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Sindacato Nuovo, luglio 2020. Una tappa fondamentale nel processo di ridisegno del nostro modello di sviluppo. Di Ludovica Marinaro e Alessandro Paglia, Associazione Tess.

Quando si parla di rigenerazione urbana ci troviamo di fronte ad un tema rispetto al quale una definizione condivisa, purtroppo, ancora oggi non esiste, il quadro normativo si presenta frammentato e disorganico, prevale ancora l’attenzione agli aspetti meramente edilizi dimenticando la dimensione sistemica su cui oggi invece è necessario concentrarsi per dare risposte efficaci. L’articolo 5 del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, meglio noto come decreto Sblocca cantieri, ha modificato il Codice degli appalti (D.Lgs. n. 50 del 2016) e reca alcune modifiche al DPR n. 380/2001 (Testo unico in materia edilizia) per favorire la rigenerazione urbana, la riqualificazione del patrimonio edilizio e delle aree urbane degradate, la riduzione del consumo di suolo, lo sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili e il miglioramento e l'adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente, anche con interventi di demolizione e ricostruzione. Tutto ciò però senza una rinnovata idea di città e degli strumenti necessari a rilanciarla in chiave sostenibile, come da impegni presi con l’accordo di Parigi. Vi è infatti la necessità di rilanciare e rinnovare l’urbanistica, nel realizzare un progetto per promuovere piani e politiche che rispondano alle domande di casa e spazi pubblici, permettendo il miglioramento dello stato ecologico delle città, l’uso delle risorse e dell’energia, dell’accessibilità ai servizi urbani, della sostenibilità dei sistemi per la mobilità di persone, merci e dati, alla conservazione dei valori paesaggistici e storico culturali e non ultima, alla bellezza dei luoghi di vita. La rigenerazione urbana deve al più presto assumere il carattere di processo integrato e condiviso per contrastare il consumo di suolo (rispetto al quale l’obiettivo di azzeramento al 2050) e rilanciare al contempo l’economia dei territori, cambiando una volta per tutte l’equazione crescita=espansione della città, che vede identificato il maggior introito con la rendita fondiaria.

Su questo quadro nazionale obsoleto si innesta oggi il Green Deal, il grande piano di riconversione verde dell’Unione Europea, che si prefigge di mobilitare 1.000 miliardi di Euro in 10 anni, per portare il continente europeo ad emissioni nette zero entro il 2050. Il programma, accompagnato da diversi strumenti attuativi, tra cui il “Just transition mechanism” deve farsi ulteriore input per ripensare il modo di abitare i territori, affrontando i temi in maniera sinergica. L’approccio alla rigenerazione può dunque assumere una dimensione transcalare, tenendo come riferimento i principi e la programmazione europea, beneficiando delle innovazioni tanto sul piano concettuale quanto sui nuovi strumenti economici, operando una traduzione attenta sui territori. La dimensione degli interventi e delle misure dunque, dovrebbe allargarsi da quella del condominio a quella del quartiere, a partire dal considerare il sistema di relazioni che si innestano tra abitazione-spazio pubblico-natura urbana-urbanizzazioni per raggiungere gli auspicati standard di qualità e di benessere. A tal fine urge fissare una norma chiara a livello nazionale, utile a guidare l’innesco dei processi, così come proposto con il disegno di legge nazionale su “consumo di suolo e rigenerazione urbana” (atto parlamentare n°984) che è stata promossa e sostenuta da TES sia alla sua nascita che attraverso un progetto continuo di implementazione con il progetto ZEROISMORE (http://www.associazionetes.org/attivita/). Una legge di principi, snella, che fornisca la necessaria cornice di senso delle operazioni e, che scongiuri la sovrapposizione e accumulazione di piani settoriali che non comunicano tra loro, con il rischio di produrre un ulteriore rallentamento nel processo di transizione ecologica dell’economia, con conseguenze gravi per la qualità e l’equilibrio dei nostri paesaggi. Ricercare l’adeguata coerenza di intenti e sinergia di strumenti previsti dai piani settoriali, quali ad esempio il piano nazionale energia e clima, il costituendo Piano Nazionale per l’Adattamento Climatico (come ulteriore sviluppo da compiersi rispetto alla SEN 2017), per citare solo due importanti esempi, è essenziale al fine della riuscita di una programma nazionale per la rigenerazione urbana che abbia come suo protagonista un paesaggio di qualità. In questo processo assume un valore primario anche il ruolo del progettista come mediatore di scala in grado di coniugare visione generale e particolare e fornire soluzioni ad hoc, capaci di contemplare ed accogliere la dinamicità dei sistemi in gioco. Anche alla luce dell’emergenza sanitaria, appare sempre più evidente il nesso uomo-ambiente. Un approccio rispettoso della natura è sempre anche un approccio rispettoso dell’uomo, in grado di tutelare i luoghi che abita, quindi anche la sua salute e la qualità della vita.

Nell’anno del ventennale della Convenzione Europea del Paesaggio (firmata nel 2000 e legge nazionale dal 2006) diventa importantissimo riaggiornare e approfondire la riflessione sulla città che vogliamo. Riscoprire il valore immenso del paesaggio, o meglio della varietà straordinaria dei paesaggi europei e, il ruolo che questi hanno avuto nel plasmare la cultura dei territori, può rappresentare un fattore primario per corroborare e saldare il senso di comunità Europea, un valore a tratti smarrito ma quanto mai fondamentale in questo momento storico.

Si pone a livello europeo un ulteriore sfida. Nei prossimi anni assisteremo ad una disponibilità di fondi estremamente rilevante. Just Transition Fund, Green Deal, Recovery Fund, MES, oltre alla normale programmazione dei fondi strutturali 2021-2027 e i vari fondi nazionali. Uno delle principali preoccupazioni nel dibattito continentale riguarda la capacità di spesa di questa enorme mole di risorse, ovvero su come evitare sprechi, a favore di investimenti strutturali e lungimiranti. Il tema è aperto e ci accompagnerà nei prossimi anni, la rigenerazione urbana rappresenta una tappa fondamentale nel processo di ridisegno del nostro modello di sviluppo. Occorre investire sul rafforzamento amministrativo, sulla capacità di intercettare e gestire i fondi nel modo migliore e più efficace possibile, oltre alla necessità di far emergere proposte qualitativamente elevate dai territori, che rappresenteranno importanti centri di spesa e, dovranno configurarsi come degli attori protagonisti del processo di transizione. 

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