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13.03.14 Si è concluso il 24 febbraio 2014 il Congresso territoriale della Fillea Catanzaro. Di seguito la relazione del segretario uscente Enzo Scalese, riconfermato alla guida della struttura dal nuovo direttivo eletto al termine del congresso.
Per iniziare i lavori del 6° Congresso Provinciale della Fillea-Cgil del Comprensorio Catanzaro-Lamezia, desidero ringraziare tutti voi, delegati e invitati di essere stamattina qui con noi . Voglio iniziare questa relazione, che con la giornata di oggi conclude il periodo di discussione che la FILLEA nelle assemblee di base ha dedicato ai temi che ha inteso approfondire nel suo percorso congressuale. Lo spirito con il quale affrontiamo questo Congresso è infatti volto a creare un dibattito quanto più vero possibile e articolato, in modo tale da consentire alla confederazione di trarre dalle esperienze delle categorie e dei territori la sintesi necessaria a dare forza alle soluzioni rivendicative per i prossimi anni. Questo congresso si colloca nel pieno della crisi più grave e profonda che il paese attraversa dal dopoguerra ad oggi. Tutto ciò è più semplice da perseguire nella discussione interna al documento congressuale "Il lavoro decide il futuro" di quanto non sia in una logica di contrapposizione e di conta fra documenti alternativi. Questo documento assume quasi la totalità dei contributi della categoria, chiaramente il modo con cui realizzare tale obiettivo non può che partire dalla valorizzazione della soggettività dell’esperienza della categoria, ad iniziare dai temi che più intrecciano la discussione confederale: sostenibilità , territorio, contrattazione. Per quel che riguarda la FILLEA, il contesto, nel quale tale riflessione va collocata, deve essere quello segnato certamente dalla crisi ma anche dalle opportunità che essa apre sul versante del cambiamento dei modelli di sviluppo in direzione della sostenibilità con le conseguenti ricadute nella innovazione dei materiali, dei modelli produttivi e della stessa organizzazione del lavoro e dell'impresa. Guidare l'innovazione e accompagnarla con la necessaria innovazione contrattuale, deve continuare ad essere il nostro orizzonte rivendicativo a partire dalle coerenze che dobbiamo realizzare in questa stagione contrattuale e dagli importanti risultati raggiunti con i CCNL rinnovati. Governare le trasformazioni produttive e innovative riunificando i processi e per questa via, riappropriarsi del governo dell’organizzazione del lavoro: questo deve essere il fulcro della nostra riflessione contrattuale con l'obiettivo di tradurre la scelta di una contrattazione inclusiva costruendo strumenti capaci di affermarla a partire dalla bilateralità. Il nostro settore vede una forte e predominante presenza dell’edilizia, in particolare quella residenziale. Il nostro tessuto produttivo è composto da piccole e piccolissime imprese, con realtà strutturate che molto spesso non superano i cinque dipendenti e occupano circa il 10% lavoratori stranieri. Un settore che ha fortemente diviso la parte della progettazione, della commercializzazione e della gestione del cantiere, dalla produzione vera e propria, in diversi casi realizzata da imprese provenienti da altre province, determinandone una forte frammentazione. La perdita di posti di lavoro è una delle conseguenze della crisi che maggiormente ha colpito il nostro paese e il nostro territorio. Il settore edile, molto più di altri, è stato segnato dalla crescente diminuzione della domanda di lavoro, ultimo effetto di una crisi economica che ha colpito il mercato immobiliare, paralizzato il credito con ripercussioni particolari sul settore delle costruzioni. Il settore si è ridimensionato, probabilmente cambierà ancora. L’imprevedibilità di quel che sarà, però, non ci ha indeboliti ,e disorientati. Non vi è un’impresa del territorio che ad oggi non abbia fatto ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni. Alcune fra le più strutturate stanno cessando o hanno cessato l’attività, molte altre sono in forte ridimensionamento con la prospettiva , nel breve e medio periodo, di cessare l’attività. Le attività presenti sul nostro territorio sono gli impianti fissi e sono in particolar modo quelle dei manufatti in cemento che sono in una situazione di grave difficoltà e di grave crisi vedi Gecoprem ( Fallimento), Esseprefabbricati (fallimento), Ready spa (mobilità ), Calme (Cigs) , Calce Vesci ( Mobilità), La Solpre ( Chiusa) e del legno con piccole realtà anche esse in crisi. I settori dei manufatti in cemento e del legno ovviamente seguono la crisi dell’edilizia, nel legno in particolar modo le piccole realtà artigiane a partire dal settembre 2011 sono entrate in forte difficoltà. La ripresa dell’edilizia avverrà solo a condizione che si riesca a mettere in campo una strategia basata sul rispetto del suo territorio e che tenga conto dei bisogni di chi ci abita. In questi quattro anni abbiamo puntato fortemente sulla crescita della capacità di presidio del territorio a partire dalla qualità della nostra presenza nei cantieri, alla qualità e numero dei nostri recapiti, alla qualità e quantità dei servizi ai nostri iscritti. Abbiamo fortemente sostenuto il rafforzamento delle camere del lavoro comunali, e il nostro impegno vede la presenza nella nostra segreteria una compagna che proviene da una camera del lavoro comunale. L’impegno degli ultimi anni ha permesso di far crescere ulteriormente la nostra rappresentanza, di conseguenza, la Fillea è cresciuta, e le scelte fatte, gli obiettivi raggiunti, ci hanno consentito di rafforzare la nostra presenza e la nostra capacità di risposta sul territorio. Il buon lavoro svolto e l’assunzione di maggiori responsabilità ci impongono a fare un salto di qualità nella capacità di iniziativa politica, di governo del territorio e di risposte alla pesante crisi dell’edilizia. La Fillea, per continuare a valorizzare la sua esperienza nel territorio in tale ambito, deve rafforzare la sua capacità di tutela del lavoro, nella sua difesa e nella qualità, migliorando le condizioni in cui si realizza dentro un quadro di regolarità. Saper sviluppare il welfare integrativo coniugando con maggior incisività la nostra bilateralità ai bisogni dei lavoratori e delle loro famiglie. Il salto di qualità richiesto è possibile integrando le capacità di contrattazione e sviluppando nuove idee. Ciò potrà meglio realizzarsi in una realtà organizzativa più forte e adatta a individuare al proprio interno le risorse necessarie per farlo. Ora tocca a noi dirigerci verso un futuro in cui nessuno è in grado di prevedere con attendibilità il profilo sociale, economico e politico, gli sviluppi del nostro Paese, dell’Europa e del mondo. Tocca a noi, da protagonisti, per non subire questa nuova realtà, indirizzarla nei limiti delle nostre possibilità , contribuire a costruirla e governarla in base ai nostri valori e alle nostre convinzioni, per realizzare una società inclusiva e coesa, in un contesto pluralista e sempre più globale. Rafforzare lo strumento associativo, ridando centralità al lavoro e al territorio diventa indispensabile per affrontare i compiti che ci attendono nei prossimi anni nella nostra azione quotidiana. Una struttura in grado di muoversi con sicurezza dentro la nuova realtà, per affrontare le diverse situazioni che potremmo incontrare. Uno strumento che veda nel territorio il luogo sempre più strategico del nostro agire, per riavvicinare l’organizzazione ai luoghi di lavoro e per meglio rappresentarli. Rafforzando le categorie avviando anche percorsi di accorpamento, migliorando la capacità di affrontare le difficoltà della crisi dei settori rappresentati, dando maggior forza al nostro modello di sindacalismo. La stagione congressuale apre un tempo nuovo da condividere con voi, affinché il mondo che noi vogliamo rappresentare continui ad avere un ruolo importante nella nostra società. Ci ritroviamo a distanza di 4 anni dal precedente congresso, in una fase delicata per il futuro della nostra economia. Voglio parlare in questa relazione oltre alle ripercussioni che ha avuto la crisi sul nostro settore , di come abbiamo e dobbiamo reagire e quali sfide abbiamo davanti al nostro cammino. Da protagonisti. L’anno di Governo tecnico prima e del governo Letta poi ci hanno visti ancora una volta sotto la forbice delle manovre. E quello che è pesato è soprattutto l’atteggiamento del governo che ha abolito la parola concertazione sostituendola con consultazione. I risultati si sono visti. Penso per esempio alla confusione sugli esodati di cui ancora oggi non conosciamo le cifre esatte. Il Salva Italia è stata una manovra da 13 Mld di tagli e 17 Mld di nuove tasse. Non ci concentriamo sui numeri, ma certamente noi tutti ne conosciamo gli effetti sulla nostra vita e di chi ci sta accanto. A questa bisogna aggiungere la Spending Review che per il 2012 valeva circa 3,8 miliardi ma la stretta fiscale e condizioni finanziarie ancora tese continueranno a pesare sulla domanda interna, che ha creato una contrazione di quasi due punti percentuali nel 2013, a cui si aggiunge il -4,4% del 2012, che ha in pratica riportato il nostro paese ai record negativi eguagliati solo nel 1993. I perdurare della crisi economica sta colpendo in particolare il mondo delle costruzioni. Il 32 % in meno di utilizzo del cemento si traduce in una betoniera su tre che non si è messa in moto. Lo sapete bene voi quanto la crisi stia colpendo il mondo delle costruzioni. E i finanziamenti pubblici? Servono per le spese correnti, non per piccoli o grandi investimenti. Per fortuna c è ancora qualche famiglia che ristruttura la casa. Non aiutano le incertezze sulla cornice tributaria e sulla fiscalità immobiliare - IMU sì, IMU no, IMU un po'. L'incertezza è costosa: porta a rinviare le decisioni di investimento e, di rinvio in rinvio, le aziende chiudono. E questo vale per tutti i settori , non si può pensare ad un mercato che va avanti a colpi di saldi, doppi saldi e ribassi. Ma come rilanciare questo settore che costituisce più del 10% della ricchezza nazionale? Che coinvolge circa 2 milioni di addetti? Che è la parte dell’economia che ha trainato la seppur modesta crescita economica italiana dagli anni 90 al 2007 ? Forse quei livelli di crescita non torneranno più ma si può fare qualcosa. Tre sono i punti che riteniamo fondamentali per una crescita sostenibile che poniamo all’ attenzione del mondo politico nazionale e locale. Un consistente rilancio dei progetti di riqualificazione urbana che, attraverso interventi di riduzione del consumo di suolo con la demolizione e ricostruzione, possano insieme ridare smalto alle nostre città. Un piano per l’housing sociale consiste nell’offerta di alloggi e servizi abitativi a prezzi contenuti destinati ai cittadini con reddito medio basso che non riescono a pagare un affitto o un mutuo sul mercato privato ma non possono accedere ad un alloggio popolare, che favorisca l’accesso alle categorie svantaggiate, in primis giovani coppie e studenti, a un contesto abitativo e sociale dignitoso che consenta il miglioramento e il rafforzamento della loro condizione. Esperienza positiva è quella fatta dell’amministrazione comunale di Lamezia Terme che ha utilizzato i fondi per il progetto denominato “20000 abitazioni in affitto” è ha concesso 10 appartamenti comunali in fitto a nuclei familiari numerosi e con redditi bassi. Una revisione, nel medio termine, delle politiche migratorie in grado di compensare il calo demografico della popolazione italiana, creando così una domanda abitativa effettiva. Non siamo a chiedere di costruire per costruire. Ci può essere un modo nobile di costruire. Migliorare le condizioni abitative e di vita degli italiani, riqualificare le nostre città, demolire e ricostruire edifici fatiscenti e incrementare il confort abitativo e favorendo risparmio energetico. Vorrei analizzare più approfonditamente uno dei tre punti che ho toccato perché il nostro ruolo non è solo di denunciare ma anche e soprattutto di proporre alternative. E’ risaputo che le città rappresentano uno dei principali motori della crescita economica, dell’innovazione produttiva e del progresso sociale e culturale. La crescita incontrollata delle città pone l’urgenza di avviare un processo di rinnovamento e ristrutturazione. E’ necessario introdurre nuovi meccanismi urbanistici che rendano economicamente sostenibile le operazioni di riqualificazione urbana, gli interventi di demolizione e ricostruzione e quelli di sostituzione. E’ questa la categoria di interventi che ha le maggior possibilità di successo non solo per il mondo delle costruzioni, ma anche nel declinare le dinamiche di cambiamento sociale delle città. Restaurare e riqualificare vuol dire recuperare un patrimonio. Quasi il 55% delle famiglie italiane occupa un immobile realizzato prima degli anni settanta, esiste quindi una domanda nuova che rappresenta anche un cambiamento. Esiste una sempre maggiore attenzione verso la sostenibilità ambientale ed energetica. E’ indispensabile rispondere all’esigenza di riqualificazione e di bonifica delle aree urbane e del recupero dei centri storici per gestire al meglio il nostro patrimonio urbano, storico culturale. Bisogna, investire su interventi di risparmio energetico, in questi anni si e perso tempo , i Governi hanno agito o nella direzione di favorire il rafforzamento di una idea di edilizia speculatrice e divoratrice di territorio, e cioè le logiche delle sanatorie, dell’abbassamento dei vincoli edificatori e delle regole. Si e proceduto con incentivi non strutturali, manca una politica industriale capace di sostenere un processo di riconversione alla sostenibilità delle imprese del settore, occorre un vero e proprio salto di qualità per trasformare la crisi strutturale e congiunturale che sta attraversando il settore in opportunità concreta rimettendo sul binario della regolarità, della legalità e della sostenibilità ambientale e sociale. Per fare questo ci sono importanti risorse , e il governo deve approvare entro aprile 2014 una strategia nazionale, per individuare interventi di riqualificazione del patrimonio pubblico e privato da finanziare e realizzare. Gli appalti pubblici, anche se rappresentano il 20 % circa del settore delle costruzioni, sono comunque un volano per lo sviluppo e l’occupazione del nostro territorio. Nei prossimi mesi, a livello provinciale per restare in tema di appalti pubblici significativi, si completeranno alcune opere infrastrutturali come la Cittadella Regionale, l’ammodernamento della A3 tratto Lamezia –Pizzo , e ne dovranno essere cantierizzate altre, come la metropolitana leggera di Catanzaro , e dovranno essere completate alcune opere come la 106 , nonché la trasversale delle serre , e decidere cosa si farà per la realizzazione della famigerata Diga del Melito. Ma occorre puntare anche su interventi, magari più piccoli, ma di vitale importanza per la vita quotidiana della popolazione. Un caso su tutti: interventi sull’edilizia scolastica. Il problema della messa in sicurezza degli edifici scolastici è quanto mai eclatante. Annoverato tra le emergenze storiche del paese, rappresenta un paradosso tutto italiano dove l'incompiutezza e il provvisorio tendono a divenire permanenti anche per scelta politica. Il susseguirsi dei governi ha solo prodotto continui rinvii, anche con il Governo Monti ci si è limitati a parlare di un non meglio definito "Piano nazionale di edilizia scolastica". Il risultato: nessuna programmazione strutturata degli interventi, erogazioni una tantum (spesso frutto di vere e proprie emergenze) e il mondo della scuola e la società civile che chiedono incessantemente da anni una piena e diretta assunzione di responsabilità da parte degli esecutivi. Gli interventi di riqualificazione devono essere contestualmente accompagnati, per lo meno, da tre azioni politiche ben precise che possono innescare processi positivi. Primo: è necessario svincolare le opere di edilizia scolastica degli Enti Locali dal patto di stabilità; Secondo: vanno rese più snelle le procedure di assegnazione dei finanziamenti ai Comuni e alle Province; Terzo: infine è indispensabile avviare una Spending Review tesa a razionalizzare le spese. Non è più rinviabile l'avvio di un nuovo corso in materia di messa a norma e in sicurezza degli edifici scolastici e pubblici che nel medio termine riesca ad assicurare ai nostri figli e a quanti ci lavorano un ambiente sicuro, sano e qualitativamente valido degno di uno stato civile. Serve una politica industriale della filiera delle costruzioni in grado di dare un forte segno di discontinuità , mettendo una volta per tutte la parola fine ad una edilizia caratterizzata da saccheggio del territorio, dalla cementificazione selvaggia e dal consumo di suolo. In gioco non c’è il futuro del lavoro di questo settore ma anche il futuro del nostro territorio. Una discontinuità produttiva che non può fare a meno di una discontinuità nel governo della cosa pubblica, da parte dell’intera filiera istituzionale , dal Governo agli Enti Locali che ha la responsabilità di non aver posto fino ad oggi un limite alla cementificazione, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti, soprattutto quando si contano i danni catastrofici prodotti da una pioggia abbondante o da un terremoto di media entità, amplificati e trasformati in immani tragedie proprio dalla fragilità del territorio figlia di quella visione devastatrice. Bisogna andare nella direzione della de-cementificazione , occorre attivare azioni coerenti contenute negli orientamenti della commissione europea , traducendoli in disegni di legge nazionali e regionali , per contrastare il consumo del suolo e la sua impermeabilizzazione, impedendo il rischio sempre latente delle speculazioni edilizie e mafiose. Per uscire dalla crisi e aumentare la crescita potenziale, occorre un cambiamento profondo del modello di sviluppo da rifondare nel lavoro. A quello che dicevo poco fa e vista la vulnerabilità del sistema paese è possibile identificare potenziali margini d’intervento e di qualificazioni di intere filiere produttive in cui impegnare nuove risorse e utilizzare meglio quelle esistenti e creare nuova buona occupazione. Le potenzialità e le professionalità italiane non vengono impegnate come sarebbe necessario, a cominciare dal patrimonio ambientale, paesaggistico e culturale. L’Italia fragile dei precari equilibri idrogeologici, sottoposta a fenomeni metereologici estremi provocati o amplificati dai cambiamenti climatici, ha bisogno di azioni urgenti che dimostrino nei fatti un cambiamento di rotta. In particolare il dissesto idrogeologico rappresenta un problema di notevole rilevanza e attualità e visti i dati sui comuni interessati da fenomeni di disseto idrogeologico basti pensare che in Calabria sono 409 comuni interessati da questi fenomeni. Legalità Non esiste un solo grande cantiere pubblico che non abbia problemi di criminalità, e che non sia stata oggetto di un provvedimento di interdizione da parte delle autorità. Da sottolineare e prendo ad esempio il dato emerso in particolare in Lombardia dove si sta realizzando il 30% delle grandi opere italiane, ma che ha caduta riguarda anche le nostre realtà. I dati sono impressionanti, sono infatti parecchi i fascicoli aperti dagli enti competenti e due sono gli accessi diretti che la Dia ha già effettuato sui cantieri di Expo, (e negli ultimi tre anni la Dia si è fatta promotrice di varie ispezioni nei cantieri, avviando migliaia di controlli tra imprese e lavoratori). Questo aspetto ci preoccupa molto perché è sinonimo di un avvenuto cambiamento strutturale nell’attività della criminalità organizzata, con forme di penetrazione significativa nel tessuto economico-imprenditoriale e di infiltrazioni e pressioni rivolte alla Pubblica Amministrazione. Tre sono i fattori che rendono le imprese mafiose estremamente concorrenziali: l’estrema flessibilità attraverso il ricorso al lavoro in nero, l’utilizzo sfrenato del subappalto e una brutale evasione fiscale con esportazione di capitali all’estero. Il tutto a danno di lavoratori e imprese oneste che vengono buttate fuori dal mercato a causa di gare al ribasso insostenibili. Anche qui il prezzo più alto lo pagano i lavoratori che, una volta tolta all’impresa la certificazione antimafia, si trovano, loro malgrado, a spasso senza più un lavoro. Questo non deve più succedere. Come organizzazione dobbiamo far si che venga istituito un meccanismo di salvaguardia occupazionale per i dipendenti coinvolti da queste dinamiche. Lo abbiamo ottenuto e sottoscritto in diversi protocolli nazionali . Abbiamo chiesto che gli stessi lavoratori possano essere riassorbiti dalle imprese appaltatrici sotto la regia della Pubblica Amministrazione. A qualche impresa è stato dimostrato che avrebbe risparmiato se non avesse subappaltato i lavori ad un’impresa poi coinvolta nelle dinamiche fin qui descritte. Quali sono le ricette per sconfiggere questo tumore che sta lentamente uccidendo il settore.? Noi crediamo che la strutturazione dell’impresa e una diversa organizzazione del lavoro all’interno del cantiere siano determinanti per un settore che possa sviluppare anticorpi dalle contaminazioni della malavita organizzata. Una cultura della legalità si sviluppa anzitutto attraverso l'educazione. Un ruolo di primo piano spetta alla scuola. Quello di organizzare degli incontri nelle scuole sulla legalità è una tradizione che si sta consolidando e che darà senz'altro i suoi frutti nel prossimo futuro, per dedicarsi all'educazione e alla sensibilizzazione dei giovani sul tema della legalità, ritenendolo un modo efficace per combattere il crimine e contribuire al progresso del Paese. Noi possiamo dare il nostro contributo in questa direzione attraverso gli strumenti contrattuali tipici del settore, quindi attraverso la bilateralità. La nostra scuola edile per la formazione , deve diventare uno strumento utile, non solo alla crescita professionale, ma anche allo sviluppo di un’etica contro il malcostume e l’illegalità che attanagliano il nostro Paese dentro e fuori i posti di lavoro. Un altro contributo importante che possiamo dare come Fillea è proseguire nel dialogo con tutti i soggetti preposti al controllo della legalità all’interno dei cantieri, promuovendo la contrattazione d’anticipo e i protocolli di legalità che ne derivano. In questo contesto devono posizionarsi anche le potenzialità espresse attraverso la bilateralità e il ruolo della Cassa Edile di Catanzaro con la gestione dei documenti che la Cassa stessa può esprimere, soprattutto la potenzialità di promuoversi come primo attore in questo contesto. Anche e soprattutto a livello confederale, di modo che possa divenire “rete” non solo tra le Federazioni che lo hanno creato. E’ importante che stimoli le altre categorie a una riflessione congiunta sulle modalità di promozione di comportamenti attivi e buone prassi che possano entrare in quel bacino efficace che è la contrattazione di anticipo, per avere certezza dei tempi, costi, qualità dell’ opera. Sicurezza e diritti dei lavoratori. Sicurezza e diritti anche delle imprese. Il cambiamento in senso recessivo del quadro macroeconomico, sorprende il settore delle costruzioni nel pieno di una fase, che si prolunga ormai da anni, caratterizzata da processi di trasformazione profondi e strutturali. La destrutturazione in atto è in negativo a causa dei profondi cambiamenti in corso nel mercato del lavoro di questa fondamentale realtà produttiva. Nelle costruzioni, la particolare struttura del settore e la diffusissima presenza sia di lavoratori formalmente autonomi sia di notevoli sacche di irregolarità, definiscono un quadro del rapporto domanda/offerta estremamente distorto. Infatti i cambiamenti in atto evidenziano che accanto alla specializzazione, in corso da alcuni anni, emerge un fenomeno distorsivo dell'accesso alla professione artigiana edile che rischia di rimuovere l'equilibrio esistente che distingue il lavoro dipendente da quello autonomo ; il rischio è forte se il lavoro autonomo non è normato e regolato adeguatamente. Tale situazione crea di fatto aspettative illusorie per molti lavoratori indotti a inseguire posizioni di lavoro indipendenti con il miraggio del maggior guadagno. E' quindi urgente puntare a regolamentare il fenomeno, onde evitare di ritrovarci con schiere di fittizi lavoratori autonomi che in realtà altro non sono che dipendenti privi di diritti, di tutele, ed inoltre sotto retribuiti in rapporto al lavoro dipendente regolare e con standard contrattuali. E' forte la presenza nel nostro mercato del lavoro di lavoratori migranti, sia nell'area del lavoro regolare che di quello sommerso, privi di una particolare qualificazione professionale. Essi danno luogo ad una crescita del lavoro indipendente e persino delle iscrizioni alla Camera di Commercio come imprenditori individuali alimentando spesso situazioni di concorrenza scorretta nei riguardi delle imprese regolari. Si tratta di questioni che devono essere affrontate con urgenza ed efficacia, attraverso un comune impegno con le controparti datoriali allo scopo di costruire un quadro di regole preciso, anche su base negoziale. E' necessario prevedere per chi vuole costituire una impresa che abbia le idoneità professionali, maturate in un certo numero di anni, in conseguenza della complessità specifica dell'attività imprenditoriale che intende intraprendere. Occorre, inoltre prevedere dei requisiti di onorabilità verificabili da organismi preposti, onde evitare le infiltrazioni malavitose che spesso albergano nel settore edile. Il fenomeno del lavoro autonomo rappresenta quindi nell'edilizia una realtà opaca, quello che sorprende è il ritmo di crescita superiore negli ultimi anni al lavoro dipendente; indagare questa complessità significa avere coscienza che spesso dietro ad un lavoratore autonomo si nasconde in effetti un subordinato. Si tratta in sostanza di partite IVA camuffate. Le reali ragioni che spingono al prevalere della forma autonoma sono tutte da ricondursi, come già accennato, ad una logica di contenimento dei costi e di flessibilizzazione del lavoro per le imprese, e di più facile e immediato guadagno per il lavoratore. Sicurezza sui luoghi di lavoro. Secondo dati INAIL., negli ultimi anni c’è stata una leggera riduzione degli infortuni sul lavoro. Questo calo però è da correlare in parte alla grave crisi economica che sta vivendo il paese sul piano occupazionale e produttivo. Anche se la tendenza è in diminuzione, sappiamo che il settore dell’edilizia è formato per il 99% da aziende medie e piccole dove lavorare è difficile e pericoloso, dove c’è una maggiore esposizione al rumore, al caldo, al freddo e ai fattori di rischio ergonomici, chimici e biologici, risultando così uno dei lavori fisicamente più usuranti. Nonostante i dati abbiano mostrato negli ultimi anni un trend decrescente degli infortuni, questo segnale apparentemente positivo deve essere rivalutato, per averne una lettura chiara e oggettiva, tenendo conto del calo degli addetti del settore. Riteniamo, che il numero degli infortuni resti comunque inaccettabile per un paese civile. Inoltre troppo poco si parla delle conseguenze degli infortuni mortali e invalidanti in termini di costi per la società. Occorre quindi intensificare ulteriormente gli sforzi per prevenire e contrastare il fenomeno che deve concentrarsi su azioni prioritarie: Promuovere la formazione/informazione dei lavoratori e delle imprese attraverso la diffusione della cultura della sicurezza. Vogliamo ricordare come negli ultimi anni la Fillea, insieme a Feneal, Filca e alle associazioni delle imprese, abbiamo realizzato e investito molto per la formazione dei lavoratori, creando una sempre maggiore consapevolezza e sensibilità anche attraverso i nostri Enti Bilaterali; Incentivare l’applicazione delle norme, spesso violate. È opportuno per questo aumentare i controlli rafforzando una stretta collaborazione e un coordinamento tra gli organi ispettivi, gli Enti Bilaterali, gli R.L.S.T., i direttori dei lavoratori e gli organi di polizia , nell’intento di accrescere l’efficacia dei controlli eliminando sovrapposizioni e razionalizzando gli interventi; Non vogliamo dimenticare l’ambito più confacente in cui la nostra organizzazione sindacale si muove: la contrattazione. Abbiamo introdotto con l’ultimo CCNL dell’edilizia un corso di formazione di 16 ore presso la Scuola Edile per i lavoratori al primo impiego nel settore. E’ nostra intenzione potenziare il DURC attraverso lo spazio note e monitorare con molta attenzione la congruità, proseguendo poi con il rafforzamento degli RLS e degli RLST, soprattutto per quanto riguarda il loro ruolo di coordinamento con gli RLS all’interno dei grandi cantieri. Il nostro impegno è quello di continuare a trovare nuovi strumenti e soluzioni in quanto la sicurezza deve essere sempre tra le priorità della contrattazione facendo in modo di eliminare tutte le resistenze. Tutto ciò si può realizzare: Eliminando la logica del massimo ribasso sostituendola con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nell’aggiudicazione degli appalti pubblici (e trasferirla anche nel privato); Declinando i requisiti minimi per aprire un’impresa edile realizzando la patente a punti; Riconoscendo il cantiere come un’unica unità produttiva con la presenza di un unico responsabile; Riducendo filiera degli appalti e subappalti in modo da evitare il continuo scaricabarile rispetto alle responsabilità. È Importante fare un salto culturale tutti insieme. Dobbiamo fare in modo che i lavoratori acquisiscano sempre più consapevolezza. Diffondere la cultura della sicurezza e della responsabilità è il primo passo verso una nuova etica del lavoro. L'anello debole del settore resta il delicato sistema degli appalti e subappalti e il meccanismo, richiamato poco fa, del massimo ribasso rappresenta il primo ingranaggio difettoso del sistema. Purtroppo le aziende pur di aggiudicarsi gli appalti e quindi il lavoro scelgono anche di lavorare a prezzi stracciati ma, così facendo, sono costrette a tagliare i costi. E quali? Quelli per la sicurezza in primis, per proseguire poi sulla evasione contributiva e in ultimo la mancata retribuzione dei dipendenti. Si salvano i contributi alla Cassa Edile di solito necessari per ottenere il rilascio positivo del Durc. A dir la verità il subappalto non è un problema solo italiano ma anche nella comunità europea è uno strumento utilizzato. Il meccanismo di per sé non è privo di senso ma crea molti problemi nella filiera dei subappalti. Infatti più subappalti ci sono più si creano spazi dove le regole non sono rispettate favorendo così lo sfruttamento della manodopera. Se si vuol salvare il settore delle costruzioni bisogna selezionare le aziende rispettose delle regole attraverso il loro potenziamento dimensionale e creando una rete di imprese stabili per le opere di specializzazione. Così facendo si tutelerebbe anche il mercato sviluppando una concorrenza positiva. Rivedere il sistema di qualificazione delle imprese è ormai indispensabile e “la patente a punti” costituirebbe un primo tassello. È irrinunciabile tentare una ricomposizione del ciclo produttivo creando agevolazioni per le imprese più strutturate favorendone la capitalizzazione finanziaria e la crescita dimensionale. Si deve però agire anche sulle decine di migliaia di stazioni appaltanti: troppo elevato è il numero di quelle che non sono in grado di stilare progetti esecutivi e non hanno una struttura adeguata per curare l’esecuzione dei lavori. L’introduzione delle “White list” nel sistema degli appalti può essere uno strumento di straordinaria utilità così come può esserlo la congruità tra le ore lavorate e le ore denunciate per cantiere che ci permette di scattare una fotografia del settore. E indispensabile per elaborare il nostro fare sindacato. Inoltre la bilateralità, attraverso la Cassa Edile, può tracciare la mappa dei subappalti cantiere per cantiere. Il rilancio del settore e quindi dell’occupazione vorremmo mettesse in primo piano la qualità della vita ed il benessere psico-fisico dell’uomo salvaguardandone l'ecosistema attraverso un uso razionale delle risorse naturali (acqua, vegetazione, clima), progettando edifici flessibili e riadattabili nel tempo. Welfare Sulle “Politiche attive” La sfida a cui il sindacato è chiamato non è più solo la difesa del posto di lavoro ma riportare nel mercato del lavoro chi quel lavoro lo ha perso. Siamo convinti che la nostra azione debba essere complementare agli interventi pubblici e privati per la promozione e creazione di nuovi posti di lavoro. Abbiamo sperimentato negli anni che le politiche passive da sole non bastano, la protezione del reddito non è sufficiente. La bilateralità va considerata un utile strumento contrattuale da utilizzare fra quelli mediante i quali si potrebbe conseguire l’estensione della contrattazione, delle tutele e della nostra stessa rappresentanza. L’unico obbiettivo, da non superare deve essere quello della sua natura di strumento dipendente esclusivamente dal libero esercizio della contrattazione e alla contrattazione funzionale escludendo quindi la passibilità di affidare alla bilateralità compiti sostitutivi del ruolo e delle funzioni dello stato o compiti sostitutivi del ruolo delle parti nell’esercizio contrattuale. Occorre, inoltre prevedere la possibilità per un sistema bilaterale di integrare le prestazioni del welfare universale pubblico con un efficace welfare contrattuale, scegliendo questa strada come quella più efficace per rispondere a quelle specifiche esigenze che nascono dalla diversità e dalla particolarità delle diverse condizioni lavorative, fermo restando la natura integrativa di quelle prestazioni e il loro rapporto con un welfare universale pubblico che deve restare centrale. Mercato del lavoro e contrasto al lavoro irregolare. Anche dal versante delle azioni di contrasto alla frammentazione produttiva e dei lavori e dal conseguente dumping contrattuale pare evidente quanto sia fondamentale agganciare adeguate soluzioni contrattuali con un supporto legislativo alle soluzioni che i CCNL individuano per contrastare l'irregolarità. In questo senso è emblematica la vicenda del Durc per congruità che abbiamo definito nell'ultimo CCNL edilizia e che fatichiamo ad affermare non solo per la resistenza delle imprese ma anche per un'azione legislativa che va nella direzione opposta. Proprio questa vicenda ci porta a dire che l'obiettivo di sostenere legislativamente le soluzioni contrattuali di contrasto all'irregolarità deve essere un nostro obiettivo. A questo punto, si pone una questione particolarmente rilevante nel nostro dibattito contrattuale e nel confronto politico in atto circa il rapporto fra azione legislativa e azione contrattuale verso l'obiettivo di contrasto della precarietà e di estensione delle tutele in un’ottica di riunificazione del lavoro. L'unico modo di concorrere a questo dibattito è quello di rappresentare le condizioni di una categoria che non ha la pretesa di rappresentare il tutto, ma che, su quello specifico, può dare un pur parziale contributo allo sviluppo di una discussione di merito. In relazione alla situazione concreta, registriamo la necessità di realizzare due obiettivi fondamentali: contrastare il lavoro illegale (e qui fanno conto le nostre proposte e gli accordi in materia di contrasto all'economia criminale) e quello irregolare che si materializza con l'esplosione come ricordavo prima del falso lavoro autonomo; riunificare e semplificare le forme di lavoro. Sistema Servizi In quest’ultimi anni, la crisi ha provocato ed accentuato fenomeni come la precarietà del lavoro in tutte le sue forme: licenziamenti, lavoro nero e irregolare crediti esigibili, che hanno determinato una grande richiesta oltre alla tutela collettiva ma in particolar modo di tutela individuale. Rispetto a questo quadro politico ed economico, la Cgil deve affrontare la tematica della tutela individuale dei lavoratori con un salto di qualità diverso dal passato. Tenendo conto che per la maggior parte dei lavoratori, oggi molto più di ieri, il primo approccio al sindacato per le ragioni che tutti conosciamo, avviene per rivendicare un diritto individuale e il sindacato misura la sua funzione e la sua utilità in base al risultato ottenuto. Su questo punto, voglio ringraziare tutti i compagni dei nostri servizi, che hanno contribuito ad far avvicinare e dare risposte e tutele ai lavoratori che rappresentiamo. Conclusioni Per concludere, possiamo affermare di aver costruito un’organizzazione viva e radicata sul territorio, con un gruppo dirigente coeso e responsabile. Un gruppo dirigente che si è dotato di una sua autonoma progettualità, per la quale ha lottato con convinzione. Un’ Organizzazione , radicata sul territorio, da mettere al servizio delle persone. Come diceva Di Vittorio: “ la nostra è una storia di sofferenza, ma la causa è talmente giusta che merita di essere servita anche a costo di enormi sacrifici, e quando si ha questa consapevolezza ognuno di noi può dire a se stesso :ho fatto il mio dovere fino in fondo”.

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