancano mai.

 

Il mercato degli schiavi

Uno dei "banchi" più noti dove ogni mattina si radunano quanti sperano nella chiamata di un caporale, è in via Palmiro Togliatti. La situazione è ben nota a ispettori del lavoro e forze dell'ordine eppure, poco dopo l'alba, la scena è sempre la stessa e si ripete da anni. Altri "banchi" per il mercato delle braccia – secondo una mappatura realizzata dalla Fillea Cgil - sono in via di Tor di Quinto, a Ostia lungo la via del Mare, alla Borghesiana, in zona Monti Tiburtini, lungo via di Decima e nei pressi della Pontina, nel quartiere dell'Arco di Travertino, lungo via dell'Acqua acetosa, via Tiburtina, via di Torrevecchia, tra la Salaria e la Flaminia (quasi all'incrocio con il Raccordo anulare), lungo via Cassia, nella zona Casalotti-Boccea e alla Bufalotta.

Ci sono poi i punti di aggregazione più recenti, come quello in via di Vigna Murata, all'incrocio con l'Ardeatina, proprio ai confini dell'Eur. Qui ogni mattina si contano alcune decine di operai assiepati accanto alla fermata dell'autobus. E se il traffico è troppo intenso può capitare che accanto al semaforo del vicino incrocio stazioni anche una pattuglia della Polizia di Roma Capitale, a pochi passi dagli operai che attendono la chiamata del caporale.

 

La paga degli schiavi

Secondo gli ultimi dati della Fillea Cgil, a Roma il mercato delle braccia nell'edilizia coinvolge tra le quattromila e le cinquemila persone ogni giorno. Gli operai più fortunati arrivano a guadagnare anche 50 euro in una giornata, in nero o con contratti irregolari che mascherano situazioni di sfruttamento - ma in alcun casi si possono ricevere anche appena 25 euro, come è accaduto, la denuncia è della Fillea Cgil, nel quartiere della Bufalotta di recente costruzione. A farne le spese, operai egiziani e tunisini. A seconda dei casi, il caporale può arrivare a trattenere anche dieci euro per operaio.

 

Gli ispettori e la partita di calcetto

A raccontare la realtà del caporalato nella Capitale è Daniel Grigoriu, un lavoratore di origine rumena che in Italia ha fatto il manovale, l'aiuto elettricista, l'aiuto idraulico e ha lavorato nei cantieri di Roma, Milano, Torino e Voghera, prima di diventare funzionario della Fillea Cigil di Roma. "A Roma" spiega "gli smorzi, gli operai e i caporali esistono da trent'anni, solo che nessuno li vede. I controlli nei cantieri e nelle aziende" denuncia "in alcuni casi vengono anche annunciati una settimana prima. Ci sono imprenditori che hanno contatti e agganci ovunque". E per spiegare quanto debole sia la rete della vigilanza, Daniel racconta un'ispezione in un cantiere di Cinecittà: "evidentemente si aspettavano l'ispezione perché avevano preparato ogni cosa per svolgere una partita di calcetto nel campo adiacente. Quando sono arrivati gli ispettori, tutti i lavoratori irregolari stavano giocando a calcio proprio lì accanto: nessuno si accorse di una circostanza così strana".

Il grigio dei contratti

Il nesso tra imprenditori e caporali è stretto: basta un sms e il caporale sa dove andare a recuperare le braccia che servono. In molti casi si tratta di squadre organizzate con un padroncino, quasi sempre straniero, che gestisce diverse maestranze. Nei cantieri, quando si ha la fortuna di una regolarizzazione, la giungla dei contratti è quanto mai fitta: si va dal part-time "come se si trattasse" ironizza Daniel "di un servizio catering dalle 7 di mattina alle 13", ai contratti per lavoratori nei servizi di pulizie o, per metalmeccanici, "in modo da non pagare la Cassa edile". "Molte aziende" aggiunge "obbligano gli operai ad aprire una partita iva, in modo da scaricare sul lavoratore tutte le spese, e non si tratta certo di nuovi imprenditori stranieri. Mentre altri vengono assunti con il cosiddetto 'distacco internazionale' (istituito previsto dalla legge Biagi del 2003 per migliorare la flessibilità del lavoro, ma sottoposto a rigidi limiti, ndr): ufficialmente sono assunti da una filiale estera ma nei fatti lavorano a Roma. C'è poi l'escamotage della cassa integrazione" conclude "con operai che continuano a lavorare nel cantiere dell'azienda".


La legge sul caporalato approvata lo scorso anno non sembra aver prodotto nella Capitale procedimenti penali di alcun tipo. "Da quel che ci risulta" spiega Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil" non ci sono procedimenti in corso. Quello del caporalato resta troppo spesso un tema secondario per le forze dell'ordine che si occupano prevalentemente delle infiltrazioni della criminalità nelle ditte edili, senza rendersi conto che anche il caporalato è un modo per infiltrare i cantieri".

 

Latina, il pozzo nero dei braccianti indiani. E se a Roma il caporalato si concentra soprattutto nell'edilizia e nei servizi, a una settantina di chilometri dalla Capitale, nella zona di Aprilia, Latina, San Felice, Terracina, Sabaudia e Fondi, gli schiavi a giornata sono soprattutto indiani e vengono impiegati nei campi. Una comunità di cittadini originari del Punjab che, secondo le stime dei sindacati, si aggira attorno alle quattromila persone. "Quella di Latina" spiega Alessandro Leogrande, giornalista e autore del libro d'inchiesta "Uomini e caporali. Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud" per i tipi Mondadori "è una zona di lavoro globale come le grandi piane del Sud ma a differenza di zone il Tavoliere o Rosarno è semisconosciuta alle cronache. Nel Sud Pontino i caporali spesso controllano le regolarizzazioni, per cui arrivano a chiedere anche duemila euro, mentre ci sono stati casi di lavoratori pagati 250 euro al mese". Nel circondario appena fuori le porte di Roma, però, non si registrano condizioni di vita estreme come quelle viste nel foggiano o a Rosarno. "Si tratta" conclude Leogrande "di un sottosalario sfrenato in condizioni di vita però più leggere rispetto allo schiavismo di cui si è avuta notizia altrove. Il tutto in un contesto comunque inquinato dalla criminalità organizzata, come può esserlo quello che gravita attorno a Fondi".

 

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