10.04.13 Rassegna Sindacale dedica una pagina alla situazione dei tavoli aperti nel settore delle costruzioni per i rinnovi dei Contratti Nazionali. Chiuso il tavolo del cemento, con una ipotesi di accordo su cui i lavoratori in questi giorni stanno esprimendo il loro parere. Difficoltà sul legno - arredo, con la sospensione del negoziato da parte di FederLegno. Ansia per il tavolo dell'edilizia, qualche speranza per una rapida chiusura dei lapidei, grandi difficoltà per il comparto dei laterizi e manufatti. Nei servizi di Roberto Greco, i giudizi dei segretari nazionali Mauro Livi, Marinella Meschieri, Moulay El Akkioui.
CEMENTO. RESPINTO IL MODELLO FIAT
di Roberto Greco
10.04.13 Un contratto essenziale. Così si può definire l’ipotesi di accordo per il rinnovo del ccnl del cemento, siglato lo scorso 21 marzo, che riguarda oltre 10.000 addetti e una decina di grandi gruppi industriali, fra cui quattro multinazionali ai primi posti a livello mondiale (Holcim, Italcementi, Buzzi Unicem e Cementir), più una miriade di piccole imprese dei comparti calce, gesso e malte. Un risultato reso possibile grazie a una forte tenuta unitaria della delegazione Fillea, Filca e Feneal, composta da segreterie nazionali, Rsu e territori. Il ccnl arriva in un periodo di difficoltà drammatiche per il settore, che ha registrato a fine 2012 il livello minimo storico di produzione, pari a un quarto rispetto al 2008. “In conseguenza della profonda crisi dell’edilizia – commenta Mauro Livi, segretario nazionale Fillea –, cui il cemento, al pari di tutti i materiali di base per le costruzioni, è strettamente legato nell’ultimo quinquennio si è persa circa metà della domanda e le previsioni parlano di un’ulteriore caduta del 20 per cento per il 2013: arriveremo a 15 milioni di tonnellate vendute, un vero tracollo”.
Malgrado il quadro e le prospettive a tinte fosche, i sindacati hanno presentato unitariamente la piattaforma e la vertenza negoziale è partita il 12 dicembre scorso nei tempi previsti. “Da subito – afferma Livi –, le controparti ci hanno detto: sappiate che il momento è molto difficile, ma siamo lo stesso disponibili al rinnovo, anche in tempi piuttosto rapidi, purché concentriate le vostre richieste su alcuni aspetti specifici. Perciò abbiamo puntato su tre questioni per noi prioritarie: modello contrattuale, diritti e salario. Su questi capitoli siamo riusciti a centrare ottimi risultati, senza arretramenti rispetto alle conquiste del precedente contratto”.
Grandi preoccupazioni i sindacati avevano soprattutto sui livelli di contrattazione. “Nei primi incontri – rivela il sindacalista –, sulla falsariga di una tendenza che ha preso piede in Confindustria, la nostra controparte ha tentato d’imporre il secondo livello, che nel cemento riguarda i grandi gruppi, a discapito di quello nazionale. Una sorta di ‘modello Fiat’, che abbiamo immediatamente respinto: alla fine siamo riusciti a riconfermare i due livelli tradizionali”. Federmaco ha poi presentato un documento scritto su apprendistato, periodo di prova, orari e trasferimenti. “A dirla tutta – precisa Livi –, i datori di lavoro avevano anche un quinto obiettivo, cioè le deroghe previste dall’accordo separato sulla produttività, che riguardavano la possibilità di cambiare, su base aziendale, le decorrenze delle tranches degli aumenti contrattuali, nonché eventuali cambiamenti di istituti contrattuali a seguito di intercorse modifiche legislative o di accordi interconfederali. Noi abbiamo subito detto che tali deroghe non erano praticabili, chiedendo alla controparte di cancellarle dal loro documento, pena il mancato rinnovo del ccnl. Cosa che puntualmente è avvenuta, e grazie a tale indispensabile precondizione, siamo arrivati all’intesa”.
In merito alle quattro condizioni poste da Federmaco, è stata ridotta di sei mesi la durata massima dell’apprendistato, rientrando così nel periodo previsto dalla nuova legge Fornero (la 92/2012 sul mercato del lavoro); il periodo di prova per le nuove assunzioni è stato allungato di un mese per le qualifiche più alte, lasciandolo inalterato per quelle più basse. Sull’orario multiperiodale, invece, il contratto prevedeva che la durata media dell’orario venisse calcolata su un periodo di quattro mesi all’anno: la soluzione trovata è stata di allungare da quattro a sei mesi il periodo utile per il calcolo della media, con un controllo da parte dell’azienda, compatibilmente con le esigenze tecniche e organizzative del lavoro verificate con le Rsu”.
Ultimo aspetto, i trasferimenti, ovvero la possibilità che ha l’impresa, per necessità produttive o crisi, di trasferire un lavoratore, sia impiegato che tecnico, da uno stabilimento all’altro. Federmaco voleva cancellare il paragrafo che prevedeva l’esclusione del licenziamento qualora il lavoratore non fosse d’accordo. “Abbiamo tolto il paragrafo – osserva il dirigente della Fillea –, così come pretendeva la controparte, inserendone però un altro al suo posto, che stabilisce, qualora tra lavoratore e impresa non si arrivi a una scelta condivisa, che le parti s’incontrino per ricercare la soluzione più idonea; il dipendente può farsi assistere dalle Rsu o dai sindacati esterni. In tal modo, oggi abbiamo uno strumento in più, ovvero il confronto a 360 gradi con il sindacato, che prima non c’era, con il lavoratore costretto ad andare direttamente davanti al giudice”.
L’incremento salariale ottenuto con il nuovo accordo è di 120 euro a regime in tre tranches (25, 40 e 55 euro) nell’arco del triennio di vigenza contrattuale, più un’una tantum di 75 a copertura del trimestre trascorso oltre la scadenza. “Si tratta di un aumento salariale senz’altro al di sotto della nostra richiesta iniziale – spiega Livi –, ma, visto che il quadro va peggiorando e che circa metà degli addetti è attualmente in cassa integrazione, dopo vari tentativi abbiamo valutato unitariamente che 120 euro potessero costituire una prima risposta ai bisogni dei lavoratori.
Consapevoli anche del fatto che in questo momento la principale preoccupazione delle persone è mantenere il posto di lavoro”. Altro punto qualificante del ccnl è rappresentato dalla previdenza complementare, con un aumento dello 0,30 per cento della contribuzione solo a carico dell’impresa. “Una novità importante – sottolinea il segretario Fillea –, perché fino ad oggi l’incremento era stato anche a carico dei lavoratori.
Sul fronte della sanità integrativa, invece, abbiamo migliorato quanto era già stato conquistato nel vecchio contratto. Ancora non era ancora stato reso operativo l’apposito fondo: ora le imprese dovranno versare mensilmente 11 euro anziché 10, mentre la quota a carico dei lavoratori scende da 3 a 2 euro”. Sempre sul piano normativo, i sindacati hanno ottenuto un conservazione del posto per i lavoratori affetti da gravi patologie. “Non abbiamo modificato altro della già buona base contrattuale di partenza – conclude Livi –, puntando, in sostanza, a salvaguardare e rafforzare l’impianto dei diritti esistente: ciò sarà un buon viatico per fine 2015, quando dovremo discutere del futuro contratto”. Intanto, entro il 30 aprile l’ipotesi di accordo sarà oggetto di una vasta e democratica consultazione tra i lavoratori.
Incoraggianti i risultati che escono dai verbali delle prime assemblee finora organizzate, il cui esito è favorevole.
IL PESO DELLA CRISI. LA SITUAZIONE DEGLI ALTRI TAVOLI. LEGNO, LAPIDEI, EDILIZIA, LATERIZI - MANUFATTI
di Roberto Greco
Stato di agitazione del settore, campagna d’informazione sui luoghi di lavoro, assemblea nazionale con la partecipazione delle Rsu. È il programma stilato da Fillea, Filca e Feneal nell’ambito della vertenza del legno-arredo (il ccnl è scaduto il 31 marzo), a seguito della sospensione del negoziato decisa da Federlegno: “La controparte si è presa una responsabilità pesantissima – afferma Marinella Meschieri, segretaria nazionale Fillea –, perché ha abbandonato la trattativa quando s’iniziava a entrare nel merito della discussione su apprendistato, contratti a tempo determinato, orari, conservazione del posto di lavoro in presenza di patologie gravi fino a guarigione clinica, previdenza integrativa”. Stop inatteso e ingiustificato, per il sindacato, che accusa Federlegno di tenere un atteggiamento poco responsabile in presenza della grave situazione in cui versano le imprese e le difficoltà occupazionali dei 380.000 lavoratori interessati: “Non si capiscono i motivi dell’interruzione – prosegue Meschieri –, salvo che i datori di lavoro non ritengano che il ccnl si ottenga semplicemente accettando il testo proposto da loro stessi”.
Nell’ambito della vertenza degli edili sono state aperte tre trattative: Ance - Cooperative (per la prima volta assieme, anche se i contratti da siglare sono sempre due), artigiani e Aniem. “In tutti i negoziati siamo ancora ai preliminari – spiegano i sindacati –. Quello più ostico appare il primo tavolo, dove ci è stato chiesto di non rivalutare i minimi relativi agli scatti di anzianità: una pretesa assurda, che costituirebbe un precedente negativo, creando notevoli problemi sul piano delle relazioni. È inaccettabile decidere di modificare istituti contrattuali in modo unilaterale”. Le associazioni artigiane, al contrario, hanno confermato la loro propensione al rinnovo, con la priorità di adeguarel’apprendistato alla luce delle nuove norme. Anche Aniem si è mostrata disponibile alla discussione: le piccole e medie imprese chiedono di trovare forme di abbassamento del costo del lavoro e altre modalità di risparmio per consentire un aumento salariale più congruo.
Nel comparto dei lapidei (150.00 addetti per 15.000 imprese), invece, le trattative, iniziate a metà dicembre, procedono a ritmo spedito, tanto che può dirsi completata la discussione sulla parte normativa. “Il punto focale è il mercato del lavoro – sostiene Moulay El Akkioui, segretario nazionale Fillea –: siamo riusciti a respingere il tentativo delle controparti di recepire la legge Fornero, migliorando i capitoli su flessibilità, contratti a tempo determinato e parziale, lavoro in somministrazione e disciplina sulle dimissioni in bianco. Resta in piedi il nodo del salario, dove siamo in attesa della proposta economica dei datori di lavoro”.
Infine, nel comparto laterizi e manufatti (18.000 unità per 500 imprese) la gravissima crisi si sta ripercuotendo inevitabilmente al tavolo negoziale. “Chiudere il ccnl sarà un miracolo – conclude El Akkioui –: il settore ha perso quasi il 60 per cento del fatturato, molte aziende hanno dichiarato fallimento e gran parte dei lavoratori sono in cassa integrazione o in mobilità”.
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