20.03.14 “Se dopo 6 anni, la crisi del settore delle costruzioni non si è ancora arrestata, sarebbe il caso riflettere sulla validità delle ricette fin qui usate. Se il nuovo governo vuole cambiare qualcosa, deve imboccare una direzione diversa da quella percorsa finora.” E’ quanto ha affermato Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil, intervenendo all’Assemblea congressuale della Ancpl, l’associazione nazionale delle cooperative di produzione lavoro aderente a Legacoop, in corso di svolgimento a Bologna.
“Ancora non vedo un cambio di direzione ma mi auguro che ci sia e che sia immediato, perché le condizioni dei lavoratori e delle imprese edili non possono permetterlo, pena la scomparsa di un settore strategico per il paese.”
Per Schiavella “la colpa dello tsunami che sta devastando il nostro settore non dipende solo dalla crisi internazionale e dagli effetti devastanti delle politiche recessive fin qui imposte dall’ Unione europea ma anche dalle scelte politiche sbagliate dei governi” che non sono intervenuti “sulla componente strutturale della crisi e sul modello di sviluppo e produttivo” agendo all’opposto degli altri paesi, dove sono state avviate politiche massicce di investimenti per rilanciare il settore e far ripartire le economie locali.”
In Italia l’unica cura anti-crisi in questi anni è stata quella “della deregolazione e dell’abbassamento delle regole e dei controlli” e senza politiche industriali questo ha significato “far crescere i livelli di irregolarità, illegalità, dumping, generale abbassamento della qualità dell’impresa e del lavoro.”
“La promessa del governo di ridurre il carico fiscale sul lavoro dipendente e' un primo passo importante” ha detto il numero uno Fillea “ma il reddito disponibile dei lavoratori e' fatto di fisco e di salario: se non si rinnovano i contratti si fa solo metà di quanto necessario e la responsabilità e' solo delle imprese. I lavoratori dell’edilizia aspettano da 15 mesi di vedersi rinnovato il contratto, non è tollerabile. Siamo stati sempre un sindacato responsabile, siamo consapevoli della situazione delle imprese. Lo abbiamo dimostrato presentando richieste ragionevoli e non interrompendo mai il confronto, salvo quando ci è stata presentata una proposta di aumento salariale di zero euro. Ora spetta alle imprese fare la loro parte.” Ed alle imprese Schiavella si rivolge, invitandole ad abbandonare l'idea che “siano i lavoratori a restituire i soldi rinunciando agli scatti di anzianità in cambio di poche decine di euro di aumento salariale e ad un aumento incontrollato della flessibilità. Il settore ha bisogno del CCNL per governare questa fase attraverso un progetto organico di riforma e snellimento della sua struttura bilaterale, e della sua struttura produttiva. Se le imprese vogliono usare la crisi per capitalizzare qualche vantaggio a breve nei rapporti di forza con i lavoratori, si assumono una grave responsabilità.”
Tornando sulle politiche del governo, apprezzamento dalla Fillea alla scelta di “destinare circa 5 Mdl su programmi di edilizia scolastica e cura e manutenzione del territorio, e sulla scelta di semplificare le procedure di spesa affidandole ad apposite unità di missione” ma il cambiamento di verso con il passato ci sarà solo se si realizzeranno due condizioni: l’apertura immediata dei cantieri e che in quei cantieri ci siano lavoro regolare ed imprese di qualità.”
Ed è su questo che la Fillea ha le maggiori preoccupazioni e Schiavella rivolgendosi al ministro Poletti incalza “il suo decreto non introduce alcun cambiamento di direzione nel governo del mercato del lavoro. Si continua a pensare che aumentando le flessibilità aumenti autimaticamente il lavoro. Se così fosse in edilizia, dove il 95 % imprese e' sotto i 15 dipendenti, dove si può licenziare per fine cantiere e fase lavorativa, dove esistono le più svariate forme di lavoro e crescono enormemente le false aprite Iva, non avremmo avuto la crisi.”
Quella che il ministro Poletti chiama riforma del contratto a tempo determinato, per Schiavella non è altro che "lavoro a chiamata mascherato o, nella migliore delle ipotesi, un allungamento a tre anni del periodo di prova. Il limite delle otto proroghe non esclude infiniti rinnovi che si sommano a quelle proroghe, con effetti devastanti nel nostro settore in termini di strutturazione della impresa, di regolarità del lavoro e soprattutto di sicurezza del lavoro.”
“Non ci spaventa la flessibilità, ma quello che proponete è sbagliato” prosegue Schiavella “se vogliamo semplificare allora è il tempo di ragionare sul contratto unico a tutele crescenti, abolendo ogni altra forma contrattuale a partire dalle partite Iva.”
M gli effetti più devastanti per Schiavella riguardano la scelta in materia di regolarità con le ennesime modifiche al Durc “così non si smaterializza, si fa semplicemente evaporare. Giusto semplificare, ma perché il Durc non può essere verificato con cadenza mensile?” invece “se si lascia inalterata la scelta assurda introdotta da precedenti governi d,i considerare la validità a 120 giorni ma si sposta al secondo mese precedente a quello del rilascio il riferimento su cui si verifica la regolarità il risultato è devastante. Se apro un cantiere domani 21 marzo il Durc e' rilasciato sui contributi che ho pagato il 30 gennaio e vale fino al 20 giugno... 6 mesi...quando nel ciclo dei subappalti le lavorazioni si contano a settimane e le imprese spariscono nel giro di un mese fra fallimenti, concordati in bianco e tutte le altre diavolerie che vengono così consentite. Su questo davvero bisogna cambiare verso.”