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10.03.14 Si è concluso il 25 febbraio 2014 il Congresso territoriale della Fillea Valcamonica - Sebino. Di seguito la relazione del segretario uscente Donato Bianchi, riconfermato alla guida della struttura dal nuovo direttivo eletto al termine del congresso.
Cari Compagni e Compagne, Delegati, Signori invitati, esprimo a tutti voi un sentito ringraziamento, per la vostra partecipazione all’ottavo Congresso della Fillea Cgil Valcamonica - Sebino. Il nostro congresso si colloca nel pieno di una gravissima crisi economica e la discussione che si sta svolgendo ai vari livelli dell’organizzazione, dai contenuti presenti nei documenti, alle assemblee di base che si sono svolte con gli iscritti, fino ai vari livelli congressuali delle categorie e della Confederazione, ha la caratteristica e l’ambizione di analizzare i grossi problemi che ci sono sul tavolo e di dare un contributo per il loro superamento. Bisogna mettere al centro il Lavoro perché senza lavoro non c’è futuro. Serve un lavoro dignitoso come prevede la nostra Costituzione e si deve lavorare per crearlo perché la lunga fase di crisi che stiamo attraversando non ha le caratteristiche che abbiamo conosciuto in precedenza, basti vedere il deserto che si è creato in alcuni settori come, il Cemento, ed i Laterizi, dove vedere una ripresa, è diventato un miraggio. Non si esce da questa situazione in maniera uguale a come ci si è entrati. Le produzioni a cui eravamo abituati in particolare nel mondo dell’edilizia, non torneranno uguali a prima e i livelli di crescita saranno più contenuti. Serviranno nuove idee e quindi bisognerà investire nella conoscenza e nella ricerca, cosa che è mancata in questi ultimi vent’anni, dove abbiamo assistito a un’assenza di politica industriale e una di una visione del futuro. Bisogna intervenire inoltre sulle normative in materia di mercato lavoro, ammortizzatori sociali e pensioni, che hanno complicato ulteriormente la vita delle lavoratrici e dei Lavoratori. LA CRISI In Italia la disoccupazione è arrivata al 12,7% e quella giovanile è al 41,6%. Il totale dei disoccupati è di 3,5 Milioni, in aumento di 350.000 unità nell’ultimo anno. A livello Europeo la disoccupazione è al 12,1% mentre quella giovanile aumenta e si attesta al 24,3%. Si nota come la disoccupazione sia complessivamente più bassa in Germania 5,2% e Austria 4,8%, mentre il dato più alto è detenuto rispettivamente da Spagna 26,7% e Grecia 27,4%. La cassa integrazione utilizzata ha superato complessivamente (Cigo-Cigs-Cigd) il miliardo di ore anche nel 2013. Nel 2013 sono state inoltrate 2.135.000 domande di disoccupazione, incluse Aspi e mini Aspi, con un aumento del 33% rispetto alle domande presentate nel 2012, che erano state 1.600.000. La spesa delle famiglie italiane è diminuita di 57 miliardi di € dal 2010 al 2013, passando dai 855 mld ai 798. Questi numeri ci indicano l’eccezionalità della situazione e la necessità di nuove politiche che siano in grado di rilanciare il lavoro. La crisi, iniziata nel 2008, non da segni di rallentamento, anzi sul piano occupazionale rischia di provocare ancora danni pesantissimi nei prossimi mesi. Causata inizialmente dai bassi salari, che hanno costretto le persone a ricorrere al credito al consumo, contraendo mutui per qualsiasi cosa che si acquistava dalle ferie alla casa. E’ paragonata a quella del 1929, senza precedenti simili negli ultimi cinquant’anni, anche per questo è di difficile soluzione in quanto, oltre che di carattere finanziario, a causa di un’economia fatta sulla carta, è di processo produttivo, di ciò che si produce, di sovra produzione rispetto alle necessità reali e rispetto quello che le persone possono acquistare, non avendo più risorse. Questa situazione porta inevitabilmente a difficoltà delle aziende e a chiusure per intere filiere produttive presenti nel nostro paese, con i drammi occupazionali che ne conseguono. Penso ad esempio alla produzione di automobili, dove negli anni 60/70 bisognava vendere a tutti un’auto, mentre oggi al contrario, ogni famiglia spesso ne possiede più di una: le case automobilistiche producono molte meno vetture di un tempo nei paesi industrializzati, le produzioni tendono a spostarsi in quei paesi, dove esistono margini di vendita superiori e dove le popolazioni sono in condizioni simili a quelle degli italiani di cinquanta anni fa. Questo ha degli effetti negativi sui paesi più ricchi e provoca la perdita di posti di lavoro. Lo stesso discorso si può fare per le aziende che producono frigoriferi, lavastoviglie, televisioni ecc. Basti vedere la vicenda dell’Electrolux dove la multinazionale svedese pone il ricatto inaccettabile della riduzione del salario, pena la chiusura degli stabilimenti e la delocalizzazione. Per riequilibrare il sistema sono necessari conflitti sociali in particolare nei paesi emergenti, per fare in modo, che la ricchezza sia distribuita in modo più equo. Oggi nel nostro paese vengono al pettine vent’anni di mancata politica industriale da parte dei governi e di mancati investimenti da parte delle imprese. Si è puntato al guadagno facile e immediato con una visione miope rispetto a quello che stava accadendo. Le politiche liberiste praticate dai governi in particolare di centro destra e delle larghe intese, hanno prodotto una riduzione dei diritti, attraverso il peggioramento delle regole sul lavoro e le aziende hanno pensato, ed hanno tuttora l’illusione di reggere in questo modo la competizione sul piano globale. Al contrario, si compete puntando su prodotti innovativi e con un alto valore aggiunto. La ricetta di competere attraverso la riduzione dei salari e dei diritti è perdente, per il semplice motivo che nel mondo si troverà sempre qualcuno che lavora con salari più bassi dei nostri, inoltre se i salari non difendono il potere di acquisto, si fermano i consumi e di conseguenza le produzioni. SETTORE EDILE L’edilizia è di sicuro uno dei settori più colpiti dalla crisi. Si nota dalle gru che mancano. Fino a qualche anno fa, facendo il giro dei cantieri in alta Valle piuttosto che nel resto del territorio, incontravamo molte imprese e molti lavoratori. Oggi il dato è che le imprese chiudono e i lavoratori nella maggior parte dei casi li incontriamo per le casse integrazioni e per le domande di disoccupazione. Se guardiamo agli ultimi dati inviati dalla Cassa Edile di Brescia vediamo come il segno meno continui inesorabilmente ad essere presente mese dopo mese. Questo significa che l’emorragia di posti di lavoro non si sta fermando. I dati degli ultimi tre anni sono i seguenti: 2012/2013 2011/2012 2010/2011 IMPRESE 2530 2823 3198 OPERAI OCCUPATI 11758 13354 15257 IMPONIBILE SALARIALE € 163.340.00,00 € 191.000.000,00 € 222.000.000,00 ORE LAVORO 15300000 18100000 21500000 ORE CIG 2865000 2500000 2100000 Nel Comprensorio Camuno Sebino, la tendenza è simile possiamo notare che negli ultimi cinque anni, c’è stato un arretramento impressionante sul piano occupazionale. Ininterrottamente dal 2008 abbiamo assistito a un continuo aggravarsi della crisi. I numeri in questo caso rendono l’idea più delle parole e se prendiamo in considerazione gli anni che vanno dal 2008 al 2013, possiamo toccare con mano la drammaticità di questa situazione: • 6936 addetti nel 2008 (100%) • 6112 addetti nel 2009 (88%) • 5625 addetti nel 2010 (81%) • 4880 addetti nel 2011 (70%) • 4136 addetti nel 2012 (59%) • 3817 addetti nel 2013 (55%) In cinque anni, abbiamo perso 3122 posti di lavoro (-45%), numeri equivalenti alla chiusura totale di tre stabilimenti, delle dimensioni della Lucchini di Castro (ex Italsider). Pensate solo al panico che si è scatenato in Valle quando il gruppo Riva ha deciso la serrata dei suoi stabilimenti. Parlavamo di 450 posti di lavoro a rischio. In edilizia sono molti di più quelli che si sono persi concretamente. Questo significa che anche in termini di salario disponibile per le famiglie, la situazione è drammatica. A questa situazione bisogna dare delle risposte concrete. Le lavoratrici e i lavoratori disoccupati, hanno finito anche quel poco di ammortizzatori sociali che avevano a disposizione e si trovano in grossa difficoltà. In un momento come questo, non si deve inoltre abbassare la guardia su temi come quelli della sicurezza sul lavoro e dell’evasione contributiva e fiscale. Le persone sono più ricattabili e lavorano in condizioni non sempre rispettose delle normative contrattuali e di legge; devono aumentare i controlli da parte degli enti preposti, al fine di rispondere a queste problematiche. Vanno sostenuti maggiormente nella loro azione i nostri Rls e Rlst, al fine di metterli in condizione di tutelare al meglio, la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei Lavoratori. • Lavoratori immigrati L’edilizia, con il 19% degli addetti è il settore con la più alta la presenza di Lavoratori immigrati nel nostro paese. Nel comprensorio Camuno Sebino nel 2008 siamo arrivati al 30% di presenza, diminuito fino al 23% nel 2013. In numeri assoluti, si passa da 2150 a 870 lavoratori con una perdita di 1280 posti di lavoro. Se analizziamo le % delle presenze negli anni della crisi, possiamo notare come la presenza di lavoratori Italiani nel comprensorio, sia passata dal 70% del 2008 al 77% del 2013. Aumenta quindi in percentuale i lavoratori Italiani rispetto agli immigrati. Con la crisi, molti Lavoratori, sono tornati al loro paese d’origine o si sono spostati in altri stati della Comunità Europea in cerca di lavoro. L’altra ipotesi è, che siano usciti dal settore o che abbiano aperto una Partita Iva, fenomeno molto presente in edilizia, a cui bisogna trovare rimedio, attraverso maggiori controlli e con una legislazione più vincolante. Nel settore notiamo un’altra anomalia riferita alle differenze retributive tra immigrati e italiani, dove la situazione è la seguente: LIVELLO Nazionalità Nazionalità Nazionalità Nazionalità Nazionalità Marocchina Rumena Albanese Kosovara Italiana 1° 59% 64% 56% 57% 19% 2° 27% 28% 29% 33% 31% 3° 13% 7% 13% 9% 39% 4° 1% 1% 2% 1% 11% Come possiamo vedere, ci sono evidenti differenze, dove i livelli più alti sono occupati dai Lavoratori Italiani e quelli più bassi dagli immigrati. Se prendiamo in considerazione la paga dell’operaio Comune e quella dell’operaio specializzato, la differenza retributiva è di 1,78 € all’ora. Vediamo come nel caso di un lavoratore sotto inquadrato, un’azienda può risparmiare fino 380 € al mese, più i contributi previdenziali. Queste problematiche vanno affrontate, in modo più incisivo, al fine di rendere esigibile per tutti, un inquadramento in base alla mansione svolta. Al fine di modificare questa situazione, oltre che un’azione più incisiva sul piano contrattuale, è fondamentale la modifica della legge vigente sull’immigrazione, che rende i lavoratori ricattabili e che di conseguenza non possono rivendicare i loro diritti, perché temono di perdere il posto di lavoro e quindi il permesso di soggiorno. • COME RILANCIARE IL SETTORE. Il settore edile, va rilanciato attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, utilizzando nuove tecnologie e materiali per il risparmio energetico, intervenendo sul versante della sicurezza del territorio, con particolare attenzione al rischio idrogeologico e sismico. I centri storici vanno riqualificati e il consumo di suolo va ridotto drasticamente fino ad arrivare a consumo zero. Il progetto“L'abitazione sostenibile a km 0’’ realizzato dalla scuola edile Bresciana (S.e.b.), ha dimostrato come ad esempio, edifici riqualificati energeticamente, si autofinanziano nel giro di pochi anni. Autorevoli studi dimostrano inoltre, come l’opera di messa in sicurezza del territorio e/o di bonifica di aree inquinate, sia vantaggioso, oltre che per la sicurezza delle persone, anche per il risparmio di risorse: rincorrere le emergenze a posteriori, è dimostrato che ha un costo molto maggiore. Negli ultimi vent’anni si è costruito troppo e male. Oggi l’invenduto è tale che, per quella strada non è più possibile proseguire. Pensiamo solo che dal 90 al 2005, in Italia si sono consumati 36000 Km2 (3,6 Milioni di ettari) di territorio verde, superficie pari a quella di Lazio, Abruzzo e Umbria messe insieme. Non si può pensare di rilanciare il settore, devastando il territorio nel modo in cui è stato fatto negli ultimi anni, attraverso politiche urbanistiche miopi, da parte di molte amministrazioni pubbliche locali, volte esclusivamente a far quadrare i bilanci attraverso gli oneri di urbanizzazione. Servono delle politiche che rimettano al centro la casa, come diritto dei cittadini economicamente più deboli, attraverso un intervento pubblico, volto ad abbassare il prezzo da sostenere per l’acquisto o per il canone d’affitto. Deve finire la logica che qualcuno fa profitti a palate e che un lavoratore si deve mettere un cappio al collo, contraendo mutui insostenibili, per avere un tetto sopra la testa, con la conseguenza che se perdi il posto di lavoro, rischi di finire sotto un ponte. Va allentato il patto di stabilità e bisogna mettere le amministrazioni pubbliche, che hanno le risorse e non possono spenderle, nelle condizioni di avviare i lavori necessari su strade e edifici pubblici. Si devono mettere i soldi in tasca ai lavoratori, garantendogli prima di tutto, il posto di lavoro e un salario adeguato, in un paese dove il divario tra ricchi e poveri, continua ad aumentare e il tema della redistribuzione della ricchezza, che la Cgil ha denunciato da molto tempo, deve essere messo in campo con interventi legislativi adeguati da parte del governo. Questo è un settore che se non riparte, determina la fermata come sta accadendo, dei laterizi, dei manufatti, del legno, del cemento e di molti altri comparti collegati (falegnami, elettricisti, idraulici, arredo casa, comparto cucine, geometri, acciaierie e laminatoi che producono il ferro per armatura e per i prefabbricati ecc.). IMPIANTI FISSI Come ho già accennato in precedenza, la crisi dell’edilizia e quella più generale, coinvolge direttamente le aziende dei settori collegati. Mi limiterò a fare degli accenni su alcune aziende; approfondiranno le problematiche i compagni che seguono direttamente le aziende, mentre entrerò nel merito in modo più approfondito su altre. • Albertani Corporates Spa, circa 90 dipendenti: dei due stabilimenti presenti sul Comprensorio, solo quello di Edolo sta lavorando, mentre quello di Braone è fermo, con i lavoratori in Cassa Integrazione straordinaria e pagamento diretto da parte dell’Inps. Ci sono grosse difficoltà economiche con conseguente ritardo fino a tre mensilità, nel pagamento degli stipendi. • Imil Spa, circa 30 dipendenti: Dopo mesi di difficoltà e di stipendi arretrati, è fallita e i dipendenti si trovano in Cigs con pagamento diretto da parte dell’Inps. • Sebina Prefabbricati Spa, circa 25 dipendenti: Si sta utilizzando la Cigo e l’azienda vuole abbassare i costi, intervenendo sulla contrattazione aziendale e riducendo gli organici. • Prefabbricati 4P, circa 15 dipendenti: In questa realtà si sta lavorando utilizzando la Cigo e ci sono problemi nel pagamento degli stipendi con arretrati in media di 2/3 mesi. • Dolomite Franchi Spa circa 200 dipendenti: Questa importante realtà ha subito la crisi con un’intensità minore rispetto agli altri stabilimenti del settore, per la seguente ragione: pur applicando il contratto del Cemento, la sua produzione si rivolge in particolare al settore siderurgico, che opera anche sul mercato estero, a differenza dei cementifici che hanno un mercato tutto interno. Recentemente, sono stati confermati dei lavoratori con Contratto a termine e c’è stata una riorganizzazione interna sul turno domenicale. Si sta utilizzando in modo limitato la Cigo. • Sacci Spa circa 90 dipendenti (500 a livello di gruppo): Sul nostro territorio è presente il Cementificio di Tavernola, che sta lavorando in modo regolare. Tuttavia ricordo che il gruppo, ha chiuso la stragrande maggioranza degli impianti dislocati sul territorio nazionale, con conseguente accesso alla procedura di cassa integrazione straordinaria e Mobilità non oppositiva. L’azienda è stata ammessa al concordato in continuità. • Ferretti Spa (ex Riva) circa 130 dipendenti (1200 a livello di gruppo): Sta attraversando una fase difficile pur di fronte all’acquisizione da parte del gruppo Cinese Shandong heavy industry group (Shig) che ha portato nuove risorse finanziarie. La proprietà modificando il piano industriale presentato in precedenza, voleva chiudere lo stabilimento di Forlì. Il coordinamento sindacale di gruppo, a fronte di questa decisione ha avviato una fase di discussione e di mobilitazione, per respingere la proposta aziendale che metteva a rischio l’unità produttiva e ha chiesto l’apertura di un tavolo di crisi presso il Ministero dello sviluppo economico. Il 18 di Febbraio è stato raggiunto un accordo in sede ministeriale. L'accordo sottoscritto prevede l'impegno dell'azienda a garantire la produzione in tutti i siti produttivi per i prossimi quattro anni, l'utilizzo di ammortizzatori sociali per gestire l'attuale calo di ordinativi, una procedura di mobilità volontaria incentivata per 50 lavoratori nel gruppo • Monier Spa, circa 85 dipendenti (380 a livello di gruppo) Azienda multinazionale, leader nella produzione di coperture per abitazioni, presente sul nostro territorio a Borgonato di Corte Franca, con lo stabilimento più importante del gruppo di Monier Italia. Coinvolta, come gli altri gruppi dei Laterizi, nella crisi più generale dell’Edilizia, sta resistendo grazie alla qualità del prodotto, inoltre ha un mercato che non si rivolge solo al nuovo ma anche alle ristrutturazioni, che in questo particolare periodo, stanno beneficiando degli incentivi fiscali. La gestione negli ultimi due anni, dal punto di vista sindacale, è stata molto complicata, le scelte aziendali hanno avuto ripercussioni sul piano occupazionale e sulla messa in discussione degli accordi aziendali. Finiti i dodici mesi di cassa integrazione straorinaria per crisi a Settembre 2013, l’azienda ha avviato una procedura di Mobilità per 30 persone all’interno del gruppo. Al tavolo Ministeriale non è stato trovato nessun accordo e l’azienda ha deciso di procedere unilateralmente. A fronte di quella decisione ci siamo mobilitati con lo sciopero di gruppo. L’adesione alle iniziative è stata buona e lo sciopero nello stabilimento di Borgonato è riuscito al 90%. Oltre allo sciopero di 8 ore abbiamo dichiarato quello dello straorinario e della flessibilità prevista dal CCNL, per tutta la durata della procedura di mobilità. La tenuta sul piano sindacale delle iniziative ha pagato e l’azienda non ha forzato con i licenziamenti. E’ uscito chi, attraverso la conciliazione con l’azienda, non si è opposto al licenziamento. Nei prossimi mesi, dovremmo affrontare il tema della contrattazione aziendale, per tentare di trovare una soluzione rispetto all’accordo siglato a livello di gruppo, che noi come delegazione sindacale e Rsu di Borgonato non abbiamo sottoscritto e i lavoratori non hanno approvato. • Vela Spa La Vela Spa, è presente in Lombardia e in Emilia Romagna con 4 stabilimenti: Corte Franca, 51 dipendenti, San Giovanni del Dosso (MN), 36 dipendenti, Bologna, 31 dipendenti, Molino di Filo di Argenta, in provincia di Ferrara con 25 dipendenti, per un totale di 143 dipendenti. Per il solo stabilimento di Mantova, la proprietà ha effettuato un affitto di ramo d’azienda all’Industria Italiana Laterizi srl nel mese di Dicembre 2012. A Gennaio 2014, la Vela spa è stata ammessa al concordato preventivo, richiesta avanzato al tribunale di Brescia all’epoca dell’affitto di Mantova. Gli stabilimenti di Corte Franca, Bologna e Ferrara sono condannati alla chiusura e anche per l’azienda che ha affittato lo stabilimento di Mantova, ci sono delle notevoli difficoltà e il rischio che, scaduto l’affitto, torni all’interno della procedura della Vela. Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali a disposizione per far fronte al difficile momento, negli ultimi due anni sono state utilizzate 52 settimane di Cigo, a Dicembre 2012 è iniziata la Cassa integrazione straordinaria per crisi, trasformata in cigs per procedure concorsuali a Ottobre 2013. • Vela Prefabbricati La Vela Prefabbricati, è presente in Lombardia con 3 stabilimenti: Cortefranca con 74 dipendenti, Serravalle (MN) con 24 dipendenti, Casei Gerola (PV) con 12 dipendenti, Lodi 12 dipendenti per un totale di 122 dipendenti. Dopo aver tentato la strada del Concordato preventivo, il tribunale di Brescia ha dichiarato il fallimento a Giugno del 2013. Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, anche in questo caso, esaurita la Cigo e la Cigs per crisi, si stanno consumando i 12 mesi chiesti per procedure concorsuali, previste dall’articolo 3 della legge 223 del 91. Per entrambe le aziende, è stato utilizzato anche lo strumento della Mobilità non oppositiva, al fine di favorire la ricollocazione dei lavoratori in altre aziende. Ad oggi, sono uscite in questo modo una ventina di lavoratrici e lavoratori. Con la situazione descritta, i lavoratori coinvolti nella crisi della Vela, sono circa 250, di cui 130 solo nella sede di Corte Franca. Per quanto riguarda le iniziative che stiamo mettendo in campo, per trovare una soluzione che vada oltre la difesa del salario, attraverso gli ammortizzatori sociali, vi rimando al punto ‘’ il nostro ruolo dentro’’ la crisi’’. RUOLO DELL’EUROPA Per tentare di trovare soluzione alla crisi e per dare prospettive al paese, non si può prescindere dal ruolo che dovrà svolgere l’Europa.Va detto chiaramente, che l’Italia avrà un futuro se sarà all’interno dell’Europa. Va contrastata l’idea, che si debba uscire dall’Euro e che rinchiudendoci all’interno dei confini nazionali, i problemi si possano risolvere. Serve la consapevolezza, che il processo di integrazione Europeo, è stata una grande conquista per tutti, basti pensare a quello che era l’Europa fino al 1945. Settanta anni senza guerre in Europa, è stato sicuramente il risultato di questo processo. Tuttavia, le cose che non funzionano sono molte: la politica Europea, non deve essere quella dei vincoli di bilancio imposti dalla Bce ai paesi membri, che si traducono con un attacco sistematico da parte dei governi nazionali, allo stato sociale e ai diritti dei lavoratori. Va cambiata direzione di marcia, passando dall’Europa della moneta a quella delle decisioni e della politica sociale a favore dei più deboli. Devono essere messe in discussione regole come il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in costituzione, norme che condannano alla povertà i singoli paesi che hanno un debito pubblico elevato. Il parametro non può essere solo il debito pubblico, ma vanno considerati anche la ricchezza privata, che nel nostro paese è molto elevata, ed è in mano al 10% della popolazione. Servono regole comuni in tutte le materie, dalle politiche fiscali ai diritti del lavoro. I Sindacati Nazionali, devono favorire un’azione più incisiva della Confederazione Europea dei sindacati (C.E.S.), al fine di agevolare maggiormente, un processo di tutela generale delle Lavoratrici e dei Lavoratori, in tutti i paesi dell’Unione Europea. I diritti devono essere estesi anche in quei paesi, che oggi ne sono privi e i salari devono essere aumentati. Ovviamente, questo comporterà una perdita di sovranità da parte delle singole nazioni e dovrà essere trovata una mediazione tra le varie legislazioni vigenti in Europa. Queste azioni sono necessarie, per impedire alle aziende, che oggi de localizzano, di andare alla ricerca del costo del lavoro più basso, alimentando in questo modo, lo sfruttamento delle persone da una parte e la disoccupazione dall’altra. Sul piano nazionale, servono norme legislative, per evitare le delocalizzazioni delle aziende, verso i paesi con basso costo della manodopera: oggi restano sul territorio, fino a quando hanno dei benefici, aree industriali a disposizione a basso prezzo, sgravi ecc. e se ne vanno quando le agevolazioni terminano, facendo inoltre la speculazione edilizia, su quei terreni ricevuti a prezzo di favore, grazie all’insediamento effettuato in precedenza: questo non è più tollerabile, servono delle regole che garantiscano la collettività. Chi delocalizza deve restituire le somme ricevute in termine di agevolazione e le aree, devono essere a disposizione di chi vuole insediarsi, produrre e mantenere i livelli occupazionali. IL NOSTRO RUOLO DENTRO LA CRISI Il sindacato, pur svolgendo un ruolo prezioso di tutela nei confronti dei lavoratori colpiti dalla crisi, attraverso l’utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione, si è trovato in molti casi, a limitare i danni senza riuscire a svolgere un’azione, insieme agli altri soggetti, di riorganizzazione e rilancio delle attività entrate in crisi. Serve un cambio di passo rispetto al passato per uscire da questa situazione, partendo dalla ricerca e dall’innovazione. Una delle strade, in particolare per l’edilizia, non può che essere ad esempio quella del risparmio energetico. Da più parti ci spiegano che nel 2014, ci sarà una lieve ripresa della situazione economica del paese. Tuttavia, per agganciare un’ipotetica ripresa, è indispensabile essere pronti. Se non ci sono dei progetti precisi, che indichino cosa si vuole produrre, diventa complicato: è come competere in una gara di automobilismo con il motore rotto o senza benzina. L’impressione, è che oggi molte aziende non hanno innovato e che mancano le risorse pubbliche e private per gli investimenti necessari. Penso ad esempio, ai cementifici e alle aziende di laterizi, di cui abbiamo un caso importante a Corte Franca, con il gruppo Vela: noi pensiamo che quelle aziende, debbano essere riconvertite e messe in condizione di produrre ad esempio, quei prodotti per l’edilizia che dal 2019 per gli edifici pubblici e dal 2020 per quelli privati, dovranno essere utilizzati, in base alle nuove normative Europee, che andranno in vigore in tema di risparmio energetico. Se così non sarà fatto, quei prodotti saranno prodotti da altri e noi saremo costretti, come abbiamo già sperimentato con il fotovoltaico, a dipendere da altri paesi, più lungimiranti del nostro. I temi da affrontare per dare risposte e una prospettiva alle persone che rappresentiamo, sono molteplici, ma il primo problema, è il lavoro che manca e per crearlo servono progetti e investimenti: Il piano per il Lavoro che la Cgil ha presentato nel 2013 è un documento importante su cui lavorare. C’è bisogno di farlo vivere condividendolo con i lavoratori, le altre OO.SS, le associazioni datoriali, le amministrazioni pubbliche,l’Università, gli istituti di credito ecc., al fine di creare un sistema di Governance, dove tutti gli attori possano portare il loro contributo, per far si che quello che è descritto in modo preciso sulla carta, possa essere tradotto in azioni concrete su ogni singolo territorio. Sulla crisi della Vela ad esempio, dove la produzione è ferma ormai da quasi due anni e le Lavoratrici e i Lavoratori sono in Cigs, abbiamo gestito la crisi in questo modo: come OO.SS abbiamo coinvolto: le amministrazioni comunali limitrofe ed in particolare quella di Corte Franca, che ha competenza sulla destinazione d'uso dell'area industriale in questione, la facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Brescia, al fine di mettere in campo, le competenze necessarie a eventuali progetti di riconversione. E’ stato chiesto inoltre e ottenuto un tavolo di crisi presso il Ministero dello Sviluppo economico (MiS.E), che ha la competenza prevista dalla legge, coinvolgendo comunque anche la Regione Lombardia. Oggi la Vela Spa che è proprietaria delle aree, si trova in concordato preventivo e il tribunale di Brescia ha nominato un commissario. Noi pensiamo, che questo sia il momento opportuno, per chi vuole effettuare delle manifestazioni di interesse, per utilizzare l’area in questione, ovviamente per realizzare delle attività produttive, che possano dare una prospettiva e una risposta al grave problema occupazionale Nei prossimi mesi ci sarà un'iniziativa unitaria di Fillea, Filca e Feneal a livello Regionale a Corte Franca sulla crisi dei Laterizi e Manufatti. In quell’occasione, saranno esposti al pubblico, i migliori progetti di riconversione industriale dell'area in cui è insediata la Vela di Corte Franca, realizzati dagli studenti di Architettura dell’Università degli studi di Brescia. In questo modo sarà messo a disposizione di tutti, uno strumento utile. Potrà essere un punto di partenza ed un banco di prova importante, per chi ha competenze e interessi sulla questione. Le idee e i progetti ovviamente da soli non bastano, per camminare hanno bisogno anche di altri elementi: Noi come Organizzazioni Sindacali, la nostra parte stiamo tentando di farla. Vediamo se in questo paese, esistono ancora imprenditori disponibili a mettersi in gioco e accettare una sfida che non è semplice e se la politica, finalmente dimostrerà di avere a cuore le attività produttive e di conseguenza la sorte dei lavoratori nel nostro paese. AMMORTIZZATORI SOCIALI: Un tema delicato che deve essere ripreso e rivisto è quello degli ammortizzatori sociali, anche a fronte delle modifiche apportate dalla Legge del 28 Giugno 2012, meglio conosciuta come Riforma Fornero. Il Primo Gennaio 2013 è entrata in vigore l’Aspi e la mini Aspi in sostituzione della disoccupazione ordinaria e con requisiti ridotti; nell’arco di tre anni se non ci saranno modifiche, l’Aspi sostituirà anche l’indennità di mobilità prevista per i licenziamenti collettivi nelle aziende che occupano più di 15 dipendenti; inoltre dal 2016 sarà abrogato l’art 3 della legge 223/91 che norma la cigs, in caso di procedure concorsuali e la disoccupazione speciale edile prevista per crisi e per la chiusura di grandi cantieri (art. 11 223/91). Queste norme hanno degli effetti molto negativi per i lavoratori occupati nelle aziende con più di 15 dipendenti, mentre producono dei leggeri miglioramenti per chi lavora in aziende fino a 15 dipendenti. L’azione praticata dal Ministro Fornero è stata di abbassare di molto l’asticella, nelle tutele, di chi stava sopra e di alzare leggermente quella di chi stava sotto. La prima riflessione da fare è, che se in questi ultimi anni non avessimo potuto utilizzare la cassa integrazione e la mobilità nella gestione delle aziende in crisi, i licenziamenti di massa sarebbero stati molti di più. C’è la necessità di intervenire sulla riforma, per aumentare le tutele dei dipendenti delle aziende colpite dalla crisi. Inoltre bisogna collegare all’ammortizzatore sociale, il pezzo che riguarda la formazione per i lavoratori, coerente con la riconversione e la ripresa dell’attività produttiva cessata in precedenza: è fondamentale non chiudere definitivamente le fabbriche, perché questo comporta il fatto di non riaprirle più, con il rischio di smantellare interi distretti produttivi (vedi quello dei laterizi e dei Manufatti in Cemento in Francia Corta). Per quanto riguarda le tutele per chi è occupato in aziende con meno di 15 dipendenti, la riforma prevede un miglioramento rispetto al passato: dal 2016 chi ha meno di 55 anni avrà diritto a 12 mesi di Aspi, chi ha più di 55 anni avrà diritto a 18 mesi di Aspi nel limite delle settimane di contribuzione degli ultimi due anni. In precedenza ricordo che erano otto mesi fino a 50 anni e 12 sopra i 50. La Mini Aspi è riconosciuta a fronte del requisito di 13 settimane di lavoro: è una novità che permette anche a chi è la prima volta che trova un lavoro, di avere una risposta in termini di sostegno economico per la disoccupazione. Ho voluto analizzare se pur sommariamente, un paio di aspetti della riforma, perché anche nei nostri ambienti, c’è in alcuni casi l’abitudine di tagliare con l’accetta le questioni, mentre è importante fare delle valutazioni complessive che non tengano conto solo delle cose negative. Questo serve per dire consapevolmente, che il bilancio della Riforma Fornero in tema di ammortizzatori sociali non è positivo e che vanno alzate complessivamente le tutele di tutti, che sono insufficienti, vista anche la situazione di crisi che stiamo attraversando. PENSIONI Sul versante pensioni, la situazione è inaccettabile. C’è la necessità urgente di un intervento legislativo che vada nella direzione di modificare almeno le storture più scandalose presenti nella legge attuale. Noi rappresentiamo una categoria, che è quella di chi sta sui ponteggi, nelle gallerie, nelle cave di marmo, nei Cementifici, nelle Fornaci, nelle Segherie ecc. Come si può pensare, che queste figure debbano versare 42,43,44 anni di contributi inps, prestando la loro opera in determinati ambienti? Quale mente contorta, può pensare che a questi lavoratori, che nella loro vita lavorativa, hanno svolto delle mansioni che ne hanno usurato il fisico, gli si possa spostare l’asticella della pensione fino alla soglia dei 70 anni? Perché questo è il risultato, della scelta, di aver eliminato le quote età/ contributi che ti permetteva di andare in pensione dopo i sessant’anni, anche se non avevi 40 anni di contributi. Va ripristinata la flessibilità dell’età pensionabile, lasciando libera scelta a chi vuole andare in pensione prima dei 65 anni e ha superato i trentacinque anni di contributi reintroducendo un sistema simile alle quote ed eliminando le penalizzazioni. Va eliminato il meccanismo delle penalizzazioni per chi ha iniziato presto a lavorare e accede alla pensione prima dei Sessantadue anni, avendo maturato i contributi necessari per la pensione anticipata. Si deve intervenire sul perverso meccanismo dell’aspettativa di vita, che sposta sempre più in la il traguardo della pensione, stabilendo il numero di contributi e l’età. Per i lavori operai credo che i 40 per la pensione anticipata e i 65 per la vecchiaia debbano essere ripristinati. CONTRATTAZIONE Per quanto riguarda la contrattazione nella nostra categoria, se escludiamo il rinnovo negli Edili che non è ancora giunto a una conclusione, si può affermare che i risultati ottenuti nei rinnovi dei CCNL di Laterizi, Cemento, Legno e Lapidei, siano positivi. Tutti i contratti hanno in comune la caratteristica di non aver inserito le deroghe sugli aumenti e di aver tenuto sulla parte normativa in particolare sugli orari. Questo non era scontato, visto il periodo di difficoltà in cui siamo andati al rinnovo e visto l’atteggiamento delle aziende che hanno tentato fino all’ultimo, di avere mano libera in particolare sul tema della gestione degli orari. Le delegazioni trattanti al tavolo Nazionale e le mobilitazioni messe in campo, penso allo sciopero del comparto del Legno, hanno dato forza alla nostra posizione e hanno permesso di uscire con dei testi condivisi unitariamente, che hanno tenuto sul piano della normativa e degli aumenti salariali. Per quanto riguarda il rinnovo dei contratti nell’edilizia, sono stati siglati quelli degli artigiani e delle aziende associate a Confimi, con aumenti salariali di110 € al terzo livello, mentre per quanto riguarda il Ccnl dell’industria (il più applicato sul nostro territorio e a livello nazionale), le distanze con l’Ance sono ancora notevoli. Sul salario, l’ultima proposta delle aziende dopo lo sciopero di 8 ore della categoria del 13Dicembre, è di 60 € al terzo livello, l’Ape è ancora messa in discussione da una proposta che porterebbe il requisito per il diritto da 2100 ore a 2600 ore (la prima proposta era di 3200 e prevedeva il pagamento del 70% delle ore lavorate nell’ultimo anno). Inoltre le aziende, vogliono mano libera sugli orari, cosa paradossale per un settore dove, il lavoro nero è molto diffuso. Sul riassetto del sistema paritetico le distanze sono ancora notevoli. Noi pensiamo che il contratto vada chiuso, tenendo conto sicuramente della difficile situazione che sta attraversando il settore, tuttavia deve contenere le stesse caratteristiche dei rinnovi di Cemento, Laterizi, Legno e lapidei, in particolare per quanto riguarda i seguenti punti: • Un aumento salariale dignitoso che difenda il potere d’acquisto dei salari; • L’assenza di deroghe sul salario. Sull’orario eventuali modifiche vadano concordate con le OO.SS e con le Rsu; • Il riassetto degli Enti Bilaterali a livello interprovinciale dove necessario, da discutere con i livelli territoriali, guidato dal regionale, senza decisioni calate dal livello Nazionale uguali per tutti, perché lo stato di salute degli enti, è diverso da un territorio all’altro; • Il mantenimento del premio Ape, è un punto irrinunciabile per i lavoratori edili. Per quanto riguarda il testo unico sulla rappresentanza, siglato da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil il 10 Gennaio 2014, i punti più significativi sono i seguenti: • E’ recepito nel testo unico, l’accordo del 28 Giugno 2011 e il protocollo d’intesa del 31 Maggio 2013. • E’ sancito nel testo il principio che un’Organizzazione Sindacale potrà sedersi al tavolo della Contrattazione Nazionale, se avrà accettato le regole condivise dal testo unico sulla rappresentanza, in base al numero degli iscritti certificati e in base ai voti espressi nell’elezione delle R.S.U. • Saranno efficaci ed esigibili i contratti nazionali firmati dal il 50%+1 della rappresentanza, previa consultazione certificata a maggioranza semplice delle Lavoratrici e dei Lavoratori, con regole che saranno stabilite CCNL di categoria. • Le Rsu saranno elette con il sistema proporzionale. • La validità dei Contratti aziendali, è sancita con la firma della maggioranza delle Rsu. Nel caso in cui ci siano le Rsa nominate dalle OO.SS in base a quanto previsto dalla legge 300 dello statuto dei Lavoratori, sarà necessario il voto dei lavoratori, se richiesto da almeno un’organizzazione sindacale o almeno dal 30% dei lavoratori dell’impresa, entro 10 giorni dalla sigla del contratto. • E’ previsto che i CCNL di categorie prevedano delle procedure di raffreddamento finalizzate a garantire a tutte le parti l’esigibilità degli impegni assunti e a prevenire i conflitti. • Si stabilisce che i contratti Nazionali di Categoria dovranno prevedere delle norme sanzionatorie per tutte le parti firmatarie, che violino il rispetto delle intese. • Dette sanzioni non riguarderanno i singoli Lavoratori, ma le Rsu e le OO.SS e potranno comportare la temporanea sospensione di diritti sindacali di natura contrattuale, quindi non quelli previsti dalla Legge 300/1970. • Nel periodo di transizione, in attesa che i CCNL regolino la materia in base al testo unico sulla rappresentanza, le parti firmatarie dovranno prevedere una procedura arbitrale nel caso di violazione degli accordi, da prevedere a livello confederale. Il testo unico sulla rappresentanza è frutto di una mediazione tra le parti e di vedute diverse tra le OO.SS. Avremmo preferito avere il voto dei lavoratori anche in caso di firma delle Rsu sui contratti aziendali, o di non vedere comparire il tema delle sanzioni, tuttavia credo che anche in quei due elementi, siano presenti delle positività: 1. Nel voto dei lavoratori in caso di accordo siglato dalle Rsu, è vero che non c’è l’obbligo di far votare i lavoratori, ma è altrettanto vero che non è vietato e nella pratica quotidiana l’esperienza ci insegna che le Rsu,, non firmano senza aver consultato prima i lavoratori. 2. Con regole chiare e condivise, è corretto che tutte le parti rispettino gli accordi, è un principio che vale per noi, ma anche per quell’impresa che ad esempio non vuole pagare il premio di risultato concordato. Il giudizio complessivo è positivo in particolare sul tema della misurazione della rappresentanza. Come Cgil portiamo a casa una rivendicazione che chiedevamo da anni. Con le deleghe e i voti certificati da un ente terzo, si evidenzierà finalmente il peso reale delle confederazioni e di tutte le categorie, in tema di rappresentanza. Il testo unico sulla rappresentanza, porterà anche le lavoratrici e i Lavoratori a scegliere, tra un’organizzazione e l’altra in base alla linea che segue, perche se gli accordi passano con il 50% + 1 un’organizzazione anche se non è d’accordo, si dovrà adeguare. Questo sarà uno stimolo anche per noi, per aumentare il consenso e gli iscritti, in base ai valori e agli argomenti che la Cgil e la Fillea mettono in campo per la tutela di Lavoratrici e Lavoratori. ENTI PARITETICI I nostri Enti, svolgono una funzione fondamentale nei confronti dei lavoratori e delle Imprese del settore Edile, in tema di erogazioni contrattuali, prestazioni assistenziali, sicurezza,formazione e innovazione come dimostrano i progetti realizzati con le università da parte della scuola edile Bresciana La crisi sta mettendo a dura prova la tenuta degli enti. I numeri di imprese e di lavoratori come detto in precedenza dal 2008 si è quasi dimezzato e questo ha determinato la sofferenza di alcune casse edili a livello nazionale ma anche a livello regionale. La discussione che si sta realizzando nel rinnovo del CCnl degli edili, ha l’obbiettivo da parte nostra di mettere in sicurezza un sistema che deve mantenere innanzitutto la caratteristica di essere in grado di garantire prestazioni e assistenze ai lavoratori. RAPPORTI UNITARI: I rapporti unitari con Filca e Feneal sono positivi. In questo periodo ci troviamo in particolare a gestire insieme le difficoltà che giornalmente nascono, a causa della crisi. Il cambiamento organizzativo, con il conseguente superamento comprensoriale Camuno Sebino da parte della Cisl, ha portato la nostra organizzazione ha confrontarsi con i livelli provinciali Bresciani e Bergamaschi della Filca. Segnalo che nonostante questo cambiamento, il lavoro unitario di tutela sul territorio, nei confronti dei lavoratori non è venuto meno. Da segnalare a livello regionale, il lavoro che si sta realizzando, per condividere unitariamente regole comuni sul tesseramento e per un approdo alla delega regionale. IL CONGRESSO Personalmente avrei preferito un Congresso unitario. Non tanto perché non siano positive opinioni diverse all’interno dell’organizzazione, credo che il pluralismo sia un valore. Credo però che spesso le discussioni a livello di gruppi dirigenti, non coincidano esattamente con i problemi concreti delle Lavoratrici e dei Lavoratori. Il Piano per il Lavoro della Cgil, poteva essere la base per il documento unitario da portare nelle assemblee congressuali e da questo punto di vista forse si è persa un’occasione. Tuttavia la discussione con gli iscritti, è stata positiva perchè ci ha permesso di discutere dei loro problemi. Durante le assemblee svolte, sono coincise le problematiche dei lavoratori (situazione economica, pensioni, ammortizzatori sociali ecc.), con gli argomenti presenti nei documenti congressuali. Per il risultato del congresso, vi rimando alla lettura del dispositivo, anticipandovi che c’è stato un largo consenso per il documento di maggioranza. TESSERAMENTO E ORGANIZZAZIONE Dal punto di vista del tesseramento, nel 2013, nonostante la difficile situazione, la Fillea della Vallecamonica supera il 100% del dato del 2012 (2105), attestandosi a 2110 iscritti. E’ un dato importante frutto del lavoro in particolare dei delegati, dei funzionari impegnati nel tesseramento in edilizia e dei servizi Inca, Caaf e Ufficio immigrati. Ci sono inoltre buoni risultati, attraverso la spedizione ai lavoratori già iscritti alla Fillea in altri territori, con l’utilizzo del programma fillea@office. Dal punto di vista organizzativo, per monitorare il territorio e per rispondere maggiormente ai bisogni dei Lavoratori nei cantieri edili, dovrà aumentare, come prevede il documento sulla riorganizzazione a livello Nazionale, il lavoro a scavalco che abbiamo già sperimentato, in questi anni, con i comprensori di Brescia e di Bergamo. I rinnovi contrattuali, sono l’occasione per la nuova sindacalizzazione nelle aziende a impianto fisso, presenti sul territorio. Materie come la previdenza integrativa, dove è aumentata la percentuale, a carico delle aziende e la previdenza sanitaria in particolare per il legno dove è già attivo il fondo Altea, dovranno essere illustrate ai lavoratori nelle assemblee. Con l’acquisizione della sede di Villongo e con l’operazione che la Fillea sta concretizzando, con lo Spi e la Cgil, sulla sede di Lovere, la Fillea della Vallecamonica, in questi anni, ha aumentato la propria presenza sul territorio; va segnalato inoltre che, grazie alla gestione delle risorse operato nel corso degli anni, c’è una tenuta anche dal punto di vista finanziario, cosa non scontata con il crollo di entrate che abbiamo subito, causato dal calo degli addetti negli ultimi cinque anni. CONCLUSIONI Sono passati due anni dalla mia elezione a Segretario Generale della Fillea Valcamonica Sebino e devo dire che il periodo è stato molto intenso. Spetta ovviamente a voi valutare il lavoro svolto. Al termine della relazione, voglio ringraziare innanzitutto i delegati che sono in prima linea nelle fabbriche e nei cantieri, a rappresentare l’organizzazione. In questo periodo forse è più complicato che in passato, ma abbiamo toccato con mano che è in particolare nelle difficoltà, che i valori della Cgil, dalla difesa dei diritti, alla solidarietà, all’unità dei lavoratori, diventano fondamentali. Oggi più che mai la Fillea Cgil e i lavoratori hanno bisogno del vostro prezioso lavoro. Voglio ringraziare inoltre per il loro lavoro con la Fillea e per la Fillea: • I Compagni Gabriele, Mario e Luigi: una squadra funziona se tutti fanno la loro parte, remando nella giusta direzione. • La Fillea Regionale e Nazionale, in particolare il Compagno Ivan Comotti, che ha dato un contributo fondamentale, nella Vertenza Vela e Monier; • Le Compagne dell’ufficio amministrativo, sempre presenti. • Le Compagne i Compagni dei servizi Inca, Caaf, Ufficio Vertenze, Federconsumatori, Sunia, che ci permettono di praticare in modo efficace la tutela individuale nei confronti dei lavoratori. • I collaboratori dello Spi sono un supporto fondamentale per la nostra categoria. La loro presenza nelle sedi e la loro esperienza maturata in tanti anni di lavoro all’interno della Cgil, spesso diventa un supporto importante; • I Compagni e le Compagne, delle categorie e della Cgil territoriale. Nel territorio Camuno Sebino, grazie anche alle minori dimensioni rispetto ad altri territori, la collaborazione tra compagni di diverse categorie, è una cosa normale. Il lavoro che ci spetta nei prossimi mesi, in particolare sul versante della difesa dei diritti e dell’occupazione, sarà molto difficile. Per affrontarlo la Fillea avrà bisogno del sostegno di tutti voi. Grazie e buon lavoro.

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