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Sindacato Nuovo, luglio 2020. Riqualificazione e rigenerazione urbana possono  diventare la leva su cui costruire il rilancio del Paese, ma niente scorciatoie. Di Edoardo Zanchini, Legambiente.

 

L’edilizia può diventare il centro del rilancio del Paese, dopo la drammatica crisi economica e sociale del Covid-19, con investimenti diffusi da Ragusa ad Aosta. Non si tratta di slogan, davvero ci sono tutte le condizioni per scegliere questa direzione di cambiamento ma non è neanche scontato che accada, perché in troppi pensano che bastino annunci o incentivi a pioggia per qualche mese. Al contrario, oggi serve un progetto che metta la riqualificazione del patrimonio edilizio italiano al centro di quel green deal che sarà il perno delle politiche europee dei prossimi dieci anni. In questi lunghi anni di crisi del settore delle costruzioni – iniziata nel 2008 - tante cose sono cambiate, a partire dallo spostamento degli investimenti verso la manutenzione e la riqualificazione. Ma se si guarda con attenzione ai cantieri aperti e ai numeri degli interventi ci si rende conto dei limiti delle politiche di questi anni. Sono infatti ancora troppo pochi gli interventi che interessano i 44mila edifici scolastici che esistono nel nostro Paese, quelli sul patrimonio edilizio pubblico ma anche condomini dove vivono circa 20 milioni di italiani. Inoltre le detrazioni fiscali per l’efficienza energetica hanno si portato a realizzare 4 milioni di interventi per oltre 41 miliardi di Euro, ma in larga parte hanno riguardato serramenti e sostituzione di impianti, mentre meno dell’1% ha portato a riqualificazioni complessive di immobili con significative riduzioni dei consumi. Quello che ora serve è una strategia per accelerare gli interventi che più sono capaci di migliorare l’efficienza energetica degli edifici – mettendo assieme gli obiettivi climatici europei e quelli sociali italiani, visto che 3 milioni di famiglie vivono in situazioni di povertà energetica – ma anche la sicurezza anti sismica. Con un attenta regia di incentivi e controlli, ma anche con il supporto agli Enti Locali e alla crescita delle competenze nel settore.

Questi obiettivi sono al centro del piano proposto da Fillea-Cgil e Legambiente per rilanciare il settore delle costruzioni puntando sulla riqualificazione energetica di 30.000 condomini all’anno. Troppo ambiziosi? Al contrario, il nostro Paese ha già aspettato troppo tempo per tornare a realizzare gli investimenti di cui ha bisogno e che possono andare a beneficio dell’ambiente e dell’aria che respiriamo nelle città. Le proposte sono molto chiare, concrete e guardano alla discussione che si sta aprendo sul Recovery Fund europeo per uscire dalla crisi economica. Questa visione è entrata solo in piccola parte nel “super ecobonus” al 110% proposto dal Governo, che aveva una logica molto diversa, ossia garantire risorse pubbliche a tutti, per almeno un’anno, pur di far partire i cantieri. Nella nostra idea c’è invece la volontà di dare certezze a questa prospettiva, quindi attraverso incentivi che lavorino su un arco di tempo lungo, ossia almeno fino al 2025, e sempre tenendo assieme obiettivi energetici ambiziosi e di miglioramento statico. In un momento così difficile per il Paese, con un debito pubblico che supererà il 155% del Pil, sarà fondamentale garantire la più efficace allocazione delle risorse pubbliche, premiando gli interventi che garantiscono una riduzione minima del fabbisogno energetico di almeno il 50%, in modo da aiutare le famiglie a risparmiare. Una sfida che non può essere lasciata da parte è inoltre quella di allargare l’approccio dalla riqualificazione edilizia a quella di quartiere con obiettivi sociali, attraverso un ruolo attivo dei Comuni nell’indirizzare questi incentivi con vantaggi fiscali proprio nei quartieri dove è più importante da un punto di vista sociale e ambientale. Per rendere possibile questa prospettiva dobbiamo sicuramente aiutare l’accesso al credito da parte delle famiglie per i diversi tipi di intervento, anche nei singoli alloggi e per quelli esclusi dall’ecobonus. Come in Germania, occorre istituire un fondo per l'accesso al credito a tassi bassi, specifico per le famiglie e i condomini per la realizzazione di questi interventi. In modo che la riduzione delle bollette, grazie al risparmio energetico, permetta da subito di non far sentire il peso della rata del prestito da restituire in dieci anni. Infine, la proposta più importante per garantire che le risorse pubbliche vadano ad investimenti dove sono rispettati i diritti dei lavoratori. Per riuscirci occorre subordinare tutti gli incentivi fiscali alla dimostrazione di utilizzo di lavoro regolare e del corretto Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, con i relativi versamenti ad Inps, Inail e Casse Edili. In questo modo si elimina ogni forma di dumping contrattuale, attraverso un Durc di congruità come avvenuto per la ricostruzione de L’Aquila e poi del Centro Italia. In questo modo si contrasterebbe oltre all’evasione fiscale anche il lavoro nero o grigio nel mercato privato, per una stima di evasione contributiva e assicurativa nel solo settore delle ristrutturazioni edili di circa 3 miliardi di euro l’anno. 

La riqualificazione del patrimonio edilizio e la rigenerazione urbana possono davvero diventare la leva su cui costruire il rilancio del Paese. Ma, dobbiamo saperlo, non esistono scorciatoie e senza una chiara strategia il rischio è che manchino le risorse proprio per gli interventi più urgenti e importanti, che riguardano l’edilizia popolare e le scuole, gli ospedali e i condomini dove abitano le persone che più faticano a pagare le rate del riscaldamento e dell’affitto. Piuttosto serve definire una strategia e condividere le priorità e le barriere da superare per sbloccare gli interventi, in modo da inserire queste politiche dentro la cornice europea e accelerare gli interventi attraverso le risorse previste dal Green deal e dal Recovery fund. Per riuscirci dobbiamo sapere che il nostro Paese non dispone né di una analisi dello stato di degrado del patrimonio edilizio, né tantomeno degli strumenti per indirizzare le risorse della prossima programmazione europea per l’efficienza energetica in edilizia. Dobbiamo partire da qui se vogliamo imporre un cambiamento che duri nel tempo, ma nel 2020 esistono tutte le condizioni per rilanciare gli investimenti e creare lavoro nel settore edilizio creando anche benefici ambientali a vantaggio di tutti. La proposta di Fillea e Legambiente ci riuscirebbe senza appesantire di nemmeno un euro in più il debito pubblico italiano, visto che si tratta soltanto di migliorare, riorganizzare, rifinanziare e potenziare una serie di strumenti fiscali - i bonus ambientali e antisismici - già in vigore e di lavorare sull’efficacia delle politiche di supporto. A beneficiarne sarebbero le nostre città e le case in cui viviamo, il lavoro e l’economia - con 430mila posti di lavoro diretti, 37 miliardi di investimenti diretti e indiretti, 900 milioni di entrate per le casse previdenziali,  un risparmio per le famiglie in bollette di circa 620 euro l'anno ad alloggio. Ora sta alla politica dimostrare di avere compreso l’entità della sfida, ma a tutti noi di spingere per mettere in atto questo cambiamento.

 

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