Le organizzazioni sindacali dopo aver ottenuto l’approvazione di alcune importanti richieste nel ddl restauro che nel gennaio 2013 è diventato legge, sono ora impegnate a vigilare sulla definizione delle Linee Guida che dovranno renderla applicativa, il cui coinvolgimento era stato appositamente previsto già nella stessa norma.
Nel corso dell’audizione gli edili di Cgil Cisl e Uil, che organizzano i lavoratori e le lavoratrici del restauro e dell’archeologia, hanno consegnato un documento contenente le loro osservazioni sulla procedura di selezione pubblica ai fini della disciplina transitoria del conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore e collaboratore restauratore dei beni culturali.
Inoltre Feneal Filca Fillea sottolineano la necessità di riaffermare il concetto previsto dalla normativa di settore che stabilisce nel 60% il minimo della presenza di manodopera “qualificata” (restauratori e collaboratori restauratori) nell’ambito di un’impresa con oltre 4 addetti, “per ricordare come la qualità dell’intervento è garantito proprio dalla compresenza di più figure analoghe e qualificate che eseguono un intervento di restauro e per questo è fondamentale presupporre un’organizzazione del lavoro più complessa che può e deve essere evinta da un’attenta analisi dei documenti in possesso degli operatori e delle imprese, per evitare che il settore finisca per essere riservato a pochi adepti escludendo in tal modo migliaia di vere professionalità nel tempo formatesi nel mercato.” Altro aspetto toccato dal testo proposto dalle organizzazioni riguarda i settori di competenza che, ritengono, debbano valere solo dopo il riconoscimento delle qualifiche ed essere più ragionevolmente accorpati, passando da 12 a 6, stabilendo criteri equi di prevalenza delle esperienze e di libera scelta degli interessati.
Il documento di proposta è ora nelle mani della commissione a cui i sindacati hanno chiesto di poter proseguire il confronto attraverso altri incontri al fine di completare il percorso intrapreso e finalmente restituire ai 20mila operatori del restauro la certezza dei criteri per il riconoscimento della propria qualifica professionale. “Un modo anche questo – concludono i sindacati – di tutelare e valorizzare il nostro patrimonio culturale fatto di uomini e opere.”