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04.07.13 "Mi chiamo Enrico Piron, ho 43 anni, sono iscritto alla Cgil dal 1994. Prima tessera alla Filcams, quando lavoravo come magazziniere in un grande gruppo di distribuzione. Ho poi lavorato al Caf, successivamente in funzione pubblica come impiegato ed infine alla Fillea di Padova dal 2001. Nel 2005 a Venezia sono stato eletto Segretario Generale degli edili. Dal 2012 sono al dipartimento organizzazione della Fillea Nazionale." Si presenta così il nuovo segretario organizzativo della Fillea, Enrico Piron, salutando il comitato direttivo che lo scorso 2 luglio lo ha eletto in sostituzione di Enzo Campo che, a conclusione del mandato, torna nella sua amata Sicilia, non certo per riposarsi ma per affrontare una nuova sfida, la guida dell'organizzazione confederale regionale. Ad Enrico ed Enzo un grande in bocca al lupo da tutta la Fillea. Ad Enzo un grazie sincero sentito e commosso.
 
IL DISCORSO DI ENRICO PIRON AL DIRETTIVO DEL 2 LUGLIO
(bozza non corretta)

Care compagne, cari compagni, vi ringrazio, per lo straordinario attestato di stima e di fiducia, ce la metterò tutta per non deludervi e tenere fede ogni giorno all'impegno che assumo.
Mi chiamo Enrico Piron, ho 43 anni, sono iscritto alla Cgil dal 1994. Prima tessera alla Filcams, quando lavoravo come magazziniere in un grande gruppo di distribuzione. Ho poi lavorato al Caf, successivamente in funzione pubblica come impiegato ed infine alla Fillea di Padova dal 2001. Nel 2005 a Venezia sono stato eletto Segretario Generale degli edili. Dal 2012 sono al dipartimento organizzazione della Fillea Nazionale.
Un intenso percorso compiuto assieme a compagne e compagni che mi hanno arricchito e da cui ho imparato quale sia l'unico modo corretto di stare in CGIL: quello della condivisione, della partecipazione, dell'impegno, dell'abnegazione, della militanza, dello spirito di servizio e dell'orgoglio di appartenenza ma anche della curiosità, dell'approfondimento, del coraggio e dello studio.
Per questa mia pur breve storia, per questa nuova, grandissima, opportunità che mi offrite, mi ritengo un uomo privilegiato.
QUesti ultimi anni in Fillea nazionale nel dipartimento organizzazione mi hanno permesso di aggiungere un mattone fondamentale alla mia crescita, permettendomi di dare il mio pur piccolo contributo al pieno compimento dell'impostazione fortemente voluta dalla segreteria  per una categoria sempre di più fondata su criteri di trasparenza nell'allocazione e nella distribuzione delle risorse,  automatismi e certezza degli introiti in capo ad ogni snodo della filiera della categoria, ad ogni costo, rigore nell'approccio alla materia e non già rigidità, non dogma fine a se stesso, ma profonda comprensione delle dinamiche organizzative ai vari livelli e lettura lucida della fase che permetta di interpretare correttamente l'esistente e di dirigerlo con il verso giusto, mettendo nel conto le difficoltà che saranno, purtroppo, incrementate nel prossimo periodo.
E' stata questa una serie di operazioni lunghe e faticose, complicate e puntigliose, che non deve assolutamente essere rallentata o peggio vanificata.
E' tutta dentro questa impostazione che la FILLEA nazionale ha promosso l'esperienza del Bilancio Sociale della struttura stessa e dei territori, non solo per una esigenza di trasparenza, ma per una convinta azione di rendicontazione, che porta a procedura, ad analisi scientifica della prassi, ad ottimizzare risorse e tempi, a conoscere contesti e ad allocare risorse economiche e umane laddove realmente serve.
Uno strumento al contempo tecnico e politico, che accompagna l'attività delle segreteria e dell'apparto di ogni territorio, non solamente una carta di identità ma realmente la volontà di riorganizzarsi in base all'esistente. Chi ha vissuto questa esperienza non come una pastoia ma come una opportunità, sa bene di cosa parlo e di quali vantaggi tale lavoro apporti.
E da qui poi, i laboratori di integrazione con i servizi e tutto il bagaglio di informazioni che questi hanno reso, soprattutto sulla, perdonatemi la libertà, talvolta maldestra, occasionale e soggettiva modalità presente in CGIL tra i vari noi e i vari loro, che via via si incontrano, a seconda di come si giri la frittata.
Tutto questo è arcaico, inaccettabile e svantaggioso soprattutto per i lavoratori che aderiscono alla Cgil.
Ed è banale dire che laddove il percorso di integrazione viene raggiunto, i risultati sono tangibili, soprattutto per l'incremento di tutele offerte alle lavoratrici e ai lavoratori, per l'aumento della consapevolezza relativamente all'accesso a prestazioni, incentivi, doveri e diritti, magari sconosciuti, in capo ai singoli, per l'incremento di conoscenza indotta che crea libertà dal bisogno e fiducia nelle istituzioni e per la conseguente ricaduta sul consenso, sulla fidelizzazione e sul nuovo proselitismo scaturito.
A fianco a questo, poi, la puntuale volontà di fare della struttura nazionale, fonte di dati e sintesi alta circa la lettura delle dinamiche del mercato del lavoro impostando la prassi sulla massima diffusione degli stessi, dando vita ad un approccio alla democrazia interna basato su processi di conoscenza  e di condivisione delle fonti e non già utilizzando tali conoscenze per scopi altri ma come base di partenza che assimili i territori più grandi ai piccoli.
Sono state tali approcci, al contempo, palestra e patrimonio politico e conoscitivo fondamentali per la mia costruzione personale e politica.
 Ho imparato a comprendere la complessità della nostra organizzazione e a considerare tale prerogativa una fonte di ricchezza, di esperienze e di modelli, che deve essere capitalizzata in ogni momento e condivisa.
Ho conosciuto le tante Fillea distribuite nel paese tutte unite da quella volontà, quella pulsione di essere soggetti propositivi e centrali, con la caparbietà di creare modalità di fare sindacato non sovrastrutturali ma realmente strumento della politica, inclusive, diffuse, e che in un momento tanto difficile, sono abitate da compagne e compagni che non mollano e che con i denti stretti, ogni giorno, costruiscono, mentre tutto si disgrega, promuovono solidarietà ed inclusione, mentre tutto attorno allontana ed espelle.
Ho compreso l'importanza della struttura nazionale come catalizzatrice delle dinamiche politiche e organizzative di tutte le strutture.
E state certi, nella struttura nazionale esistono le potenzialità affinchè tutto questo si realizzi. Le compagne e i compagni che lo compongono hanno un bagaglio di professionalità e di passione che è e sarà sempre più il volano attraverso il quale tutto questo potrà essere concretamente realizzato con il lavoro e la volontà.
Velocità, condivisione, chiarezza procedurale e comunicativa, e precisione. Precisione come spartiacque tra chi prova e chi tenta, tra chi costruisce e chi accumula, tra chi riesce e chi fallisce.
Precisione che non è pignoleria, che non è fine a se stessa: è la farina, senza la quale non si ottiene il pane.
Tutto questo per costruire un sindacato di domani prima che il domani diventi inesorabilmente oggi, senza di noi.
Da ultimo permettetemi di ringraziare le persone che in questi mesi sono stati per me i punti cardinali che mi hanno permesso di non smarrire la via e di avere sempre chiaro l'approdo.
Ringrazio sentitamente Walter Schiavella per la grande lucidità e per la straordinaria capacità di identificare prospettive anche nelle piccole cose, di cui mi ha fatto partecipe, permettendomi di comprendere e di crescere;  ringrazio Antonio Panucci, che in questi mesi ha sempre condiviso con me la sua straordinaria conoscenza e competenza, senza mai farmi pesare la mia inesperienza, con un atteggiamento costruttivo, fraterno e paritario; ringrazio le compagne e i compagni della fillea nazionale per l'accoglienza che mi hanno riservato e per gli innumerevoli consigli che hanno formato il corredo di informazioni che mi hanno permesso di muovermi agevolmente tra le difficoltà del mio incarico, ringrazio Leonardo Zucchini per la sua presenza costante, fraterna, gratuita e duratura e per il suo alto senso di analisi politica, senza i quali, da quando ero in produzione sul mio muletto, non sarei l'uomo che sono.
Da ultimo e con il profondo rammarico dato dal fatto che tale rapporto si trasformerà, ringrazio sinceramente Enzo Campo. Non esistono parole di gratitudine  che io posso pronunciare, per testimoniare quanto importante sia stato per me non solo lavorare al tuo fianco, ma attingere dalla tua esperienza che non è solamente politica, ma umana e culturale e che hanno rappresentato un approdo sicuro ogniqualvolta mi sono trovato in difficoltà. Hai condiviso con me ogni tua analisi ed ogni tua valutazione e da te io mi sono nutrito e fortificato.
Un giorno chiesero a Jaques Anquetil, uno straordinario ciclista degli anni 60, come facesse a vincere tutte le gare a cronometro, che sono terribili prove contro se stessi, massacranti esercizi di concentrazione e di forza al contempo. Egli rispose che, ad ogni gara immaginava ogni pietra miliare della strada come un traguardo e, dalla partenza all'arrivo, egli pedalava pensando di avere tanti piccoli traguardi davanti, sui quali cimentarsi e vincere. Sempre in punta di sella, sempre in perenne rincorsa. Come unico e grande avversario se stesso e la propria fatica.
Facciamo anche noi così. Tanti piccoli traguardi, nel nostro percorso, in una lenta ma inesorabile progressione.
Grazie a tutti.     
    

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