09.12.13 «Arriviamo a questo sciopero nazionale dopo un percorso lungo e travagliato. La lunga crisi che ha colpito il settore  dell`edilizia ha creato ostacoli importanti lungo la trattativa per il rinnovo  contrattuale, che va avanti ormai da quasi un anno. In primis ci siamo trovati di fronte ad un atteggiamento inaccettabile da parte delle imprese, che piuttosto di andare alla ricerca con il sindacato di soluzioni capaci di rilanciare tutta la filiera preferiscono cercare di assicurarsi qualche vantaggio a spese dei lavoratori. Un`ottica a dir poco miope». Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil, intervistato da Marco Ventimiglia. alla vigilia della grande mobilitazione che venerdì prossimo vedrà impegnate decine di migliaia di lavoratori edili in quattro città italiane, Milano, Roma, Napoli e Palermo. 



IN PIAZZA IL 13 DICEMBRE PER DARE FUTURO ALL'EDILIZIA
di Marco Ventimiglia


«Arriviamo a questo sciopero nazionale dopo un percorso lungo e travagliato. La lunga crisi che ha colpito il settore dell`edilizia ha creato ostacoli importanti lungo la trattativa per il rinnovo contrattuale, che va avanti ormai da quasi un anno. In primis ci siamo trovati di fronte ad un atteggiamento inaccettabile da parte delle imprese, che piuttosto di andare alla ricerca con il sindacato di soluzioni capaci di rilanciare tutta la filiera preferiscono cercare di assicurarsi qualche vantaggio a spese dei lavoratori. Un`ottica a dir poco miope». 
Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil, parla alla vigilia della grande mobilitazione che venerdì prossimo vedrà impegnate decine di migliaia di lavoratori edili in quattro città italiane, Milano, Roma, Napoli e Palermo. 
In particolare che cosa ha determinato la rottura fra le parti? 
«Dopo tanti mesi di colloqui ci ritroviamo sostanzialmente al punto di partenza. Le imprese ci chiedono di rinunciare ad uno strumento importantissimo come l`anzianità, che nella proposta dell`Ance (l`Associazione nazionale dei costruttori edili, ndr) verrebbe sostanzialmente azzerata con un danno economico ingente per i lavoratori. Questo a fronte di un mancato rinnovo salariale e di una richiesta di aumentare la flessibilità, che si vorrebbe attuare con il raddoppio della percentuale massima di part-time e l`introduzione del lavoro a chiamata. In un settore come l`edilizia accettare delle richieste del genere significherebbe arrendersi e destinare quello che è un motore importante dell`economia del Paese ad un ruolo di marginalità e residualità». 
Che prezzo ha pagato l`edilizia in questi anni di crisi? 
«Un prezzo altissimo, purtroppo superiore a quello già salato pagato da molti altri comparti. Siamo stati al centro di una sorta di tempesta perfetta. Nell`edilizia la crisi congiunturale si è sommata a quella strutturale, in un settore che per troppi anni si è sviluppato soltanto sulla spinta della rendita finanziaria e fondiaria, cresciuto in maniera disordinata sull`onda di una progressiva deregolazione. E così i posti di lavoro persi nell`intera filiera delle costruzioni sono stati oltre 600mila, con una riduzione del 40% della ricchezza prodotta, equivalente alla perdita di circa 80 miliardi di euro. Hanno chiuso oltre 50mila imprese. Una situazione drammatica che purtroppo è stata favorita anche dalle scelte sbagliate che sono state fatte per contrastarla». 
Vale a dire? 
«Mascherando sotto l`egida della semplificazione del settore quella deregolazione 
di cui parlavo, si è favorita una rincorsa verso il basso da parte delle imprese in tema di qualità del lavoro. Una responsabilità che riguarda tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni. In uno spazio di mercato già ristretto dalla crisi, il meccanismo dei massimi ribassi, dell`allentamento delle regole e dei controlli, ha avuto un impatto negativo sull`intera filiera. Non c`è stata solo l`enorme perdita di occupazione, ma un incremento vertiginoso del lavoro nero ed irregolare, quest`ultimo con il progressivo diffondersi del fenomeno del falso lavoro autonomo, utile a ridurre ulteriormente i costi delle imprese». 
Quali sono le proposte del sindacato, che ribadirete nella giornata di sciopero del 13 dicembre? 
«Siamo ancora in tempo per trasformare il dramma della crisi in un`opportunità. Occorre superare le difficoltà riorganizzando il settore e selezionando le imprese di qualità, il tutto per andare incontro al nuovo e riparare i danni del vecchio. Questo significa pensare alla messa in sicurezza del territorio, alla rete delle infrastrutture, alla riconsiderazione degli ambiti urbani , perché in Italia c`è un patrimonio edilizio vecchio e bisogna pensare alla riqualificazione, per esempio dei centri storici. Si tratta di ambiti che coinvolgono tanto il privato che il pubblico. Al governo, in particolare, chiediamo di riconsiderare l`evidente insufficienza degli investimenti messi in campo, oltre che di consentire uno sblocco selettivo del patto di Stabilità nel caso di opere edilizie meritevoli». 
 

Segretario-Generale