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14.03.14 Si è concluso il 27 febbraio 2014 il Congresso territoriale della Fillea Reggio Calabria. Di seguito la relazione del segretario uscente Manuela Sainato, riconfermato alla guida della struttura dal nuovo direttivo eletto al termine del congresso.
Care delegate e cari delegati il congresso è un percorso fondamentale in cui si gettano le basi per l'attività sindacale del futuro. Questo congresso per il contesto e la complessità della fase che attraversiamo ha l’obiettivo di promuovere una discussione democratica sulla condizione delle persone che rappresentiamo in prospettiva al cambiamento in atto. Il congresso della Cgil deve essere l’occasione per avanzare proposte di cambiamento agli altri e che deve essere un momento per riflettere su di noi, sulla Cgil, su quello che abbiamo fatto, su come cambiare per a fare meglio, sul nostro rinnovamento. La fiducia che ci viene consegnata, i risultati positivi nel tesseramento non devono oscurare le difficoltà che incontriamo ogni giorno. Dobbiamo fuggire da ogni semplificazione, da ogni suggestione di autosufficienza, non scambiare desideri per realtà, non stancarci di trovare soluzioni nuove a problemi nuovi, lavorare per allargare convergenze ed alleanze, tanto più di fronte al disegno attuato dal Governo per metterci all’angolo. Per questo le nostre articolazioni ed identità rappresentano una ricchezza, un patrimonio che valorizza la Confederalità come forza primaria della Cgil. I mutamenti in essere nel lavoro e nella società non solo mettono a dura prova la società civile ma anche la nostra azione sindacale: ci troviamo in una fase di passaggio delicato che ci impone una verifica della nostra capacità di rappresentanza sociale, connessa a condizioni di vita e di lavoro diverse dal passato e mutevoli nel tempo. Questo congresso a cui partecipano 38 delegati eletti nelle assemblee di base è stato il frutto di un lungo periodo di discussione e di confronto democratico con i lavoratori interessati, molti dei quali in mobilità, esodati, in cig; I due documenti congressuali proposti nella discussione, hanno visto la totalità dei lavoratori aderire al primo documento sottoscritto dal nostro segretario Camusso, intitolato Il lavoro decide il futuro. Documento che mette al centro il piano del lavoro della CGIL e propone una serie di azioni che possano operare un vero cambiamento nelle politiche che hanno generato la crisi che stiamo attraversando, che ha creato il crollo della domanda interna con conseguente crollo delle produzione dei beni e gravi perdite dell'occupazione. Il problema ora è come riavviare lo sviluppo per uscire dalla crisi, per poter riavviare l'economia, le imprese che numerose stanno chiudendo le saracinesche perché oramai non hanno le forze economiche e morali per poter andare avanti, e ricordiamoci che senza imprese fallisce anche il lavoro. I nostri lavoratori che prima non riuscivano ad arrivare alla fine del mese, oggi non riescono nemmeno ad arrivare a metà mese, poiché il lavoro non c'è ma le famiglie devono comunque continuare a pagare le tasse e le banche non ti fanno favoritismi se non paghi il mutuo. La politica, il Governo, devono tornare a essere promotori di una politica economica e sociale per il rilancio del nostro paese. Ma quali sono le idee per uscire dalla crisi? Le idee sono molte, e sono contenute nei documenti congressuali. In vista delle elezioni europee e del turno di presidenza europea che spetta all'Italia possiamo pensare di sfruttare l'occasione dell'anno europeo dell'economia verde promosso dall'unione europea per il 2014 come stimolo non solo per contrastare le conseguenze drammatiche dei mutamenti climatici, ma anche come occasione per rilanciare la competitività delle nostre imprese a partire dall’economia verde e sostenibile. Per partire non sono necessari grandi investimenti basta iniziare dalla riqualificazione dell'esistente, ad esempio migliorando la coibentazione delle case e sfruttando sistemi di riscaldamento/rinfrescamento innovativi in modo da garantire una temperatura quasi costante, durante tutto l’anno, all’interno delle abitazioni. In questa maniera si abbattono i consumi di combustibile e di elettricità, con benefici non solo per le tasche del singolo ma anche sociali, visto l’abbattimento delle emissioni legate al consumo di fonti fossili. Non trascurando il fatto che numerosi materiali utilizzati nella bioedilizia, come il sughero e la lana di pecora, vengono prodotti in Italia dove hanno sede tra i più noti operatori del settore. Purtroppo in Italia, però, quando si parla di riqualificazione e di bioedilizia, bisogna anche fare i conti con gli scettici che fanno resistenza davanti alle innovazioni. E troppo spesso si pensa alla riqualificazione di un’abitazione, come se questo fosse un capriccio da parte di chi non sa come meglio usare i soldi. Il patrimonio edilizio italiano ha un’età media piuttosto elevata che rende la riqualificazione un’impellente necessità: il 75% delle case è stato costruito nel dopoguerra, una gran parte delle abitazioni presenta un elevato stato di degrado e molti edifici sono a rischio di crollo. Il richiamo è anche all’edilizia pubblica, agli ospedali, ma soprattutto alle scuole, che necessitano di un urgente piano di recupero e di riqualificazione: Il nostro paese sta attraversando un periodo di profonda crisi economica, politica, sociale e strutturale, ma da questa crisi ne dobbiamo uscire facendo anche leva sul settore delle costruzioni che deve rappresentare uno dei pilastri dell'economia italiana, distaccandosi anche dal concetto di economia tradizionale, avendo rispetto delle superfici non cementificate, dei fiumi, delle coste. del paesaggio e dell'ambiente, con grande chiarezza e trasparenza, capace di dare una reale e qualificata prospettiva occupazionale a tutti gli addetti del settore questa volta non per distruggere il paese ma per valorizzarne la bellezza, in quanto per troppo tempo il cemento è stato sinonimo di progresso a causa degli interessi negli anni di speculatori finanziari e fondiari e della malavita, che hanno dato vita ad una cementificazione del suolo sregolata. Uscire quindi dal concetto tradizionale di edilizia ed iniziare a pensare ed a praticare la green economy, mettendo al centro della nostra contrattazione i seguenti contenuti: pieno utilizzo del patrimonio abitativo esistente pubblico e non, determinazione dei processi di decementificazione, la massima espansione delle infrastrutture esistenti, la riqualificazione dei centri storici e delle periferie. In questo senso facendo leva su due azioni politiche, una a livello del governo nazionale e l'altra a livello del governo dei territori, la popolazione potrà avere • case popolari dignitose ed eco-sostenibili con affitti non superiori al 30% del reddito • un sistema di mobilità pubblica per i pendolari veloce e di qualità. • ad immobili erogatori di servizi pubblici da collocare dentro i beni pubblici dismessi. • ad una rete diffusa di piste ciclabili urbane diffuse e sicure. Il tutto realizzando politiche di riqualificazione e rigenerazione urbana in grado di migliorare la qualità di vita degli abitanti delle periferie e dei centri storici; rilanciare l'edilizia pubblica popolare che favorisca un'offerta di abitazioni per una platea di cittadini a basso reddito o motivata da periodi di mobilità, vale a dire disoccupati, pensionati, studenti, cassaintegrati. Puntando su quanto comunicato dal ministero dell'ambiente, vale a dire che nel giro di pochi decenni l'Italia potrebbe vedere impoverirsi le riserve di acqua , affrontare fenomeni di desertificazione nel mezzogiorno, subire frane, alluvioni , incendi più frequenti, fare i conti con la perdita di ecosistemi, la riduzione di raccolti, l'innalzamento del mare fino a inondare le pianure costiere, la riduzione di produzione di energia idroelettrica, la consunzione di ferrovie e strade, è possibile tornare a creare lavoro uscendo dal concetto classico di edilizia e puntando sull'innovazione edilizia che incrocia il tema dell'energia e la nuova domanda di qualità delle abitazioni e di spazi adatti a nuove famiglie. In un paese come l'Italia con un territorio fragile dal punto di vista sismico ed idrogeologico, ripensare agli edifici ed alla riqualificazione del territorio potrà sicuramente portare più opportunità di lavoro. Cambiare non è semplice visto che il cambiamento interessa in primis la cultura del pensare ad un 'economia delle costruzioni fin'ora basata solo sulla costruzione di nuovi edifici. nel corso degli anni, purtroppo ciclicamente gli italiani hanno provato sopra le proprie spalle gli effetti devastanti dell'alto rischio sismico ed idrogeologico cui è sottoposto il nostro paese, e da questo punto di vista è paradossale che il governo abbia stanziato per il 2014 solo 30 milioni di euro per la difesa del territorio. E' necessario dare risposta ai grandi rischi del territorio italiano a partire quello statico degli edifici a quello sismico e idrogeologico del territorio, con una strategia che li sappia tenere insieme, che consenta di smettere di inseguire emergenze sprecando risorse pubbliche per riparare i danni e spostando attenzioni e investimenti su prevenzione, manutenzione e innovazione. Si tratta di attuare nuove tecniche di messa in sicurezza degli edifici in zone sismiche, sapendo che cambiano le competenze in cantiere, poiché c'è bisogno di più lavoro e meglio formato e non solo nella fase di costruzione ma anche in quella di manutenzione e di gestione, con il vantaggio che si parla ormai di edifici a consumi di energia quasi a zero come prevedono dal 2021 le Direttive europee tutti i nuovi edifici pubblici e privati. Si continua ad assistere a troppe tragedie senza responsabili, a crolli e sciagure per gli edifici costruiti male, in luoghi insicuri, senza avere nessuna speranza che qualcosa cambierà in futuro; questa situazione può essere superata stabilendo l'obbligo di dotarsi di un libretto antisismico per tutti gli edifici esistenti ed introducendo il Fascicolo del fabbricato che deve rappresentare la carta d'identità delle strutture, permettendo così di conoscere il grado di effettiva affidabilità e sicurezza degli edifici in termini di vulnerabilità sismica e rispetto ai rischi idrogeologici del territorio. Per poter cominciare ad attuare questi cambiamenti occorrono però decisioni politiche ed il coraggio di chiudere le porte con le stagioni dei condoni e di un'edilizia dove è ancora fortissimo il lavoro nero e dove continuano ad esserci troppe morti bianche. come per l'edilizia pubblica occorre una strategia per spingere interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio privato, anche attraverso il sistema delle detrazioni fiscali. In questo senso è utile attuare politiche che: • rendano permanenti le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza • allargando le detrazioni in maniera permanente al consolidamento antisismico degli edifici. • reintroducendo gli incentivi per la sostituzione di coperture in amianto con tetti fotovoltaici; la cancellazione dell'incentivo in conto energia ha infatti tolto a famiglie e imprese una speranza fondamentale di rimuovere dai tetti una fibra letale il cui utilizzo è vietato dal 1992. ripristinare l'incentivo è fondamentale sono in attesa di bonifica circa 50mila edifici pubblici e privati nonché stabilimenti industriali dove giornalmente trascorrono le giornate i nostri lavoratori. Nelle discussioni fatte nelle assemblee di base uno dei temi che ha colpito maggiormente l'attenzione dei lavoratori è stato quello sulle pensioni; forte è infatti la preoccupazione per la riforma delle pensioni e forte è stata la loro preoccupazione per il loro futuro sempre più incerto. La riforma delle pensioni è stata fatto senza tenere conto di quanto sia cambiato il mercato del lavoro, riforma che è stata spacciata a favore dei giovani mentre saranno quelli più penalizzati sia per l'età pensionabile sia per il sistema di calcolo cioè quello contributivo. questa penalizzazione vista la crisi e la precarietà dei rapporti di lavoro, riguarderà tutte le fasce di età, e rischia di provocare in futuro dei problemi sociali che si aggiungono a quelli attuali degli esodati. La nostra categoria è ancor più danneggiata dal nuovo sistema di calcolo contributivo che non tiene conto della precarietà del rapporto di lavoro con lunghi periodi non coperti da contributi, in più l'innalzamento dell'età pensionabile e l'introduzione dell'aspettativa di vita danneggia ulteriormente la qualità di vita dell'operaio edile, in quanto l'aspettativa di vita per un operaio è inferiore di circa 6/7 anni. Nel mezzogiorno in edilizia , il 2% dei lavoratori continua dopo i 70 anni e il 30% sono andati in pensione dai 65 ai 69 perché non potevano raggiungere l'1.5 volte l'importo dell'assegno sociale, con un grave impatto sulla sicurezza sul lavoro. Il combinato disposto dall'aumento dell'età pensionabile legato all'incremento della speranza di vita, il sistema contributivo con i coefficienti previsti e la riduzione a regime della durata di copertura degli ammortizzatori sociali rischiano di produrre una condizione nella quale tante persone, saranno senza lavoro, senza ammortizzatori sociali, lontani dalla pensione e/o con basse pensioni. L'interrogativo che viene spontaneo è : a che ti serve versare i contributi se poi non avrai mai la pensione o qualcosa d poco sopra l'assegno sociale che ti verrà comunque erogato a 65 anni? se non si trova il vantaggio del versamento contributivo si favoriscono: lavoro irregolare, la contribuzione versata su meno giorni di quanti invece si lavorino: in sintesi si evade. tutto questo s traduce anche per minori entrate per circa 120 miliardi di evasione fiscale all'anno. Ma la politica tutte queste cose le sa? tutti si riempiono la bocca di legalità, contrasto all'evasione fiscale, peccato che poi i provvedimenti legislativi vadano nella direzione opposta, penso alle modifiche al durc, alla riduzione del numero degli ispettori del lavoro. se si vuole contrastare l'illegalità occorre che i provvedimenti legislativi siano coerenti, ma così non è poiché in nome della semplificazione si riducono le regole e si favorisce esattamente l'opposto. i casi sono due : o sono ignoranti o non vogliono dire che la concorrenza si regge sul basso costo e sulla deregolamentazione, dimenticandosi che non potemmo mai essere competitivi sui costo rispetto ad altri paesi. Lo spirito con il quale affrontiamo questo congresso è volto allo sviluppo di un dibattito che consenta alla confederazione di trarre dalle esperienze delle categorie e dei territori la sintesi necessaria a dare forza alle soluzioni rivendicative dei prossimi anni a partire dai temi che più di intrecciano con la discussione confederale: sostenibilità, territorio e contrattazione, governare trasformazioni produttive e innovazioni. Riunificare il lavoro e estenderne i diritti, ragionare sugli strumenti concreti per realizzarlo e dobbiamo farlo in un contesto nel quale crisi, modelli produttivi e sociali vincenti in questi anni hanno determinato un arretramento e non un avanzamento verso quegli obiettivi. E' necessario un nuovo e più efficace rapporto fra contrattazione e legislazione sia sotto il profilo della rappresentanza, sia sotto quello del contrasto alla frammentazione produttiva e dei lavori, sia sotto quello del salario, implementando l'accordo interconfederale del 31 maggio 2013, e a tal riguardo l’accordo attuativo del 10 gennaio, a cui tutti i nostri delegati hanno espresso parere favorevole, è un risultato importante per dare finalmente esigibilità all'intesa. Per quanto ci riguarda dovremo chiedere in più dei margini di interpretazione dell’intesa che siano adeguati allo specifico produttivo e contrattuale del settore edile a partire dal tema dei termini di certificazione, dove va evidenziato il ruolo che debbono esercitare le casse edili, così come va adeguato alla struttura produttiva del settore il peso ponderale da assegnare al ruolo elettivo delle RSU oltre che adeguare l’intesa alla realtà della contrattazione territoriale. Va inoltre affrontato il tema delle modalità con le quali nel lavoro frammentato e diffuso si rende effettivamente esigibile il voto dei lavoratori visto che Più della metà dei lavoratori del paese è impiegato in imprese di piccole dimensioni nelle quali le tradizionali forme di esercizio della democrazia e della rappresentanza sono sostanzialmente precluse. Se dal versante contrattuale il problema è stato storicamente risolto anche grazie all'utilizzo della strumentazione bilaterale dovremo cominciare ad immaginare di utilizzare pienamente le possibilità offerte dal nostro sistema bilaterale e delle sue banche dati anche per ciò che riguarda l'estensione e la pratica di strumenti di partecipazione (voto per posta, televoto, etc.) come premessa per un governo più partecipato degli stessi enti bilaterali dentro i quali occorre una più forte separazione fra le funzioni gestionali della bilateralità e le funzioni contrattuali che passi anche attraverso processi di maggiore coinvolgimento di tutti i lavoratori nella gestione degli Enti. L’altro aspetto riguarda l'estensione dell'esperienza delle RSU che pone in primo luogo il tema della esigibilità del diritto sotto la soglia dei 15 dipendenti. Un rapporto fra azione legislativa e azione contrattuale che per il settore delle costruzioni significa raggiungere due obiettivi fondamentali: contrastare il lavoro illegale e quello irregolare, che si materializza con l'esplosione del falso lavoro autonomo; riunificare e semplificare le forme di lavoro ma l'azione legislativa deve avere una sua organicità e unicità nella azione di contrasto, efficacia nelle sanzioni, sostegno verso i comportamenti virtuosi. Dal versante del salario dietro le esigenze di flessibilità nell'organizzazione produttiva che fanno da alibi ai processi di frammentazione che stiamo subendo, si nasconda spesso l'esclusivo interesse delle imprese a ridurre i costi a scapito della retribuzione del lavoro. Il tema della effettiva sfera di applicazione dei contratti e dei livelli salariali in essi stabiliti va quindi affrontato in questo contesto l'apertura di una discussione in Cgil sul salario minimo per legge va colta come un'opportunità. Occorre perseguire in primo luogo l'obiettivo della difesa e del rafforzamento del ruolo del CCNL come elemento di garanzia solidale e di presidio dei diritti ed attivarci da subito l'obiettivo della definizione di un unico CCNL per tutti i materiali da costruzione - cemento, laterizi, lapidei, legno - ed in prospettiva, quello di una progressiva armonizzazione con i CCNL dei materiali da costruzione chimici e compositi. E' necessario individuare il perimetro stesso della sfera di applicazione dei contratti. per l'edilizia, il tema della tenuta del perimetro del CCNL di fronte alle trasformazioni indotte dal cambiamento tecnologico e produttivo resta il tema centrale da cui partire anche con l’obiettivo di arginare la diffusa applicazione di contratti non pensati per il contesto operativo del cantiere e che producono frequentemente un abbassamento del costo del lavoro e creano dumping, in particolare metalmeccanico e global service. La soluzione a tale problema non può essere l'idea di un contratto unico dell'industria articolato in più settori ma al contrario l'idea di contratti specifici di settore, seppur ridotti di numero, che abbiano invece parti in comune relative alla regolazione e al governo della specificità della condizione di lavoro in cantiere. Sarebbe facile per noi sostenere la tesi che tutto il lavoro che si esplica in cantiere preveda l'applicazione del CCNL edilizia. Ci rendiamo conto che al momento non è un obiettivo praticabile, ma questa constatazione non può essere un alibi per nessuno per non affrontare la gravità della attuale situazione con soluzioni che tengano necessariamente in conto la centralità del cantiere e la sua particolarità come ambiente di lavoro complesso. Tra le nostre proposte per poter arginare quanto sopra, quella di inserire in ciascuno dei contratti interessati al lavoro in cantiere comuni norme specifiche che contemplino la possibilità di una mera registrazione alle casse edili di ogni lavorazione (e quindi lavoratore) diversa da quella di riferimento del CCNL edilizia consentendo così di introdurre l'obbligo nei rispettivo CCNL di riferimento di equiparare per strumentazione e costi per le imprese le norme in materia di formazione e sicurezza sul lavoro consentendo in tal modo di semplificare e realizzare pienamente anche la contrattazione di sito. Sviluppare e rendere efficace la contrattazione di secondo livello, che è essenziale per il governo della organizzazione del lavoro, delle sue condizioni effettive e della sua stessa retribuzione. Nelle costruzioni abbiamo due problemi opposti, nell’edilizia la contrattazione di secondo livello copriamo il 100% dei lavoratori perché facciamo contratti integrativi provinciali in tutte le province, negli impianti fissi invece contrattiamo, solo per le aziende più grandi e per quelle più piccole no. per l’edilizia abbiamo un altro problema: riportare la contrattazione in cantiere estendendo le sedi negoziali come già si sta praticando attraverso le numerose esperienze di contrattazione d’anticipo prevista dal CCNL e renderli realmente esigibili nelle opere pubbliche di maggiore rilievo, non come si è fatto fino ad oggi dove i general contractor hanno quasi sempre eluso tali contrattazioni. Affiancare alla contrattazione territoriale una contrattazione di cantiere più estesa ed efficace della semplice contrattazione d’anticipo; negli altri settori, invece, si tratta di costruire da un lato le condizioni, anche organizzative, per portare la contrattazione in tutte le aziende, ma, al contempo, ipotizzare altri livelli negoziali su scala diversa a partire dalle filiere, dai distretti e dai territori, ipotizzando la contrattazione aziendale in tutte le aziende nelle quali sia consentito esercitare la rappresentanza sindacale e la contrattazione territoriale, di sito o filiera in quelle sotto tale limite. Fin'ora abbiamo parlato di come poter uscire dalla crisi generale del paese attivando nuove forme di edilizia da affiancare a quelli tradizionali, ma adesso ragioniamo sulla situazione del settore nella nostra provincia. Quattro anni fa ci siamo lasciati elencando una serie di grandi opere che avrebbero dato ossigeno alla nostra economia; bene questi quattro anni sono trascorsi le opere sono quasi terminate e quello che ci rimane di cantierizzabile come grandi opere è quasi nulla. Per quanto riguarda le grandi infrastrutture i cantieri della Sa-Rc e della SS 106 che consideravamo i punti di forza della nostra contrattazione sono oramai agli sgoccioli e ben poca cosa è rimasta anche per quanto riguarda i tratti ancora da completare, a quanto ci dicono nel corso di un annetto dovrebbero essere consegnati i lavori in corso. Mancano però all'appello numerose opere e mancano all'appello i finanziamenti e la volontà politica di appaltare e completare alcune opere: la variante della SS 106 all'abitato di Palizzi, un lotto della SS 106 che doveva collegare Locri ad ardore, resta incompleto il palazzo di giustizia di Reggio Calabria la cui impresa si è ritirata per rescissione del contrato da parte del comune di Reggio Calabria. Al momento la provincia è paralizzata e le opere pubbliche sono ferme al palo; le imprese edili stanno morendo per mancanza di lavoro mentre non c'è nemmeno certezza sul futuro visto che non si ha nemmeno il settore di investimenti su opere pubbliche. Le ore di cassa integrazione richieste ed il numero dei licenziamenti sono tali da rendere questo il periodo più buio per le infrastrutture e l'edilizia della provincia. La situazione non è delle più rosee nemmeno per le due aziende del settore che operano nella nostra provincia l'Acem che produce porte e la Calcementi Ionici che produce laterizi. Le due aziende purtroppo da un paio di anni non riescono a tenere il passo con i tempi e con la concorrenza sleale di altre imprese che a fronte di prezzi al pubblico più bassi risparmiano su contributi e stipendi dei lavoratori, costringendo le aziende oneste che vogliono lavorare a non riuscire a stare più sul mercato; ed ecco che per mantenere i livelli occupazionali si ricorre con ciclicità annuale alla cassa integrazione ed a sacrifici da parte dei lavoratori che per mesi rinunciano a ricevere lo stipendio per poter aiutare l'azienda ad andare avanti e poter mantenere il posto di lavoro. Dall'altro le banche oggi sono restie a concedere prestiti alle aziende, i prezzi dei combustibili sono aumentati in maniera spropositata e sul mercato reggino, calabrese ed anche italiano non c'è richiesta di porte e di laterizi ed ecco che si è costretti a cercare all'estero di poter vendere i propri prodotti per poter mantenere in piedi l'attività, o addirittura si pensa alla produzione di materiali nuovi per permettere di stare sul mercato. La disoccupazione è ai massimi livelli, di grosse infrastrutture non cene sono all'orizzonte poiché la crisi ha colpito in particolar modo le opere da realizzare. Quello che ci rimane è un settore altamente frammentato e mobile composto da piccole imprese che impiegano al massimo fino a 5 dipendenti dove tra l'altro è preclusa la nostra attività sindacale. Quello che ci rimane è una marea di lavoratori percettori di disoccupazione o di mobilità in deroga che vivono nella speranza che venga finanziata per il periodo che gli compete. Lo scenario che ci propone la Cassa edile di Reggio Calabria ci fa vedere nei numeri qual'è la reale situazione del settore edile nella provincia; comparando i dati del 2010, data dell'ultimo Congresso, con quelli del 2013, questo è quello che ne scaturisce: Nel 2010 i lavoratori iscritti alla cassa edile erano 7816 a fronte dei 5869 del 2013, con un calo di circa 2000 lavoratori; il monte salari versato era pari nel 2010 a 59106 a fronte dei 42357 del 2013, anche qui si registra un forte calo; le ore denunciate in cassa edile erano 7.744.997 nel 2010 a fronte dei 5.169.797 del 2013anche qui un calo di quasi 2 milioni di ore, e sono diminuite anche le imprese iscritte che nel 2010 erano 1468 per scendere a 1200 nel 2013. Quindi con uno scenario del genere dove possiamo orientare la nostra attività sindacale? Innanzitutto cercando di raggiungere quel 50 % di operai non sindacalizzati che è attivo nella nostra provincia attraverso quello che di più prezioso può offrire la Cgil ai lavoratori: i nostri servizi, la nostra competenza , la nostra esperienza , attraverso un'azione sinergica della categoria e del sistema servizi che metta al centro le nuove esigenze dei lavoratori e delle famiglie. Ma anche attraverso la sinergia con le altre categorie, quali la funzione pubblica e la flai, è possibile cercare nella provincia , nei comuni quali sono gli interventi strutturali che è possibile realizzare nel recente e come fare per realizzarle, e se è necessario scendere in piazza anche tutte le settimane per rivendicare le opere necessarie per il nostro territorio, e saremo pronti a farlo insieme ai tanti lavoratori che attendono un posto di lavoro che molto spesso si sono visti volare via poiché le imprese che si aggiudicano i lavori preferiscono portarsi i lavoratori da fuori regione con aggravio delle spese di vitto ed alloggio piuttosto che dare ossigeno al territorio. Restando in tema con gli argomenti trattati fin'ora una vera possibilità di riavvio dell'economia può essere trovata nei PSC, piano strutturale comunale; giugno infatti è il termine ultimo per la presentazione di tali piani. In questo momento storico ed in linea con quanto detto fon'ora, è necessario pianificare un criterio per predisporre tutto ciò che andrà a rappresentare il futuro del territorio e di chi lo abita. Con l'obiettivo della riqualificazione territoriale con strategie di intervento nel territorio agricolo forestale, insediativo e relazionale. Altra priorità dove possiamo veramente puntare vista la ricchezza di cui siamo in possesso, è la conservazione dei centri storici, che non solo rappresentano la memoria di chi li abita, ma possono risultare anche occasione di sviluppo economico futuro e volano per lo sviluppo turistico. Obiettivo quindi delle politiche locali dovrà essere la valorizzazione dei punti di forza e delle risorse disponibili sul territorio nell'ottica dello sviluppo sostenibile. il raggiungimento di tali obiettivi passa attraverso azioni integrate e multidisciplinari, congiunte tra più enti pubblici e privati, tendenti a togliere allo stato responsabilità specifiche sulla tutela e la conservazione del patrimonio. I psc possono essere quindi strumenti essenziali per la tutela e la salvaguardia del patrimonio storico edilizio, architettonico, archeologico ed artistico dei nostri paesi. Pensare alla centralità della risorsa "aree rurali"con politiche di sviluppo basate sulla promozione delle colture agricole più pregiate, la valorizzazione del patrimonio forestale e del patrimonio etno-antropologico per la promozione del turismo enogastronomico. Tutti aspetti che se correntemente sviluppati per la locride possono rappresentare sviluppo concreto e duraturo. Se si vuole agganciare il ostro territorio allo sviluppo ed alla crescita, il vero problema è sostenere un piano di opere pubbliche nel quale la grande viabilità sia resa complementare con altre grandi opere che sono altrettanto strategiche per lo sviluppo stesso, ad esempio l'uso delle risorse idriche ed energetiche, la riqualificazione urbana, la tutela e la valorizzazione del territorio, e nell'occasione fare del territorio la sede di sperimentazioni nel campo delle innovazioni tecnologiche nel costruire, per coniugare lo sviluppo con le nuove sfide eco-ambientali, che è qualcosa fortemente connessa con il sacro ed urgente obiettivo dello smaltimento dei rifiuti urbani. Lo sfarinamento di gran parte del territorio calabrese se è straordinario nella sua volontà e portata, non lo è per nulla nella sua drammatica prevedibilità. La Calabria ha bisogno di un piano di interventi in difesa del suolo, di riforestazione, di rinaturalizzazione degli alvei dei fiumi, di un blocco totale della cementificazione delle aree urbane e delle coste, di una riconsiderazione di tutti i programmi di viabilità secondaria in corso, varato e sostenuto con risorse nazionali in primo luogo, oltre che comunitarie ed ordinarie. Un piano, non studi e ricerche, che esistono già abbastanza, ne solo finalizzato alla gestione dell’emergenza, ma ad una programmazione degli interventi, in una scala di priorità che parta dalla messa in sicurezza strutturale del territorio, concreto ed immediato. Oggi con susseguirsi delle catastrofi naturali, in modo drammatico stanno venendo al pettine nodi storici. Il governo nazionale porta la grave responsabilità di avere sottratto molte risorse alla Calabria, o addirittura non sono mai arrivate le risorse stanziate per le emergenze degli anni scorsi. Ma assieme a questo la regione Calabria, tutto il suo sistema istituzionale, molte forze sociali, continuano ad avere sui temi del rispetto e della salvaguardia del territorio una visione speculativa. Occorre affermare che la salvaguardia idrogeologica, il disinquinamento ambientale, la rinaturalizzazione del paesaggio rurale ed urbano, sono anche una straordinaria opportunità occupazionale. Potrebbero essere impiegate in questo piano migliaia di lavoratori tra tecnici, operai, figure specializzate. Serve coordinamento delle responsabilità, programmazione degli interventi, certezza dei finanziamenti, volontà politica. Le tragedie che si stanno susseguendo, sono il frutto non dell’abusivismo, ma di anni ed anni di abuso del territorio fatto nella legalità, attraverso le maglie dei piani regolatori, le varianti in deroga, gli strumenti della programmazione e pianificazione territoriale. Il nostro è un territorio ad alto rischio sismico oltre che idrogeologico, e nel corso degli anni ha subito un’incontrollata espansione urbanistica. Quanto avviene ormai di frequente certifica drammaticamente ciò che da tempo andava denunciato, che le nostre sono paesi insicuri, senza vie di fuga, strade alternative, senza un piano concreto di protezione civile, ne risorse per interventi seri, tutto ciò si evince dal fatto che basta qualche giorno di pioggia per far evacuare paesi interi per mettere in serio pericolo intere famiglie. Occorre verificare preventivamente al verificarsi delle emergenze, lo stato del nostro territorio, dei rischi legati alle colline, alle case costruite negli alvei delle fiumare o a ridosso delle montagne, ai palazzi costruiti sulla sabbia e con cementi di pessima qualità, ai torrenti, al dissesto per la messa in sicurezza delle persone, delle case e del territorio.

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