05.07.13 "E' il giorno del faccia a faccia tra sindacati, ministero e vertici della Natuzzi. Mentre i lavoratori e le lavoratrici del distretto del mobile murgiano saranno in sciopero, noi, con Filca e Feneal, porteremo a quel tavolo le nostre proposte per salvare il futuro occupazionale di oltre 1700 lavoratori e più in generale il futuro produttivo di uno degli ultimi distretti industriali del Meridione." Così Walter Schiavella, che affida oggi all'Unità la sua riflessione sulla vicenda Natuzzi, replicando ad un fondo di Dario Di Vico apparso il 3 luglio sul Corriere della Sera...
TUTTE LE DOMANDE A CUI NATUZZI NON HA MAI RISPOSTO
di Walter Schiavella
E' il giorno del faccia a faccia tra sindacati, ministero e vertici della Natuzzi. Mentre i lavoratori e le lavoratrici del distretto del mobile murgiano saranno in sciopero, noi, con Filca e Feneal, porteremo a uel tavolo le nostre proposte per salvare il futuro occupazionale i oltre 1700 lavoratori e più in generale il futuro roduttivo di uno degli ultimi distretti industriali del eridione. Ma soprattutto, torneremo a porre per l`ennesima volta a Pasquale Natuzzi quelle domande che da anni attendono risposte. Dario Di Vico dalle pagine del Corriere ella Sera ci ha proposto nei giorni scorsi il punto di vista di un Natuzzi benefattore e paladino del riscatto meridionale, vittima di un sistema e di un sindacato inadeguati e vecchi, imprenditore illuminato che sogna di produrre a basso costo ma senza trucchi, erede ideale di quell`Adriano Olivetti che ha insegnato all`Italia e al mondo il fare impresa.
Avrei qualcosa da ridire, e tutt`altro he sommessamente.
Prima questione. Per avere accesso alla cassa integrazione straordinaria, Natuzzi due anni fa ha presentato un piano di ristrutturazione aziendale, che prevedeva una nuova linea da prodursi a Ginosa e Santeramo. La Cig è stata autorizzata ma la nuova linea è prodotta in Romania, a Ginosa, insieme a Matera, va alla chiusura: ribadisco,è vergognoso ed inaccettabile mettere in mobilità 1.726 lavoratori. Natuzzi come Olivetti? Mi sembra un paragone incauto ed inappropriato, per la diversa qualità dei due imprenditori, per l`opposta idea del «bene-lavoro» e per la profonda diversità del contesto socio economico.
Oggi è proprio questo che manca, sostituito invece da una costante spinta alla deregolazione del lavoro e dei mercati, nonché da una altrettanto pericolosa rincorsa alla riduzione dei costi, Così, in questi anni si è fortemente indebolito il quadro delle regole a presidio della qualità del lavoro e della trasparenza dei mercati, fattori questi che, insieme all`indebolimento dei controlli, hanno prodotto la crescita esponenziale del lavoro nero ed irregolare.
Mentre le imprese ed i soloni teorizzatori della «efficacia della mano invisibile dei mercati» sostenevano queste tendenze, la Cgil e la Fillea non hanno mai perso occasione per contrastare, a Roma come a Bari, il lavoro nero e la penetrazione criminale nell`economia. Allora, di quale complicità del sindacato si parla? Purtroppo, la cosa preoccupante in tutta questa vicenda è data dal fatto che essa non si discosta da questa impostazione prevalente in questi anni. Infatti, come è pensabile affrontare quello che pomposamente viene definito un piano industriale ed invece è un brutale piano di dismissione, con la pretesa di intervenire sul costo-minuto del lavoro portandolo da 90 a 50 centesimi? Seconda questione, il piano industriale. Si pongono almeno due questioni che vanno analizzate. La prima: chi ha contabilizzato quei costi e come lo ha fatto? Quando alcuni mesi fa Natuzzi ipotizzò di riportare in Italia alcune produzioni, a condizioni che si abbassasse il costo del lavoro non ha ricevuto una chiusura secca da parte del sindacato ma una semplice condizione preventiva all`apertura di ogni confronto: si chiarisse come si erano fatti quei conti e quali fattori erano stati computati. Una risposta che non abbiamo mai avuto.
La seconda: quale è la dimensione esatta della sua filiera di fornitori, quali contratti li legano all`impresa committente, quale certificazione della regolarità del lavoro che lì viene impiegata? Un`altra risposta che non è mai arrivata. Legittimo, quindi, avere qualche dubbio circa la praticabilità della proposta di Natuzzi di andare alla creazione di cooperative per la sub fornitura. È ovvio, infatti, che con quegli obiettivi di costo il sospetto che con questa operazione la Natuzzi voglia costruirsi la sua rete di «cinesi» con i suoi ex lavoratori e per di più attingendo ai denari pubblici dell`accordo di programma, è quanto mai fondata.
Se così fosse, questa ipotesi non potrà che vederci contrari. In ogni caso, sia chiara una questione: non si discute con una pistola fumante sul tavolo. Si ritirino le procedure di mobilità avviate e si avvii un confronto vero su un piano industriale degno di questo nome.
Non siamo certo un sindacato radicale, siamo gli stessi che non hanno avuto paura in un momento di grandi divisioni di mantenere saldi i rapporti unitari e di costruire un`alleanza con il sistema delle imprese che ha portato agli stati generali delle costruzioni e a manifestare in piazza insieme. Noi siamo sempre gli stessi. Siamo un sindacato che discute e che ricerca le soluzioni, che sa scegliere cosa fare con un unico esclusivo interesse: difendere illavoro e i lavoratori.
di Walter Schiavella
E' il giorno del faccia a faccia tra sindacati, ministero e vertici della Natuzzi. Mentre i lavoratori e le lavoratrici del distretto del mobile murgiano saranno in sciopero, noi, con Filca e Feneal, porteremo a uel tavolo le nostre proposte per salvare il futuro occupazionale i oltre 1700 lavoratori e più in generale il futuro roduttivo di uno degli ultimi distretti industriali del eridione. Ma soprattutto, torneremo a porre per l`ennesima volta a Pasquale Natuzzi quelle domande che da anni attendono risposte. Dario Di Vico dalle pagine del Corriere ella Sera ci ha proposto nei giorni scorsi il punto di vista di un Natuzzi benefattore e paladino del riscatto meridionale, vittima di un sistema e di un sindacato inadeguati e vecchi, imprenditore illuminato che sogna di produrre a basso costo ma senza trucchi, erede ideale di quell`Adriano Olivetti che ha insegnato all`Italia e al mondo il fare impresa.
Avrei qualcosa da ridire, e tutt`altro he sommessamente.
Prima questione. Per avere accesso alla cassa integrazione straordinaria, Natuzzi due anni fa ha presentato un piano di ristrutturazione aziendale, che prevedeva una nuova linea da prodursi a Ginosa e Santeramo. La Cig è stata autorizzata ma la nuova linea è prodotta in Romania, a Ginosa, insieme a Matera, va alla chiusura: ribadisco,è vergognoso ed inaccettabile mettere in mobilità 1.726 lavoratori. Natuzzi come Olivetti? Mi sembra un paragone incauto ed inappropriato, per la diversa qualità dei due imprenditori, per l`opposta idea del «bene-lavoro» e per la profonda diversità del contesto socio economico.
Oggi è proprio questo che manca, sostituito invece da una costante spinta alla deregolazione del lavoro e dei mercati, nonché da una altrettanto pericolosa rincorsa alla riduzione dei costi, Così, in questi anni si è fortemente indebolito il quadro delle regole a presidio della qualità del lavoro e della trasparenza dei mercati, fattori questi che, insieme all`indebolimento dei controlli, hanno prodotto la crescita esponenziale del lavoro nero ed irregolare.
Mentre le imprese ed i soloni teorizzatori della «efficacia della mano invisibile dei mercati» sostenevano queste tendenze, la Cgil e la Fillea non hanno mai perso occasione per contrastare, a Roma come a Bari, il lavoro nero e la penetrazione criminale nell`economia. Allora, di quale complicità del sindacato si parla? Purtroppo, la cosa preoccupante in tutta questa vicenda è data dal fatto che essa non si discosta da questa impostazione prevalente in questi anni. Infatti, come è pensabile affrontare quello che pomposamente viene definito un piano industriale ed invece è un brutale piano di dismissione, con la pretesa di intervenire sul costo-minuto del lavoro portandolo da 90 a 50 centesimi? Seconda questione, il piano industriale. Si pongono almeno due questioni che vanno analizzate. La prima: chi ha contabilizzato quei costi e come lo ha fatto? Quando alcuni mesi fa Natuzzi ipotizzò di riportare in Italia alcune produzioni, a condizioni che si abbassasse il costo del lavoro non ha ricevuto una chiusura secca da parte del sindacato ma una semplice condizione preventiva all`apertura di ogni confronto: si chiarisse come si erano fatti quei conti e quali fattori erano stati computati. Una risposta che non abbiamo mai avuto.
La seconda: quale è la dimensione esatta della sua filiera di fornitori, quali contratti li legano all`impresa committente, quale certificazione della regolarità del lavoro che lì viene impiegata? Un`altra risposta che non è mai arrivata. Legittimo, quindi, avere qualche dubbio circa la praticabilità della proposta di Natuzzi di andare alla creazione di cooperative per la sub fornitura. È ovvio, infatti, che con quegli obiettivi di costo il sospetto che con questa operazione la Natuzzi voglia costruirsi la sua rete di «cinesi» con i suoi ex lavoratori e per di più attingendo ai denari pubblici dell`accordo di programma, è quanto mai fondata.
Se così fosse, questa ipotesi non potrà che vederci contrari. In ogni caso, sia chiara una questione: non si discute con una pistola fumante sul tavolo. Si ritirino le procedure di mobilità avviate e si avvii un confronto vero su un piano industriale degno di questo nome.
Non siamo certo un sindacato radicale, siamo gli stessi che non hanno avuto paura in un momento di grandi divisioni di mantenere saldi i rapporti unitari e di costruire un`alleanza con il sistema delle imprese che ha portato agli stati generali delle costruzioni e a manifestare in piazza insieme. Noi siamo sempre gli stessi. Siamo un sindacato che discute e che ricerca le soluzioni, che sa scegliere cosa fare con un unico esclusivo interesse: difendere illavoro e i lavoratori.